Dark Circus

di Lacus Clyne
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Buonasera!! Terza parte del X capitolo!! Ho adorato scrivere tanto quanto ho sofferto in questa parte... ç_ç Un grazie come sempre per il sostegno!! Alla prossima con la parte finale!!

 

 

 



L'indomani mattina, Alexander non si fece attendere. Non avevo dormito per niente bene, nonostante accoglienza familiare e comodità del mio letto. Avevo avvertito fortemente l'assenza del piccolo Nicholas che, nel sonno, spesso si accoccolava tra le mie braccia. Chissà se quella notte, la prima che aveva trascorso lontano, si era sentito perso tanto quanto me. E chissà se era stato lo stesso per Alexander. Eppure, quando sentii, dal piano inferiore, la sua voce, non potei fare a meno di temporeggiare, quantomeno per cercare di calmare l'animo così inquieto. Mi guardai allo specchio, osservando il mio pallido viso alla luce del sole che aveva illuminato la mia stanza. La strana sensazione di non avere più i miei capelli lunghi mi faceva sentire ancora più a disagio, ma ormai, la frittata era fatta.

Ce la puoi fare... – ripetei alla me stessa riflessa nello specchio, poi raccolsi il taccuino, lasciai la mia stanza e scesi al pianterreno, dov'ero attesa.

Lucy fu la prima a vedermi. Alexander stava parlando con i miei genitori, che non riuscivano a non nascondere la preoccupazione. L'avevo visto soltanto il giorno prima, ma in quel momento mi sembrò di non vederlo da una vita. Non sapevo se dipendesse dal fatto che avessimo praticamente vissuto insieme per mesi oppure dall'aver visto il nostro mondo sconvolto nell'arco di poche ore, ma mi sembrò come se fosse trascorsa un'eternità.

In jeans e camicia Lacoste navy blue, quando si voltò, i suoi occhi si spalancarono in un'espressione sconvolta e si ammutolì. Evidentemente il mio nuovo look doveva averlo sorpreso e, a giudicare dal fatto che interruppe il suo discorso, mi resi conto che Lucy non aveva anticipato nulla.

Alexander. – lo salutai, quando li ebbi raggiunti.

Per qualche istante mi sentii studiata. Se la ragione fosse nei capelli o in altro non seppi dirlo. Poi scosse appena la testa. Aveva qualcosa in mente. – Abbiamo il suo nome. –

Il mio cuore saltò un battito e strinsi il taccuino tra le mani. – E io ho ricordato. Avevi ragione. Sono io il caso zero. –

Non distolse mai lo sguardo da me, fino a che non gli cedetti il taccuino. – Questo è tutto quello che ho messo insieme. Ricordi, per la maggiore, ma anche... – mi interruppi, perché dirglielo così, davanti alla mia famiglia, a Lucy, mi sembrò troppo personale, troppo difficile. Alexander lo comprese, evidentemente, perché prese il taccuino e annuì.

– … il movente. – disse, al posto mio.

Detective Graham... mi perdoni per la franchezza, ma... prenda quel figlio di puttana. Lo assicuri alla giustizia una volta per tutte! – disse mio padre e Alexander indurì lo sguardo.

Lo faremo, signor Hastings. Per sua figlia, per la mia e per tutti coloro che hanno sofferto per colpa di Karolus Novak. – disse, con la voce avvelenata.

Karolus Novak. Il nome del Mago. L'assassino di Lily, di Daisy e di Trevor. Il mio persecutore aveva finalmente un nome. Nel sentirlo, fu come se finalmente potessi vederlo chiaramente, al di là della coltre dei ricordi. Non un titolo, ma una persona reale. Un uomo in carne ed ossa. Un uomo che ora, dopo anni e anni, era alla nostra portata. Guardai Alexander, che mi rivolse l'attenzione.

Te la senti di tornare? –

Guardai lui, poi Lucy e infine i miei genitori. Ognuno di loro si aspettava qualcosa. Ma era la giustizia ciò che aspettava più di tutti.

