Victoire
Weasley – A different kind of bravery
La piccola
Victoire Weasley adora
prendersi cura dei fiori e delle piante di Villa Conchiglia.
È un
modo piacevole di passare il tempo quando non ha voglia di giocare
con i suoi fratelli e le permette di fare contenta sua madre, che da
mesi cerca senza alcun successo di convincere Dominique a dare una
mano in casa – “Hai nove anni, Nique,
dovresti iniziare a fare
almeno il minimo indispensabile!” –
ricevendo in risposta
solo smorfie e “no” secchi da
parte della bambina.
In
quel torbido pomeriggio di luglio,
Victoire ha finito di annaffiare le piante sul balcone della camera
dei genitori e ora si ritrova seduta seduta sul bordo del letto
matrimoniale, a sventolarsi addosso un ventaglio color porpora
recuperato dall'armadio. Le piacerebbe raggiungere sua madre in
giardino per darle una mano, ma la calura estiva è diventata
insopportabile e sta avendo la meglio sulle sue energie.
Victoire
sbuffa e si scosta una ciocca di
capelli biondi dalla fronte sudata. Mentre continua a farsi aria col
ventaglio, il suo sguardo si posa sul comodino accanto al letto. Il
ripiano è ricoperto di oggetti che lei conosce bene; una
fotografia
incorniciata del matrimonio dei suoi genitori, un paio di collane di
conchiglie colorate create a mano da Dominique, una piuma d'aquila e
una boccettina di inchiostro.
Si
sente pizzicare da un'improvvisa
curiosità; non ha mai aperto i cassetti di quel comodino e
non ha
idea di cosa sia contenuto al loro interno. Esita un attimo,
consapevole che forse non dovrebbe mettersi a ficcare il naso tra le
cose dei suoi genitori, poi scaccia via quel pensiero, si alza e
spalanca il primo cassetto.
All'interno
trova solo una pergamena
impolverata sulla quale sono poggiate due grosse monete. Le raccoglie
e le esamina; la prima è dorata e riporta lo stemma del
Regno Unito.
Sulla seconda, fatta di argento splendente, è inciso lo
stemma della
Francia.
Victoire
poggia le monete sul comodino e
prende la pergamena, spazzando via lo strato di polvere che lo
ricopre. In cima al foglio capeggia lo stemma del Regno Unito,
seguito da una scritta vergata in un elegante corsivo, l'inchiostro
nero sbiadito dal tempo ma ancora leggibile.
Il
Ministero della Magia Britannico conferisce tale medaglia al valore a
Fleur Isabelle Delacour in Weasley, per aver coraggiosamente preso
parte alla battaglia di Hogwarts tenutasi in data 2 maggio 1998
Kingsley
Shacklebolt
5
agosto 1998
Con mani
tremanti, Victoire fa scorrere
un dito sul foglio, incurante dei grumi di polvere che le sporcano il
polpastrello. Guarda le due medaglie posate sul comodino e dentro di
lei si agita un'emozione indefinita, un misto di orgoglio e di
tristezza.
Fin
da piccola, Victoire ha sentito parlare della guerra come se le sue
ombre non fossero mai del tutto sparite dal mondo.
Quelle ombre sono nelle pallide cicatrici che solcano il viso di suo
padre, nella triste storia che sua madre le ha raccontato sui
genitori di Ted, nelle vecchie foto dove suo zio George ride
spensierato in compagnia del gemello perduto.
Eppure
lei ha sempre pensato che i veri eroi di quegli eventi così
lontani
dalla sua realtà fossero stati i suoi zii, Harry, Ron e
Hermione, i
cui nomi sono sempre sulla bocca dell'intera società magica.
Victoire ha sempre saputo che anche i suoi genitori avevano
partecipato a quella famosa battaglia finale, ma mai aveva immaginato
che sua madre fosse stata premiata per questo...
-Qu'est
ce que tu fais, chérie?
Victoire
sussulta e si volta; sua madre è in piedi sulla soglia della
porta,
i capelli raccolti in una coda alta e un grembiule bianco legato in
vita. Il sollievo la investe quando si rende conto che Fleur le sta
sorridendo, senza alcuna traccia di fastidio per averla scoperta a
rovistare tra le sue cose.
-Scusa,
mamma, stavo solo curiosando un po'.
Fleur
si avvicina e si siede sul letto, lanciando un'occhiata alla
pergamena che la figlia tiene tra le mani.
-Non
mi avevi mai detto che avevi ricevuto una medaglia al valore per aver
combattuto in guerra!- esclama Victoire, prima di sedersi accanto a
lei. -Anche papà ne ha una, vero?
-Già.-
Fleur annuisce. -Lui ne ricevette una, io ben due. Sia dal Ministero
della Magia inglese che da quello francese.
