Il Buon Samaritano 4
Era
passato un mese da quando si erano trasferiti in quella cittadina. La
casa era molto graziosa, vicino al mare. Elvira, era riuscita a
renderla accogliente.
Non si era pentita di aver seguito suo marito, anche se non era spesso a casa, non era male vivere lì.
Suo cognato e i suoi figli facevano a gara per non farla sentire sola.
Roberto,
il più giovane dei figli, gli portava spesso a casa del pesce,
visto che era un pescatore, e Alfredo passava ore e ore sulla spiaggia
a parlare sopratutto con Norma del mare, delle barche e dei pesci.
I
soldi che gli aveva lasciato suo marito gli bastavano a malapena per
comprare della farina, del riso e del latte per le sue bambine.
Per
questo Elvira, aveva preso l'abitudine di uscire la mattina presto,
trascinandosi dietro Norma, per andare nei campi lì vicino a
raccogliere le erbe.
Norma
era contenta, non gli importava di alzarsi così presto,
lasciando sua sorella maggiore sul letto a sorvegliare il loro
fratellino.
Poteva camminare a fianco di sua madre e imparare tante cose.
A quattro anni sapeva già quali erano le erbe selvatiche commestibili, come raccoglierle e come pulirle.
Le
prime volte, Norma aveva indicato dei campi di grano, ma la mamma gli
aveva spiegato che quello era il frutto del duro lavoro dei contadini e
non era giusto raccoglierlo.
Loro
non avevano aiutato a zappare o a concimare, impossessarsi di quei
frutti senza pagare era come rubare ed era una cosa brutta.
La
bambina aveva annuito, senza capire completamente ciò che diceva
la mamma, ma se lo diceva lei, allora era così.
Le
donne, chine sui campi, guardavano curiose quella strana coppietta, che
alle prime ore dell’alba, percorreva quella strada alla ricerca
di erbe.
Qualche volta accadeva, che smosse dalla pietà, chiamavano la buffa bambina per donarle qualche frutto.
Elvira, rispondeva con un sorriso a quel gentile gesto, ma il giorno dopo cambiava strada.
Non
voleva dar l’impressione di elemosinare. Anche se era dura far
mangiare tutti i giorni i suoi bambini, non voleva che credessero che
fosse una mendicante.
Una
mattina, dopo aver camminato allungo senza trovare granché,
madre e figlia si avviarono verso casa deluse. I viveri incominciavano
a scarseggiare e gli ultimi spiccioli che gli erano rimasti, Elvira li
aveva spesi per il carbone.
Era da giorni che non vedeva suo cognato che era fuori per lavoro, anche il giovane Roberto era in mare.
La
donna guardò sconsolata il suo magro raccolto, aveva piovuto
poco e il sole aveva bruciato le ultime piantine, non sapeva proprio
come avrebbe fatto per sfamare le sue bambine.
Se
solo avesse preso l’altra strada, forse qualche donna avrebbe
chiamato Norma e le avrebbe regalato qualcosa, si ritrovò a
pensare la giovane.
-
No!- disse la donna scrollandosi di dosso quei pensieri. - Norma,
cerchiamo ancora, ti va?- la bambina annui con un gran sorriso.
Elvira
guardò verso il mare. Dio quanto la spaventava, ma, aveva
sentito spesso suo cognato raccontare alle bambine che, durante la
bassa marea, si potevano scovare sotto la sabbia dei cannolicchi e
delle vongole e che erano molto buoni.
La sabbia bagnata scrocchiava sotto i loro passi.
Norma
era bravissima, riusciva a individuare dove si nascondevano e ben
presto un bel mucchietto faceva bella mostra nel paniere della donna.
Nella ricerca si erano avvicinate alla loro casa e Elvira aveva notato un vecchio malandato che a fatica risaliva la collinetta.
Non
era la prima volta che lo incontrava, spesso lo aveva visto mangiare
con avidità qualche bulbo selvatico appena raccolto. In quei
tempi bui, molti erano i bisognosi che girovagavano in cerca di un
tozzo di pane.
