Compagnia Stagno Start

di Shin Tarekson
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CAP 9 – Benvenuti al GROSS!
 
Come io e Manfredo già sappiamo la distanza non è poca, infatti raggiungiamo lo stabilimento che ormai le tenebre sono calate, stando al mio orologio, un vecchio modello con la carica a molla risistemato completamente dal sottoscritto, dovrebbero essere circa le 21.

Arrivati davanti al palazzo ciò che vediamo ci lascia un po’ titubanti, una grossa struttura di cinque piani, le finestre, che un tempo dovevano aver ricoperto le facciate, ora quasi completamente rotte, non una luce proveniente dall’interno e, a sbarrarci la strada, un vecchio cancello, a due porte. Dal cancello all’ingresso dell’edificio saranno circa cento metri, probabilmente quello spazio era usato per parcheggiare le auto e i furgoni di fornitori e impiegati. Quella struttura non sembra altro che un cubo di desolazione, ma io so che cosa accadeva lì dentro, prima che il mondo rinnegasse la tecnologia, prima del 2043.

 
  • Beh, direi che restare qui non servirà a molto, qualcuno ha qualche idea per…
  • Ecco fatto, scavalcate anche voi o devo fare tutto da sola?
  • Laila! Non è sicuro entrare in una struttura abbandonata senza aver controllato il perimetro!
  • Certo Manfredo, certo. Beh, se avete intenzione di rimanere lì io di certo non intendo aspettarvi.
Uno alla volta ci arrampichiamo su per il cancello per poi scavalcarlo, l’ultimo del gruppo è Manfredo il quale, dopo essere arrivato in cima, atterra senza riuscire ad attutire il rumore causato dall’armatura. il suono si propaga intorno a noi provocando uno strano eco. il frastuono che sentiamo in risposta non può assolutamente essere l’eco naturale di quello provocato da Manfredo, questo sembra il suono mostruoso di una bestia. Non dovrebbero esserci animali di dimensioni tali da produrre questo frastuono, l’esercito ha, tra i suoi compiti, anche la protezione dei confini della città.
 
  • Che sia una sorta di filodiffusione? – penso a voce alta, ottenendo tre espressioni interrogative in risposta.
Manfredo accende la potente torcia inclusa nell’armatura e poi la passa a Laila così da avere nuovamente le mani libere per impugnare il suo fucile.

L’ingresso, illuminato dal cono di luce, sembra la bocca di una spaventosa casa pronta a divorarci, i pezzi penzolanti delle vecchie porte simili a denti.

Mentre avanziamo butto uno sguardo verso l’alto e resto bloccato sul posto. L’ultimo piano sembra andare a fuoco!

Svelto abbasso lo sguardo per chiamare i miei compagni.
  • Svelti guardate l’ultimo...! – ma le parole mi muoiono in gola, dall’ultimo piano nessuna luce, solo buio e silenzio, come gli altri quattro.
  • Cosa? Cos’hai visto Alessandro? – mi chiede Manfredo puntando il fucile verso l’alto
  • Ero… ero convinto di aver visto delle luci, come un incendio… ma è sparito improvvisamente, probabilmente l’ansia mi sta giocando brutti scherzi. Procediamo.

Mancano ormai pochi metri all’ingresso quando sentiamo come uno scalpiccio sopra e intorno a noi.

 
  • Laila potresti puntare verso l’alto? Sembra quasi che qualcosa stia facendo cadere dei sassolini dall’alto
  • Sassolini dall’alto eh? – mi risponde lei dirigendo il cono di luce verso il tetto dell’edificio, facendolo scorrere lungo la facciata – a me non sembra di vedere nulla.

Mentre Laila pronuncia queste parole qualcosa di pesante e con molte zampe passa correndo sopra il mio piede, guardo a terra ma non c’è nulla.
 
  • Non vorrei fare il paranoico.
  • E allora non farlo Ale.
  • Certo Doc, ma qualcosa mi ha appena attraversato il piede, qualcosa di pesante e con tante zampe, potrebbe essere una buona idea accelerare il passo ed entrare dentro l’edificio, è sicuramente più facile difenderci in una stanza che non qui fuori, attaccabili da qualsiasi direzione.
  • Ottima idea Alessandro, strategia di base, mi piace – mi risponde Manfredo.

Poi, tutto intorno a noi, un rantolo, un rumore inquietante, lamentoso e profondo, nuovamente come se fosse tutt’intorno a noi.

Laila punta la torcia in diverse direzioni senza incontrare nulla, nella mia testa, l’idea della filodiffusione è sempre più forte, se non altro, una motivazione logica mi permette di mantenere una certa lucidità.
  • Correte! – urla Manfredo lanciandosi di corsa verso l’ingresso dell’edificio, con noi che lo seguiamo a ruota.