Devo farlo. –

Mia madre mi abbracciò forte e io feci lo stesso. – Stai attenta, bambina mia. –

Sì. – dissi, nell'inebriarmi del profumo di mamma e pancake.

Poi toccò a mio padre, che sembrava aver finalmente recuperato la compostezza, dopo lo sfogo del giorno prima. Nei suoi occhi potevo leggere emozioni contrastanti, ma alla fine, fu quella che ci univa a vincere. – Sono orgoglioso te, Katherine. –

Grazie, papà. Stavolta lo prenderemo. A qualunque costo. –

Papà annuì e poi guardò Alexander. – Detective Graham. Tempo fa, lei mi chiese di proteggere temporaneamente mia figlia dalla minaccia senza volto che aveva sconvolto le nostre vite. Io le risposi di aver giurato di proteggerla da chiunque avesse cercato di farle del male il giorno stesso in cui nacque. Mi rendo conto, ora, dopo aver compreso la situazione, che non possiamo proteggere i nostri figli per sempre. Mi dispiace per quello che ha vissuto. Ma da padre a padre, ora sono io che la prego di aiutarmi a proteggere la mia Kate. –

Sussultai nel sentire quelle parole, mentre lui tendeva la mano ad Alexander. Non avevo idea di quello che si erano detti la sera del funerale di Trevor. Allora, credevo che il mio capo avesse giocato sporco alle mie spalle. E invece, aveva chiesto a mio padre di proteggermi, in sua assenza, da quel nemico di cui ancora non conoscevamo l'identità.

Alexander gli strinse la mano. – A qualunque costo, signor Hastings. –

Sospirai e guardai Lucy, che mi sorrise rassegnata.

 

*** 


Così, lasciammo casa mia per tornare a Boston. In realtà, non pensavo di avere sorprese, ma quando aprii la portiera dell'auto, sul sedile del passeggero, trovai Oz seduto con tanto di cintura di sicurezza allacciata. Vedere la mia scimmietta di peluche mi stupì non poco, e piacevolmente. L'avevo lasciato a casa, ma Alexander l'aveva portato con sé. Lo presi in braccio e guardai il colpevole.

Grazie... – dissi, sorridendo.

Ringrazia lui, voleva vederti. – disse monocorde, salendo in macchina.

Sentite... dal momento che non mi va di fare il terzo incomodo... e voi due avete una conversazione in sospeso... torno in autobus, ok? – disse Lucy.

Tu vieni con noi, signorina Garner. – sentenziò.

Sorrisi. – Mi spiace, quando il capo ordina... –

Lucy sospirò rassegnata, poi salì in auto. La seguii poco dopo e così, partimmo per la città.

Il viaggio fu silenzioso per tutti e tre. Lucy indossò le cuffiette e si attaccò al suo iPhone, ma mi resi conto che volle farlo più per lasciarci un po' di privacy che per altro. Io tenni stretto a me Oz, ma in realtà, non avevo tantissima voglia di chiacchierare. Sapevo che c'era un discorso in sospeso tra noi, ma non era quello il momento né il luogo adatto. Alexander, del canto suo, sembrava concentrato sulla guida, ma ormai avevo imparato a capire i suoi stati d'animo. Era teso, combattuto e quella situazione non gli rendeva le cose facili. Quindi aveva fatto quello che gli veniva meglio: si era chiuso nel silenzio.

Alla fine, dopo tanto, mi feci animo e allungai la mia mano. Con il polpastrello dell'indice, sfiorai il dorso liscio della sua mano destra, posata sul cambio. Era impostato sull'automatico, ma si trattava di un'abitudine. Percepii un lievissimo fremito inaspettato da parte sua, ma non osò voltarsi, impegnato com'era alla guida. Lo guardai con la coda dell'occhio e lo vidi rilassarsi. Controllò lo specchietto retrovisore. Lucy era immersa nella lettura di qualcosa. Se stava fingendo, lo stava facendo molto bene. Alexander ruotò la mano, in modo che le sue dita prendessero le mie. Sentii un tuffo al cuore e mi concessi di guardarlo.

Scusa. – disse soltanto.