Quel
giorno il suo raccolto non era molto, ma se riusciva a fare una zuppa
con i suoi pochi averi, l’avrebbe volentieri condiviso. La donna
prese per mano la bambina e affrettando il passo raggiunse il vecchio.
-
Non ho molto nel paniere.- disse Elvira rivolgendosi al vecchio.-
Quella lassù è la mia casa e se vorrà sedersi
lì fuori, posso provare a fare una zuppa. Non ho mai cucinato
questi molluschi, ma almeno un piatto caldo potrà darle qualche
sollievo.- gli disse arrossendo un po’, timorosa di offenderlo.
Il
vecchio guardò prima la giovane e poi la bimbetta che
incuriosita ricambiava lo sguardo. In quel viso scarno e stanco
balenò un sorriso di gratitudine e il vecchio annui e con fatica
cercò di tenere il passo.
Norma,
vedendo il vecchio che aveva difficoltà a camminare,
allungò la sua manina e prendendogli la sua lo aiutò
nella risalita. Sua madre guardò orgogliosa il gesto della
figlia, era proprio una brava bambina.
Quel giorno, Elvira diede il meglio di se per quell’ospite inaspettato.
Con
le poche verdure e i molluschi che sua figlia aveva raccolto, riusci
comunque a creare una saporita zuppa, ma solo quella non poteva
soddisfare tutte quelle bocche.
Con l’ultima farina che le era rimasta, preparò svelta del pane azzimo come rinforzo a quel magro pasto.
Lavinia,
che aiutava sua madre in cucina, rimase stupita che la donna avesse
consumato tutta la sua farina per quello sconosciuto.
La
madre si accorse dello sguardo incredulo di sua figlia, ma invece di
dargli una spiegazione gli raccontò la parabola del Buon
Samaritano.
-
Vedi Lavinia, noi abbiamo poco, ma quell’uomo la fuori non ha
nulla. Il buon Dio è grato con chi si prende cura di un suo
figlio. Pensiamo solo che oggi Gesù mangia con noi, va bene?- la
bambina abbassando la testa fece un cenno di sì.
Nel
frattempo, Norma, ignara di ciò che accadeva in casa, parlava
tranquillamente con il vecchio che si era seduto su un cumulo di pietre
che un tempo doveva far parte del vecchio muro di recinzione della
casa, mostrandogli tutti i tesori che aveva trovato con suo padre sulla
spiaggia.
-
Ecco, guarda questo sasso, se lo bagni luccica. E questa conchiglia me
l’ha portata lo Zio Alfredo.- disse mostrandoglieli.- E il babbo
ha detto che quando torna, mi costruirà una barchetta, ma non
potrò metterla in mare, perché la mamma ha paura.- Norma
abbassò la testa facendo spallucce.
-
Non importa, quando la mamma mi farà il bagno la farò
galleggiare nella tinozza!- esclamò con un gran sorriso.
Fu
una giornata particolare, sembrava quasi un giorno di festa con la
coperta stesa sotto la quercia e loro che parlavano e ridevano
gustandosi quel pranzo improvvisato.
Norma non vide più quel vecchio signore, ma qualche giorno dopo una vicina bussò alla loro porta.
-
Elvira, quel lazzarone di mio figlio ha macchiato con l’erba
l’unico lenzuolo buono che avevo. Non conosci qualche metodo per
smacchiarlo?- disse la donna. - Se lo scopre il padre son dolori!-
Enfatizzò gesticolando.
Elvira la guardò meravigliata.
Perché mai quella donna chiedeva proprio a lei?
- Se me lo porti, posso provare a far qualcosa.- disse timidamente, meravigliata dell’accaduto.
Aveva
parlato qualche volta con quella donna ma non aveva instaurato un
rapporto di amicizia tale da farla comportare in quel modo.
-
Mamma, ma come ha fatto la signora Maria a sapere che sei brava a
smacchiare i tessuti?- chiesa Lavinia dopo che la signora Maria era uscita, mettendo il suo fratellino
addormentato sul letto.
