Oltre le apparenze

di Roiben
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04 - Servizio damico 

 

 

Al suo arrivo, ormai a sera fatta vista la lontananza dal centro di Parigi, il posto che trova è molto diverso da come lo immaginava. È una modesta villetta, costruita fuori città e piuttosto distaccata dai più modesti centri abitati che gravitano attorno alla capitale, ampi declivi erbosi a circondarla e qualche alberello ancora giovane. Ha un piano solo, tutto a mattoncini bianchi e beige, il tetto e le imposte rosse e perfino dei fiori alle finestre. Quando Ganimard suona al campanello, che è un pulsante anonimo accanto alluscio, si aspetta di dover attendere sullentrata per un tempo indefinito, dubitando che ci sia qualcuno in casa dato che non si scorgono luci visibili alle finestre. Invece, con sua sorpresa, nemmeno un minuto più tardi ode dei passi provenire da dentro, passi che gli paiono perfino affrettati, e un attimo dopo la porta si socchiude con una certa violenza, bloccata nella sua corsa dalla catena del chiavistello che la trattiene, e nello spiraglio creato compare il volto stranito di una donna, i cui occhi scuri lo fissano quasi abbagliati, di certo spauriti. 

 

Ganimard si ritrova a boccheggiare. Neppure la donna è come se la immaginava. Ma daltra parte si parla pur sempre di Arsène Lupin: nulla, ma proprio nulla, è mai come ce lo si immagina quando cè di mezzo lui. La donna è più giovane di quanto ritenesse probabile. Certo, non si tratta più di una ragazzina, comè ovvio supporre visti i trascorsi, ma non si può neppure considerare anziana. Forse una manciata di anni in meno rispetto a lui. È arrossito; lo sa, si sente le guance accaldate. “Dannazione” sbotta mentalmente. 

 

«Voi chi siete? Che cosa volete?» chiede la donna al di là dell’uscio, con evidente ansia sia nel tono di voce che nell’espressione del viso, senza mai smettere di fissarlo e facendo ben trapelare la propria diffidenza verso un visitatore sconosciuto e inatteso. 

 

«Sono lIspettore Justin Ganimard, signora» esordisce. Mezzo secondo dopo se nè già pentito, visto lo sguardo atterrito e pieno dorrore che gli viene riservato di rimando. 

 

«Ah, Gesù mio» geme la donna, scivolando in ginocchio e coprendosi il volto con le mani tremanti. 

 

«Aspettate! Non è come credete» si precipita a spiegare, accostandosi alluscio ma senza osare toccarla, forse per un qualche genere di pudore. 

 

*** 

 

Ci ha impiegato per lo meno mezzora per convincere la donna a lasciarlo spiegare che no, il suo piccolo (come lha più volte definito lei) non è stato buttato in fondo a qualche segreta umida pronto per la ghigliottina. Altri venti minuti sono volati nel tentativo di farsi aprire la porta per aggiornarla sulla reale situazione. Unora abbondante perché riprendesse i sensi dopo aver saputo quel che veramente era successo. Alla fine della lunga serata anche Ganimard è estenuato e sente un gran bisogno di una lunga dormita, magari preceduta da un pasto decente. 

 

«Devo andare da lui» annuncia la donna con ferma risoluzione. 

 

«Ha detto di no, signora. Mi ha fatto promettere di non portarvi da lui per nessun motivo» spiega, non per la prima volta. 

 

«Non mi importa cosa ha detto! Forse non era neppure in sé per comprendere la situazione» protesta lei. 

 

Ganimard arriccia le labbra in una smorfia sarcastica. «Oh, credete, era perfettamente cosciente di quel che diceva. Perfino troppo per i miei gusti» replica seccato. 

 

Con le labbra tremanti e lo sguardo implorante, lei prende a fissarlo, pregandolo in silenzio di lasciarla agire a modo suo. Ganimard, per lennesima e, prontissimo a giurarlo, non ultima volta, maledice quel dannato di un Lupin e tutta la sua genealogia al completo. Sbuffa. 

 

«Mi rincresce, signora, ma temo di non potervi accontentare. In questo caso, mio malgrado, mi trovo daccordo con lui. La vostra presenza complicherebbe la situazione, forse in modo irreparabile. In questo momento, oltre a voi, sono lunico a sapere dove si trova il ragazzo, e credo sia meglio che la situazione rimanga invariata». 

 

«Ma non lo direi a nessuno» si incaponisce lei. 

 

«Non ne dubito. Per lo meno non volontariamente». 

 

«Ma ha bisogno di me!» tenta come ultima carta, ormai prossima alla disperazione. 

