Alle luci del tramonto
Questa fanfiction partecipa a "La paura fa novanta: Halloween Challenge" indetta dal forum Torre di Carta
Alle luci del tramonto
Prompt: A morde B sul collo e/o sul braccio
Circolavano strane voci sulla
piccola biblioteca del quartiere: gli abitanti raccontavano di
inquietanti rumori notturni, di urla improvvise che turbavano la
tranquillità serale, di ragazzi scomparsi dopo un pomeriggio trascorso
nell’edificio e ritrovati in seguito privi di sensi.
Dal canto suo, Sakura aveva sempre
dato poco credito alle chiacchiere, considerandole inevitabili
alterazioni di fatti spiegabili in modo più semplice e razionale, e
anche in quel caso si rifiutava di crederci.
“Dopotutto, perché avrebbe dovuto
negarsi un buon libro e un bel bibliotecario?” aveva detto a Ino quella
mattina, camminando tra i corridoi dell’università.
La risata dell’amica le risuonava
ancora nelle orecchie, mentre seduta a un tavolo sfogliava un romanzo e
sbirciava ogni tanto Kakashi dietro il bancone della reception: con
l’abituale sorriso enigmatico sulle labbra, il bibliotecario ritirava
alcuni libri concessi in prestito e forniva in modo affabile
indicazioni a un altro dei pochi visitatori della giornata.
Come ogni pomeriggio, sotto le
lenti trasparenti, i suoi occhi scuri erano due pozze profonde che la
attraevano inesorabilmente e i suoi lineamenti la incantavano per la
loro perfezione, per nulla scalfita dalla cicatrice irregolare sul suo
viso.
Ancora una volta si chiese come se
la fosse procurata e consentì alla propria immaginazione di vagare
verso le ipotesi più affascinanti. Da settimane, infatti, si rifugiava
in biblioteca solo per fantasticare su di lui, adducendo il pretesto
dello studio per eludere le domande di chi guardava quel luogo con
sospetto.
Girò distrattamente un’altra pagina
e finse di leggere gli ideogrammi impressi sulla carta, incapaci di
catturare il suo interesse al contrario dell’uomo a pochi metri da lei.
Non avevano mai intrattenuto una
reale conversazione e, anche se aveva letto il suo sul cartellino
appuntato al petto, non avevano mai chiesto l’uno il nome dell’altro;
tuttavia, le era impossibile staccargli gli occhi da dosso. Era come se
un filo invisibile trascinasse con insistenza il suo sguardo verso di
lui, spingendola ad ammirarlo in tutta la sua bellezza. Non era mai
stata attratta fisicamente da uno sconosciuto in modo così forte e le
reazioni istintive del suo corpo la sorprendevano e allo stesso tempo
la incuriosivano.
Non appena il bibliotecario si
allontanò dalla reception per rimettere a posto i libri restituiti,
Sakura si perse di nuovo a contemplare il suo fisico asciutto: la
camicia bianca, leggermente sbottonata, aderiva al suo torace e
permetteva di intravedere la linea decisa della clavicola, mentre i
pantaloni neri fasciavano le sue gambe lunghe e toniche.
La giovane studentessa avvertì la
consueta sensazione di calore pervaderle il petto e tornò a respirare
normalmente solo quando l’uomo si addentrò tra gli scaffali, sparendo
alla sua vista nella penombra che custodiva lunghe fila di volumi.
Trasse un profondo sospiro e si lasciò cadere contro lo schienale della
sedia, ignorando la protesta del suo cuore per i brevi ma intensi
istanti in cui aveva trattenuto il respiro.
Non ne comprendeva fin in fondo il
motivo, ma desiderava assolutamente parlargli e conoscere qualcosa su
di lui. Fin dal primo momento in cui aveva messo piede in biblioteca e
incrociato i suoi occhi magnetici, quel desiderio si agitava dentro di
lei, dominando ogni suo pensiero.
Sbuffò sonoramente e richiuse il libro con un gesto secco, arrabbiata con se stessa.
Nonostante tornasse lì ogni
pomeriggio, con quell’unico unico proposito in mente, non aveva trovato
ancora il coraggio di alzarsi dal tavolo di lettura per chiedergli
qualcosa in più di semplici consigli o indicazioni. Fino al tramonto
del sole, rimaneva invece a sfogliare romanzi o libri di medicina,
attendendo che si dissolvesse nel nulla quell’insolita inquietudine che
la tratteneva, scontrandosi costantemente con il desiderio di
avvicinarsi a lui.
