Il
gelido manto di una calma spettrale era steso sull’ospedale da
campo.
Balzac,
seduto su una sedia, attendeva e cercava di captare ogni rumore. Per
fortuna, si era stabilita una fragile situazione di calma tra le
Forze Alleate e quelle dell’Asse.
Tuttavia,
non dovevano farsi alcuna illusione.
Quella
situazione non sarebbe durata.
Gli
italo – tedeschi non avrebbero esitato a riprendere l’attacco,
pur di non perdere le loro posizioni.
Il
giovane rise, amareggiato, e si passò una mano tra i lunghi
capelli biondi. Pur odiando i rappresentanti del potere di quelle
nazioni, non riusciva a non provare pena per i loro soldati.
Erano
imbrigliati nella rete di deliri e sogni di due uomini privi di
coscienza, che non si rendevano conto dell’assurdità del
loro metodo di conduzione della guerra.
Quante
vite si consumavano in quell’assurdo gioco?
Rommell,
il capo delle armate tedesche, si rendeva conto della mancanza di
mezzi dell’esercito, essendo un uomo molto intelligente, ma era
costretto a subire gli ordini deliranti di Adolf Hitler.
Da
quanto aveva potuto capire, si credeva un condottiero senza avere
nessuna competenza.
Un
tocco leggero si posò sul suo braccio e interruppe il corso
dei suoi pensieri.
Il
giovane soldato abbassò la testa e, disteso su un lettino,
vide Marlo.
Il
volto abbronzato del giovane era lucido di sudore e la sua divisa,
nella zona alta del torace, era rossa di sangue.
Sospirò
e gli sfiorò i capelli. Era così immerso nelle sue
riflessioni da essersi dimenticato dove fosse.
E,
in quel momento, risentiva la penetrante zaffata della
decomposizione, mista all’odore pungente del disinfettante.
Inoltre,
le urla strazianti dei morenti giungevano chiare alle sue orecchie.
E
piombava su di lui il caldo del deserto di El – Alamein.
–
Ciao…
– lo salutò, cercando di mantenere un tono normale. Non
era un medico, ma si era accorto della gravità della ferita
del suo compagno, causata da un proiettile italiano.
O
forse era tedesco?
Ma
cosa importava?
I
medici gli avevano dato la possibilità di stargli accanto e
questo era un segno incontrovertibile.
La
ferita del suo amico era mortale.
Il
soldato agonizzante sollevò le labbra in un debole sorriso. Si
erano arruolati volontariamente, spinti dal comune odio per il
nazismo e da una certa volontà di autoaffermazione, ma, solo
nel carnaio della battaglia, si erano accorti della realtà
dolorosa del conflitto.
Non
c’era eroismo in quelle battaglie.
Eppure,
non si erano arresi, nemmeno nelle occasioni più dure.
Il
loro legame aveva permesso ad entrambi di sopportare il caldo, la
fame e la morte.
Marlo
accennò ad un debole sorriso. Gli faceva piacere vedere il
viso del suo amico, nei suoi estremi momenti.
–
Edouard…
Come… Come è andato l’attacco? Si sono…
arresi? – domandò.
Gli
occhi cerulei di Balzac si oscurarono e un sospiro sgorgò
dalle sue labbra. No, non si erano arresi.
– No.
Gli italiani tengono la posizione, nonostante l’inferiorità.
Non avrei mai pensato che fossero così ostinati… Ci
vorrà ancora tempo. – rispose.
Guardò
ancora l’amico e gli sfiorò la fronte, bagnata di
sudore.
A
stento, frenò un singhiozzo e le lacrime tremarono nei suoi
occhi. Christopher Marlo era il suo migliore amico.
La
diversità dei loro caratteri li aveva uniti in un legame
speciale, malgrado le loro differenti origini.
– Mi
hanno permesso di starti accanto… Hai bisogno di qualcosa? –
cominciò.
Marlo,
sentendo le parole dell’amico, accennò ad un debole
sorriso.
