La resa del giglio

di sistinte00
(/viewuser.php?uid=972243)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Ormai era passato un anno da quando Leonardo era riuscito finalmente a scacciare i Turchi dall’Italia. Ed era passato anche un anno da quando Girolamo si era salvato dall'impiccagione.

Da quel lontano giorni i due non si erano più rivisti: l’artista aveva continuato, stranamente concentrato, sui suoi progetti, mentre Riario pareva aver raggiunto una nuova fase psicologica che superava il senso di onnipotenza. Nonostante ciò, entrambi, non si erano dimenticati vicendevolmente, non si erano scordati del reciproco aiuto che si erano dati nei momenti di bisogno, in particolare il minore continuava a essere tormentato dagli occhi sbarrati, il sorriso digrignato e le lacrime di sangue del maggiore. Sapeva quello che aveva finalmente avuto il coraggio di fare appena fuggito da Firenze (anche se non c’erano prove che fosse stato lui, Leonardo ne era convinto), sapeva anche che quella era la sola cosa che gli mancava per raggiungere finalmente un equilibrio, ma, venendo a conoscenza di come si era salvato dalla morte, temeva fermamente che quel suo gesto lo avesse potuto portare a una situazione decisamente peggiore di quella iniziale.

- Leonardo, sei davvero certo di voler presentarti così di sorpresa al “cospetto” di Riario? Potrebbe farti uccidere seduta stante.

- Zo, ti prego, non essere assurdo – aveva risposto l’artista all’amico caricando l’ultima borsa sul suo fido cavallo – E poi devo andare comunque a Roma, quella da Girolamo sarà solo una breve tappa.

Zoroastro aveva spalancato gli occhi: in tutti quegli anni di conoscenza, ancora si sorprendeva della noncuranza dei pericoli del suo amico:- Posso almeno accompagnarti?

- Zo, non servirà, stai tranquillo, non mi farà nulla – era saltato in groppa al cavallo e con un cenno gentile della testa aveva salutato l’amico, disperdendosi poi tra i boschi della Maremma.

A Roma aveva un appuntamento con una sua amica.

Come sempre “Il giardino dell’Esperadi” era pieno di persone, donne intente ad osservare i fiori più belli di Roma, mentre stuoli di uomini sgattaiolavano tra le piante alla ricerca del mazzo perfetto per farsi perdonare dalle mogli o dalle amanti.

Leonardo era sceso dal suo cavallo e si era avvicinato alla porta della fioreria. Non aveva fatto neanche in tempo a bussare che una bambinetta gli aveva aperto velocemente:- Come posso esservi utile?

- Sto cercando la Dama Ametista – le aveva sorriso eloquente, mentre la bambina lo osservava tutta rossa in viso e con gli occhi spalancati.

- Cr-credo che abbiate sbagliato luogo...- era riuscita a proferire piano.

- Oh no, no, sono certo di trovarmi nel posto giusto – le aveva risposto mentre la piccola cominciava a sbiancare.

- Leonardo, per favore, non tormentare così la piccola Emilia, ha solo 6 anni – era sbucata una ragazza poco più giovane di Leonardo dal retrobottega, carica con due ceste di petali.

- Madonna Innocenti – le era subito andato incontro.

- Oggi non hai proprio voglia di chiamarmi con il mio nome – aveva messo giù le ceste la ragazza e aveva fatto un cenno gentile a Emilia come per farle capire che non c’era pericolo e poteva andare.

- Scusami Altea, ma sono 3 giorni che non parlo con nessuno e quindi ho della simpatia in eccesso.

- L’ho notato...- si era poggiata al bancone guardandolo di sbieco -...Ma hai anche delle preoccupazioni in eccesso – gli aveva sorriso – Su, su, vieni sul retro che intanto che ti do i tuoi fiori, mi spieghi cosa succede – si era spostata ed era scomparsa dietro una tenda di pesante tessuto rosso, mentre Leonardo faceva lo stesso.

Il retro era completamente pieno di recipienti, scaffali ricolmi di libri e un odore inebriante di fiori. Leonardo si era seduto su una seggiola di legno guardandosi intorno intanto che Altea innaffiava una pianticella sull’ampio tavolo di legno.

- Questo posto sembra sempre di più il laboratorio di un alchimista.

- Lo sai anche tu che questa non è alchimia, ma scienza – aveva riso la ragazza – Ma io sono una donna e quindi sono solo una fioraia.

- Sì, certo, un fioraia con conoscenze in ambito medico e scientifico migliori di un dottore vero.

- Leo – aveva alzato gli occhi verdi la giovane – Per quanto io apprezzi i tuoi complimenti, stai sviando il discorso – aveva posato il vaso pieno di acqua e aveva piantato lo sguardo in quello dell’amico – Cosa ti tormenta così tanto?

Leonardo aveva ripreso a vagare con lo sguardo, ma comunque aveva smozzicato qualcosa:- Riario...- aveva sussurrato.

