I Pompuledii

di Genziana_91
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La Foresta degli Spiriti Inquieti 
 
Il vento gelido cessò la sua furia e l’ultimo uomo del manipolo esplorativo esalò. Su un tappeto di foglie morte e coperte di brina, il sangue dei guerrieri fumava, ancora caldo, ancora rosso, mentre il silenzio calava, profondo ed inespugnabile, sulla foresta. La luna, nascosta da un cielo carico di neve, diffondeva un pallore ineffabile, ignaro della furia che pochi istanti prima si era scatenata tra gli alberi e le rocce spoglie di quella gola nascosta tra le montagne. Una decina di uomini giaceva senza vita, trafitti da frecce e lance: non un colpo di spada, non uno scudo ammaccato. 

La morte era piombata dal folto del bosco, senza grida, senza volti, senza preavviso e allo stesso modo se n’era andata, lasciando una scia di sangue e cadaveri a macchiare il bianco immacolato dell’inverno.
I morti insepolti generano spiriti inquieti, incattiviti dal diritto negato di banchettare con i propri avi nelle sale oltre il sole. Le loro anime già si ammassavano sulle sponde dell’esistenza per rendersi presto conto che nessuna nave li avrebbe traghettati dai loro antenati. La loro rabbia già ribolliva tra i sussurri del bosco, si annidava negli anfratti oscuri tra le rocce e le foglie morte. A casa, le loro donne avrebbero intonato un canto funebre e lamenti, ma nessuna si sarebbe avventurata in quella gola stretta, pavimentata di ossa e guardata da spiriti maledetti.

Solo un pazzo avrebbe sfidato i morti.




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