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CAPITOLO
1:
“La
scelta dell’armatura”
-
parte 2 -
Ker
I duelli
iniziarono con la contesa per l’armatura della vergine.
Due tizi che non
avevo mai visto in vita mia iniziarono a prendere posizioni
all’interno dell’arena. Si salutarono in gesto di sportività e,
dopo appena pochi istanti, iniziarono a combattere.
Ero un fascio di
nervi.
Forse non avevo
preso la miglior decisione della mia vita, ma non sapevo se pensavo
ciò per via della paura o perché ne ero realmente convinta.
Purtroppo avevo il brutto vizio di agire d’istinto, di fare le cose
cavalcando l’impeto del momento, e spesso, ahimè, ne pagavo le
conseguenze. Dovevo imparare ad essere più razionale, a non farmi
trascinare dalle mie emozioni… Death Mask me lo diceva spesso. Ed
io quasi mai lo ascoltavo. Ed ecco le conseguenze: da sola, in mezzo
a degli esaltati di tutto il mondo, pronta a farmela quasi sotto
dalla paura.
Perfetto.
Bravissima Ker, me ne compiaccio.
Riuscivo quasi a
sentire la voce ironica di Death Mask che mi riprendeva ogni qual
volta facevo una cazzata. Cioè quasi sempre, a detta sua, anche se…
in effetti, quasi quasi ora mi pentivo della mia scelta di poco fa,
di voler partecipare al torneo.
Alzai lo sguardo
verso gli spalti del Colosseo per poter incrociare lo sguardo del mio
maestro. Vidi il Grande Sacerdote, Sion, con lo sguardo concentrato,
impegnato ad osservare ogni singola mossa dei ragazzi che si stavano
ammazzando fra di loro al centro; vidi alcuni vecchi cavalieri
chiacchierare fra loro molto pacatamente e quasi scherzosamente; e
poi lo vidi. Lui. Nero in volto come se l’avessero appena
picchiato.
Distolsi
immediatamente lo sguardo da Death Mask. Era chiaro come il sole che
avessi fatto una cazzata. Il problema ora era: come diavolo ne uscivo
da questo errore?
I duelli
continuarono a svolgersi senza sosta, uno dietro l’altro. Per
fortuna, stavolta, tutte le armature riconobbero i loro nuovi
possessori, senza creare nuovi intoppi anche al Grande Sacerdote
stesso. Una ad una tutte le armature d’oro furono prese dai miei
“colleghi di avventura”. Una ad una, finché non rimase solo lei:
l’armatura d’oro del cancro.
Mi venne quasi un
collasso quando anche l’ultimo incontro giunse al termine con la
ben riuscita della scelta dell’armatura.
“Che cos’hai
Ker? Sei pallidissima in volto”
“Temo di non
sentirmi bene, Leo”
Ed era vero, stavo
davvero per sentirmi male.
“Andrà tutto
bene, stai tranquilla”
Mugugnai come
risposta, facendo intendere che mi sentivo tutt’altro che serena, e
quando il Grande Sacerdote fece il mio nome, chiedendomi di
raggiungere il centro dell’arena, mi mossi con estrema fatica.
Alla fine arrivai
e mi soffermai nel punto prescelto, come da sua richiesta, ma non
feci in tempo a rilassarmi che il nome del mio avversario mi fece
gelare il sangue nelle vene.
“Altair, figlio
di Ioria del leone e Marin dell’aquila, prendi posto accanto a Ker,
di grazia”
“Sì, Sommo”
Mi
voltai di scatto non appena realizzai che il mio avversario fosse
effettivamente
lui. Accidenti. Dannazione! Potevo essere più sfigata nella mia
vita?
Lo guardai negli
occhi e gli domandai, prima di iniziare:
“Da quando sei
del segno del cancro?”
Lui mi squadrò
dall’alto in basso prima di rispondere, freddamente:
“Dal giorno
della mia nascita”
Ma va? Gente,
abbiamo un futuro comico fra noi.