-Wow.
Victoire
si sente un po' in colpa per l'entusiasmo che sta mostrando; in
fondo, stanno parlando di una guerra che ha lasciato dietro di
sé
decine di morti, tra cui suo zio Fred e i genitori di Ted, il suo
migliore amico.
Torna
a guardare la pergamena e dice; -Due maggio... la battaglia
è
avvenuta il giorno del mio compleanno. Che coincidenza, eh?
-È
proprio per questo che ti abbiamo chiamata così, chérie.-
Fleur
allunga una mano per accarezzare i lunghi capelli della figlia.
-Victoire, vittoria. Sei nata nell'anniversario
della nostra
vittoria, della nostra liberazione da tutto quel male.
Fleur
non aggiunge altro; si limita a guardarla con i suoi occhi dolci,
come se lei fosse la cosa più importante e preziosa
dell'universo.
Per
la prima volta nella vita, Victoire si sente investire da uno slancio
di feroce orgoglio al pensiero di essere figlia di eroi di guerra e
di portare un nome così bello e importante.
Perché
questo significa che, nonostante tutte le perdite e tutto il dolore
subito, la sua famiglia ha visto in lei il trionfo della luce, il
rifiorire della vita, una rosa che sboccia dalla polvere e dalle macerie
del passato.
-È
una cosa bellissima.- mormora, mentre delle lacrime di commozione le
pizzicano gli occhi. Poggia la pergamena sul cuscino e si avvicina a
sua madre per abbracciarla, in uno di quegli slanci di affetto che
per lei sono sempre stati così naturali dopo essere
cresciuta
circondata dal calore e dall'attenzione di innumerevoli parenti.
Fleur
ricambia con forza l'abbraccio e Victoire sente di essere davvero,
almeno per sua madre, la cosa più importante e preziosa
dell'universo. In questo momento non ci sono le ombre del passato a
incombere sulle loro spalle, non c'è la tristezza per le
vite perse
e distrutte; ci sono solo la luce del presente e la promessa di un
futuro libero e felice.
-Tu
e papà siete stati così coraggiosi.- dice
Victoire, scostandosi da
Fleur e guardandola con un ampio sorriso. -Pensi che saresti stata
anche tu una Grifondoro, se fossi andata a Hogwarts?
-Penso
di sì.- Fleur si stringe nelle spalle e accenna un sorriso.
-Certo,
ho sempre pensato che il sistema delle Case fosse un'idea un
peu stupide,
ma non mi sarebbe
dispiaciuto essere a Grifondoro o Corvonero.
-Secondo
me saresti stata benissimo a Grifondoro. Voglio dire, sei stata
l'unica ragazza a partecipare al Torneo Tremaghi, no? Sai, anche io
vorrei essere Grifondoro. Non posso non
finire a Grifondoro.
Victoire
Weasley ha undici anni e una sola certezza nella vita; il desiderio
di essere come i suoi genitori, di renderli fieri di lei
così come
lei è fiera di loro.
Al
suo arrivo a Hogwarts, meno di due mesi dopo quel torbido pomeriggio
di luglio, Victoire è fiera di entrare a far parte della
culla dei
coraggiosi di cuore e di sentirsi accogliere al tavolo della sua Casa
con un boato di applausi e urla entusiaste. C'è ancora una
parte di
lei che spera ingenuamente di poter soddisfare le aspettative altrui
dimostrando di essere all'altezza delle imprese compiute della sua
famiglia, di essere degna del nome e del cognome che porta.
Sarà
solo a quattordici anni che Victoire inizierà a guardare lo
stemma
di Grifondoro appuntato sulla divisa con un orgoglio mischiato a una
punta di amarezza. Perché nel corso del tempo si
è resa conto che,
nell'essere figli di eroi di guerra, non c'è poi
così tanto di cui
andare orgogliosi.
Perché,
in questo mondo apparentemente libero e felice, le ombre del passato
incombono come ferite che non si sono mai cicatrizzate.
Victoire
non può fare nulla per quelle ferite. Non può
fare nulla per le
lacrime che scorrono sul viso di Ted, davanti al monumento ai Caduti
che la McGranitt ha fatto costruire accanto alla tomba di Albus
Silente. Non può fare nulla per il dolore che gli distorce
la voce
quando parla dei genitori e del nonno che non ha mai conosciuto.
Non
può fare nulla per tutte quelle persone, amici e compagni di
scuola,
che le hanno confessato di aver perso qualcuno a causa della guerra;
i nonni Nati Babbani della sua migliore amica, Dena, sono scomparsi
prima che lei nascesse. Nessuno è mai riuscito a ritrovare i
loro
corpi o a scoprire cosa ne è stato di loro.