Superata la porta d’ingresso controlliamo che tutti stiano bene. Manca Virgilio.

Strappo la torcia dalle mani di Laila e punto la luce verso la direzione da cui siamo arrivati. La luce prosegue normalmente fino ad interrompersi come contro un muro nero, una specie di fumo denso che ostruisce completamente la vista.
  • Maledizione – impreco a bassa voce, poi, urlando, - Virgilio! Segui la mia voce! Un passo alla volta!
Dopo qualche istante di tensione la silhouette di Virgilio emerge da quel muro di fumo scuro, tossendo, ma visibilmente sollevato.
  • È successo tutto troppo velocemente, un attimo prima eravate davanti a me e stavamo per correre verso l’ingresso e l’attimo dopo tutto era buio, ovunque, senza che uno spiraglio di luce riuscisse a filtrare. Per fortuna che i suoni non erano stati bloccati.
Ci ricongiungiamo ed entriamo in quella che, una volta, tanti anni fa, doveva essere la hall. Lo stanzone è diviso in due parti da un grosso bancone a forma di U che alle due estremità devia verso i muri così da impedire ai non autorizzati di raggiungere l’altra metà. La hall presenta tre porte, una per ciascuno dei lati. Inoltre, sulla destra, noto dei piccoli totem, alcuni sono stati sradicati e portati via, altri giacciono a terra con i fili penzolanti, un paio sono ancora integri.

Vandali, penso.

In teoria i totem dovevano servire per le domande rapide, così da non far perdere tempo a chi stava al bancone e non creare code. Mi avvicino al totem e provo, senza grandi speranze, a toccarne lo schermo. Oltre ogni previsione questo si accende, c’è elettricità nell’edificio! Il menù della home è abbastanza chiaro e un breve video introduttivo mi racconta la storia della GROSS.

La GROSS era un’azienda europea all’avanguardia in Italia, per quanto riguardava le nuove tecnologie, le tecnologie informatiche e la domotica.

Premo alcuni pulsanti e riesco a ridirigere parte dell’elettricità al nostro piano, le luci del soffitto si accendono permettendoci di vedere senza problemi, nonostante alcune siano fulminate o usurate dagli anni. Oltrepassando le limitazioni da utente riesco ad ottenere la planimetria dell’edificio, cinque piani più uno interrato, mi viene inoltre mostrata la presenza di un solo altro individuo, esclusi noi, nell’edificio, esattamente al piano interrato.

La tecnologia aveva davvero fatto passi da gigante, un semplice totem era in grado, se avevi le opportune conoscenze in materia, di connettersi al server centrale e funzionare come un potente computer.

Sto ancora cercando di capire bene i comandi così da attivare l’elettricità sugli altri piani quando vengo man mano escluso da tutti i sistemi, il totem si spegne e con esso anche la luce sopra di noi.
  • Ho una notizia buona e una cattiva.
  • Parla Alessandro, perché la luce è scomparsa? Cosa stavi combinando con quella diavoleria tecnosofa?
  • Calma Soldato, la buona notizia è che appunto, c’era energia disponibile nell’edificio, la brutta è che ho potuto vedere che c’è qualcun altro con noi nell’edificio, più precisamente al piano sotto di noi, e quel qualcuno, decisamente abile, è riuscito ad escludermi dal sistema, mmh, dal controllo sull’elettricità facendoci tornare al buio. E ovviamente sa che siamo qui.
Facciamo scorrere di nuovo la luce della torcia per la stanza, scavalchiamo il grosso bancone e, una volta dall’altra parte, diamo un’occhiata ai cassetti. Tutti vuoti.

Poi, con un leggero cigolio, la porta che ora è alla nostra destra, si apre. Io prendo Virgilio e Laila per la manica e li trascino con me sotto al bancone, così da non essere visti, mentre Manfredo, premendo un pulsante della sua armatura, accende gli abbaglianti. Una quantità allucinante di Lumen viaggia in direzione della porta.
  • Identificati immediatamente! – urla contemporaneamente puntando il fucile. Nessuna risposta.

Dalla porta emerge un piccolo drone, simile ad un carrarmato, il modello ricorda vagamente quelli impiegati durante la Prima o la Seconda guerra mondiale. Ma io queste cose le so grazie ai film che ho visto e ai libri che ho letto, come fa il creatore di questo affare ad avere le mie stesse conoscenze? Che sia Fausti? L’abbiamo finalmente raggiunto?

L’effetto degli abbaglianti si sta esaurendo, scavalco nuovamente il bancone e vado verso il drone, lo sollevo e noto che, al posto del cannone, presenta un piccolo obiettivo, qualcuno ci sta guardando. Me lo metto nella tasca dello zaino, potrebbe essere utile analizzarlo quando la situazione sarà più tranquilla.