Quella parola. Che fosse il tono o la portata di ciò che significava, quella parola aveva un potere immenso in sé. Sorrisi e intrecciai le dita alle sue, senza dire altro.

Diversamente da quanto immaginavo come destinazione, tuttavia, Alexander ci condusse a casa nostra, dove ci attendevano, con mia grande sorpresa, Jace e il detective Wheeler. Quando il primo ci vide, dopo il doveroso ricongiungimento con Lucy, che l'aveva informato di tutto per tempo, mi squadrò come se non mi riconoscesse.

Certo che se volevi darci un taglio potevi anche scegliere un parrucchiere in città, Kate... –

Se vuoi posso fare qualcosa per quella massa informe che ti ritrovi, invece. – dissi, punta nell'orgoglio.

Jace si mise a ridere, poi mi abbracciò forte. – Sei sempre la nostra solita Katie... ero preoccupato! E sei un incanto anche così! –

Imbarazzata, lo abbracciai anch'io sotto gli occhi di Alexander e Lucy, che sospirarono, come a non poterci far nulla. Jace era un antidepressivo naturale.

Grazie, Jace... –

Il detective Wheeler emise qualche colpetto di tosse per richiamarci.

Detective Wheeler. –

Bentornata. Perdonaci per questa riunione improvvisa a casa tua, ma data la situazione, ci serviva una location più sicura. E... a quanto pare, questa lo è, grazie agli sforzi del defunto signor Lynch e di Jace. –

Annuii. – Quindi anche lei ha delle novità? –

Lui guardò Alexander. – Non le hai detto ancora nulla? –

Quest'ultimo scosse la testa. – Solo che abbiamo il suo nome. E lei ha tutto ciò che ricorda. Volevo affrontare la questione tutti insieme. – spiegò e prese il taccuino dalla tasca dei jeans.

Allora, signori... vogliamo parlare di Novak e di come lo staneremo? –

Tutti noi annuimmo e, sotto lo sguardo di una preoccupata Lucy, ci preparammo a mettere in campo le nostre risorse.

Alexander raccontò della visita a Ilian Tŭmen del giorno prima.

L'uomo, nella settantina ormai, ex direttore del circo itinerante Tŭmen, dismesso da alcuni anni per sopraggiunta età dello stesso e per impossibilità di mandare avanti la baracca, aveva ammesso di aver avuto Novak come artista alle sue dipendenze per oltre trent'anni. Il circo, d'origine bulgara, nota che mi sorprese non poco, aveva offerto spettacoli in diverse località, tra cui Shrewsbury. Tuttavia, quello che ci interessava sapere era legato a Novak.

Questi, stando al racconto di Tŭmen, era stato un artista completo, con predisposizione per i numeri a corpo libero e per l'illusionismo, elementi questo che giustificavano non soltanto la sua forza, ma anche le sue abilità di mimetizzazione e la sua teatralità. Negli anni Novanta, aveva impersonato la figura nascosta del Mago di Oz nelle rielaborazioni circensi, ma il suo stato di salute aveva finito per costringerlo ad abbandonare tutto. Con mio sgomento, ricollegando questo ai miei ricordi, appresi che era malato di cancro. Un tumore al cervello, al primo stadio. Questo, con tutta probabilità, significava che, all'epoca del mio primo incontro con lui, doveva essere stato sottoposto a chemioterapia. Quella che credevo essere una cicatrice, probabilmente, doveva essere il risultato di sedute della stessa.

Tuttavia, negli ultimi anni, il male si era ripresentato e aveva finito col provocargli degli stati d'alterazione di coscienza ed episodi psicotici sempre più violenti, tanto da cominciare a fargli nutrire vere e proprie ossessioni, la prima delle quali, proprio per il Mago di Oz. Tutto questo era durato fino a che, circa dieci anni fa, Novak aveva lasciato la compagnia. Da quel momento, Tŭmen non aveva più avuto sue notizie, tanto più che credeva fosse ormai deceduto. In realtà, slegato da un contesto organizzato e preda di un male galoppante, nonché del suo delirio psicotico, Novak aveva creato un'identità su misura per sé.