- Girolamo? - aveva spalancato gli occhi molto stupita – Quell’uomo è un tormento per tutti noi – aveva alzato gli occhi al cielo offrendo una tazza a Leonardo, che lui subito aveva subito preso in mano.

- Lo vedi ancora?

- Certo! Ogni sabato viene a comprare dei crisantemi per la tomba della madre e ogni tanto viene qui per stare un po’ con me. Però non so...Adesso che ci penso, qualche giorno fa mi ha chiesto qualcosa per rilassarsi, qualcosa di forte. Gli ho preparato le gocce più forti di sempre, ma comunque dopo pochi giorni è venuto a chiedermi qualcosa di più forte. Temo che possa essere ricaduto nel tormento di un anno fa…

- Bene! - era saltato dalla sedia Leonardo – Che belle notizie che mi dai...E’ quello che temevo anche io, ma ora tu mi dai la certezza – aveva abbassato il viso sconsolato – Hai provato altro con lui?

- Sì. Ed ero certa che potessero funzionare come avevano funzionato al ritorno dalle Americhe, ma Girolamo ora è diverso, è...distante, vuoto, soffocato da qualcosa di pesante.

- Non ha funzionato nulla?

- Nulla, ci ho provato con tutte le mie forze, ma penso che la battaglia impervi ancora dentro di lui. E credo che tu sia l’unico a poter fare DAVVERO qualcosa.

- Dove sta ora?

- Nel Borgo Vecchio.

- Dici che mi farà entrare senza problemi?

- Leo – gli aveva preso le mani tra le sue – Lui lo fa sempre con te.

- Lo fa anche con te – l’aveva guardata sorridendo leggermente.

- Non è vero – gli aveva mollato le mani e si era girata verso i libri – Per me lui è sempre stato un mistero, uno stupendo mistero.

- Ancora innamorata?

- Abbastanza. Ma non mi interessa, sto bene, sono sempre stata bene anche solo con me stessa.

Leonardo si era guardato intorno e poi si era avvicinato a lei:- In caso servisse qualche..favore, io sono disponibile – aveva ammiccato.

- Solito adulatore perditempo – le aveva fatto cenno con la mano scacciandolo – Vai da Girolamo, e fammi sapere.

- Sì, certo- si era alzato dando l’ultima sorsata di Arquebuse e aveva preso la porta.

- Ah, a proposito: Sofia e Zoroastro?

- Attendiamo – aveva alzato gli occhi al cielo.

- Mi sorprende il tempo che ci stanno mettendo tutti e due a capire cosa provano l’uno per l’altro,ma essendo lei tua sorella, probabilmente sta macchinando qualcosa di assurdo – aveva riso.

- Eh, avrebbe bisogno del tuo aiuto. Quando hai intenzione di tornare a Firenze?

- Spero il prima possibile. Roma è bella, ma mi mancate voi.

- Come potresti vivere senza di me.

- Smettila! Su, su, vai e non perdere tempo – lo aveva cacciato delicatamente chiudendogli la porta in faccia.

 

 

Borgo Vecchio era poco distante dal “Giardino dell’Esperadi”, quindi Leonardo aveva preferito lasciare il cavallo lì per godersi la passeggiata.

Aveva sempre amato camminare, a maggior ragione quando qualcosa lo faceva pensare senza interruzione: lo trovava utile per schiarire le idee.

Doveva dire che le parole di Altea lo avevano messo davvero in uno stato di preoccupazione per quell’uomo che un tempo gli era stato davvero vicino, ma che ora sembrava sentirlo solo uno sconosciuto a cui risolvere un “piccolo” problema.

La casa di Riario era abbastanza riconoscibile, soprattutto per un genio come Leonardo, che senza esitazione aveva riconosciuto il crocifisso sulla porta come quello che Girolamo portava sempre al collo. Esitava davanti a quell’effige, ormai la testa piena di dubbi e strane idee. Alle volte davvero si domandava come mai quell’uomo gli facesse quell’effetto, come lo riempisse di confusione.

Lentamente aveva bussato alla porta, da dove presto era sbucata la testa di un giovane, forse il nuovo servo di Riario: che dalla morte di Zita e la brevissima relazione con la Cereta avesse deciso di chiudere con l’amore?

- Desiderate?

- Sto cercando il Conte Riario, è in casa? - aveva infilato Leonardo la testa con somma curiosità.

- Sì, se mi dite chi lo cerca posso andarvelo a chiamare.

- Ditegli che un vecchio amico artista lo vuole visitare.

Il ragazzetto era scomparso dietro una pesante porta di frassino, mentre Leonardo si era seduto finalmente su una poltrona di velluto rosso nell’attesa di risposta.