 

“Ha bisogno di riposare in santa pace senza il terrore di farsi scoprire, piuttosto” pensa Ganimard, ma senza azzardarsi a dirlo a voce alta. 

 

*** 

 

Ebbene, in qualche modo e con molta fatica e sudore lIspettore è stato in grado di persuadere la donna, il cui nome è Victoire, ad astenersi dallaccorrere al capezzale del suo ragazzo con il concreto rischio che tutta Parigi prima e il resto della Francia dopo venisse a scoprire quel che Ganimard ha tentato con notevoli sforzi di occultare, ovvero che Arsène Lupin non è scomparso nel nulla ma si trova sotto falsa identità allHôtel-Dieu in qualità di ospite fisso (e nemmeno in particolar modo apprezzato). 

 

È così che, esausto dalla giornata stancante, lIspettore Justin Ganimard lascia la casa che racchiude una parte del segreto del ladro e si decide a tornare in città. Le sue alternative non sono molte, e considerata lora tarda (è già passata lora di cena, e ovviamente lui lha saltata a piè pari) non può tornare in ufficio o verrebbe sbattuto fuori dai guardiani notturni e finirebbe con lessere guardato con sospetto e additato come stravagante, cosa che si rivelerebbe spiacevole a lungo andare. Al suo appartamento non può tornare a meno che non intenda attirare sgradevoli attenzioni, per esempio della gente che lo sta cercando per toglierlo dalla circolazione. Non gli rimane che lHôtel-Dieu, a meno che non abbia voglia di trascorrere la notte sulla panca di una chiesa come i migliori clochard. Storce il naso al pensiero; con la sua proverbiale fortuna finirebbe arrestato di sicuro. 

 

«Vada per lospedale. Con un poco di buona sorte dormirà». Cosa che in effetti dovrebbe fare anche lui. Ma la realtà è che si sente nervoso e sulle spine, e dentro di sé sente di rinnegare le speranze fittizie espresse a parole e spera invece di ritrovarlo desto, così da poter scambiare qualche parola. Comera naturale aspettarsi, quando entra nella camera di Lupin questi è sprofondato in un sonno pesante e Ganimard deve accontentarsi dellormai familiare poltrona. Lora seguente la trascorre riflettendo e programmando la giornata successiva, nellattesa che il sonno infine lo colga. 

 

*** 

 

Ha lasciato gran parte della sua squadra lungo il ponte, e alcuni, i pochi di cui riesce a fidarsi a sufficienza da sapere che eseguiranno alla lettera le sue istruzioni, attorno al limitare della radura nella quale crede che si siano appostati giorni prima gli uomini armati di fucili. Non ha trovato molto fino a quel momento: qualche cartuccia vuota, molti mozziconi di sigaretta, perfino un pezzo di sigaro durante lispezione del giorno precedente. Nessuna impronta, poiché il suolo è ricoperto di muschio e aghi di pino. Ma quella mattina, forse, ha veduto qualche cosa si interessante; un brillio del sole riflesso possibilmente da un oggetto metallico, di sicuro lucido. Quando si avvicina e si china a scostare gli aghi, scopre che non è metallo, ma vetro. Si rigira il frammento fra le dita, osservandolo incuriosito; ha un bordo spezzato di netto, ma laltro è integro e presenta una curvatura precisa che fa pensare che in origine il pezzo di vetro fosse circolare. Ha anche dei segni regolari sulla superficie, segni scuri disposti a crociera. Non ricorda di aver mai veduto nulla di simile, ma poco importa; avvolge il frammento in un fazzoletto e lo ripone nella borsa a tracolla che ha con sé, poi torna a cercare con rinnovata decisione. 

 

Il sole inizia già il suo lento declino pomeridiano quando, pur non ritenendosi abbastanza soddisfatto dei risultati conseguiti, decide comunque di aver fatto a sufficienza per quel giorno e di aver tediato per bene i suoi uomini, quindi annuncia loro che possono tornarsene agli uffici, e tutti esalano un sospiro sollevato, tranne lui. La verità è che non ha in mano molto e quel poco non gli offre le risposte che cerca: chi erano quelli che gli hanno sparato addosso? Perché lo hanno fatto? Dove si trovano in quel momento? Che cosa stanno facendo? A nessuna di quelle domande saprebbe fornire una risposta adeguata, e ve ne sono molte altre che non ama nemmeno formulare, figurarsi cercarne una soluzione. 