Quando le luci sul petto di Manfredo si spengono completamente l’altra porta, quella di sinistra, vicina ai totem, si spalanca lasciando entrare uno sciame di nuovi piccoli droni dalle forme più varie. Millepiedi, auto, libellule, elicotteri, piccoli cubi con rotelline, invadono la stanza e, senza darci il tempo di organizzarci, sciamano contro di noi.

Ad aggiungere criticità alla situazione ci si mettono anche Manfredo e Virgilio, il primo, a causa del movimento brusco con il quale si è voltato per mettere sotto tiro la porta che si stava aprendo, viene piegato in due dal dolore al fianco sinistro e rapidamente raggiunto dallo sciame che inizia a scalarlo e colpirlo dall’alto; il secondo invece, inizia a balbettare colto da un breve attacco di panico, ma riprende rapidamente il controllo di sé stesso e, insieme a Laila, iniziano a schiacciare e a distruggere i piccoli droni.

Quei piccoli affari sembrano non finire mai, inoltre siamo mezzi ciechi a causa della mancanza di elettricità e la nostra unica fonte luminosa, escludendo le piccole luci poste sopra i droni, è in mano a Laila, la quale la muove in mille direzioni mentre combatte. Allungo una mano verso lo zaino, dove la sfera che ho costruito qualche ora prima sembra ora così invitante. Possibile che sia già giunto il momento di usarla? Nel frattempo, sento i droni colpirmi e cercare di immobilizzarmi, ma non riescono a ferirmi, sembra più che altro che il loro compito fosse quello di mettere in fuga eventuali invasori, piuttosto che ingaggiare un combattimento.

Guardo verso la luce e vedo che Laila e Virgilio hanno raggiunto la stessa conclusione e stanno procedendo all’eliminazione, rapida ed ordinata, di tutti quegli esseri.

Dopo pochi minuti, gli affarini rimanenti fuggono veloci da dove sono arrivati. La situazione sembra essere nuovamente tranquilla.
  • Cosa cazzo erano quei cosi? E dove cazzo sono andati adesso? – esclama ad alta voce Laila.
  • Erano dei droni Doc, come piccoli costrutti ma completamente elettronici, comandati a distanza, probabilmente dall’uomo nel piano interrato – le rispondo.
Una luce non è abbastanza, soprattutto se abbiamo intenzione di proseguire le ricerche per tutta la notte, penso.
Avanzo verso il bancone raccogliendo i cadaveri dei droni sparsi tutt’intorno, per poi appoggiarceli sopra.
  • Doc, potresti farmi un attimo luce qui, per favore? – chiedo rivolto a Laila
  • Ok.
Estraggo dallo zaino i miei attrezzi e inizio a smontare e rimontare i pezzi dei droni, ciò che ottengo alla fine è una piccola torcia, di circa quattro centimetri, ma con una potenza luminosa di poco inferiore a quella in mano a Laila, la  collego ad una delle batterie dinamo che mi ero portato da casa e dopo una trentina di secondi passati a far girare la rotellina per ricaricare il piccolo generatore clicco il bottone per vedere se funziona. Trattengo il respiro. Una timida luce emerge a cono dal dispositivo che ho appena creato, aumentando lentamente d’intensità fino ad arrivare, come avevo ipotizzato all’inizio, quasi alla stessa della torcia in mano a Laila.
 
  • Bene, ora abbiamo due luci, per quanto lo scoprire cosa ci sia all’ultimo piano che ha generato quella luce tipo falò mi affascini, temo che la cosa migliore da fare sia scendere nel seminterrato, giusto?
  • Esattamente Alessandro, Laila, lascia me davanti, almeno avrò la via libera per sparare in caso di necessità, tu mettiti dietro di me, così da illuminare davanti ma leggermente a destra, Alessandro poi, dietro di te, così da fare la stessa cosa ma verso sinistra, a proposito, bella torcia, infine Virgilio, con la sua balestra, coprirà la retrovia.
  • Come volete, basta che ci muoviamo.
Iniziamo a dirigerci verso la porta e poi giù dalle scale che avevamo intravisto portare al piano inferiore.
  • E quindi, partendo dai pezzi distrutti di quei, com’è che li hai chiamati? Droni? Sei riuscito a costruire una fonte di luce simile a quella di Manfredo, giusto?
  • Esattamente Virgilio, sono felice che ti interessi, seppur giusto per cultura generale, a queste cose, se hai domande sappi che sarò ben lieto di risponderti!
  • Lo terrò a mente – mi dice sorridendo, dopodiché allunghiamo leggermente il passo, meglio non rimanere indietro in questo momento.
Arrivati alla fine delle scale vediamo davanti a noi una porta socchiusa, da dentro il ronzio che riconosco essere quello dei led e il rumore di qualche tipo di ventola di raffreddamento, un computer?

Entriamo.




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