A volte l'amore non basta

di AlexVause
(/viewuser.php?uid=515533)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Capitolo 2
 
Passarono due settimane. Villanelle non era più tornata allo chalet, anche se Carolyn continuava a dire che la bionda lo stava controllando.
Quella sera Carolyn concesse loro di uscire per qualche ora. Sembrava strano ma i tre non si fecero molte domande, visto che le due settimane trascorse passarono in completa clausura senza contatti con l’esterno.
Non passò giorno senza che Eve guardasse dalla finestra verso il giardino o passeggiasse nel bosco alla ricerca di Villanelle. Voleva parlarle, voleva spiegarle. Aveva provato a chiamarla ma il telefono risultava sempre non raggiungibile.
Eve e Jamie uscirono da un locale indicato a loro da Carolyn “si mangia bene quello che chiamano fingerfood. Prendete la birra, è ottima” a Eve parve ancora di sentire quelle parole con l’accento inglese perfetto del suo ex datore di lavoro dell’MI6.
Partirono in auto, per tornare allo chalet, quando notarono di essere seguiti.
L’auto dietro di loro, fari alti, li tamponò svariate volte fino a che Jamie non perdette il controllo sbattendo contro un albero.
Era una trappola.
Eve e Jamie si svegliarono legati a bordo strada. L’erba umida a solleticare il viso. Appena svegli, si misero a sedere.
«Sapete troppe cose» disse la donna armata davanti a loro.
«Dovevate farvi gli affari vostri, ora tocca a noi farlo sembrare un incidente» quello che sembrò essere il suo compagno era un bestione muscoloso.
«Non rimarrà niente di voi» ribadì la donna, e a vedere lui Eve ci credette pure.
«Possiamo parlarne» cercò di mediare Jamie.
«Parlare non serve» tagliò corto la donna con la coda.
Mentre l’uomo stava per attaccare Jamie qualcosa di silenzioso colpì a morte la donna che cadde a terra con un rantolo.
L’uomo si voltò «Villanelle!» gridò.
«Andrej» la ragazza dai capelli biondi lo chiamò per nome dicendo qualcosa in russo. Si avvicinò all’uomo un passo alla volta, uscendo così dall’oscurità del vicolo.
Il tono di risposta dell’uomo con passamontagna fu gelido e aggressivo.
Un sorriso malizioso si dipinse sulle labbra di Villanelle «Vedo ancora che sei una pecora in mezzo ai lupi» lo sminuì.
«Smettila!» gridò lui.
Villanelle gli parlò nuovamente in russo.
«Smettila!»
«Se ti dicono di saltare tu salti sempre» ora la giovane era poco distante dal gigante muscoloso.
«Non è ciò che fai anche tu?» chiese.
Villanelle gli mostrò una foto dove c’erano Eve e il giornalista insieme «Su di loro c’è una taglia. Considerevole».
«Non lascerò che tu mi rubi il lavoro. Sarà mia la ricompensa» ringhiò.
Villanelle rise «Carina la tua ragazza» indicò la donna morta «Mi deve restituire il coltello, è un pezzo unico»
«Prima muore la poliziotta, poi morirai tu» mosse un passo verso di lei.
Villanelle piegò lievemente il capo «Meglio che prima tu uccida me».
L’uomo si scagliò sulla bionda che cercò d’immobilizzarlo ma, con una mossa veloce la sbatté a terra con la schiena. Un gemito di dolore si levò dalla ragazza che cercò di alzarsi, ma venne colpita da un calcio al ventre. Si parò il volto con l’avambraccio ma non fu sufficiente per attutire il calcio alla faccia che ne seguì. Lui rise vedendo Villanelle mettersi le mani al volto sanguinante e lamentarsi.
«Se perdi il tuo bel fascino, perdi tutto ciò che di te è interessante» l’uomo la canzonò.
Villanelle gli diede un calcio allo stinco. Andrej s’inginocchiò e le afferrò i polsi coricandosi a terra con lei. La giovane si dimenava cercando di liberarsi sotto le risate di lui. Le si sedette sul bacino tenendo ferme le gambe con le sue e iniziando a prenderla a pugni.
Parando i colpi, quasi rannicchiata, allungò una mano verso la sua cinta e, qualche istante dopo l’uomo era inerme su di lei.
Su quella strada buia, rischiarata solo dai fari dell’auto dei due killer, calò il silenzio.
Lentamente Villanelle scostò il suo aggressore di dosso.
A fatica si alzò. Una mano al ventre dolorante. Il viso sanguinava copiosamente. Era sfinita.
Andò dalla donna a terra. Estrasse il coltello dal corpo pulendone la lama sui vestiti di lei.
Si avvicinò a Jamie ed Eve che erano quasi riusciti a liberarsi usando un rottame della loro auto. Si chinò, tagliando la corda che legava loro le mani.
«Mi manda Konstantin. Dovevo ucciderlo, ma penso che ci servirà» disse loro indicando l’uomo a terra «mettetelo nel baule» ordinò ai due indicando l’auto nera parcheggiata in una stradina nel bosco «immobilizzatelo con questo» aggiunse lanciandogli dello scotch grigio isolante robusto.
Villanelle prese il telefono parlò con qualcuno indicando quella strada. Probabilmente era un incaricato per fare pulizia.
La giovane si accomodò, semisdraiata, sui sedili posteriori dell’auto nera con cui era venuta, disse a Jamie di muoversi a mettersi alla guida e partire.
Quella sera era andata proprio male.
«Carolyn vi ha usati come esche. Abbiamo saputo che c’è una taglia su di voi» la voce della giovane lasciava trasparire quanto stava soffrendo «presto ce ne saranno altri. Se non agiamo in fretta, non riuscirò più ad aiutarvi» continuò soffocando un gemito di dolore.
 