A quel punto, il detective Wheeler aveva aggiunto che mentre la Polizia brancolava nel buio, c'era chi aveva qualcosa in mano ed era tutto molto più vicino di quanto avremmo mai potuto immaginare. Nel sentire il nome di Karolus Novak, Nicholas l'aveva casualmente riconosciuto e aveva raccontato che alla Cruise&Sons Pharma, aveva visto, qualche volta, di nascosto, un uomo enorme, anche più di Petrov, che si sottoponeva a dei trattamenti sperimentali e parlava con lui nella loro lingua madre. Tutto questo era accaduto anche negli ultimi anni e rabbrividii realizzando che, probabilmente, la persona di cui avevo sentito i passi, la notte in cui ci eravamo introdotti furtivamente, sarebbe potuta essere proprio il Mago. Jace, intanto, aveva avuto modo di indagare per proprio conto e aveva recuperato la cartella clinica di Novak.

La Cruise Pharma, dopo l'arresto di Harriet Cruise, aveva attraversato un periodo di turbolenza, finché non era stata acquisita, dopo una svendita miliardaria, da un'azienda concorrente. Gli archivi e tutto il materiale che riguardava le sperimentazioni illegali che venivano condotte al suo interno erano stati requisiti dai federali come prove da impiegare nel processo contro la direttrice. Tuttavia, il nostro Jace aveva effettuato in remoto una copia di backup dei server durante l'operazione in incognito che avevamo portato avanti durante l'indagine sulla morte di Karina Razinova e, stavolta per un caso fortuito, aveva recuperato anche ciò che era svolto in superficie.

Nel leggere la cartella clinica, aggiornata cinque giorni prima del nostro intervento, apprendemmo che le condizioni di Novak, ora cinquantasettenne, erano quelle di un malato terminale. La diagnosi era quelle di un glioma di terzo grado non gli avrebbe lasciato scampo. Jace aveva chiesto consulenza al padre, che aveva avanzato l'ipotesi che in tale circostanza, senza cure, il paziente con tutta probabilità sarebbe dovuto essere già deceduto.

Però... tu sei sicuro che sia ancora vivo, vero, Alexander? – domandai.

Alexander annuì. – Se non è morto in tutti questi anni e considerando le sperimentazioni di quel folle di Reyes, perché non potrebbe essere ancora in vita? –

Il detective Wheeler portò la mano al mento, lisciando la barba brunita. – Per questa ragione, ho fatto controllare i registri di morte degli ultimi quattro mesi a Norfolk. Nessuno di questi riporta il nome di Karolus Novak. C'è anche da dire che quell'uomo non compare nemmeno nei registri dell'Immigrazione, altrimenti avremmo dovuto avere qualcosa per le mani. –

Però compare nei registri medici della Cruise Pharma. Mi chiedo se fosse stato ospitato nella Hope & Charity House. – aggiunse Jace.

Era troppo instabile per farlo. Credo piuttosto che abbia vissuto ai margini della società per tutto questo tempo, il che giustifica anche il possesso della droga che ha usato su Trevor. Non si ritrovava in questo mondo. Per lui, probabilmente, il mondo reale era quello che la sua mente aveva creato. Una visione contorta del Mago di Oz, ossessionato da Dorothy, di cui lui stesso si era messo alla ricerca. – spiegai.

Tuttavia, vivere in un mondo immaginario non ti permette di farla franca per tutti questi anni. Anche vivendo al margine, deve essere stato aiutato da qualcuno, soprattutto nelle sue condizioni. – aggiunse il detective Wheeler.

Jace, ascolta. Secondo quello che ti ha detto tuo padre, quanto tempo potrebbe vivere una persona nelle condizioni di Novak, se regolarmente curata? – chiesi.