-
Sinceramente non lo so, non mi sembra di averglielo detto. Quando le
avevo chiesto se conoscesse qualcuno che avesse bisogno di rammendi,
non avevo specificato di saper smacchiare.- disse Elvira guardando sua
figlia.
- Io l’ho detto al signor Giuseppe l’altro giorno.- disse Norma avvicinandosi alla madre.
- Il signor Giuseppe? Chi è ?- chiesero in coro la mamma e Lavinia.
-
Il signore che ha mangiato con noi. - spiegò tranquillamente
Norma – Abbiamo parlato di tante cose. Mi aveva chiesto come mi
chiamavo e cosa faceva la mamma. Così gli ho detto che il babbo
era fuori per lavoro e la mamma era brava a cucire e sapeva togliere le
macchie dai tessuti e che lo zio Alfredo mi portava spesso delle belle
conchiglie. Lui mi ha detto come si chiamava e che la sua famiglia era
in cielo e che sicuramente la mia mamma era un angelo mandato da loro.-
disse Norma con un gran sorriso.
- Norma! Non imparerai mai a stare zitta!- esclamò Lavinia indispettita.
- Perché?- chiese Norma.- Era tanto triste e solo. Ho sbagliato mamma?- disse guardando sua madre timorosa.
-
No, no, hai fatto bene.- rispose accarezzandola. Guardò la sua
bambina più grande, aveva quasi sette anni ed era già
così posata e seria, sembrava proprio una donnina.
- Lavinia, non la sgridare. La mamma aveva dimenticato le buone maniere.- disse sorridendole.
Elvira
ripensò a quel giorno. In effetti non gli aveva chiesto come si
chiamava e avevano parlato del più e del meno senza entrare nei
dettagli. Aveva diviso con lui i suoi pochi averi, lo aveva sfamato,
mentre la sua bambina lo aveva trattato come un amico. Il bussare alla
porta distolse la donna dai suoi pensieri.
La signora Maria era tornata portando un cesto che posò sopra il tavolo.
-
Ecco, Elvira, questa è il lenzuolo di cui ti parlavo. Guarda
qui!- esclamò mostrando la macchia.- Quante volte gli
avrò detto di non salire sul letto con i piedi sporchi, quel
lazzarone! Io l’ho lavato, ma la macchia è rimasta, pensi
che possa andar via?- chiese la donna, guardando speranzosa Elvira.
-
Non è una grossa macchia- disse Elvira accingendosi ad accendere
il fuoco.- Lavinia, portami un secchio d’acqua che devo metterla
sul fuoco. Norma, vai a prendere un po’ di cenere che la mamma ha
messo nella bacinella dietro casa.- ordinò mentre controllava
che il fuoco ardesse bene.
- Per questa sera sarà pronto, con questo bel sole si asciugherà subito, non ti preoccupare.- disse sorridendole.
Maria
contraccambiò il sorriso e uscendo:- Ah, nel cesto ti ho messo
qualcosina per ringraziarti del disturbo.- e chiuse la porta senza
attendere risposta.
Elvira,
tolse il lenzuolo dalla cesta e guardò tutto quel ben di Dio.
C’erano delle uova, delle pesche, un sacchetto di farina, un
bricco con del latte appena munto, dei pomodori, insalata, un cartoccio
di sale e del lardo.
Dio mio, il sale! Non si ricordava più da quanto tempo non lo acquistava.
Da
quando suo marito era fuori, aveva preso l’abitudine di bollire
le verdure che raccoglieva con l’acqua del mare, per poi
insaporirle con un poco di lardo sulla padella.
Era troppo, non poteva accettare, non era neanche certa di riuscire nel suo compito.
Ma d’altra parte, pensò, aveva la dispensa vuota e non sapeva di certo come sfamare se e le sue bambine.
Decise che avrebbe fatto del suo meglio per meritarsi quel premio.
Nascose
la cesta, non voleva che le sue bambine restassero deluse nel caso
avesse dovuto restituirla e passò metà della mattinata a
immergere, strofinare e sciacquare.
Verso l’ora di pranzo, il lenzuolo, steso al filo, splendeva immacolato al sole.