Quando arrivarono allo chalet Konstantin era fuori ad attenderli. Non vedendo Villanelle alla guida si preoccupò.
«Villanelle?» chiese.
Eve aprì la portiera e la giovane uscì lentamente.
«Chi?» domandò l’uomo serio.
«Andrej» rispose Villanelle.
Eve si avvicinò ad aiutarla ma la giovane la scostò bruscamente. La mora si voltò verso Carolyn «la prossima volta che dobbiamo fare da esca, avvisaci» ringhiò allontanandosi all’interno dell’abitazione, ma il capo dell’MI6 non sembrò comprendere.
Inutile dire che era sorpresa di vedere uno degli assalitori narcotizzato in baule.
Villanelle era sdraiata sul divano. Il giaccio sul volto e uno straccio insanguinato in mano.
Eve attese che Konstantin e Carolyn andassero nel sotterraneo dove avevano messo Andrej, per avvicinarsi alla giovane.
«Come sta?» chiese a Jamie che stava lasciando ora la stanza.
«K.O» rispose sincero «dovrebbe vedere un dottore».
Eve la raggiunse lentamente. Prese un panno pulito, lo bagnò con acqua fresca e cercò di pulirle le ferite.
Villanelle le fermò la mano «Non ho bisogno di te intorno, Eve».
La mora serrò la mascella. Avrebbe voluto dirle tante cose, ma ancora tacque, ingoiando un boccone assai amaro.
Appena la bionda si addormentò, Eve tornò nel salotto per starle accanto.
Konstantin la guardò contrariata «Ti avevo detto di lasciarla perdere»
L’ex agente dell’MI6 si alzò fronteggiandolo «Fanculo» sibilò prima di tornare a sedersi accanto alla bionda.
 