–
Chissà
cosa avrai inventato per venire qui… Ti conosco, Edouard. Tu
non ti arrendi mai… – mormorò.
Balzac
gli prese una mano tra le sue e la strinse. Sì, non era sua
abitudine cedere, quando aveva un obiettivo.
Eppure,
in quel momento, doveva arrendersi alla realtà.
Il
suo migliore amico sarebbe morto.
Sarebbe
stata un’altra vittima in quell’inferno africano.
Per
fortuna, gli era stata concessa la possibilità di trascorrere
un po’ di tempo con lui.
Marlo,
con la sua abilità di chimico, si era guadagnato il rispetto
del suo reparto e gli era stata concessa la possibilità di
morire accanto a lui.
Tanti
soldati, in quell’inferno, morivano soli, invocando le persone
a loro care.
–
Stavolta
non ho inventato nulla… I tuoi meriti
di chimico
ti hanno dato questo privilegio, se così si può
chiamare… Chissà perché il mio reparto ha
acconsentito a mandarmi qui, dati
i precedenti tra le nostre nazioni...–
replicò.
–
Edouard…
Tu ti sei fatto valere come spia…
– ridacchiò Marlo, divertito.
Ad
un tratto, il suo sguardo cupo si fece serio e si rifletté in
quello dell’amico.
–
Edouard…
Prima di morire, ho bisogno che tu mi faccia un favore… Poi,
potrò spegnermi in pace… – cominciò.
Si
interruppe e inspirò profondamente. I respiri diventavano
sempre più difficoltosi, ma aveva bisogno di parlare al suo
amico
Balzac
prese la mano destra di Marlo tra le sue e la strinse.
– Che
cosa desideri? – domandò.
–
Quando
questa guerra sarà finita… Voglio che tu esaudisca i
tuoi sogni… Desideri diventare un famoso scrittore…
Esaudisci i tuoi sogni… Promettimi… – mormorò,
il tono percorso da un fremito d’angoscia. Non temeva
l’annullamento della sua esistenza.
Ma
non poteva morire senza parlare un’ultima volta con il suo
fraterno amico.
Un
singhiozzo doloroso si spezzò nel petto di Balzac e le lacrime
bagnarono le sue guance. In quel momento, il suo autocontrollo
rischiava di infrangersi…
Ma
non poteva piangere ancora davanti a Marlo.
Non
voleva farlo morire con una angoscia tanto opprimente.
Allontanò
le lacrime con un gesto del braccio e inspirò profondamente,
cercando di calmarsi.
–
Sì…
Te lo prometto, amico mio. Raggiungerò il successo. E lo farò
per te. – promise, il tono deciso e fermo. Sì, lo
avrebbe fatto.
Gli
straziava il cuore un simile evento, ma non poteva non sottrarsi a
quella promessa.
Se
fosse sopravvissuto a quel conflitto, avrebbe speso ogni sua energia
per costruire il futuro da loro sognato.
Le
iridi ambrate dell’altro brillarono di sollievo e il suo volto
si sciolse in un’espressione felice. Poteva fidarsi di Edouard.
Certo,
era furbo e cinico, ma la parola data ad un amico era sacra.
Sarebbe
morto senza rimpianti, malgrado la sua giovane età.
E
questo era importante per lui.
–
Grazie…
Ricordati… Ricordati di essere felice… Il mondo nuovo
ha bisogno anche del tuo genio, Edouard… – mormorò.
Qualche
istante dopo, il suo respiro si affievolì e il suo corpo si
rilassò nella morte.
Per
alcuni istanti, Balzac fissò il corpo dell’amico.
Finalmente, aveva cessato di soffrire…
Sospirò.
Aveva creduto che avrebbe pianto, eppure, in quel momento, si sentiva
invaso da una terrificante sensazione di irrealtà.
Tutto
giungeva ovattato ai suoi orecchi.