Elvira soddisfatta del risultato, prese dalla cesta, un poco di farina, un paio di pomodori, e una pesca.
Preparò
del pane azzimo, lo mise a cuocere sul panaro e ci strofinò
sopra un po’ del suo vecchio lardo, tagliò a pacche i
pomodori e li mise sopra al pane ancora caldo, insaporendoli con un
pizzico di sale.
Nascose
la pesca nella tasca del grembiule e uscì nel cortile. -
Bambine, venite a mangiare.- disse posando il piatto sopra la sedia che
aveva portato fuori.
Distese la coperta sotto la quercia e, dopo aver controllato che Antonio dormisse ancora, divise il pasto con le sue bambine.
- I pomodori!- esclamò Norma tutta eccitata battendo le manine dalla contentezza.
- Ma mamma, non avevamo finito l’altro giorno la farina?- chiese Lavinia guardando sorpresa sua madre.
-
La signora Maria ne ha portata un po’, insieme ai pomodori e a
questa!- esclamò, tirando fuori dalla tasca la pesca.
Norma inizio a saltare e ballare dalla contentezza, mentre Lavinia rimase a bocca aperta.
La madre ridendo, fece cenno alle bambine di sedersi.
-
Su mangiamo, prima che si svegli Antonio. - disse, passando il pane
farcito alle bambine. - Quando avrete finito di mangiare,
dividerò questa bella pesca, così ne avrete metà
ciascuna.- disse annusando il frutto. - Uhm, sembra dolcissima.
Finito di mangiare, come promesso, la madre divise in due la pesca e ne diede una parte a ciascuna.
- E per te mamma?- chiese Lavinia meravigliata.
- Prendine un pezzo dalla mia.- disse prontamente Norma.
- Sì, sì, anche dalla mia.- aggiunse Lavinia.
La donna, commossa dalla generosità delle sue figlie, prese uno picchietto da ciascuna.
- Uhm, deliziosa!- esclamò, mangiando la sua parte.
- Buonissima!- dissero le bambine all’unisono.
Nel tardo pomeriggio, la signora Maria, busso alla loro porta.
Rimase
meravigliata del risultato e quando Elvira tirò fuori il cesto
dicendo che era troppo per quel misero lavoro, la donna protesto:
-
Stai scherzando? Anzi, dimmi come hai fatto a farlo diventare
così bianco. Io sfrego, sfrego, ma non ci sono mai riuscita.-
disse sorridendo.
- E dimmi una cosa, mi avevi detto che sai rammendare, ma sai rammendare anche le calze di seta? - chiese speranzosa.
- Ma certo, la mamma è bravissima! - disse Lavinia, arrossendo.
- Tho! È la prima volta che la sento parlare questa bambina.- la donna scoppiando in una risata.
- Lo so, lo so, che la tua mamma è brava.- disse accarezzando la testa di Lavinia.
-
Facciamo così, domani ti porto le mie calze e lo dico anche alla
Luisa, anche lei ne ha un paio rotte. Con i figli che crescono e hanno
sempre bisogno di scarpe, le calze di seta sono un lusso per noi.-
disse la donna prendendo il lenzuolo.
- Ah, sempre se per te va bene che ti paghiamo in natura.- disse facendo segno verso il cesto.
Elvira fece cenno di sì con la testa arrossendo.
- Bene a domani.- Maria fece un cenno di saluto con la mano e usci.
Elvira, sotto lo sguardo meravigliato delle bambine, tirò fuori tutto quel ben di Dio.
Mise nella ghiacciaia il latte e il lardo e in un paniere le uova.
Prese
un po’ di farina e con l’acqua preparò una piccola
massa che mise a riposare sotto un canovaccio, spiegando alle bambine
che il giorno dopo avrebbe usato un po' di quel lievito per fare il
pane.
Le bambine non fecero altro che parlare, cantare e ridere, trascinando in quel cicalio festoso anche la madre.
Quella tavola imbandita aveva messo tutti di buonumore.
Quella sera, Elvira, quando mise a dormire le sue bambine, sospirò soddisfatta.
Era la prima volta che si sentiva sicura di se e del domani.
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