La giornata passò molto lentamente. Villanelle dormì per quasi tutto il tempo.
Eve stette nei sotterranei con Carolyn, prendendo appunti sulle informazioni che riuscivano ad estrapolare ad Andrej.
Si seppe che c’era una taglia sulla testa di Carolyn e Eve. Jamie risultò essere trascurabile in quanto, senza le due, risultava essere innocuo. Qualcosa però non riuscì a sentire Eve, perché era stata mandata fuori da Carolyn. Andrej aveva detto qualcosa in russo su Villanelle e Konstantin. Cosa stavano nascondendo?
Alle 18 Jamie, Bear, Konstantin e Carolyn dovettero uscire per delle commissioni in luoghi differenti, lasciando sole Eve e Villanelle a fare la guardia ad Andrej.
Jamie e Bear dovevano fare delle verifiche su nomi e luoghi nominati dal killer segregato nei sotterranei, quindi andarono a dormire in hotel. Gli altri due invece rimasero misteriosi come al solito. Konstantin fece storie sull’allontanarsi dallo chalet, ma Carolyn insistette menzionando una cosa che lo fece zittire. Quanti segreti avevano quei due? Poteva essere pericoloso tutto ciò?
Eve e villanelle si trovarono da sole nell’abitazione dell’MI6.
Passò almeno un’ora prima che Villanelle si svegliasse, accorgendosi di essere sola con Eve.
Il silenzio era interrotto solo dal loro respiro.
Eve si fece coraggio «Come stai?» tentò di intavolare un discorso.
Dalla sera della cena con Niko non avevano più parlato.
Villanelle prese un libro, poggiato sul tavolino accanto al divano e glielo tirò addosso.
Eve lo schivò stranita.
La killer si guardò attorno, si alzò in piedi seppur a fatica e le tirò una rivista.
La mora le si avvicinò, schivando qualche altro piccolo oggetto, finché non la raggiunse cercando di afferrarla. Villanelle le assestò un sonoro ceffone. Eve non rispose ma s’impegnò ad afferrarle i polsi e tenerli saldamente.
La giovane cedette, fermandosi. Non aveva né la forza né il fiato per ribellarsi in quel momento “Dimmelo Eve, dimmi che non era niente, che non era vero” le sussurrò.
L’ex agente dell’MI6 non riuscì a parlare.
«Se non parli tu, troverò qualcosa o qualcuno che lo farà per te!» sibilò. Villanelle si liberò con uno strattone, dirigendosi nella camera dove dormiva Eve.
Il respiro veloce di chi stava per esplodere. La mora la seguì.
«Ogni volta che siamo in una stanza insieme, guardi Konstantin. È stato lui?» le chiese guardandola.
Eve voltò il capo senza dire nulla, rimanendo sulla soglia della porta.
In quel momento tutto ciò che Villanelle stava tenendo dentro, scoppiò come una bomba.
Non ne poteva più. Non ce la faceva più a uccidere, a obbedire, a essere una pedina, a non stare con chi amava e, soprattutto, non ce la faceva più ad ascoltare solo menzogne.
Con un urlo per esternare tutto il dolore e la rabbia che provava, mise a soqquadro l’intera stanza. Si fermò solamente quando una foto, quella foto che Konstantin diede a Eve, toccò il pavimento.
Eve si sentì spiazzata davanti a ciò che vide. Sapeva di essere parte di quel suo malessere.
Villanelle prese la foto «Corrotto» bisbigliò.
In quel momento sentirono chiudersi la porta al piano di sotto. La voce di Carolyn in salotto. Villanelle scostò Eve precipitandosi al piano inferiore come una furia.
«Villanelle, stai meglio?» domandò Konstantin vedendola sulle scale, senza nemmeno rendersi conto di cosa stava accadendo. Gli bastò guardare i suoi occhi per capirlo, ma quando li vide fu tardi.
Il coltello da caccia era già puntato sotto la sua gola.
«L’ho fatto per te» disse con un mezzo sorriso a coprire la paura.
«No» ringhiò
«L’ho fatto per te» ripeté l’uomo a ridosso della parete.
Villanelle con un gesto piantò a terra il coltello mettendogli le mani al collo.
«Ti avevo detto di non metterti sulla mia strada, mai!» gridò la giovane.
La situazione degenerò presto.
«Villanelle!» la richiamò Carolyn puntandole contro una pistola.
Villanelle si voltò afferrando la canna e poggiandosela alla fronte «Fallo, ma se lo fai, devi assicurarti di farlo bene» la sfidò.
«Sei sempre stata una mina vagante. Ho puntato molto sulla tua intelligenza. Non tradirmi proprio ora, Villanelle» disse Carolyn.
Konstantin afferrò la pistola scostandola. Villanelle si abbassò a prendere il coltello.
«No!» disse l’uomo mettendo una mano tesa davanti a sé, come a tener lontano Villanelle.
«E va bene, l’ho fatto per me» ammise «sono io il bersaglio, sono io fuori dai giochi. Ho fallito come supervisore e ora mi vogliono morto» Konstantin fece una pausa.
«Avanti, digli tutto» lo incalzò Carolyn continuando a tenere sotto tiro Villanelle. Aveva bisogno di quell’uomo e sapeva quanto la killer fosse veloce ad uccidere.
«No» disse lui piagnucolando. La bionda mosse un passo verso di lui e, in risposta, Konstantin mise davanti a sé anche l’altra mano, per proteggersi «a meno che non consegnassi lei».
«Eve?» chiese Villanelle. Lui accennò un assenso con il capo.
«Ho mandato io Andrej ed Alina. Sapevo che lui ti avrebbe messa KO. Non doveva ucciderti, solo ferirti».
Villanelle scattò in avanti, pronta ad uccidere il suo supervisore, ma Eve l’afferrò tirandola a sé con forza e cadendo a terra con lei.
«Non c’è nessuna taglia su Jamie. L’abbiamo mandato via di proposito. Su me, beh, so che c’è da un po' e su te si sapeva, ma nulla di irrimediabile» Carolyn parlò con la sua solita calma «ti ho mandata fuori perché Andrej ci ha detto ogni cosa ma, prima che lo venissi a sapere, dovevo vedere alcune cose con i miei occhi» con la pistola indicò la porta «portala fuori. Falle prendere aria. Poi parliamo».
Eve continuava a trattenere Villanelle. La guardò. La giovane fece cadere a terra il coltello e la mora lasciò la presa.
 
