˗ˏˋ 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭'𝘪𝘥𝘪𝘰𝘵𝘢 𝘴𝘱𝘢𝘨𝘯𝘰𝘭𝘰 ˎ

di MooseLostHisShoe
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Quella sera stessa, una volta salutato il resto del gruppo, Antonio e Lovino si recarono nell'appartamento di quest'ultimo.
I due salirono nella macchina dell'italiano e il viaggio fu piuttosto silenzioso; Antonio guardava fuori dal finestrino, con un piccolo sorriso innocente e compiaciuto stampato sulle labbra, mentre Lovino guardava annoiato la strada davanti a sé, tirando un sospiro di tanto in tanto.
«Non avevo mai visto questa parte della città» disse Antonio all'improvviso, cercando di iniziare una conversazione con il suo futuro coinquilino, volendo conoscerlo un pochino meglio.
«Non avevi detto di essere qui da tre anni?» rispose l'italiano, lanciandogli un'occhiata con la coda dell'occhio, non realmente interessato a sapere la risposta.
«Sì, ma non so mica a memoria tutta la città!» 
«Giusto...»
Ed eccolo di nuovo, il silenzio imbarazzante ritornò e riempì il piccolo spazio dell'automobile. 
Antonio si schiarì la gola un paio di volte, non sapendo cosa dire.
Quanto l'auto di fermò e i due scesero da essa, Lovino fece segno allo spagnolo di seguirlo; aperto il portone d'ingresso, salirono le scale fino a raggiungere il quinto piano e, una volta prese le chiavi, Lovino aprì la porta e accese le luci.
La prima cosa che Antonio notò, fu l'ordine: era tutto dove avrebbe dovuto essere, sembrava che non ci fosse nemmeno un granello di polvere fuori posto. La cucina e il salotto erano perfettamente puliti ed ordinati: che Lovino fosse un maniaco della pulizia?
«Allora, il bagno è infondo al corridoio. La porta sulla sinistra è la mia camera, accanto a quella c'è il mio studio. La cucina e il salotto li hai visti e qui-» disse, avvicinandosi poi all'unico divano marroncino presente in salotto «È il divano letto. Dormirai qui» terminò con un sospiro, grattandosi la nuca «Domande?»
Antonio scosse il capo «No, tutto chiaro!» 
«Bene. Solo una cosa: non entrare nella mia camera. Chiaro?»
«Sì!»
Poi Lovino aprì il divano e aiutò lo spagnolo a sistemare le lenzuola e le altre coperte, per poi filarsela in camera sua alla velocità della luce.
I due si coricarono poco dopo ma Lovino, come al solito, non riuscì a dormire bene.

* * *

Il giorno dopo, entrambi avevano la giornata libera. 
Antonio, però, si alzò presto come al suo solito, poiché era una persona mattiniera. Quando mise i piedi fuori dal divano letto, rabbrividendo subito dopo per il freddo che ne conseguì, si alzò e si diresse verso la cucina.
Le labbra dello spagnolo si stirarono in un sorrisetto e, subito dopo, si mise all'opera: se c'era qualcosa che Antonio sapeva fare bene, quella era cucinare.
Per cui, appena si avvicinò alla cucina, optò per qualcosa di semplice, come latte e caffè, fette biscottate e marmellata, ovvero ciò che riuscì a trovare.
Lovino aprì gli occhi verso le otto a causa dei rumori provenienti dalla cucina. Il ragazzo, inizialmente, aggrottò le sopracciglia e arricciò il naso mentre sollevava la testa dal suo morbido e profumato cuscino. 
«Ma che cazzo...» mormorò stropicciandosi gli occhi e sbadigliando subito dopo, con confusione. Si alzò velocemente, non curandosi di essere praticamente in mutande, e si avviò  sospettoso verso la fonte di tutti quei fastidiosi rumori che avevano disturbato il suo sonno durante la sua fottutissima giornata libera.
L'italiano si presentò in cucina con i capelli tutti scompigliati e l'aria di uno che non dormiva da tre giorni. Antonio, mentre serviva il pasto, alzò lo sguardo verso il padrone di casa, raggiante come al suo solito.
«Lovinito, buenos días!» sorrise a trentadue denti il ragazzo più grande, quando gli si presentò davanti Lovino, che lo guardava come se non lo avesse mai visto in vita sua.
L'italiano sembrò metterci una decina di secondi per riprendersi e ricordarsi di aver ospitato uno sconosciuto in casa sua. Uno sconosciuto che, per qualche motivo, aveva preparato la colazione.
«Oh» fu tutto ciò che uscì dalle labbra sottili di Lovino, quando realizzò la situazione.
«Perdonami, ho fatto troppo rumore? Avevo intenzione di venire a svegliarti di persona, ma-»
«No no, non mi hai svegliato, m-mi alzo sempre a quest'ora» grandissima cazzata: Lovino si alzava sempre alle sei e trenta circa, se non prima. Ma perché aveva detto una bugia? Probabilmente lo spagnolo si sarebbe sentito solo in colpa, sapendo la verità.
I due, successivamente, fecero colazione insieme, come programmato da Antonio e, una volta terminata, quest ultimo fece una domanda all'italiano.
«Lovi, hai da fare questa mattina?»
Lovino parve pensarci e lanciò quasi in automatico un'occhiata alla porta del suo studio; sembrava quasi che lo stesse chiamando. Ma scosse il capo.
«No, perché?» rispose.
«Vorrei fare un salto al centro commerciale per prendere un paio di cose. Ti spiace farmi compagnia?» domandò cauto lo spagnolo abbassando un po' la voce, come se avesse paura di essere rifiutato dal suo momentaneo coinquilino.
«Mi va bene, credo di dover comprare qualcosa anch'io» asserì, alzandosi da tavola.
«D'accordo, grazie mille Lovinito!» sorrise il maggiore quando l'italiano si voltò. A Lovino vennero un'altra volta i brividi nel sentire quella specie di nomignolo; non disse nulla e si incamminò verso il bagno per darsi una sistemata.
Nel mentre ad Antonio, purtroppo, cadde l'occhio in basso, poiché Lovino era letteralmente mezzo nudo davanti a lui. Nel farlo, si morse il labbro inferiore, ammirando la bellezza del corpo del giovane.
Si sentì quasi in dovere di prendersi a schiaffi.
Quello è il ragazzo della tua migliore amica. Riprenditi, Antonio!

***

«Ma porca troia-» mormorò a denti stretti Lovino, sentendo che la sua mano non riusciva a raggiungere il fondo dello scaffale. 
Sbuffò rumorosamente e sembrò quasi ringhiare per il nervoso. 
Erano arrivati al centro commerciale con l'intenzione di comprare le tipiche cose per la casa: shampoo, bagnoschiuma e simili. La marca che era solito prendere Lovino, per qualche motivo a lui sconosciuto, adesso si era magicamente teletrasportata sull'ultimo scaffale, dove Lovino non riusciva ad arrivare.
Alla fine, Lovino non era altissimo, superava a malapena il metro e settanta. 
«Okay, ho preso ciò che mi serviv-» Antonio mise la spesa nel cestino e alzò lo sguardo: Lovino non arrivava allo scaffale in alto.
Antonio sentì il bisogno di scoppiare a ridere, ma si limitò a sbuffare una piccola risatina divertita, che sparì quando Lovino gli lanciò un'occhiataccia gelida.
«Va tutto bene, Lovi?»
«A meraviglia» 
«Seriamente non ci arrivi?» ridacchiò lo spagnolo andandogli accanto.
«Stai zitto...» disse a denti stretti «Ci sono quasi-» 
«Ti serve una mano?» 
«Fuori dalle palle, ho detto che ce la faccio!» 
Ma lo spagnolo non si diede certo per vinto, perciò, con il suo metro e ottanta di altezza, sovrastò letteralmente il ragazzo davanti e prese quel maledetto flacone di shampoo, per poi porgerlo a Lovino.
«Ecco a te» sorrise il più grande, guadagnandosi la seconda occhiataccia della giornata dall'italiano, che arrossì per la vergogna; persino le sue orecchie diventarono completamente rosse.
«...fottiti, bastardo di uno spagnolo» mormorò in lingua madre, una volta che lo spagnolo si fosse allontanato per andare alla cassa.

 





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