Jace battè le palpebre e grattò la testa. – Mh... se non ricordo male, non più di cinque anni, nel migliore dei casi. –

E le allucinazioni? –

Insorgono col peggioramento dei sintomi. –

Ilian Tŭmen ha detto che non sapeva più nulla di Novak da almeno dieci anni. Tuttavia sosteneva che fosse ossessionato dal Mago di Oz. Ma se così fosse stato, allora Novak avrebbe sofferto di allucinazioni e avrebbe convissuto con un tumore così aggressivo per più tempo di quanto normalmente possibile. –

Quindi avrebbe mentito. – aggiunse il detective Wheeler, guardando Alexander, che affilò lo sguardo.

Non mi quadra. Questa sua... ossessione per me dura da oltre vent'anni. E poi, se così fosse, ci troveremmo per Daisy, ma non per Lily... – continuai, rivolgendo anch'io gli occhi ad Alexander.

Sono sette anni. – disse.

Beh, io ho parlato della tendenza. Non è detto che sia un limite assoluto. Insomma, il Mago è tutto fuorché una persona ordinaria. – intervenne Jace, cavandoci d'impiccio.

Sì, ma non puoi andare alla cieca. – controbatté il detective Wheeler, con un moto di frustrazione nella voce.

In effetti, era ciò che stava accadendo. Sembravamo essere a un punto morto. Il Mago, Novak, era una figura troppo avvolta nelle tenebre.

Scusate... – disse timidamente Lucy, che era stata seduta sul nostro divanetto ad ascoltarci elucubrare per tutto quel tempo. Ci voltammo tutti a guardarla.

Perché non ripartite da quello che avete in mano? – suggerì, indicando il mio taccuino.

Alexander annuì e aprì il taccuino. Avevo scritto tutto ciò che ricordavo, tanto più che nel leggere, spesso si ritrovò a guardarmi con aria sconvolta. Probabilmente, nemmeno lui era stato in grando di realizzare fino a che punto ci fossi dentro. Solo alla fine, passò gli appunti a Jace, mostrandogli il disegno che avevo fatto. Non ero brava, ma sperai di poterlo aiutare a definire qualcosa di più, ipotesi bocciata dalla faccia di Jace nel vedere il mio maldestro tentativo. Lucy, a quel punto, aveva preso il tablet del fidanzato e aveva sistemato il mio disegno, forte della sua mano artistica.

Solo allora, davanti a un'immagine decente e ai dati in nostro possesso, Jace aveva potuto far qualcosa. Il software di Trevor, che lui aveva potenziato, rivelò finalmente tutta la sua efficacia. Nell'arco di pochi minuti, ci rivelò l'aspetto esatto che Novak avrebbe avuto all'epoca in cui lo incontrai la prima volta. Sgranammo gli occhi nel vedere finalmente un'immagine così realistica e vivida di quell'uomo. Il volto impassibile e pallido, allungato, con forti mascelle, senza peluria, né capelli. Occhi neri infossati. Labbra sottili, impersonali. Ma non finì lì. Attraverso quell'identikit, incrociò i dati con tutti quelli delle videocamere di sorveglianza del nostro circondario. Sembrò che non vi fosse riscontro. A quel punto, mi chiese di poter fare qualcosa che non era riuscito a fare in quei mesi.

Di che si tratta? – domandai.

I suoi occhi marroni incrociarono titubanti i miei. – Dopo la morte di Trevor, ho scoperto che il sistema di videosorveglianza che aveva applicato in casa sua aveva un bug. Non so se dipendesse dal fatto che si trattasse di una versione iniziale o volesse garantirvi privacy, tanto più che, dalle log, ho visto non solo che l'aveva attivato soltanto in due occasioni, ma sembrava che fosse impossibile da debuggare. Quella sera, però, il sistema era attivo. Credo che dipendesse dal fatto che Trevor volesse chiederti... beh... quello che sai... e magari, immortalare quel momento. –

Il mio cuore, nell'ascoltarlo, prese a galoppare. Appoggiai le mani sullo schienale della sua sedia. Cominciavo a capire dove volesse andare a parare.

