Lo
sguardo di Kyoshiro si posa sulla lapide, avvolta in una nuvola di
incenso dall’aroma penetrante.
Le
lacrime tremano nei suoi occhi e appannano il vetro dei suoi
occhiali.
– Non
riesco a crederci… – mormora. Suo nonno, da lui ritenuto
responsabile della sofferenza sua e dei suoi genitori, è
morto.
Si
è spento tra le sue braccia, consumato da gravi problemi di
cuore, e gli ha chiesto perdono per il suo errore.
Nei
suoi occhi, ancora lucidi di consapevolezza malgrado la sofferenza,
ha veduto il rimorso.
Il
suo perdono non è riuscito a placare il senso di colpa di
quell’anziano, che, in nome di un distorto senso dell’onore,
ha condannato sua figlia e il suo amato ad una vita di stenti e
miseria.
Ha
tentato di placare la sua pena insegnando a lui, suo nipote, le arti
marziali, ma questo non è bastato.
Ho
sacrificato ciò che avevo di più caro sull’altare
di un onore vuoto. Non sono degno del tuo perdono, Kyoshiro., Queste
parole, cariche di amarezza, martellano la sua mente.
Certo,
lui è riuscito ad allontanare l’odio dal suo cuore, ma
il suo perdono non ha liberato il cuore di Hytosai Hyosuki.
– Ho
sbagliato a odiarti per tanto tempo? – si domanda il giovane,
il cuore stretto in una morsa di angoscia. Per tanti, troppi anni ha
odiato il padre di sua madre e lo ha ritenuto colpevole delle
sciagure dei suoi genitori e della sua infanzia solitaria, oppressa
dal peso della povertà.
Solo
la sua abilità nelle arti marziali ha creato tra di loro una
connessione.
Eppure,
lui non è riuscito mai ad andare oltre un rispetto formale,
privo di qualsiasi calore.
E
tale rapporto freddo era accentuato dall’arroganza del suo
anziano parente, che, apparentemente, non ha mostrato alcun
pentimento.
– L’amore
e l’odio non sono ciechi, bensì accecati dal fuoco che
covano dentro. – mormora. Non sa perché, ma in quel
momento, gli ritorna alla mente questa frase di Voltaire.
Il
filosofo francese, in quelle parole, ha sintetizzato la sua
situazione.
L’odio
lo ha accecato e non gli ha permesso di comprendere la realtà.
Suo
nonno, con quell’addestramento, ha cercato di renderlo un forte
guerriero, capace di lottare per la difesa del suo pianeta.
Ha
voluto dargli i mezzi per difendere se stesso e le altre persone.
Così,
ha sperato di espiare la sua pur grave colpa verso sua madre.
Deboli
singhiozzi scuotono il petto dello spadaccino. Con la morte di suo
nonno materno, la sua famiglia è scomparsa.
I
suoi nonni paterni sono morti, poco tempo dopo la sua nascita.
Con
la morte di quell’anziano burbero, si è sentito solo,
privo di una famiglia.
– Invidio
anche te, Kazuya… – mormora, amareggiato. Anche lui
aveva conosciuto la sofferenza, ma aveva avuto la possibilità
di conoscere l’amore di una famiglia, libero da qualsiasi
preoccupazione.
Aveva
goduto delle gioie dell’infanzia.
Le
lacrime sgorgano dai suoi occhi e la sua figura si piega su se
stessa. La filosofia, da lui tanto amata, non gli da’ alcuna
consolazione.
Quelle
parole, in quel momento, gli paiono vuote e prive di significato.
– Devo
mostrarmi forte… Devo farlo… – si ripete. Tante
volte ha criticato Kazuya per il suo morboso attaccamento ad Erika.
Non
può essere debole.
Ma
il suo cuore, in quel momento, è percorso dalle crepe della
sofferenza.
Il
senso di vuoto e di alienazione dilania la sua anima, con una furia
ben peggiore di quella della sua katana.
Tutto,
in quegli istanti, gli appare privo di senso.
E,
con un urlo, si abbandona all’onda possente del dolore.
Dei
passi giungono alle sue orecchie e una mano si appoggia sulla sua
spalla destra.
Sentendo
quel tocco, Kyoshiro si risveglia dai suoi pensieri, salta in piedi e
si gira.
Vede
i caldi occhi castani di Kazuya, ardenti di preoccupazione, fissi nei
suoi.
– Che
cosa fai qui? – domanda. Quando non è con Erika, Kazuya
trascorre il suo tempo in palestra.
