- Il
cruccio di Atobe
- Per
quanto lungo fosse stato il viaggio fino al Kyuushu, Atobe lo aveva
affrontato di buon grado perché aveva intenzione di
raggiungere
Tezuka.
- Era
solamente colpa sua se il rivale fosse ricoverato così
distante
dalla Capitale, glielo doveva alla fine per assicurare a sé
stesso
che non gli aveva rovinato la carriera. Voleva assicurarsi con i
propri occhi ce le cose si potessero sistemare.
- Forse
gli avrebbe anche fatto piacere vedere un volto familiare, ma non era
certo che l’altro desiderasse la sua presenza. Aveva
il timore che potesse avercela con lui per colpa
dell’infortunio
che aveva forzato e quasi era scettico se bussare o meno alla porta
della stanza ma poi si
fece
coraggio.
- «Tezuka,
sono Atobe, potrei entrare?»
- Rimase
sulla soglia della porta e fin quando Tezuka non gli avrebbe concesso
il permesso.
- «Entra
pure»
- Avvertì
una leggera esitazione nella voce di Kunimitsu al punto che Keigo era
certo che l’altro non lo volesse lì.
- Keigo
sperava vivamente che l’altro non lo cacciasse in malo modo,
ma il
rivale non gli sembrava il tipo da trattare male qualcuno solamente
per un torto ricevuto, l’altro ne aveva tutto il diritto.
- «Non
mi sarei mai aspettato di verti qui»
- Lo
sapeva, non lo voleva lì e la cosa faceva aumentare a
dismisura il
suo senso di colpa.
- «Volevo
vedere tu come stessi, va meglio la tua spalla?»
- «Sto
facendo
progressi e i medici dicono che se seguo le loro indicazione fra un
po’ potrebbe guarire»
- Sentendo
quelle parole tirò un sospiro di sollievo, sapere che Tezuka
stesse
meglio aveva alleggerito il macigno che l’opprimeva ma
n’era ancora oppresso.
- «I
medici hanno per quando è prevista la tua completa
riabilitazione?»
- «Prima
del torneo Nazionale se tutto va come previsto»
- «Sul
serio?»
- «Sì»
- “È
merito della tua mentalità” disse fra
sé e sé Keigo.
- Non
è che conoscesse a fondo quel ragazzo, ma da quel poco che
aveva
visto durante la loro partita, era certo che l’altro stesse
mettendo tutto sé stesso nella riabilitazione
perché il suo unico
desiderio doveva essere quello di ritornare sul campo il prima
possibile.
- Era
un tipo così caparbio che non poteva non apprezzare quella
qualità,
lo aveva colpito troppo in profondità al punto da essere
quasi
diventata quasi diventata un’ossessione
per lui.
- «Prima
che me e dimentichi, ti ho portato questo»
- Il
uso era solo piccolo pensiero e sperava che potesse essere di suo
gradimento.
- Gli
porse il sacchetto e Tezuka lo scartò non mostrando nessuna
emozione, ma era certo che fosse curioso e si stesse
ponendo quella domanda: “Cosa mi avrà mai
regalato?”
- Il
suo era solamente un lettore MP3 sul quale aveva caricato un
po’ di
musica classica, non sapeva se potesse di suo gradimento ma sperava
che potesse tenere almeno un po’ di compagnia.
- «Atobe,
non dovevi»
- «È
solo un pensiero»
- «Grazie»
- Atobe
era così teso in quell’istante ed
era certo che anche il rivale avvertisse tutta la sua agitazione
- «Non
è che tu ti senta in colpa per me?»
- Alla
fine era riuscito a capirlo, sapeva di non averlo mascherato bene.
- Come
poteva non farlo poi? Dopotutto era solamente colpa
sua
se si era ridotto in quello stato, però non era solo quello
il
motivo della sua visita. Era vero che voleva liberarsi di quel
macigno, ma voleva sopratutto far chiarezza con i sentimenti che
provava: come poteva essersi innamorato del ragazzo che aveva quasi
distrutto e vivere serenamente?
- «Non
devi sentirti in colpa, non ce l’ho con te»
- Quelle
erano le parole che avrebbe voluto udire fin dall’inizio e
avvertì
il suo cuore alleggerirsi ma ancora non era completamente libero.
- «Tezuka
io...»
- «Non
devi dire nulla»
- «Mi
dispiace per tutto questo, è colpa mia»
- «Atobe
ti ho già detto che non ce l’ho con te»
- Aveva
quasi rovinato la carriera del ragazzo che aveva capito di amare, era
questo che non si sarebbe mai perdonato. Era
per
quel
motivo Tezuka non lo avrebbe mai ricambiato e questa era la sua unica
certezza.
- «Io
non so se non riuscirò a togliermi questo senso di
colpa»
- «Sono
cose che capitano sul campo»
- «Però
sono stato io a forzatelo»
- «Sono
stato io però a continuare a giocare nonostante
l’infortunio alla
spalla, tu non c’entri»
- «Io
non me lo perdonerò mai»
- Nonostante
tutte le parole di Tezuka, Atobe sapeva che avrebbe lottato con quel
cruccio per il resto della sua vita.
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