È
stata sempre Dena a raccontarle perché Trudie Hammers, una
ragazza
di Corvonero del settimo anno, ha sempre addosso uno sguardo
sfuggente e malinconico; da piccola ha visto sua madre morire,
assassinata dai Mangiamorte. Trudie non è mai uscita del
tutto dal
baratro della depressione e probabilmente – pensa a volte
Victoire
con una stretta al cuore – non ci riuscirà mai.
Victoire
non può fare nulla per i genitori di Neville Paciock
– solo
pensare al destino che hanno subito le fa correre dei brividi di
terrore lungo la schiena – né per la cicatrice sul
viso di suo
padre né per lo zio George, i cui occhi a volte ancora
tremano
quando qualcuno nomina il suo gemello e la cui protesi all'orecchio
le ricorda quanto la sua famiglia abbia perso e rischiato per
permettere a lei e i suoi fratelli di vivere in un mondo migliore.
Victoire
vive in un tempo in cui il passato è ancora troppo vicino,
continua
a incombere sul presente, a inquinarlo, a deteriorare i suoi
apparenti equilibri. Ed è attraverso il presente che il
passato si
mostra per quel che è stato, facendole capire che quelli
vissuti
dalla sua famiglia non sono stati affatto giorni di gloria.
Forse
c'è qualcosa di eroico nell'aver avuto il coraggio di
combattere per
la libertà, ma quell'eroismo si accompagna alla morte,
all'orrore,
alla devastazione, alla terribile ingiustizia di essere stati
costretti a impugnare le armi e macchiarsi le mani di sangue.
Non
c'è nulla di poetico nell'essere figlia di due guerrieri che
hanno
ricevuto delle medaglie al valore solo per lasciarle a prendere
polvere in un cassetto, nella terrificante consapevolezza che la
minima casualità avrebbe potuto far girare la storia in modi
completamente differenti.
Un'esitazione
di troppo nel corso della battaglia e forse Victoire non sarebbe mai
nata, o forse sarebbe cresciuta senza un padre, o forse
frequenterebbe una Hogwarts dove solo i colori della Casa di
Serpeverde decorano le pareti di marmo della Sala Grande.
La
guerra si è conclusa con la loro vittoria ma ci sono ancora
troppo
cose che non sono andate per il verso giusto, troppe crepe che non
possono essere riparate e ferite per le quali non esiste cura.
A
sedici anni, Victoire decide che forse c'è ancora qualcosa
che può
fare – non per dimostrare al mondo di essere la degna figlia
di
eroi di guerra, ma per dimostrare unicamente a se stessa che il
coraggio Grifondoro che le scorre nelle vene, quel desiderio di
compiere imprese eroiche e di ardito coraggio, può avere
tante
sfumature.
A
diciotto anni, Victoire veste per la prima volta il camice verde dei
Guaritori Tirocinanti.
A
venti, tiene la bacchetta puntata sulla spalla ricoperta di croste e
sangue secco e raggrumato di un ragazzino, che
giace lungo disteso su un letto del San Mungo. Victoire mormora la
formula di un incantesimo di guarigione e il ragazzino, pallido come
un cencio, trema leggermente e si lascia sfuggire un gemito di dolore
mentre le ferite iniziano a rimarginarsi.
-Stai
calmo, Ryan.- dice Victoire in tono dolce, ritirando la bacchetta.
-Tra poco non sentirai più niente.
Ryan
annuisce, abbozzando un sorriso debole. Victoire osserva con aria
soddisfatta la sua spalla; le croste sono sparite e il sangue
è
stato risucchiato via dall'incantesimo, lasciando la pelle nuda
liscia e lucida.
-Come
ti senti?- dice, alzando di nuovo lo sguardo sul ragazzino.
-Meglio.-
risponde lui. Il sorriso è già sparito e i suoi
occhi sono
appannati da una tristezza profonda, incontenibile.
Victoire
si sente stringere il cuore in una morsa insopportabile. Ryan
è
arrivato al San Mungo la sera prima insieme al fratello di sette
anni, entrambi sanguinanti e quasi in fin di vita tra le braccia dei
genitori dopo un'esplosione accidentale nel laboratorio di pozioni di
famiglia. Lei ha passato tutta la notte al suo fianco, mentre il suo
unico altro collega rimasto al San Mungo si è occupato del
piccolo
Hernie.
Ryan
ha riaperto gli occhi solo verso le sei del mattino. Appena un'ora
dopo la morte del fratello, i cui polmoni hanno ceduto a causa della
cappa di fumo tossico che aveva invaso il laboratorio dopo
l'esplosione.
-Vuoi
che vada a chiamare i tuoi genitori?- dice la ragazza a Ryan, che
annuisce piano.