 

*** 

 

Quella sera stessa, dopo aver messo ordine negli archivi, chiuso casi di minor importanza e redatto rapporti quasi del tutto inutili, uscendo dallufficio decide di fermarsi in un bistrot nelle vicinanze per riempirsi lo stomaco con qualche cosa di decente per una volta. Mentre sorbisce la sua zuppa di cipolle, seduto accanto alluscita sul retro, ripensa al frammento di vetro ritrovato la mattina nella radura, avvertendo del disagio, come una sensazione di qualcosa di sbagliato cui non sa tuttavia dare un senso logico. 

 

Quasi senza averne cognizione, dal bistrot si reca automaticamente allHôtel-Dieu, e quando varca in silenzio la piccola porta che conduce nella stanza in cui è alloggiato il suo ladro, con sorpresa scopre che questi non solo è sveglio ma lo sta osservando con viva curiosità. 

 

«Buona sera, amico Ganimard» lo accoglie la voce pacata di Lupin. 

 

Ammicca, interdetto. «Buona sera a voi. Vi sentite meglio, questoggi?» si risolve a chiedere, notando che in effetti ha un aspetto meno affaticato. 

 

«Un poco, sì» conferma, provando invano a sollevarsi per guardarlo con più agio. «Ma il luogo non è dei migliori per stimolare una pronta guarigione: di una noia mortale, direi. Potreste, se non vi disturba, avvicinarvi di qualche passo? Mi riesce difficoltoso guardarvi in faccia nel punto sulluscio in cui sostate». 

 

Ganimard  sobbalza, colto di sorpresa da quella richiesta poiché non si era reso conto di essersi bloccato sullentrata. «Certo. Scusate, ero soprappensiero» si giustifica, avvicinandosi e prendendo posto sulla poltrona che a quel punto considera quasi di sua proprietà. 

 

«Avete novità?» si informa Lupin. 

 

LIspettore aggrotta la fronte, incerto. «Di che genere?». 

 

«Oh, riguardo quel che vi aggrada di più. Considerando che siete lunico visitatore, mi accontento di un argomento qualunque». 

 

«Ho convinto la vostra nutrice a rimanere a casa, in effetti. Però, da come parlate, forse non è la migliore delle notizie. Credete ancora che sia meglio tenerla lontana? Forse vi sarebbe stata di qualche giovamento». 

 

Lupin storce le labbra, scettico. «Se avete avuto occasione di incontrarla e parlarci sono certo possiate convenire con me che il suo carattere non è dei più discreti. Intendiamoci, è unottima persona, perfino troppo premurosa, probabilmente del tutto sprecata con il sottoscritto; di certo dal suo punto di vista sono un completo fallimento. Tuttavia, vi dirò, preferisco saperla al sicuro fra le sue quattro mura, piuttosto che in giro per i corridoi di questo ospedale a far mille domande indignate al personale e a rischiare di lasciarsi sfuggire troppi particolari». 

 

Ganimard annuisce, suo malgrado concorde con limpressione del ragazzo. «Potreste apprezzare di leggere qualche giornale?». 

 

«Lo farei di certo, se solo mi riuscisse di maneggiarlo. Il problema è che non riesco a mettermi seduto» borbotta seccato. 

 

Si mordicchia un labbro, indeciso. «Potrei...». Si schiarisce la voce, imbarazzato. «Magari, leggervi qualche cosa» bisbiglia, distogliendo lo sguardo. 

 

«Credo che mi farebbe piacere» replica, serio ma in tono gentile. 

 

«E vi danno cibo a sufficienza?». 

 

«A sufficienza di sicuro. Il guaio è la qualità» lamenta indignato, facendo sorridere lIspettore. 

 

«Sì, me ne hanno parlato piuttosto male. Sospetto che perfino alla Santé i pasti siano migliori e più curati» prova a scherzare, ricevendo in cambio un piccolo grugnito di assenso. Si infila le mani in tasca e le sue dita sfiorano la stoffa di un fazzoletto. Unidea prende forma nella sua testa. Sposta lo sguardo in quello del ladro che lo fissa di rimando incuriosito. «Non vorrei farvi stancare inutilmente, tuttavia...» tentenna. 

 

«Sono a posto, per ora. Vi ascolto» proclama, lo sguardo improvvisamente più vivace. 

 

Con titubanza, estrae di tasca il piccolo involto, trattenendolo sul grande palmo di una mano e svolgendo i lembi della stoffa ne mette allo scoperto il contenuto. «Ho trovato questo, oggi, nella radura sulla riva del fiume in cui, presumibilmente, si erano appostati quegli uomini» spiega, porgendo il piccolo reperto. 

