Amaranto

di itsgiads
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PROLOGO

Antonio Romeo aveva la nomea di essere, da giovane, lo scapolo più ambito e allo stesso modo più temibile di tutta la provincia reggina. Quando camminava impettito per le strade acciottolate e scoscese del borgo di Chianalea, tutti rimanevano pietrificati, come se perfino il tempo si stesse inchinando al suo cospetto. Le ragazze nubili del posto venivano costantemente incantate dalla vista di quel giovane dai capelli mori e dagli occhi penetranti, di un verde così intenso da fare invidia al basilico di Elisabetta da Messina. Con l'intento di sedurre il bel ragazzo, lo attendevano sedute sul bordo della fontana della sirena, sperando di attirarlo furtivamente così come la figura mitologica aveva, secoli prima, stregato il bel marinaio di Itaca. Eppure, sembrava che nemmeno le loro cosce tornite riuscissero a scuotere l'attenzione di Antonio, che con fare superiore stava alla larga dalle signorine del borgo; anche gli uomini non potevano fare a meno di fermarsi ad osservarlo e rivolgergli una riverenza. La maggior parte delle volte il ragazzo era addirittura più giovane di chi lo squadrava, ma, grazie alle sue conoscenze con la famiglia Ruffo, poteva permettersi di atteggiarsi con autorevolezza.

Le orecchie di tutti, da Reggio a Palmi, erano state investite almeno una volta dai pettegolezzi su Romeo e la Principessa di Scilla. Entrambi nati nell'ormai lontano 1869, si erano conosciuti durante un ricevimento tenutosi al castello Ruffo per celebrare l'avvento del nuovo anno. Alla famiglia Romeo, dolcieri proveniente da Bagnara Calabra, era stato affidato l'incarico di produrre una quantità di torrone tale da soddisfare l'ingente quantità di ospiti famelici e spocchiosi che i principi avevano invitato. Si diceva che la prima fabbrica di torrone a Bagnara fosse nata poco prima della nascita di Antonio grazie al padre Francesco, che aveva ripreso la vecchia ricetta dei monaci del posto. Apportando necessarie modifiche, era riuscito a far diventare i Romeo i fornitori della Real Casa Savoia. Per i Ruffo la prospettiva di poter gustare i dolcetti tanto adorati da Umberto I era motivo di orgoglio, ma non potevano che essere invasi dalla vergogna ogni qual volta Eleonora Margherita gettava un'occhiata estasiata al figlio del pasticcere, ormai ricco abbastanza da potersi permettere un completo che gli mettesse in risalto l'aitante figura. Per mettere a tacere le voci riguardanti una presunta relazione tra i due, fomentate dalle frequenti commissioni di torrone da parte della principessa, Eleonora fu promessa sposa a un membro dell'antica famiglia fiorentina dei Torrigiani.

Nonostante il matrimonio e l'allontanamento dalla terra natale, però, la Ruffo non interruppe i rapporti con Antonio Romeo. Tra i due, col tempo, si era infatti instaurata una complicità e un'amicizia tale che fu per merito di Eleonora se il giovane e seducente dolciere riuscì a sposare Isabella Bini, membro del ramo più umile dello storico casato fiorentino. Come regalo di nozze, i principi di Scilla regalarono loro una modesta villa situata nella pianura di Melia, vicina tanto alla montagna quanto alle località di mare. La chiamarono "Martiniana", come la varietà di torrone più apprezzata dal monarca italiano. Tuttavia, i tramonti sullo Stretto e il lusso della residenza non attenuarono l'impazienza di Isabella, troppo adirata nel vedere Antonio costantemente ebbro e vittima di una nuova fiamma. Lasciò la Martiniana nel 1904 e mai vi fece ritorno. 

Per anni nei saloni vuoti della villa continuò a risuonare la cadenza stilnoviana della padrona, ridotta a un sussurro dai passi pesanti dell'agghiacciante uomo a cui avevano provato ad affibbiarla. Antonio Romeo decise di non accompagnarsi più con donna alcuna, ma tentò sempre di colmare l'assenza di quel qualcosa di cui era stato privato. Quello era stato per lui Isabella: una sua proprietà, un ulteriore oggetto su cui poter esercitare il suo dominio. E così, tra un sorso e un altro del nettare del vino Marsala, si ripromise, in un gelido pomeriggio di dicembre, che mai nessuno avrebbe più compromesso ciò.

 





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