Per via di quel bug, ho avuto difficoltà ad accedere a quel contenuto, ma... alla fine, Kate... ce l'ho fatta... –

Mi sentii mancare e la voce risuonò estranea nelle mie stesse orecchie. – S-Stai dicendo che... hai visto com'è morto Trevor? –

Jace era palesemente a disagio. Significava molto anche per lui. – N-No, io... non ho avuto il coraggio di farlo. Trevor, in fondo... era anche mio amico e... e poi, ecco... –

Da quanto hai in mano quel video? – incalzò il detective Wheeler.

Jace lo guardò. – Da quando mi son messo a lavorare sul software, ma sono riuscito a debuggarlo soltanto tre giorni fa. –

E non ti è passato per la mente di avvertirci?! Questo significa intralciare le indagini! –

Non sapevo che fare! Poi... insomma, voi due avevate già quella situazione con Nicholas, e così... – continuò, cercando di scusarsi, rivolgendosi a me e ad Alexander.

Ma questo non vuol dire niente. Jace, capisco i tuoi riguardi, ma avresti dovuto dirlo. – disse Alexander.

Mi dispiace... –

Jace... lì c'è... insomma... tutto quello che... – cercai di prendere vanamente fiato.

Kate... non c'è bisogno che tu lo guardi. Ce ne occupiamo noi da questo momento. – aggiunse, pacatamente, Alexander. Compresi la sua motivazione, ma quel video, oltre a costituire una probabile prova inconfutabile che ci avrebbe permesso di incriminare l'assassino di Trevor, rappresentava anche la nostra possibilità di vederlo così com'era diventato. E poi...

Guardai Alexander, poi ricordai le parole che Hannah mi aveva rivolto. Secondo lei, non avevo cuore. Forse, quello sarebbe stato il momento per vedere se avesse avuto ragione o meno.

Fai partire quel video. – dissi, fissando lo schermo, sotto gli occhi incerti dei presenti.

Jace prese un lungo respiro, combattuto come non mai. Cercò l'approvazione di Lucy, sul cui bel viso era dipinta tutta la sua angoscia. Si doveva essere resa conto del perché la tenevo fuori da ciò che riguardava i casi su cui investigavamo. Solo dopo un lunghissimo minuto, fece partire il video.

Percepii chiaramente un tuffo al cuore nel vedere un inedito Trevor, ancora ignaro del fatto che quelli filmati fossero gli ultimi istanti della sua vita. L'ultimo ricordo che avevo di lui da vivo era poco prima della nostra separazione. Lui aveva un'importante riunione e mi aveva detto che se tutto fosse andato bene, avremmo festeggiato e la nostra vita avrebbe preso una piega diversa. Quella sera, eravamo impegnati a sgominare l'associazione a delinquere di Richard Kenner e del rettore Chambers e non avevo avuto il tempo di realizzare cosa stesse facendo Trevor, troppo presa da quel gioco folle in cui eravamo stati coinvolti.

Mi venne da piangere e sorridere nel vederlo gironzolare per il soggiorno, sistemando tutto per bene, controllando che ogni cosa fosse al suo posto. Voleva che tutto fosse impeccabile. Lui era così, sempre attento ai dettagli. E poi, a un certo punto, si era avvicinato alla videocamera. Vedere il suo volto ancora vivo, i suoi occhi verdi, il suo sorriso, fu come sentire il cuore stretto in una morsa.

« Kate, se tutto è andato come dovrebbe, e lo spero tanto, quando rivedremo insieme questo video, saremo marito e moglie. E... no, non è una candid camera. Ma voglio immortalare questo momento. Non vedo l'ora che torni a casa. E sai, sono molto emozionato, perché, beh, sì, insomma... ho provato tantissime volte, ma non sono ancora riuscito a trovare il modo giusto per chiederti di sposarmi. »

Mi morsi le labbra e irrigidii la presa sullo schienale della sedia. Non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo, dallo sguardo pieno d'amore di Trevor. Dal dolore che mi aveva attanagliato il cuore.

« Tu sei la persona più matta che conosca. Matta quando ti metti a canticchiare e a ballare per casa come fossi la protagonista di qualche videoclip. Matta quando litighiamo, perchè siamo tremendamente testardi entrambi e, all'improvviso, ti affacci sulla porta con una torta tra le mani perché il dolce fa passare tutto quanto. Matta perché tra tutti coloro che avresti potuto avere al tuo fianco, hai voluto proprio me. E matto io perchè non riesco a fare a meno di tutto questo.