Assottigliai lo
sguardo in segno di sdegno e mi girai dall’altra parte, offesa ed
adirata.
Tipico di Altair
dare certe risposte. Non dovevo neanche meravigliarmene più di tanto
visto che era uno di quelli che mai si era degnato di rivolgermi la
parola perché troppo “strana” per i suoi standard. Che poi lui
fosse un invasato dei cavalieri, specie quelli d’oro come suo
padre, quello era tutta un’altra cosa. Per gente del genere o la
pensavi come lui oppure non eri degno neanche di respirare la sua
stessa aria, neanche di essere notato, figuriamoci se potevi essergli
amico. Anche se, oltre a Leo, non è che io avessi avuto modo di
stringere amicizie al Grande Tempio dal mio arrivo. Ero sempre troppo
strana per la gente, troppo riservata rispetto agli altri bambini…
troppo… tutto. E nessuno aveva mai voluto neanche darmi una chance
per dimostrare quanto fossi, in realtà, una ragazza - ed un’amica
– leale.
Se ci ripensavo,
non facevo che intristirmi e basta.
“Ker,
focalizzati sulla battaglia”
La
voce di Leo mi riportò alla realtà. Aveva ragione. Il Sommo
Sacerdote stava rileggendo il regolamento prima della battaglia, per
assicurarsi che fosse un combattimento onesto e leale. Anche se, da
come la vedevo io, non c’era nulla di onesto nel combattere contro
un ragazzo che aveva ricevuto un addestramento da cavaliere fin dalla
nascita. Alla
fine erano solo 10 anni che mi allenavo. Uno sputo a confronto.
Quindi quel
regolamento era quel che si dice tutto fumo e niente arrosto.
“Che gli
sfidanti prendano posizione, prego”
Mi voltai verso
Altair con la stessa flemma con cui lui si voltò verso di me.
Che arrogante.
Il Grande
Sacerdote iniziò il conto alla rovescia, prendemmo posizione e nel
giro di poco iniziammo a duellare.
Death
Mask
Ero in ansia. Come
mai lo ero stato nella mia vita.
Per ora ancora non
era successo nulla di grave, dovetti ammetterlo, ma vedere Ker che
prendeva colpi da quella miniatura di Ioria, proprio non riuscivo a
digerirlo. Certo, non è che le prendesse solo, le dava anche, ma ero
comunque in ansia. E poi: da quando in qua Ioria aveva sfornato un
figlio del cancro? Io ero ancora perplesso pure su questo punto.
“Death Mask,
rilassati”
Quando si parla
del diavolo… Ioria fece la sua comparse accanto a me e mi cinse il
collo con un braccio, amichevolmente. Anche se io, personalmente, non
ci vedevo nulla di amichevole in tutto ciò, ma vabbé, dettagli.
“Sono rilassato”
risposi, non levando mai gli occhi dalla mia piccola peste e
continuando a seguire lo scontro, colpo dopo colpo.
“Piuttosto mi
domandavo…” iniziai, invece “Da quando tuo figlio è del segno
del cancro?”
“Beh, da quando
è nato, mi sembra evidente”
Alzai gli occhi al
cielo, tralasciando lo squallore della sua battuta da quattro soldi,
e ritornai al punto principale:
“Credevo avessi
due figli, entrambi nati sotto il segno del leone”
“In effetti…
il giorno in cui è nato Altair poteva trarre in inganno, essendo
l’ultimo giorno del cancro, ma, ahimè, dopo aver consultato anche
le carte astronomiche devo confermare che è nato, effettivamente,
sotto il segno del cancro, e non del leone”
Maledizione. Ed io
come cazzo facevo a non saperlo?!
“Ah, ora
comprendo” mi limitai ad affermare. Poi continuai a seguire
l’incontro, concentrato, ma Ioria non ne volle sapere del mio
silenzio e mi domandò:
“Invece, ora ho
io una domanda da chiederti”
Alzai un
sopracciglio, perplesso. Ora cosa aveva che non gli tornava?