Victoire
non vuole neanche immaginare cosa stia provando. Prova a mettersi nei
suoi panni, a figurarsi se stessa a dieci anni mentre tiene tra le
braccia il corpo senza vita di Dominique o del piccolo Louis, e si
trova a reprimere un brivido di orrore.
Tiene
le spalle ben dritte e si stampa in viso un'espressione imperturabile
mentre esce dalla stanza. I genitori di Ryan la aspettano in
corridoio, seduti fiano a fianco su una panca di legno. Entrambi sono
di un pallore spettrale, con lo sguardo assente e gli occhi cerchiati
da occhiaie profonde.
-Allora?-
dice Jack, guardando Victoire con aria speranzosa. -Come sta?
-Lo
terremo qui almeno un paio di giorni, per essere sicuri che si sia
ripreso del tutto. Ma come già vi ho detto stamattina sta
bene, le
sue condizioni sono stabili, non dovete preoccuparvi per lui...
Ella
Martens si alza di scatto dalla panca e Victoire rimane senza parole
quando la donna le getta le braccia al collo, stringendola a
sé.
-Grazie,
signorina Weasley. Ha salvato nostro figlio.- mormora la donna, con
la voce rotta e tremante, sporca di dolore ma al tempo stesso
vibrante di un'emozione diversa, qualcosa che assomiglia alla
speranza, al senso della vita che rinasce. -Se non fosse stato per
lei... se anche Ryan... non immagina neanche quanto le siamo grati...
-Ho
fatto quel che dovevo fare. Mi dispiace per Hernie. Mi dispiace
davvero tanto.
Victoire
non è sicura che sia molto professionale da parte di un
Guaritore
abbracciare la madre di un paziente – dopotutto è
la prima volta
che si ritrova in una situazione del genere – ma in quel
momento
non le interessa. Non può fare a meno di ricambiare
l'abbraccio
della donna, prima di allontanarsi lentamente e provare a rivolgerle
un sorriso di incoraggiamento.
-Entrate.
Ryan vi sta aspettando.
Ella
e Jack le rivolgono un ultimo sguardo colmo di gratitudine prima di
entrare nella stanza di Ryan. In quello sguardo Victoire legge un
dolore ancestrale che la colpisce allo stomaco nella sua
intensità,
una ferita fresca e sanguinante che le fa pensare alle sofferenze di
un passato ormai messo da parte – un passato in cui anche la
sua
famiglia ha portato su di sé quello stesso dolore e quelle
stesse
ferite. Un passato che lei non ha mai conosciuto e toccato con mano
ma che in qualche modo ha sempre fatto parte di lei, è
sempre stato
intrecciato alle sue radici e ha finito per aderirle addosso, per
darle forma e renderla la persona che è adesso.
Ma
davanti a quell'accenno di gratitudine e speranza che hanno
interrotto il dolore nello sguardo di Ella e Jack, anche se solo per
un fugace istante, Victoire si sente per la prima volta nella sua
vita davvero fiera del suo nome e all'altezza di ciò che
hanno fatto
i suoi genitori. Si sente fiera di essere stata artefice di quella
luce, per quanto flebile, nel mezzo dell'oscurità. Artefice
della
vita che rifiorisce, nutrice della rosa che sboccia tra le polvere e
le macerie.
Fiera
di essere lei stessa guerriera e salvatrice – anche se
animata da
un coraggio e da un onore diversi da quelli di chi scende nel campo
di battaglia – e di aver preservato quell'unica fonte di
felicità
per due anime dilaniate da ferite che forse mai troveranno cura.
Note
Faccio abbastanza schifo a scrivere
introduzioni per cui spero che questo primo capitolo abbia chiarito
qual è la linea tematica della raccolta.
La mia intenzione è quella di scrivere un capitolo per ogni
personaggio della Nuova Generazione, inclusi Teddy Lupin e Scorpius
Malfoy, concentrandomi sui momenti in cui i figli dei sopravvissuti si
rendono conto di che cosa la guerra abbia significato per le loro
famiglie. Alcuni capitoli saranno molto più brevi di altri,
alcuni saranno un misto tra narrazione e introspezione, altri
incentrati principalmente sul lato introspettivo.
Ci tenevo a partire con Victoire, è un personaggio di cui ho
in mente il background e la caratterizzazione anche se non sono mai
stata molto ispirata all'idea di scrivere di lei. Per cui ho avuto
finalmente una possibilità di approfondire e dare vita alla
mia Victoire Weasley. Ho voluto giocare con il concetto di "ferite",
intese sia a livello letterale che metaforico, e con l'idea che
Victoire, non potendo ovviamente rimediare alle ferite che la guerra ha
lasciato dietro di sé, decida di dedicarsi a una carriera
che le permette comunque di salvare delle vite e diffondere bene nel
mondo.
Grazie a chiunque abbia letto e voglia lasciare una recensione, spero
di aggiornare presto :)
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