Amo ogni cosa di te. Quel tuo modo di mordere le unghie quando sei nervosa. Quella ruga d'espressione che ti si forma proprio tra le sopracciglia quando ti arrabbi. I tuoi occhi che esprimono le tue emozioni decisamente meglio di quanto tu sappia fare a parole.

Amo quando, immersa nella visione di qualche film, ti metti a ripetere le battute come se le stessi vivendo in prima persona, persino meglio di un'attrice vissuta. Amo vederti all'opera, mentre la tua mente lavora instancabilmente per cercare di dare un senso alle azioni dei criminali, anche se questo, lo sai, mi spaventa a morte, perché sei tremendamente lontana da me in quei momenti e temo di non essere in grado di raggiungerti. Amo guardarti dormire, accoccolata tra le mie braccia, magari dopo che abbiamo fatto l'amore.

Ti amo, Katherine Hastings... e spero che stasera tu voglia farmi il grande onore di diventare mia moglie. »

Non riuscii a trattenermi, nel sentire quelle parole. Quello che era cominciato come un remind a posteriori, era diventato altro, quella dichiarazione d'amore e quella proposta di matrimonio che Trevor non aveva mai potuto farmi di persona. Il mio cuore sembrava scoppiare, traboccante di emozioni a cui non osavo dare nome. Lucy si avvicinò ad abbracciarmi, mentre Jace, con gli occhi lucidi, tornò a guardare il video.

Trevor si era seduto sul divano e aveva preparato la scatolina con l'anello di fidanzamento, posandola sul tavolino di fronte. Poi aveva messo le mani in testa, guardato il telefono, sospirato. Il tempo passava, fino a che non aveva sentito suonare. Era balzato in piedi e aveva acceso lo stereo e in pochi secondi, le note di Unconditionally avevano riempito la stanza.

Stretta tra le braccia protettive di Lucy, mi sentii mancare la terra sotto i piedi quando Trevor scomparve dall'inquadratura andando incontro alla morte. Interminabili istanti, voci e rumori di sottofondo, poi un tonfo. Eravamo tutti concentratissimi e quando il Mago, Karolus Novak, apparve nella scena, trascinando Trevor, sobbalzammo. Urlai, nel vederlo privo di sensi. L'aveva tramortito. E dai risultati dell'autopsia, quello era stato solo l'inizio. Novak era ancora girato di spalle. Vestito di nero, ma non con quella sorta di tunica che avevamo visto in passato. La sua figura imponente era ancora di spalle. Alexander e il detective Wheeler avevano un'espressione colma di rabbia e impazienza. Se non si fosse voltato, allora...

Jace osservava tutta la scena impietrito, ma come me, come Lucy, doveva avere il cuore in subbuglio. Minuti, ancora, in cui scrutò il posto. Aveva alzato il capo ora canuto verso il muro, su cui, di lì a poco, avrebbe lasciato un messaggio per me. Aveva preso la scatolina e in quel momento, qualcosa doveva essere scattato. Aveva alzato il volume dello stereo e quando Trevor si era risvegliato, urlando, aveva inclinato la testa, per poi tirar fuori dal giubbotto un coltellaccio. L'arma del delitto. Trevor aveva provato a sfuggirgli e nel fare questo, aveva guardato in alto, verso la videocamera. Il suo sguardo ora esprimeva terrore puro e quando il Mago finalmente si voltò, allungando la mano guantata verso di lui a afferrandolo per la testa, aveva pronunciato qualcosa senza farsi sentire, muovendo solo le labbra. Kate. Sgranai gli occhi, nello stesso istante in cui il video si interruppe. Abbassai lo sguardo vedendo le dita di Alexander sul tablet. Era stato lui. Interdetta, mi ritrovai a guardarlo. Non osò ricambiare, ma la sua mascella era tesa come non mai. Guardò Jace, invece e la voce ruggì bassa e roca.