- Artista – Girolamo aveva arrotolato la prima sillaba:il serpente dentro di lui sembrava ancora vivissimo. In uno scatto involontario Leonardo aveva alzato lo sguardo sul maggiore e lo aveva visto: era leggermente dimagrito, i capelli, quasi sempre in ordine, ora erano completamente scompigliati, come anche la barba leggermente incolta e gli occhi, un tempo brillanti, parevano velati di qualcosa simile alla lacrime, ma molto più spesso.

- Conte – Leonardo aveva girato tutto il corpo verso di lui – Vi vedo davvero bene – aveva mentito spudoratamente.

- E sto davvero bene! - si era seduto sulla poltrona poco distante dall’artista – Ma cosa vi porta qui?

- Oh, avevo una commissione da compiere da Madonna Innocenti, quindi ho approfittato per venirvi a trovare. E’ molto tempo che non ci vediamo Conte.

- Già, sono successe così tante in questo tempo – aveva sorriso Girolamo nel suo classico modo, quello che faceva venire i brividi sulla schiena di chiunque lo vedesse per i motivi più svariati – Finalmente sto bene – aveva mentito anche lui.

Da quando finalmente aveva preso la decisione di uccidere suo padre pareva che la strada fosse diventata tutta in piano, invece dopo un’iniziale soddisfazione, gli era crollata addosso il peso del mondo intero: anni di dolori, di fatiche e di sofferenze schiacciavano quella parte buona che ancora rimaneva dentro di lui e che, come una voce nella testa, gli diceva che aveva sbagliato tutto, che stava ancora sbagliando tutto, che si stava costruendo una corazza intorno solo con lo scopo di difendersi ancora, di non farsi giudicare da nessuno: aveva allontanato di nuovo Laura, e lei, stanca, se ne era andata; aveva cercato di fare lo stesso con Altea, ma lei era troppo testarda e quindi si era messo una maschera e si era nascosto di nuovo.

E poi era sparito, era sparito per sempre dalla vita dell’artista, la sola persona che veramente lo aveva aiutato nel momento più buio senza porsi domande, nonostante tutto quello che avesse dovuto subire a causa sua, senza farsi domande, con gentilezza e comprensione.

- Ne sono felice, Girolamo - Il conte sapeva di essere riuscito a nascondere le sue paure e i suoi dolori a chiunque (o almeno credeva), ma sapeva ancora meglio che con Leonardo quel giochetto non funzionava, lui gli leggeva gli occhi sempre, come anche aveva fatto ora: dal modo in cui aveva pronunciato il suo nome gli aveva fatto capire come i suoi modi da persona forte e irremovibile non funzionassero con lui – Però perché mi mentite? -tutto a un tratto Riario aveva sentito una stanchezza infinita colpirlo, come se negli ultimi sette anni non avesse mai dormito, le parole che grandinavano su di lui.

- Non vi sto mentendo, a che scopo dovrei? - si era posto sulla difensiva, come sempre.

- Siete sempre stato un duro... – gli aveva sorriso sbieco l’artista – Soprattutto con me, sempre forte, sempre in guerra.

- In guerra?

- Sì, con voi stesso – aveva risposto con naturalezza, come se quella fosse la cosa più ovvia di sempre.

- Io sono in pace ora.

- Impossibile- Leonardo si era avvicinato leggermente alla poltrona di Riario – Tutti siamo in guerra con noi stessi, tutti lo siamo sempre – Girolamo lo aveva guardato strano, non capiva cosa intendesse e questo Leonardo lo sapeva – Chiunque ha una parte di sé stesso che odia, che vorrebbe uccidere e sotterrare per sempre lontano perché la sente esterna. Eppure...- aveva fatto una breve pausa, il solito esibizionista aveva pensato Riario -...Eppure fa parte di quella persona, è una lato della sua personalità, del suo carattere che alle volte sì, oscura lo splendore della sua anima, ma è pur sempre quel buio su cui risalta il bagliore – altra pausa, ma questa sembrava sentita davvero – Alle volte ci penso anche io...Penso che la mia innegabile genialità venga spesso oscurata dal mio cinismo ed egocentrismo: mi piacerebbe essere meno...Da Vinci e più Leonardo, uomo pieno di difetti che riesce ad ammettere senza fatica, senza che gli si spezzi qualcosa dentro.

Non era prima volta che Leonardo si apriva così con lui, ma mai lo aveva sentito così vicino a sé, come se in un attimo avesse capito tutto il dolore che si portava dentro e ne avesse preso un pezzetto per farsi carico anche lui di quell’anima ferita.

- Girolamo, si è fatto tardi, tra poco sarà notte e io vorrei partire prima che faccia buio – gli aveva sorriso nello scatto in cui aveva alzato la testa. Si era alzato e si era avvicinato alla porta – Comunque, se volete, se avete bisogno, scrivetemi quando volete. E fate visita qualche volta a Madonna Innocenti, che è tanto preoccupata per voi: potrebbe aiutarvi – si era chiuso finalmente la porta alle spalle, lasciando, per la prima volta nella sua vita, con un dubbio insormontabile, ma una speranza nuova.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3933455