“E cioè?”
Il volto di Ioria
si fece più serio, più tetro. Abbassò la voce e continuò:
“Hai mai fatto
caso a quanto il cosmo di Ker sia…”
“Potente?”
cercai di scherzai.
“Oscuro” senza
riuscire nel mio tentativo.
Se ne era accorto.
Dannazione! Ed assieme a lui chissà quanti altri se ne erano resi
conto ne corso degli anni.
Ker pensava che il
motivo per cui non fosse ben vista al Grande Tempio fosse perché
riusciva a vedere i fuochi fatui e parlava con le anime dei defunti,
io sapevo invece quale fosse la realtà: la gente aveva paura. Paura
di lei e del cosmo oscuro che, senza neanche farci troppo caso,
emanava anche solo respirando. Era così da quando l’avevo trovata,
dieci anni prima, in quel vicolo all’ingresso del Grande Tempio. Ed
era così anche oggi. Era rimasto tale anche negli anni, ed anzi, più
andava avanti col tempo e più questo emanava una coltre oscura,
buia, che difficilmente si riusciva a celare. Ovviamente glie ne
avevo parlato, ma lei era convinta che il suo misero cosmo –
così lo definiva lei – c’entrasse poco e che la gente non la
volesse perché la reputassero strana.
Purtroppo la
realtà era ben diversa da quella che una ventenne riusciva a
scorgere con i suoi occhi.
Sentii un cosmo
enorme sprigionarsi nell’aria e mi focalizzai di più
sull’incontro, lasciando perdere Ioria e le sue congetture.
Altair iniziò ad
espandere il suo cosmo fino al limite estremo, schizzò alla velocità
della luce in direzione di Ker e, con un colpo fulmineo, la
scaraventò all’indietro, verso il muro alle sue spalle.
Deglutii,
perplesso per quello che era appena accaduto. Ma sopratutto, per
quello che sarebbe potuto accadere da un momento all’altro. Quando
Ker perdeva il controllo… beh… era incontrollabile, e speravo
davvero che questa volta si desse un contegno.
La mia piccola
peste emerse dalle macerie da lei prodotte e si avventò su di lui ad
una velocità impressionante.
Niente, aveva
perso le staffe, come sue solito.
Iniziarono a
scannarsi a suon di colpi prodotti a velocità impressionanti, per
essere due allievi privi di armatura, e si atterrarono e si
rialzarono più e più volte. Fino a che non accadde quello che
temevo. Fino a che Ker non perse completamente il controllo.
Ker
Stavo perdendo. Me
lo sentivo.
Eppure io, non
volevo affatto perdere. Non volevo affatto risultare sconfitta per
mano di Altair, il figlio di Ioria. No, non volevo. Per questo mi
rialzai dal terreno, pronta a combattere ancora.
Ero dolorante ed
avevo iniziato a sanguinare dalla testa; la vista era leggermente
offuscata e faticavo a respirare, probabilmente per via di alcune
costole incrinate.
“Combattere
contro di te è solo un’offesa per me, arrenditi, così questa
tortura finirà!” esordì il mio avversario, con disprezzo.
“Mai!” sputai
io con tutto il mio fiato in corpo. Non ero tipa che si arrendeva
facilmente, figuriamoci con uno sbruffone ed esaltato quale era lui.
(L’ho già detto quanto Altair mi stesse sulle palle, vero?)
“Allora perisci
sotto i miei colpi, donna!”
Caricò il suo
colpo nella mia direzione. Un pugno mi fece piegare in due ed una
presa da karate mi fece atterrare al suolo sulla schiena, facendola
inarcare. Lui si sporse sopra di me, per osservarmi con disprezzo,
dopodiché caricò un altro colpo ed affermò:
“E’ finita,
Ker”
Girai la testa di
lato aspettando il colpo da un momento all’altro, ma questo non
arrivò mai.
