Kaku koto nante jounetsu!

di Hoshi_10000
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100. Svenimento
 
 
Personaggi: Ja’far, Sinbad
Ambientazione: imprecisata
 
Guardò il corpo di Sinbad inerte sul pavimento, sollevando un sopracciglio scettico.
Stavano camminando fianco a fianco, parlando di questioni politiche, quando tutto d’un tratto Sinbad era crollato a terra, senza una parola, un lamento o un segno d’avvertimento.
S’inginocchiò al fianco del re di Sindria, girandolo sulla schiena e tastandogli il polso: il battito c’era, purtroppo non era morto.
Sentì il respiro, debole e sottile, ma cadenzato e gli sollevò delicatamente una palpebra, osservando il bianco della cornea e una minuscola porzione di iride, ma niente pupilla.
-Sarà stato un calo di pressione, un colpo di calore o l’assenza di zuccheri, inizia ad essere vecchio, il nostro re.- ridacchiò Hinahoho, facendo il gesto di sollevare le gambe a Sinbad per aiutare il sangue a raggiungere il cervello ed aiutarlo a svegliarsi, ma Ja’far lo bloccò, sistemandosi accanto alla testa di Sinbad.
L’Imuchack non pose obbiezioni, come aveva avuto modo di sperimentare in passato l’ex assassino sapeva tanto dove colpire per uccidere quanto dove metter mano per guarire, ma poi lo vide tappare il naso a Sinbad con aria impassibile, e entrò nel panico.
-Ja’far, così lo ammazzerai! È solo svenuto, dagli un attimo il tempo di riprendersi!-
L’albino non rispose, sedendosi invece sul petto del suo re con espressione quasi annoiata, fin quando Sinbad non aprì gli occhi di scatto, guardandosi in giro stravolto.
Il visir mollò la presa, sorridendogli e abbassandosi verso il suo orecchio, sussurrandogli un delicato -Al lavoro, Sin.- per poi alzarsi e trascinarlo fino al suo ufficio per un piede.
I riti nuziali dicevano “Finchè morti non ci separi”, Ja’far a lui diceva sempre “A meno che la morte non sopraggiunga, lavora”: lo svenimento non era una scusa accettabile per prendersi nemmeno un’ora di permesso.




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