Perché
lo ha seguito in quel cimitero?
Non
capisce il senso della sua presenza.
Vedendo
lo stupore negli occhi dell’amico, il giovane pilota accenna ad
un debole sorriso e poggia le mani sulle sue spalle.
– Tante
volte tu mi hai aiutato, anche
se io non sempre l’ho capito.
Devo pur ricambiare, amico mio. – risponde, la
voce gentile.
Con la morte di suo nonno, lo sguardo di Kyoshiro ha perduto la sua
solita luce ironica e intelligente, eppure lui ha sempre cercato di
non fare trasparire le sue emozioni.
Non
vuole mostrare a nessuno le sue lacrime.
Soffre
molto, eppure non vuole che qualcuno si preoccupi per lui.
Eppure,
lui ha ben notato la sua amarezza, a stento celata dalla sua maschera
di ironia.
Non
può lasciarlo abbandonarlo all’onda dei ricordi e della
disperazione.
Sarebbe
un atto vile., pensa.
Kyoshiro, spesso, ha mostrato diffidenza verso Erika e gli abitanti
di Baham e non ha avuto remore a litigare con lui.
Dietro
questi atti, tuttavia, non vi è mai stato razzismo fine a se
stesso, ma cautela.
La
sua vita dura gli ha insegnato a non fidarsi ciecamente, ma a
ponderare qualsiasi atto.
E
lui, stupido, non ha mai compreso le sue ragioni.
Ero
uno sciocco. Il suo amore per
Erika, assai ardente, ha annullato la sua capacità critica e
lo ha portato ad aspri litigi con persone a lui care.
E
tra questi c’era Kyoshiro.
Lui,
annebbiato dall’amore, ha mostrato scarsa comprensione delle
reazioni altrui.
Ha
visto in lui cattiveria, non un pur distorto senso di protezione, e,
per questo, desidera rimediare al suo orribile errore.
Le
sue braccia, d’istinto, si stringono attorno al corpo di
Kyoshiro.
Per
alcuni istanti, lo spadaccino resta immobile, il corpo scosso da
tremiti. Non vuole cedere al desiderio di piangere, eppure il suo
corpo avverte tale brama disonorevole.
Anzi,
gli sembra un bisogno quasi fisico.
La
mano di Kazuya, leggera, indugia ora sui suoi capelli riccioluti, ora
sulla sua schiena, in una gentile carezza.
Kyoshiro
chiude gli occhi e si abbandona al tocco del compagno. Non sa perché,
ma una sensazione di rilassamento pervade il suo corpo.
Il
desiderio di pianto si dissolve, tra quelle braccia.
Gli
fa bene quel contatto così stretto con una persona amica.
Non
avverte la solitudine di una forza artefatta.
A
sua volta, stringe le braccia attorno alle spalle di Kazuya e chiude
gli occhi, finalmente rasserenato. Gli fa bene condividere il suo
dolore con qualcuno.
Gli
uomini e le donne, per sopravvivere, non devono isolarsi, perché
sono giocattoli nelle mani di una natura crudele.
Sorride.
Certo, Giacomo Leopardi non ha usato questi termini, ma l’idea
è quella.
E
lui, in quel momento, non può non concordare.
L’abbraccio
di Kazuya, così sincero, gli ha dato la possibilità di
non sprofondare nella disperazione insensata.
– Grazie,
amico mio. –
P.S.:
Intissar ha scritto anche su General Daimos.
Sinceramente,
penso sia una serie con grossi errori e vuoti di trama. I miei due
preferiti sono Rikiter e Kyoshiro.
Kazuya
è un completo idiota (conosci Erika da poco e già ne
sei innamorato? Ma cosa? Manco sai chi è!) ed Erika è
di una pesantezza abissale (poi le hanno dato la lagnosissima voce di
Daniela Caroli! Argh! Sto cominciando a non sopportarla!). Un po’
meglio Laiza, ma ha il senso critico di un bufalo ubriaco.
Ma
Kazuya è così idiota che se la prende con Kyoshiro,
perché osa esprimere diffidenza verso Erika? Ma ha ragione!
Per quanto ne sanno loro, può essere chiunque.
Ma
pure Kyoshiro ha un grosso WTF… Cioé, perché ad
un tratto, a caso, perdona suo nonno, che lo ha fatto vivere male?
Spiegato male anche qui.
Ho
cercato di tappare un buco di trama, ma non so come mi è
uscito.
See
you later.
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