Ghirigori

di Juriaka
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Ghirigori



Il mormorio della matita si confonde con il fruscio dell'autunno, s'amalgama alle foglie arancio brillante sussurrate via dal vento.
Con la bocca arricciata e i polpastrelli macchiati di carboncino, Shouyou lo osserva attento, vispo, scava nei suoi occhi e nel suo spirito.
Un bagliore improvviso gli accende le guance e allora si concentra sulla tela, come se avesse scovato un tesoro nascosto. Mentre abbozza con mano leggera quelli che probabilmente sono i contorni del viso, Atsumu si sente nudo, spoglio, scorticato vivo.
Shouyou non lo sta guardando in faccia, lui sta andando oltre, lo sta guardando dentro.
Atsumu ha paura, ma stringe i denti e lascia che l'altro lo ritragga, che gli scavi nelle ossa.

*

Shouyou si lecca le labbra, mentre il pallido sole di dicembre s'appresta ad appassire. Sfrutta gli ultimi istanti di luce per strofinare la grafite sulla tela, tratteggiando la linea marcata della mascella, le sopracciglia folte che gli incorniciano le palpebre, la fossetta sotto al mento.
Shouyou vorrebbe sbottonargli la camicia stropicciata, infilargli le dita nella pancia, strappargli via le viscere e buttare tutto all'aria. Così non resterebbe che la sua anima sporca, amara, perché a dispetto del viso perfetto, Atsumu cela nel petto un oceano brulicante di veri e propri orrori. E Shouyou desidera rappresentarlo per intero.
«Atsumu-san.»
L'idea è improvvisa, e il suo sorriso diventa melassa.
«Ti andrebbe di posare per me nudo

*

Il carboncino è abbandonato vicino al cavalletto, la felpa che si è appena sfilato giace ai piedi del letto. Atsumu s'impone di rimanere immobile, ma poi diviene preda della vergogna, dell'imbarazzo, del senso di colpa. Abbassa dunque lo sguardo e s'affretta a nascondere dietro la schiena quelle cicatrici sottili e allungate che biancheggiano sui polsi, stigma sempiterno dei propri errori.
Shouyou sgrana gli occhi stupefatto, s'avvicina e gli sfiora l'avambraccio.
«Atsumu-san, non c'è niente di cui vergognarsi.»
«Non mi vergogno mica.»
Atsumu trema quando l'altro s'aggrappa al suo collo come un koala, lasciandogli un bacio proprio sulla punta del naso.
E' un gesto inaspettato, tiepido, balsamico.
«Non c'è neanche bisogno di mentire.»

*

L'odore di Atsumu, a Shouyou piace da impazzire. Profuma di casa, di calore, di cose buone.
Mentre lo osserva dormire, ne studia le ombre e i punti luce. Immagina la mina morbida ricamare su tela le ciglia folte, le pupille, l'ansia scura e viscosa che gli infetta il cuore. Poi c'è la tempera bianca simile alla spuma di mare, che gli accende le iridi e i denti perlacei scoperti in un sorriso arrogante. Gli illumina gli zigomi alti e l'amore che gli sfarfalla nel sangue.
Atsumu è contorto, accecante, è un groviglio confuso di pennellate gialle, grigie, cerulee e vermiglie. È il quadro che nessuno capirebbe, ma che tutti, seppur disgustati, s'incanterebbero a guardare.




Note d'autrice

Ohayou, minna! Allora, queste sono quattro drabble (ma dai?!), e il punto di vista è alternato (Atsumu, Shouyou, Atsumu, Shouyou). Questa storia partecipa al concorso 'Profumo d'autunno (drabble contest)' indetto da Asia Dreamcatcher sul forum di EFP. Io ho scelto il pacchetto zafferano, che comprendeva come tematica generale da sviluppare questa frase: «Più ci penso, più mi rendo conto che non c'è niente di più artistico che amare gli altri». In questo caso, diciamo che ho strutturato queste drabble amalgamando l'azione di dipingere in sè all'amore che provano entrambi, in maniera graduale, difatti le più 'romantiche' sono le ultime due. Poi, come obbligo avevo il genere sentimentale e come prompt l'azione di 'abbassare lo sguardo', che si trova nella drabble numero tre. Fine delle spiegazioni, scusate ahaha. 
Detto ciò, vi ringrazio per aver letto sin qui, alla prossima! 




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