Fluttuavo immersa
nell’oscurità. Accanto a me decine e decine di fuochi fatui
volteggiavano, sparsi qua e là, illuminando di poco lo spazio presso
cui mi trovavo.
Atterrai
lentamente sul suolo e sempre lentamente mi tirai su col busto, per
osservare dove mi trovassi.
Di fronte a me si
ergeva una distesa di fuochi fatui, un sentiero tortuoso in mezzo al
terreno, ed ai lati di esso si ergevano delle gabbie, altezza umana,
con altri fuochi fatui al suo interno.
Il resto era
completamente buio.
“Ma… dove
sono?”
Una lieve brezza
accarezzò i miei capelli argentei, liberandoli dalla stretta dei
nastri e facendoli librare al vento.
Mi voltai a 360
gradi per cercare di capire come ci fossi arrivata in quel luogo e
quando mi ricordai di aver fluttuato nell’aria poco prima, alzai lo
sguardo sopra di me, notando la forma della struttura presso cui mi
trovavo. Dovevo essere caduta in una specie di conca, una conca buia,
desolata e completamente avvolta nelle tenebre.
Come ci ero finita
là dentro? Come avevo fatto ad entrare in un luogo simile?
Ricordavo la
battaglia e poi… un colpo che non era mai arrivato, ma non
ricordavo di essere caduta o di essere sprofondata nel terreno.
Doveva essere
successo qualcosa, ma cosa?
Un bagliore dorato
catturò tutta la mia attenzione. Strizzai gli occhi a causa della
troppa luce, alzai lo sguardo e mi ritrovai con l’armatura del
cancro che fluttuava proprio sopra la mia testa. D’istinto allungai
la mano destra, mi alzai sulle punte dei piedi e con le dita la
toccai quel poco che bastava per far sì che essa illuminasse tutta
la sala e diffondesse la sua luce ovunque. Fui inondata dal suo
bagliore anche io e quando riaprii gli occhi mi ritrovai di nuovo
nell’arena.
Le urla degli
spettatori avevano lasciato il posto ad un vuoto imbarazzante. Il
silenzio regnava sovrano ed anche il vento pareva essersi ammutolito
per chissà quale motivo. Mi voltai di colpo, alla ricerca del mio
avversario, e quando le mie iridi incontrarono le sue color mare,
quasi il mio cuore perse un battito.
Altair mi
guardava, senza parole, grondante di sangue, in ginocchio, tenendosi
le costole sinistre con il braccio destro e con lo sguardo
corrucciato. Solo una frase riusciva a pronunciare mentre mi
guardava:
“Non è
possibile”
Mi resi conto che
effettivamente guardava me, ma non incrociava più il mio sguardo,
bensì le vesti che indossavo in quel momento. A quel punto mi
costrinsi a guardarle anche io e rimasi… senza parole.
La voce del Grande
Sacerdote si levò fra gli spalti, arrivando forte e chiara a tutti i
presenti.
“L’incontro è
così concluso. L’armatura ha deciso: salutate Ker, il nuovo
cavaliere del cancro!”
Stavolta collassai
per davvero e nel giro di poco tempo tutto fu di nuovo buio.
Angolo
Autrice:
Buonasera a tutti!
^^ chiedo scusa per il ritardo, visto che avrei dovuto aggiornare
ieri, ma ultimamente il lavoro non ne vuole proprio sapere di
mollarmi, per questo ho potuto aggiornare solo adesso... spero che il
capitolo vi sia piaciuto :) così come spero che vi abbia intrigato
un pochino di più dei precedenti ;)
Dovrei aggiornare
mercoledì prossimo, salvo complicazioni. Nel frattempo ringrazio
tantissimo le persone che hanno recensito i precedenti capitoli
(grazie davvero ^^), ma anche chi ha solo letto ed ha dedicato un po'
del proprio tempo a leggere la mia storia.
Grazie a tutti <3
A presto, baci baci, Freya
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