Più volte, si era sforzata di
attribuirle un significato; e anche se per qualche minuto aveva creduto
di essere influenzata dalle dicerie sulla biblioteca, aveva subito
scartato una simile possibilità, troppo lontana dal suo mondo fatto di
scienza e razionalità.
Gettò un’occhiata verso l’ampia
finestra che diffondeva luce nella sala: il sole calava tra le strade,
sfumando di arancio i contorni delle abitazioni, e tra non molto tempo
avrebbe immerso l’intero quartiere in un’atmosfera rossastra.
Amava quel momento della giornata,
la tranquillità con cui avvolgeva tutto e tutti, e se il bibliotecario
fosse stato ancora lì, seduto al bancone o in giro per la sala, avrebbe
guardato di sottecchi i suoi capelli argentati e i suoi lineamenti
illuminati dai caldi riverberi del tramonto.
Pur di non doversi privare di
quella visione, avrebbe aspettato ancora un po’ il suo ritorno, ma
l’orologio segnava ormai l’ora limite concordata con sua madre;
dopodiché, se fosse rimasta oltre in quel luogo maledetto, le avrebbe
sguinzagliato dietro la polizia, come le aveva ricordato in modo
premuroso mentre usciva di casa.
Rassegnata, Sakura sospirò
stancamente e si alzò malvolentieri dalla sedia, poi raggiunse l’ala
della biblioteca dedicata ai romanzi e iniziò a camminare lentamente
lungo il corridoio creato dagli scaffali, cercando la posizione esatta
dove riporre i libri consultati.
La penombra era rischiarata dalla
luce rosata proveniente dalla finestra in fondo e man mano che vi si
avvicinava, lasciando al loro posto i compagni cartacei del pomeriggio,
le sembrava di essere avvolta sempre di più da quella luce e dal
silenzio quasi innaturale.
Non appena ricollocò su un ripiano
l’ultimo romanzo, la studentessa avvertì alle sue spalle un improvviso
spostamento d’aria e un brivido intenso corse rapido lungo tutta la sua
schiena.
Fu solo un istante dopo che udì una profonda voce maschile rivolgerle la parola.
“Vuoi davvero andare via, Sakura?” le domandò con tono suadente.
La ragazza sussultò, travolta da
un’ondata di stupore, ansia ed eccitazione: l’uomo aveva scandito il
suo nome con inaspettata familiarità, inoltre era talmente vicino che
il suo respiro le sfiorava il collo e la calda solidità del suo torace
era perfettamente percepibile dietro di lei.
Si girò di scatto, indietreggiando
istintivamente di qualche passo e urtando contro la libreria, poi alzò
lo sguardo verso di lui; anche se aveva riconosciuto la voce
all’istante, lo fissò disorientata dalla sua comparsa inattesa e
subitanea, con il battito accelerato del suo cuore che scandiva quei
momenti.
Nemmeno un impercettibile rumore
aveva annunciato il suo arrivo ed era la prima volta in assoluto che
dimostrava un evidente interesse verso di lei, chiamandola addirittura
per nome. Sicuramente doveva averlo letto dalla sua tessera della
biblioteca, ma fino ad allora non aveva mai dato segno di conoscerlo o
di ritenerlo di particolare importanza.
“Purtroppo si è fatto tardi…”
replicò con voce incerta, rimanendo nonostante tutto incantata ancora
una volta dal suo bell’aspetto.
La luce calda del tramonto
accarezzava il suo viso, addolcendone i lineamenti e mettendo in
risalto le labbra incurvate da un sorriso accennato, mentre i suoi
occhi scuri erano illuminati da riflessi rossastri.
“Non troppo tardi se c’è da
realizzare un desiderio,” affermò il bibliotecario in modo deciso,
accorciando poi la distanza tra di loro con pochi rapidi passi.
Pervasa sempre di più dalla
confusione, Sakura ebbe la vivida impressione che le sue iridi si
tingessero davvero di rosso, tuttavia fu solo un istante fugace, un
istante che sembrò non essere mai esistito quando fu sopraffatta dalla
sensazione più concreta della bocca dell’uomo sulla sua. Spalancò gli
occhi, sorpresa e titubante, ma ben presto il desiderio alimentato
nelle ultime settimane esplose violentemente dentro di lei, come
evocato dalle sue parole. