Cap
V
Consolazione
“Capisco”
fu l’unica cosa che disse il Sandaime quando la squadra sette
fece rapporto.
Seduto
sulla scrivania, con il grande cappello che ombreggiava il suo visto e
le vesti
che nascondevano il suo corpo, con solo le mani rugose congiunte sotto
il
mento… dimostrò tutti i suoi lunghi anni.
Sasuke
aveva voglia di urlare. Capisco.
Cosa
doveva significare? Che cosa capiva? Erano appena tornati da una
dannata
missione di scorta di grado D con la notizia che un pericoloso nukenin
di
Konoha si era fatto vivo insieme a Uzumaki Naruto, e questo era tutto
quello
che aveva da dire?
Kakashi
intercettò il suo sguardo furioso e appoggiò una
mano sulla sua spalla, a
intimargli di mantenere la calma.
“Mi
dispiace di non essere riuscito a fermarli” disse.
Il
Sandaime
scosse la testa.
“Non
crucciarti. La sicurezza della tua squadra veniva prima di
tutto” lo rassicurò.
“Ma ora abbiamo un punto di riferimento per ritrovare Shisui,
questa è la sua
prima comparsa dopo anni. E Uzumaki Naruto è con lui,
vivo”.
“Manderemo
una squadra ANBU sulle loro tracce” garantì Danzō,
al fianco del’Hokage.
A Sasuke
quel vecchio non piaceva molto, gli lasciava una sensazione sgradevole,
come se
in sua presenza dovesse guardarsi sempre alle spalle. Inoltre non gli
piaceva
l’ossessione che aveva per suo fratello, ogni volta che ci
pensava si sentiva a
disagio.
“Potete
andare” disse quindi il Sandaime guardando con dolcezza i tre
bambini.
“Kakashi, vorrei che tu ti trattenessi per i
dettagli”.
Sasuke
era
riluttante a lasciare la stanza, voleva sapere tutto e voleva
partecipare alla
missione di salvataggio. Forse era perché si trattava di
Naruto, ma sentiva che
lo riguardava in prima persona. Nonostante ciò si
inchinò rispettosamente come
fecero Himawari e Sakura, pronto a lasciare la stanza.
Quando
fu
alla porta, però, si ricordò di un particolare.
“Hokage-sama”
disse, catturando l’attenzione degli adulti. Alzò
il mento, mostrando
sicurezza. “Prima di andarsene, Shisui ha detto alcune
cose”.
Fece una
pausa, curioso di vedere la reazione dell’Hokage e del suo
consigliere, ma
entrambi rimasero stoici.
“Che
cosa,
Sasuke-kun?” lo spronò il Sandaime con dolcezza.
“Voleva
che
chiedessi a mio padre se ha ancora quell’ambizione”
rispose con sicurezza, fece
un’altra pausa di pochi secondi e poi continuò:
“E se lei attuerà ancora
quell’ultima soluzione”.
Questa
volta gli parve di scorgere un lampo di preoccupazione negli occhi miti
dell’Hokage, ma fu troppo veloce per capire se ci fosse stato
davvero o se lo
avesse immaginato. Del resto Danzō al suo fianco non aveva mosso un
solo
muscolo facciale e lui era il braccio destro dell’Hokage,
sapeva tutto.
“Qualcos’altro?”
si informò con lo stesso tono dolce.
Sasuke
scosse la testa e il Sandaime lo guardò pensieroso.
“Sono
domande molto specifiche quelle di Shisui, Sasuke-kun”
considerò. “Ma temo di
non avere una risposta per nessuna delle due. Non so a cosa si
riferisca”.
Sasuke
strinse le labbra deluso alla non-risposta. Insieme al senso di colpa,
quelle
parole di Shisui lo avevano pungolato per tutto il viaggio.
C’era stato così
tanto astio mentre le diceva, ma anche una sorta di dolore.
Pensando
che fosse un congedo definitivo, fece un cenno del mento e si
preparò a uscire
dalla stanza. Ma quando stava ormai per richiudere la porta, il
Sandaime lo
richiamò.
“Ah,
Sasuke-kun” disse. “È meglio non dire
quest’ultima cosa a tuo padre. Lo
turberebbe inutilmente sapere che è stato menzionato da un
criminale”.
Sentire
il
proprio cugino chiamato in quel modo gli fece sobbalzare il cuore, ma
del resto
era proprio quello che era diventato Shisui abbandonando il villaggio,
un
traditore.
Lasciò
l’ufficio pieno di amarezza e ignorò sia Sakura
che Himawari. Doveva parlare
con suo fratello.
“Davvero
non sapete di cosa stava parlando Shisui?” domandò
Kakashi non appena i suoi
piccoli genin se ne furono andati e i sigilli di sicurezza riattivati.
Rispetto
alla dolcezza che c’era prima sul Sandaime mentre parlava con
Sasuke, ora il
suo volto era una maschera di pietra.
“Questo
è
classificato” rispose impassibile.
Kakashi
annuì, perché suo malgrado era sempre stato un
ninja leale e non avrebbe mai
disobbedito al suo Hokage. Se era un segreto che non voleva condividere
aveva
le sue ragioni, non spettava a lui questionare sulle sua scelte,
sarebbe stato
tradimento.
“Tutto
questo è molto sospetto” riprese Hiruzen.
“Durante la tua assenza, è stato
trafugato il Rotolo Proibito”.
Kakashi
spalancò leggermente l’unico occhio visibile.
“Il
colpevole?”
“Apparentemente,
Mizuki. Lo abbiamo catturato poco prima che tu tornassi con la tua
squadra. Si
trovava al confine del Paese, pronto a lasciarlo, ma la pergamena non
era con lui”.
“L’ha
rubata per qualcun altro”.
“La
domanda
è chi” sospirò Hiruzen. “Le
prime indagini di Ibiki-san hanno fatto pensare che
fosse una commissione di Iwa”.
“Ma?”
intuì
Kakashi e sapeva che non era una buona risposta se lo stesso Hokage era
titubante.
“Itachi-kun
ha confermato che Mizuki si trovava sotto genjutsu, un genjutsu
così potente
che sembrava essere stato operato da uno sharingan” rispose
Danzo.
Kakashi
si
concentrò per mantenere la propria espressione neutra, per
non lasciare che il
suo occhio si ristringesse di fastidio. C’era sempre qualcosa
che lo inquietava
quando Danzo nominava Itachi, il modo in cui strascicava il suo
nome… c’era
così tanto compiaciuto possesso che gli metteva i brividi.
Ma riuscì a
trattenere il fastidio, concentrandosi unicamente sul Sandaime.
“Credete
che sia stata opera di Shisui?”
“Spiegherebbe
molte cose… Non esistono altri nukenin Uchiha, è
l’unico sharingan che si trova
fuori dal villaggio. Inoltre chiarirebbe la sua presenza nel Paese del
Fuoco lo
stesso giorno in cui è stato trafugato il Rotolo Proibito.
Non può essere una
semplice coincidenza”.
Kakashi
si
ritrovò a dargli ragione, raramente le coincidenze nel mondo
shinobi si
dimostravano tali. Purtroppo non aveva la conferma che il suo Hokage
voleva.
“Nel
nostro
incontro Shisui non ha dato segno di possedere la pergamena. Se non me
lo
aveste detto voi ora, non lo avrei mai sospettato”.
“C’è
altro
che non hai potuto dirci davanti ai tuoi sottoposti?”
insistette Danzo.
Kakashi
non
lo guardò, tenne la sua attenzione solo
sull’Hokage.
“Naruto
sa
del Kyūbi” disse.
Un’espressione
sbigottita baluginò solo per qualche secondo nei piccoli
occhi del Sandaime,
dopodiché tornò controllato e impassibile. Emise
un sospiro di stanchezza.
“Ovviamente
è stato Shisui a parlargliene” ragionò.
Del
resto
il fatto che Naruto fosse il Jinchūriki del Kyūbi era sempre stato il
segreto
di pulcinella al Villaggio, nonostante il tentativo di nasconderlo lo
sapevano
tutti.
“Pensi
stiano lavorando per qualcuno?” domandò Danzo
intromettendosi nel silenzio
lasciato da Hiruzen.
Kakashi
scosse la testa sconsolato.
“Mi
dispiace, non saprei dirlo. Nel nostro breve scontro non
c’è stato nulla che lo
lasciasse pensare. Ma…” esitò
brevemente.
“Continua”.
“Secondo
Sasuke, Naruto gli ha parlato di una presunta famiglia di ex-shinobi
che l’ha
allenato al chakra. Forse sono affiliati a un gruppo di altri
nukenin” suppose.
“È
la cosa
più probabile” concordò il Sandaime.
“Shisui non è solo ricercato da Konoha, ma
anche dalla Nuvola e dalla Nebbia. Deve aver qualcuno che lo protegge
dai
cacciatori di taglie e lo tiene nascosto”.
“I
miei
ANBU lo scopriranno” garantì Danzo.
“Avviserò
anche Jiraiya. Hai detto che Shisui indossava un mantello con nuvole
rosse…
Forse può dirci se ci sono state attività da
parte di shinobi vestiti in questo
modo”.
Kakashi
si
schiarì la voce. “Vorrei partecipare alle
ricerche”.
Calò
un
breve silenzio alla sua richiesta. Danzo lo guardò con
interesse, valutando
davvero l’opzione. Kakashi, insieme agli Inuzuka, era sempre
stato un buon ninja
inseguitore; senza contare che era stato recentemente a contatto con
l’odore di
Naruto, ora poteva riconoscerlo meglio rispetto ai ricordi sbiaditi di
quattro
anni prima.
Ma
Hiruzen
scosse con decisione la testa.
“Hai
la tua
squadra a cui badare” disse gentile. “Hanno bisogno
di te”.
Kakashi
voleva dissentire, come da quando lo aveva ritirato da ANBU per farlo
diventare
un jonin-sensei; non era quello il suo ruolo. Come aveva ricordato
Naruto, lui
era Friends-Killers Kakashi, era il Segugio migliore di ANBU,
l’ombra più
letale che uccideva a sangue freddo. Era folle che Hiruzen pensasse
fosse in
grado di crescere dei bambini, era troppo rotto per farlo.
Tutto
quello che voleva in quel momento era salvare il figlio di Minato,
rimediare ad
almeno una delle sue colpe.
Invece
l’Hokage disse soltanto:
“Sei
licenziato”.
E
Kakashi
lasciò la stanza.
**
Trovò
Itachi al tempio Naka, proprio come suo padre gli aveva indicato.
Sasuke
tentennò qualche secondo più del dovuto sulla
soglia, provando un strano senso
di inadeguatezza e titubanza davanti a quel luogo sacro, permettendo a
Itachi
di accorgersi da solo della sua presenza. Lo vide terminare la
preghiera
silenziosa e lasciare un’offerta, poi uscì verso
di lui con un sorriso gentile.
“Sei
tornato dalla missione” commentò stringendo gli
occhi per la luce troppo forte
in confronto alla penombra del tempio.
Con grande fastidio di Sasuke,
riuscì comunque a
individuare il cerotto alla sua fronte e le bende alle braccia.
Allarmato lo
afferrò delicatamente per il viso iniziando a studiare la
gravità del danno.
“Ti
sei
ferito?” chiese apprensivo e confuso. Anche
se erano usciti fuori dal Villaggio era ancora una semplice missione di
grado
D, del resto Sasuke era ancora un genin.
Il
tredicenne sfuggì alla sua presa con un gesto stizzito e
ribelle.
“Sto
bene”
si lamentò con superiorità. “Siamo
stati attaccati, ma l’ho gestito”.
“Sei
stato
in ospedale?”
Lo
incenerì
con lo sguardo. “Ci ha pensato Himawari” rispose
staccandosi con uno scatto
nervoso. “Non è niente”
sottolineò.
Itachi
lo
fissò intensamente e Sasuke odiò quello sguardo,
perché suo fratello riusciva
sempre a capire tutto quello che nascondeva.
“Cos’è
successo?” chiese infatti.
Provò
a
resistere al suo sguardo serio e penetrante, ma alla fine si
trovò a soffiare
fuori la verità, anche se tutti – persino suo
madre – lo avevano scongiurato di
non farlo.
“Abbiamo
incontrato… Shisui”.
Le sue
parole ebbero un effetto immediato e riuscirono a strappare una
reazione a
Itachi, anche se fu solo un minimo irrigidimento, che solitamente
riusciva
sempre a essere illeggibile e imperturbabile.
Sasuke
non
sapeva perché Shisui avesse tradito il villaggio. Shisui non
era un argomento
che si parlava volentieri nel clan e ancor di più era
tabù nella loro casa,
visto il forte legame che c’era stato tra lui e suo fratello.
Erano sempre
stati inseparabili e Sasuke davvero non capiva perché Shisui
avesse abbandonato
Konoha, Itachi, diventando un nukenin.
A essere
onesti, non ci aveva pensato poi molto da quando era diventato genin.
Ormai era
un adulto, un ninja, e aveva altro di cui pensare. Ma rivederlo dopo
tutto quel
tempo lo aveva destabilizzato.
“È
stato
lui ad attaccarti?” chiese Itachi dopo un lunghissimi
silenzio. La sua voce era
distaccata come al solito, anzi lo era più del solito.
“Sì…
cioè,
non proprio” esitò. “Ha reagito quando
Kakashi-sensei ha provato a colpirlo. È
stato un incidente”.
Sasuke
non
sapeva perché stesse giustificando il cugino scomparso,
forse c’entrava in
qualche modo l’affetto infantile ancora radicato in lui.
Itachi
annuì. “Torniamo a casa” disse soltanto.
Era
ovvio
che non ne voleva parlare, che si trattava di una ferita ancora aperta,
e
sicuramente se si fosse morso la bocca e avesse ingoiato il rospo
Itachi non avrebbe
indagato oltre.
Ma
Sasuke
era troppo curioso.
“Mi
ha
detto una cosa” eruppe.
Itachi
si
voltò a guardarlo ancora, incoraggiandolo in silenzio a
continuare. Sasuke
corrucciò lo sguardo, come se stesse cercando di ricordare
le esatte parole.
“Mi
ha detto
di chiedere a papà se ha ancora quell’ambizione”
riportò, “mentre ha detto a Kakashi di chiedere se
il Sandaime userà mai quell’ultima
soluzione”.
Appena
lo
disse, Itachi si irrigidì visibilmente. Quello non era un
buon segno e si rese
conto che quelle parole criptiche avevano un significato pericoloso,
talmente
tanto da far preoccupare perfino suo fratello.
“Che
cosa
significa?” chiese quindi con determinazione.
“Non
ne ho
idea”.
Stava
mentendo e realizzarlo gli mandò il sangue alla testa.
Sasuke aveva quasi
tredici anni, si era laureato all’accademia ed era un ninja
con una sua
squadra. Ormai era formalmente un adulto, Itachi non poteva continuare
a
trattarlo come un bambino ignaro.
“Sì
che lo
sai” lo sfidò. “Che cosa
intendeva?”
“Te
l’ho
detto, non lo so”.
Fissò
con
odio la sua schiena che si allontanava e sbottò:
“Aveva
un
messaggio anche per te!” Attese che si fermasse prima di
sibilare: “Ha chiesto
se conosci il posto dove la tartaruga superò la lepre a
mezzogiorno”.
Itachi
si
fermò, ma con le spalle voltate gli era impossibile
riconoscere la sua
espressione. Era solo ovvio che stesse guardando in basso, rigido con i
pugni
chiusi.
“Che
cosa
insensata da dire” commentò solo, pacato, come se
quelle parole gli fossero
scivolate addosso come acqua.
Sasuke
non
chiese altro e lo raggiunse al fianco. Quando arrivarono a casa nessuno
sollevò
più l’argomento Shisui.
**
Itachi
incrociò le braccia al petto e si morse le
labbra per non emettere un sospiro di pura esasperazione, sarebbe stato
poco
professionale visto che era rivolto al suo superiore. Guardò
quindi con
disapprovazione Kakashi intento ad allungare i muscoli delle gambe sul
prato.
“Itachi,
qual buon vento” salutò leggero, per nulla
impressionato dagli occhi carbone che emettevano scintille.
“Senpai”
disse l’undicenne Uchiha. “Dovevamo partire
un’ora fa”.
I ritardi di
Hatake Kakashi erano leggendari a Konoha,
tutti sapevano come facesse perfino aspettare l’Hokage. Ma
durante le missioni
ANBU era sempre stato puntuale, partendo
dal cancello al secondo spaccato, soprattutto se tali missioni erano
fondamentali per il villaggio. Era la prima volta che Itachi subiva un
suo
ritardo e si era anche sentito abbastanza preoccupato da cercarlo.
Invece era
lì, con nessun vero motivo per mancare
l’appuntamento.
“Senpai,
cosa stai facendo?” insistette.
“Scusami,
ma mentre venivo ho incontrato Gai” iniziò
Kakashi e quando fu nominato l’altro jōnin di Konoha non poco
distante alzò il
pollice nella sua direzione, “e mi ha chiesto una sfida di
velocità. Non potevo
rifiutare, quindi eccomi qui. Partiremo non appena avrò
finito”.
Itachi si
sentì un po’ confuso, ma mantenne la sua
espressione immobile e indecifrabile. Non conosceva bene
l’Hatake, non
all’infuori della squadra Rō almeno, e tutto quello che aveva
erano le voci di
corridoio degli shinobi che amavano spettegolare. Conosceva la sua
tragica
storia, del padre e della squadra, e aveva sempre visto la figura
fredda e
autoritaria che era nelle vesti da capitano.
Era la prima
volta che lo vedeva senza ombre oscure
negli occhi.
“Correrai
davvero?” chiese senza pensarci troppo.
Kakashi gli
lanciò un lungo sguardo laterale e Itachi
notò il sorrisetto soddisfatto nascosto dalla maschera.
“Ovviamente.
Resterai a fare il tifo per me?”
Non
reagì alla domanda per domare l’improvvisa
sorpresa, era da poco nella squadra Ro – era vero –
ma quella era in assoluto
la prima volta che Kakashi si mostrava così amichevole.
Risolse di inclinare la
testa all’indietro, lasciando che le ciocche di capelli neri
cadessero oltre le
sue spalle sulla schiena.
“Resterò
e mi assicurerò che partiremo quando avrai
vinto”.
Si accorse
troppo tardi del suo errore, lo vide
riflesso nello sguardo ironico e malizioso che Kakashi gli rivolse.
“Pensi
che vincerò? Che carino, Itachi-kun!”
Si morse
l’interno della guancia e si sforzò per non
arrossire, per qualche motivo gli sembrava di essersi lasciato sfuggire
qualcosa di troppo grande e lui doveva restare sempre controllato e
calmo.
“In
realtà Gai è molto veloce, forse più
di me”
riprese Kakashi con voce lamentosa. “Non so se posso farcela
senza un
portafortuna”.
“Un
portafortuna?”
“Sì,
da indossare nella gara, in battaglia. Nei libri
tutti gli eroi hanno un portafortuna, un segno di affetto della loro
persona
amata”.
Itachi non
riuscì a trattenere la curiosità.
“Hai
una persona amata?”
Ma Kakashi non
soddisfò la sua curiosità, si limitò a
sospirare accentuando quella finta aria affranta.
“Dovrò
correre senza… Perderò sicuramente senza un
portafortuna, senza un supporto morale…”
Fissò
Itachi a lungo e il ragazzino si ritrovò a
sospirare rassegnato. Allungò una mano ai suoi capelli e
sfilò l’elastico che
li racchiudeva in una coda. I ciuffi lisci e scuri si allargarono sulle
sue
spalle e schiena, incorniciandogli delicatamente il viso magro.
“Questo
può andare bene?”
Nonostante lo
scherzo fosse stato imbastito da lui
stesso, Kakashi rimase sorpreso ed esitò a prendere il
semplice elastico, forse
non si aspettava che sarebbe stato al gioco. Ma poi lentamente
alzò la mano e
prese il nastro, lo fece in modo circospetto come se si aspettasse che
ritrattasse l’offerta. Alla fine se lo infilò al
polso come un bracciale.
“È
perfetto” garantì, glielo mostrò
fieramente. “Con
questo vincerò subito!”
“Spero”
disse solo, cercando di essere il più freddo
possibile.
Si
voltò per andare a cercare un punto dove sedersi e
poter allo stesso tempo guardare i due idioti sfidarsi, ma Kakashi lo
richiamò
gridando il suo nome.
“Cosa?”
chiese rassegnato girandosi.
Il sorriso di
Kakashi era perfettamente visibile anche
se l’unica porzione di pelle scoperta era il suo occhio
destro. Lo socchiuse
mentre diceva:
“Sei
molto carino con i capelli sciolti”.
Itachi
voltò la testa, sperò abbastanza velocemente
per nascondere il rossore. Sicuramente, se la risatina di Kakashi
significava
qualcosa, non era stato abbastanza veloce.
**
Lo
stomaco
vuoto era doloroso da sopportare, ma Kakashi ignorò i crampi
della fame e
continuò per la sua strada. Sapeva che il frigo nel suo
appartamento era vuoto
quanto il suo stomaco, che non avrebbe trovato niente da mangiare,
perciò non
lo sfiorava nemmeno l’idea di tornare a riposarsi nel suo
appartamento. Così
come non lo aveva sfiorato l’idea di fermarsi in uno
qualsiasi dei tanti locali
gastronomici che tappezzavano Konoha.
Aveva
fame,
ma non avrebbe mangiato.
Invece
camminò finché la mezzanotte non passò
e arrivò fino ai confini del villaggio,
ai campi di allenamento speciali per ANBU. Nonostante fosse stato
ritirato
contro la sua volontà, conosceva ancora i sigilli per
accedervi ad allenarsi.
La cosa interessante di quei campi di allenamento era che, a differenza
di
quelli standard utilizzati anche dai genin, erano già
presenti set di armi e
non era necessario portare le proprie.
Kakashi
studiò con attenzione l’offerta di spade corte
presenti e scelse la più
congeniale e bilanciata con i suoi movimenti. Era da quando aveva
lasciato ANBU
che non si allenava nel kenjutsu, gli avrebbe fatto bene sgranchirsi.
L’ora
successiva fu riempita dai fendenti di Kakashi, dal rumore secco
dell’aria che
veniva tagliata da una lama velocissima e letale. I muscoli delle sue
braccia
cominciarono a tremare dopo poco, il sudore appiccicato sulla sua
fronte e lo
stomaco dolorante per l’assenza di cibo.
Continuò
finché non percepì che qualcuno stava superando
le barriere di protezione per
entrare nel campo di allenamento. Istintivamente si
irrigidì, ma poi si sforzò
di non tendersi troppo e continuare con il suo katà. Poteva
trattarsi di un
qualsiasi ANBU insonne, venuto lì per allenarsi.
Si
fermò
del tutto però quando riconobbe la calda e rassicurante
impressione di chakra.
Abbassò la posa rigida e offensiva, i muscoli che gridavano
bisognosi di uno
stiramento dopo lo sforzo, e si voltò a guardare Itachi.
C’erano
delle luci bianche al campo di allenamento, rischiaravano la notte
abbastanza
da rendere distinguibile l’Uchiha
nell’oscurità. La sua pelle brillava pallida
come la luna, ma i suoi abiti neri si abbinavano bene al buio
circostanze.
“Sapevo
di
trovarti qui”.
Anche la
sua voce bassa e roca era in perfetta sintonia con la notte tarda.
Kakashi
socchiuse gli occhi, vergognandosi un po’ di come bastasse il
suono di quella
voce a calmare parte del dolore.
“Sono
così
prevedibile?” domandò sforzandosi di scherzare.
Itachi
teneva in mano un sacchetto di carta chiuso, prima di rispondere glielo
lanciò
contro e Kakashi riuscì a prenderlo al volo.
“Temo
di
sì” disse.
Aprì
il
sacchetto a sorrise fra sé vedendone il contenuto: dango,
ovviamente.
“Se
ti
dicessi che non ho fame?”
Lo
sguardo
di Itachi era serio, per nulla scalfito dai tentativi di Kakashi.
“So
che non
hai cenato” rispose imperturbabile.
Certo
che
lo sapeva, pensò rassegnato. Itachi conosceva tutti i suoi
meccanismi di coping:
allenamento ossessivo, privazione di cibo e privazione di sonno erano
solo
alcuni punti della lunga lista di cattive abitudini che aveva
sviluppato per
rendere il senso di colpa più sopportabile. E come Itachi
sapeva queste cose,
Kakashi sapeva anche che niente che avrebbe detto avrebbe distolto
Itachi dalla
missione auto-imposta di prendersi cura di lui.
Con un
sospiro quindi si arrese, rimise la spada al proprio posto e si
stiracchiò un
po’ per sciogliere i muscoli. Itachi ne frattempo era andato
a sedersi sul
prato che costeggiava il campo, in attesa che Kakashi facesse lo stesso.
“So
che
avresti preferito altro, ma il negozio dei dango è
l’unico che resta aperto
così tardi” si scusò Itachi.
“In
realtà
preferivo non mangiare” borbottò cupo, ma
strappò un morso prima che Itachi gli
ordinasse di farlo comunque. A dispetto delle sue parole, appena la
lingua
toccò la morbidezza di quei gnocchi dolci, i morsi della
fame tornarono a
pungolarlo. Dovette sforzarsi per non ingoiare ogni gnocco in un solo
boccone.
Itachi
non
lo stava guardando, ovviamente, aveva distolto lo sguardo non appena si
era
abbassato la maschera rivelando il resto del suo volto. Itachi era
sempre stato
l’unica persona a non spingere o ideare piani strampalati per
strappargli la
maschera. Anche ora che era l’unico ad avere il permesso di
vederlo
completamente nudo, all’infuori
dell’intimità gli lasciava il suo spazio.
Fu
quindi lui
ad approfittarne per spiare Itachi di nascosto, lo sguardo puntato sul
suo
profilo elegante, affilato, simile alla lama di un kunai. Altrettanto
bello,
altrettanto letale. I capelli ricadevano ai lati un po’
scarmigliati, arruffati
dalla lunga giornata e dall’essere stati costretti per tutto
il tempo nella
solita coda bassa. I segni sul viso erano più marcati del
solito, le occhiaie
macchiavano le palpebre di colori violetti e, insieme alla piega
abbassata
delle labbra, davano un aspetto malinconico e stanco a Itachi. .
“Lunga
giornata?” chiese, anche se la risposta era ovvia.
Le
giornate
di Itachi erano sempre lunghe e faticose. Anche se non era in ROOT, per
qualche
motivo era l’ANBU preferito di Danzo e il vecchio consigliere
richiedeva sempre
la sua presenza nelle missioni più delicate; inoltre
l’Hokage gli aveva detto
che era stato Itachi a scoprire che Mizuki era stato messo sotto
genjutsu,
quindi doveva aver partecipato alle ricerche e
all’interrogatorio.
“La
solita”
rispose infatti con disinteresse.
Si
arrischiò a voltarsi, per assicurarsi che Kakashi stesse
effettivamente
mangiando. Beccò l’uomo a fissarlo a sua volta,
gli occhi fissi sui suoi. Aveva
già finito tutti i dango, ma non dava cenno di volersi
rimettere la maschera.
Era sempre così raro riuscire a vedere l’intero
volto di Kakashi e quando
poteva farlo in un modo così semplice e spontaneo,
semplicemente voltandosi,
sentiva un calore allo stomaco che gli serrava la gola. Soprattutto
quando
abbassava gli occhi sulle sue labbra: ogni volta era come rivederle per
la
prima volta.
“Sasuke
mi
ha detto che avete incontrato Shisui” mormorò.
“Mi dispiace”.
Kakashi
ruppe il contatto visivo ed emise un lungo sospiro.
“Perché
ti
stai scusando? Non è successo per colpa tua. Dovrei essere
io a scusarmi, non
sono riuscito a fermarlo” puntualizzò amaramente.
“Dovevi
proteggere la tua squadra” ricalcò senza
rendersene conto le stesse parole del
Sandaime.
“Sasuke
è
stato ferito”.
Seppe di
aver colpito un nervo scoperto, lo sapeva ancor prima del piccolo
silenzio che
accompagnò le sue parole. Kakashi sapeva di essere
importante per Itachi, ma
sapeva con maggiore certezza che per lui niente era più
importante di Sasuke.
Sasuke sarebbe stato al primo posto in qualsiasi situazione, anche
all’inferno,
anche davanti alla sua stessa vita e dignità.
“È
solo un
graffio, almeno è quello che dice lui” rispose
infine Itachi, imperturbato. “E
si è offeso con chiunque si sia preoccupato. Sta bene,
poteva finire peggio”.
Shisui
del
resto era lo stesso ragazzo che a quindici anni era riuscito a ferire
Danzo e
una sua squadra ROOT, anche se nel farlo aveva perso un occhio. Itachi
si morse
le labbra a quel pensiero, il ricordo di Shisui con il viso grondante
sangue e
le sue parole folli si mescolò a quello di Danzo davanti
all’Hokage, mentre
dichiarava che Uchiha Shisui lo aveva attaccato poco dopo che aveva
mostrato
delle rimostranze sul suo piano.
Sentì
una
fitta al petto, mai nella vita prima avrebbe pensato di valutare Shisui
come un
nemico. Ma ormai era quello che era diventato: un nemico della Foglia.
“C’era
Naruto con lui”.
Le
parole
di Kakashi lo strapparono dai suoi tristi pensieri.
Strabuzzò gli occhi e lo
guardò incredulo.
“Davvero?
È
ancora vivo?”
Kakashi
si
accigliò. “Sasuke non te l’ha
detto?”
“Sasuke
è
stato silenzioso tutta la sera. Tutto quello che ha detto sono stati
scontrosi
monosillabi alle domande di nostra madre” replicò
amaro.
“Quindi
non
vi ha nemmeno detto che ha sviluppato lo sharingan?”
Se prima
Itachi era rimasto sorpreso, ora rimase sconvolto. Guardò
Kakashi come se
stesse scherzando, ma l’espressione seria sul suo volto non
dava modo di
sbagliarsi.
“No,
non ce
l’ha detto…” mormorò triste,
il cuore pesante.
Aveva
sempre creduto che quando sarebbe arrivato il momento sarebbe stato il
primo a
cui lo avrebbe detto, che se ne sarebbe vantato con tutta la famiglia.
Invece
lo aveva tenuto segreto.
“Pensavo
non vedesse l’ora di svilupparlo”
considerò Kakashi, probabilmente arrivato
alla stessa conclusione davanti a quella stranezza. “Invece
è stato strano da
quando è successo…”
“Pensi
che
Shisui possa avergli detto qualcosa a riguardo?”
Scosse
la
testa. “Shisui è arrivato quando c’ero
anch’io, non hanno parlato dello
sharingan. Ma ha passato molte
ore con
Naruto, non vorrei che…” sospirò.
“Non lo so”.