Puoi elaborare un'immagine aggiornata, reale? –

Jace, sgomento, annuì e si voltò nuovamente verso il suo tablet, mettendosi all'opera.

Pochi istanti e il volto del Mago, il suo volto così com'era adesso, apparve nello schermo. Molto più scarnito, occhiaie violacee, capelli bianchi irsuti. Nel vederlo, di colpo, mi sentii totalmente svuotata. Il volto di un vecchio malato. Un vecchio che era stato in grado, nonostante tutto, di uccidere a sangue freddo e smembrare un uomo di quasi trent'anni. Come diavolo aveva fatto? Com'era riuscito a sopravvivere tutti quegli anni?

Jace, restringi la ricerca a questa tipologia. Ah, e... – si interruppe, perché il suo iPhone prese a squillare. – Daniel, dimmi. – disse, guardando verso di noi.

Avevo una gran confusione in testa, ma evidentemente, Alexander aveva preso delle precauzioni durante l'incontro con Ilian Tŭmen. Lo vidi sgranare gli occhi e farsi scuro in volto, mentre l'agente Jones parlava con lui. Quando chiuse, il bracciò ricadde lungo sul fianco destro e la sua espressione si fece vacua.

Che succede? Che ti ha detto Jones? – chiese il detective Wheeler, incerto.

È morto. –

Sgranai gli occhi. – T-Tŭmen? –

Alexander scosse la testa, poi si sedette sul bracciolo del divano adiacente. – Avevo chiesto a Daniel di tenere d'occhio l'abitazione di Tŭmen. Per quanto convincente, c'era qualcosa nel suo racconto che non quadrava. Avevo capito che nascondeva qualcosa, ma non avrebbe parlato, non senza qualcosa di concreto in mano. D'altronde, senza prove, ma soltanto con un confuso quadro indiziario, Novak ne sarebbe uscito pulito. O almeno credevo... come pensavamo, quei due avevano mantenuto i contatti. Solo che... siamo arrivati tardi. Daniel ha notato delle manovre sospette da parte di Tŭmen e... e ha ritrovato il corpo di Novak, in un fossato non lontano dalla sua abitazione. Pare sia in avanzato stato di decomposizione. –

Novak è morto? – la voce del detective Wheeler, incredula.

Alexander portò le mani alla testa. – L'assassino di mia figlia... lui è... è morto senza che potessi fare niente... così non... –

Lo guardai. Decisamente, non era l'epilogo che si aspettava. E io, cosa mi aspettavo? D'improvviso, tutto sembrava aver perso senso. L'assassino di Lily, di Daisy, di Trevor... non c'era più? Mi scostai dall'abbraccio di una sconvolta Lucy e mi sedetti accanto ad Alexander, ma sul divano.

E adesso? – domandò Jace.

Andiamo a prendere Tŭmen. Dovrà spiegare cos'è accaduto. – disse il detective Wheeler.

Voi due sapete che l'indagine sulla morte di Trevor Lynch è affidata ai miei. Mi avete chiesto di tenervi al corrente, ma ormai... è finita. Volete venire con me? –

Alzai lo sguardo verso di lui. C'era qualcosa nel tono in cui aveva detto che era finita che esprimeva sollievo. Non mi ero resa conto fino a quel momento di quanto fosse stato difficile anche per lui, in tutti quegli anni. Aveva avuto una responsabilità grande, anche nei confronti di Elizabeth. Mettere un punto alla storia del Mago significava liberarsi di questo. Ed Elizabeth, come l'avrebbe presa? Di certo, non come Alexander, che bramava distruggere colui che gli aveva portato via la sua bambina e quel pensiero gli aveva dato il coraggio di continuare a vivere. Ora, tutto sembrava esser crollato come un castello di carte, a un passo dalla verità.

– … Alexander? – fece eco il detective Wheeler.

Alexander si alzò e si ricompose, poi mi guardò. Incrociare il suo sguardo fu difficile. Entrambi, in quel momento, dovevamo avere la stessa espressione. Mi alzai anch'io, affiancandolo.

Siamo con lei. –





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