Villanelle, una volta in giardino, si voltò verso Eve «Tu le credi?» chiese con un filo di voce.
La mora sorrise indicandole di seguirla. Si allontanarono un bel po' dallo chalet. Prese la borsa e ne tirò fuori lo smartphone.
«Quando ero con loro, l’ho nascosto tra gli scaffali in modalità Rec. Sono tornata a prenderlo prima mentre dormivi» Eve andò fra le registrazioni e avviò ciò che il telefono aveva registrato.
Stavano parlando in russo. Eve non ci capiva nulla ma Villanelle sì. «Cosa dicono?» chiese la mora.
«Andrej dice: Ha ucciso la mia fidanzata. Mi ha mandato ad ucciderli. Voleva salvarsi il culo. Carolyn chiede se è vero. Intima a Konstantin di parlare. Lui dice che i 12 gli avrebbero dato soldi sufficienti per far uscire la figlia Irina dalla psichiatria e per rifarsi una vita, assieme a lei, da qualche parte. Doveva solo restituire i soldi rubati e togliere di mezzo Carolyn e te. Le due donne, quindi voi, devono essere fermate in un modo o nell’altro. Andrej interviene dicendo che era stato ingaggiato per mettermi ko mentre ti uccideva. Konstantin ribadisce che me la sarei fatta passare e, senza pensieri sarei tornata a far da supervisore liberando lui dall’impegno verso i 12» si sentì Carolyn dire “seguimi” e dei passi uscire dalla stanza. Una porta si chiuse.
Eve e Villanelle rimasero in silenzio. La giovane si sedette a terra.
«Per una volta, vorrei che mi si dicesse la verità» borbottò poi, senza nemmeno guardare la donna al suo fianco.
Eve le si sedette accanto «Ricordi la domanda che mi hai fatto sul Tower Bridge?» le chiese cercando di tirar fuori tutto il suo coraggio nell’affrontare quel discorso.
«Io ti ho rovinato la vita?» Villanelle ripeté quella domanda più dolorosa di tutte le sue ferite.
Eve sospirò «La risposta è sì. Sì, Villanelle, mi hai rovinato la vita» fece una pausa prima di parlare nuovamente «Avevo tutto e posso ancora avere tutto ma, io…io non ci riesco».
Il silenzio calò fra le due.
«E sai perché?» quella domanda fu un sussurro lieve «A causa tua» rimarcò la mora voltandosi a guardare la giovane sedutale accanto «Per tutto questo tempo sono fuggita. Ho cercato di scappare dal tuo viso, dalle tue labbra, dal tuo tocco, ma più fuggivo e più lo volevo. Non riesco a non pensarti. Mi hai preso tutto, la carriera, il matrimonio…l’anima e la mente».
Villanelle non riuscì a dire una parola. Gli occhi lucidi a guardare le luci dello chalet lontano da loro.
«Ti odio» quello di Eve fu un sussurro. La voce rotta dal pianto «Eppure ti amo così tanto».
Villanelle si voltò a guardarla. Le accarezzò la mano, intrecciando le dita con le sue.
«Io…» le lacrime scendevano feroci, a bagnare le guance dell’agente dell’MI6 «…io ho bisogno di te».
Villanelle la strinse a sé in un abbraccio «Io sono qui, lo sono sempre stata».
 
Una volta tornate allo chalet, Carolyn affrontò subito il discorso.
«Inutile aspettare. Volevi smetterla con tutto questo. È ancora così Villanelle?»
La giovane confermò alla donna la sua decisione «Ma a modo mio» aggiunse.
 