Itachi
non
rispose e rimasero in silenzio. Con il passare della notte si era
alzato un
vento leggero, ma in alta quota doveva soffiare con molta
più forza. Le nuvole
chiare si muovevano velocissime sul cielo inchiostro, passando sulle
stelle e
la luna come tende di vapore. Veloci e inafferrabili, proprio
come…
“Non
sono
riuscito a farlo tornare”.
Itachi
non
si stupì che Kakashi avesse ripreso a parlare, né
del tono incrinato. Gli
provocò semplicemente un dolore al petto, perché
era sempre doloroso vedere un
uomo forte e potente come Kakashi soffrire e piegarsi al dolore. La
scomparsa
di Naruto era da sempre il suo punto debole, da quando era successo il
fatto,
proprio come il tradimento di Shisui era il suo.
“Era
lì,
davanti a me, sono riuscito ad afferrarlo… ma non
è bastato. Se n’è andato,
ancora”. Il respiro di Kakashi era raspante, come se stesse
correndo quando
stava solo cercando di arginare le emozioni negative che lo
scombussolavano. “E
sai la cosa peggiore? Non voleva venire, era terrorizzato alla sola
idea.
Terrorizzato da me”.
“Kakashi…”
“Sapeva
di
Rin. E della volpe. Ovviamente glielo ha detto Shisui, ma
chissà cos’altro sa!
Ora sa perché tutti lo odiavano, che cosa gli è
stato fatto fin dal suo primo
giorno di vita. Chissà… magari sa anche di suo
padre”.
Itachi
questa volta non tentò di interromperlo, perché
la sola prospettiva sarebbe
stata terribile. Naruto aveva molti motivi per odiare Konoha e quel che
era
peggio era che dentro di sé aveva un potere enorme, un
potere che avrebbe
potuto indirizzare contro Konoha. E a quel punto Kakashi che avrebbe
fatto?
Sarebbe stato disposto a combattere il figlio del suo amato sensei?
Se Shisui
attacca ancora Konoha, cosa farò?
“Non
è
stata colpa tua” disse Itachi.
Il vento
continuava ad alzarsi, probabilmente quella mattina sul presto avrebbe
piovuto.
Kakashi
emise un lungo e rumoroso sospiro, un sospiro che chiariva
esplicitamente che
pensava esattamente il contrario. In fondo Kakashi tendeva a
colpevolizzarsi
per ogni cosa, anche per ciò che non era sotto il suo
controllo. Ma non disse
niente, il momento di vulnerabilità era già
passato e stava già domando la
turbolenza negativa che lo aveva spinto a parlare. Era uno shinobi, gli
shinobi
fanno questo: sopportano il dolore e vanno avanti, proteggono.
“Maa,
si
sta facendo davvero tardi” considerò sforzando un
tono leggero.
Itachi
annuì. “Torniamo. È probabile che
faccia più freddo questa notte”.
Abbassò
gli
occhi scuri, sentendo che Kakashi aveva allungato una mano per
intrecciare le
loro dita. Per tutta la conversazione erano stati seduti vicini, ma non
si
erano mai sfiorati; Itachi preferiva sempre aspettare che fosse Kakashi
a
prendere l’iniziativa. Una volta in missione aveva avuto la
brutta idea di
toccargli la spalla senza lasciarsi percepire e il capitano era
scattato pronto
all’omicidio. Erano in pace, ma una parte di Kakashi era
ancora ancorata nella
guerra.
Ricambiò
il
gesto, stringendo abbastanza forte da fargli capire che era davvero
lì e che
era tangibile, non un fantasma.
“Ti
va… di
restare da me?”
Itachi
sorrise fra sé, consapevole fin dall’inizio che
quella notte non sarebbe
tornato al complesso Uchiha e andava bene così. Kakashi
viveva un appartamento
essenziale, con un solo e minuscolo letto, ma riuscivano sempre a
incastrarsi
su esso.
“Certo”
disse dolce. “Ma domani mattina dovrò andarmene
abbastanza presto”.
“Hai
una
missione?” chiese Kakashi.
Itachi
non
rispose subito, esitante.
“Una
sorta…” ronzò infine.
Itachi,
conosci il luogo dove la tartaruga superò la lepre a
mezzogiorno?
Buon Halloween!
Mi
sarebbe
piaciuto pubblicare una storia a tema spooky, ma temo ci dovremo
accontentare
di questo nuovo aggiornamento. Finalmente Itachi! E la mia primissima
scena
KakaIta! Spero vi sia piaciuta <3
Grazie
mille per le recensioni, ci vediamo al prossimo capitolo!
Hatta.
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