 

Per più di un minuto Lupin si limita a fissare il frammento di vetro posato sulla stoffa chiara del fazzoletto, infine si decide e allunga lentamente una mano, afferrando con cautela il reperto fra due dita e scrutandolo da vicino. Terminata la sua osservazione solleva lo sguardo sullIspettore e inarca significativamente le sopracciglia. «Voi sapete di cosa si tratta?». In risposta riceve un diniego che appare contrito. Rinserra le labbra, ma si astiene dal fare commenti caustici al riguardo, se non altro per rispetto delluomo che ha di fronte e che ha deciso di chiedere spontaneamente la sua collaborazione. «Questo è un frammento di mirino telescopico. Viene di norma montato sulle armi da fuoco per effettuare tiri di precisione» spiega con calma. Poiché in questo caso non ottiene reazioni degne di nota, per un istante si spazientisce ed emette un piccolo soffio stizzito, poi inspira profondamente e torna a calmarsi. «Devo supporre voi non siate al corrente della sua provenienza. Posso dirvi che armi che montano mirini di questo genere sono in dotazione allesercito, e anche ai servizi segreti. Qualche volta, più di rado, alcuni esemplari finiscono perfino nelle mani di organizzazioni criminali, di solito quelle con più fondi e un mercato più ampio ed eterogeneo». 

 

Durante la spiegazione Ganimard è passato dallindifferenza alla confusione, poi dal dubbio alla preoccupazione, per finire allangoscia. Ora è pallido mentre fissa Lupin con molte più domande di quante ne avesse fino a mezzora prima. 

 

«Temo di avervi sconvolto» si rende conto Lupin, scoprendosi dispiaciuto. «Me ne rammarico. Forse vi avrei fatto un miglior servizio avvicinandovi alla verità in maniera più graduale». 

 

*** 

 

Il giorno seguente lispettore Ganimard non si presenta allHôtel-Dieu, fatto che impensierisce Lupin, il quale lo attende invano fra un momento di riposo e laltro. Non riesce a fare a meno di chiedersi se quellassenza sia in qualche modo collegata al loro precedente colloquio e, nel qual caso, se il suo modo di fare e le sue parole possano aver maldisposto lIspettore più di quanto non si aspettasse da principio. 

  

La sera, dopo la solita cena pietosa, prende sonno a fatica, vagando con i pensieri su quellassenza che pesa in un modo inatteso e preoccupante sul suo animo. 

  

*** 

  

A conti fatti Ganimard non ha per nulla preso in considerazione leventualità che il suo ladro travisasse la diserzione della giornata precedente. Ha avuto fin troppi pensieri per la testa, nelle ultime ventiquattrore, per trovare anche il tempo di riflettere sulle possibili conseguenze del suo operato. Piuttosto ha fatto del proprio meglio per non perdersi nemmeno per un secondo in angoscianti riflessioni di tal genere, vuoi perché quel che ha in progetto non si può considerare del tutto legale (e di sicuro non può dimenticare di essere pagato dallo Stato per tutelare la legge, non certo per contribuire a infrangerla), vuoi perché non ha dabitudine un carattere malizioso e ben difficilmente giungerebbe a immaginare il tenore delle elucubrazioni di quel ragazzo sfrontato e contorto. 

  

Di fatto si ripresenta nellormai conosciuta camera dellHôtel-Dieu solo nel tardo pomeriggio del secondo giorno, ritrovandosi accolto da unespressione affatto conciliante, quanto piuttosto crucciata, che presto viene celata da un sogghigno malevolo. 

  

«Sapete, iniziavo a credere di esservi venuto a noia» commenta Lupin, socchiudendo le palpebre. 

  

«Ardua eventualità da prendere in considerazione» commenta Ganimard, credendoci fino in fondo e, suo malgrado, provocando un moto di genuina sorpresa da parte del ladro. 

  

«E dunque?» indaga Lupin, a quel punto piuttosto incuriosito. 

  

«Dunque...» prende a spiegare Ganimard. 

  

Ma viene imprevedibilmente interrotto da un discreto bussare alla porta, che dabitudine richiude dietro di sé così da non essere sorpreso nellesercizio di potenziali attività illecite in compagnia del suo ladro. 

  

Sbuffando, torna sui suoi passi e riapre luscio, permettendo a un infermiere laccesso. 

  

«Il direttore mi ha appena avvisato, chiedendomi di passare. Serve un ultimo controllo delle condizioni del paziente, e il permesso ufficiale, prima che possiate portarlo fuori» spiega questultimo, solerte, mentre si dà da fare per eseguire quanto appena illustrato. 

  

Ganimard si limita a storcere il naso, seccato dal fatto che lospedale preveda quasi più burocrazia della prefettura. Mentre osserva annoiato le operazioni dellinfermiere, manca invece di accorgersi della reazione di Lupin, il quale non prende con altrettanta filosofia quella inattesa variazione della normale routine.  





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