Eve stava cenando assieme a Carolyn in un ristorante come tanti. Degli spari colpirono una vetrata infrangendola. Due malviventi vestiti di nero con passamontagna e casco entrarono. Uno dei due catturò una ragazza che piangeva disperata. Eve, mani alzate in segno di resa, cercò di mediare proponendo di sostituire la ragazza con lei. Uno dei due, con una voce calda e profonda chiese se fosse Eve Polastri. La mora guardò Carolyn per poi voltarsi verso i malviventi e rispondere in modo affermativo. L’altro tirò fuori una pistola e le sparò tre colpi facendola cadere a terra senza vita.
I due scapparono velocemente mentre si potevano udire le sirene della polizia in lontananza.
Carolyn fu subito sopra Eve, cercando di tamponare le ferite «Resta con me Eve, ti prego» le disse supplichevole, ma oramai, la donna non respirava più.
Un medico donna dai capelli corti e grigi, corporatura robusta, scese dall’ambulanza.
Cercò di allontanare Carolyn ringraziandola di aver fatto tutto il possibile ma che non c’era più niente da fare.
La caricarono nell’ambulanza mentre la donna prese lo smartphone di Eve cercando tra i suoi contatti chi chiamare per avvisare. Il nome Niko lo trovò subito.
Fu proprio Carolyn poche ore dopo, ad accompagnarlo all’obitorio per riconoscere il corpo della moglie.
La dottoressa che prima era in ambulanza sollevò il lenzuolo, mostrando il cadavere.
La paura più grande di Niko si era avverata.
«Grazie Julia» disse Carolyn alla dottoressa gentile.
Un furgone grigio parcheggiò alle celle mortuarie.
Un’incaricata delle celle mortuarie, vestita di nero con un cappello con visiera abbassata sul viso, bussò alla porta esterna dell’obitorio.
«Vuole firmare le carte per l’autopsia?» chiese la dottoressa a Niko.
«No. Ne ha già passate tante. Voglio solo seppellire mia moglie» disse poi. La voce spezzata dal pianto.
L’incaricata salì sul furgone ancora parcheggiato.
Quando Niko se ne andò, accompagnato da Carolyn, la ragazza scese nuovamente.
Una borsa in una mano, che poggiò su di un tavolo.
«C’è un cadavere lì sotto?» sembrò ironizzare la giovane donna, per poi alzare un lembo del lenzuolo e sbirciare sotto «Ti ho già detto che hai un bel corpo?» disse poi ridendo.
Il cadavere si alzò trattenendo il lenzuolo «Villanelle, a volte sei proprio un’idiota» sbottò Eve.
La dottoressa le allungò i vestiti contenuti nella borsa «Immagino quanto possa essere stata dura, ma, così facendo, hai salvato anche lui» le disse rincuorandola.
Eve ringraziò Julia, l’amica di Carolyn e salì sul furgone con Villanelle.
«Hai ancora voglia di hamburgher?» chiese la dottoressa sorridendo.
«Cavoli sì!» rise Eve salutandola.
 
Erano ormai le nove di sera. Il buio della notte rendeva Las Vegas ancor più illuminata che di giorno. Eve stava ammirando lo spettacolo musicale delle fontane del famoso hotel Bellagio. Il telefono che Carolyn le aveva dato, prima che partissero, squillò.
«Com’è stato il mio funerale» chiese Eve senza neanche salutare la sua interlocutrice.
«Sentito» disse Carolyn con la sua solita nonchalance «forse gli stuzzichini di carne un po' secchi, ma per il resto è andato tutto bene».
«Niko?» domandò la mora.
«Qualche lacrima, cortese con i partecipanti, ma in collera nei miei confronti» fece una pausa «starà bene. La tua guardia del corpo?»
Villanelle tolse il telefono di mano ad Eve «Fa bene il suo lavoro» sorrise maliziosa.
«Non è stata una brillante idea uccidere Andrej» sbottò Carolyn.
«Sapeva troppo» rispose Villanelle chiudendo la chiamata e gettando lo smartphone nella fontana.
«Vieni, abbiamo un tavolo prenotato al Venetian» sorrise ad Eve che la guardò allibita.
«Hai gettato il telefono nella fontana?» lo chiese perché stentava a credere ai suoi occhi.
«Sanno sempre come trovarti, non temere» la giovane la guardò.
«Villanelle!»
La ragazza rise divertita allontanandosi a passo svelto. Eve le corse dietro scrollando il capo. Avrebbe dovuto gettare quel telefono tanto tempo prima.


©AlexVause
 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3944420