In
quel momento, un cecchino tedesco avrebbe potuto ucciderlo e lui non
si sarebbe accorto di nulla.
Eppure,
aveva veduto molti suoi compagni cadere in quell’inferno
rovente d’Africa.
Il
suo cuore, fino a quel momento gelido, piangeva lacrime di sangue.
Provò
a parlare, ma dalle sue labbra uscirono solo mugolii privi di
significato.
Lo
scalpiccio di alcuni passi interruppe il corso dei suoi pensieri e il
soldato francese si girò.
Vide
avanzare, a passo deciso, un medico alto e corpulento, con corti
capelli castani e occhi del medesimo colore.
La
sua bocca era sormontata da folti baffi e le sue grandi mani erano
inzaccherate di sangue.
Esaminò
il corpo di Marlo, poi scosse la testa in segno di dispiacere.
–
Questo
posto non gli serve più. E’ un peccato. La sua abilità
come chimico ci sarebbe stata utile. – mormorò il
dottore, calmo.
–
E’
stato lei a visitarlo? – chiese.
–
Sì.
E’ stato molto coraggioso. Non avevamo anestetico sufficiente e
abbiamo tentato di operarlo mentre lui era cosciente. Non ha lanciato
un urlo. Ma, purtroppo, le sue ferite erano troppo gravi. –
spiegò.
–
La
ringrazio, dottor… – disse Balzac.
–
Mc.
James McRoy. Mi dispiace solo di non potere fare di più per
soldati come lui. – si scusò.
–
L’importante
è provarci. Cerchi di sopravvivere a questa guerra. –
replicò Balzac. Rispettava quell’uomo, che, malgrado
l’apparenza corpulenta, portava su di sé i segni della
fatica di quel lavoro, ma, in quel momento, desiderava allontanarsi
dall’area ospedale.
Sentiva
che, presto, sarebbe crollato.
Voleva
ricordare Christopher Marlo vivo e sorridente.
–
La
ringrazio. Ora, ho altro da fare. Speriamo di sentirci alla fine di
tutto questo. – affermò e si allontanò.
Rimasto
solo, Balzac lanciò al volto di Marlo un ultimo, fuggevole
sguardo.
Alcune
lacrime gocciarono dai suoi occhi e macchiarono le guance della
salma.
Balzac,
con un gesto della mano colmo di tenerezza, le allontanò.
–
Perdonami
se non posso darti una sepoltura degna di te… Se sopravviverò
alla guerra, sarà la prima cosa che farò. Te lo
prometto. – sussurrò.
Girò
le spalle e, a passo sostenuto, si allontanò, il cuore greve
di amarezza.
P.S.:
benissimo, torno a scrivere su Uchuu no Kishi Tekkaman Blade.
Questa
volta, però, è ambientata nella II Guerra Mondiale,
precisamente ai tempi della seconda battaglia di El Alamein,
combattuta tra il 23 ottobre e il 5 novembre 1942 tra le forze italo
tedesche guidate da Rommell e quelle alleate, guidate da Bernard Law
Montgomery.
I
protagonisti sono Marlo e Balzac, ma ho dato loro dei nomi adeguati
al contesto non canonico. Marlo si chiama Christopher (ho pensato ad
un inglese), mentre Balzac si chiama Edouard (ho pensato ad un
francese). James Mc Roy è il nome dato a Mac/Honda, il
meccanico corpulento della serie.
C’era
anche Francia Libera, l’organizzazione creata da Charles de
Gaulle per contrastare il governo collaborazionista di Vichy, sorto a
seguito dell’armistizio franco – tedesco del 10 giugno
1940.
Balzac
parla dei paracadutisti della Folgore, che tennero la posizione per
tredici giorni, resistendo alle soverchianti forze britanniche. E si
sorprende della loro resistenza, definendoli “ostinati”,
con un certo disprezzo, motivato dalla “pugnalata alle spalle”
inferta ai francesi (gli italiani dichiarano guerra ad una Francia
già debilitata il 10 giugno 1940).
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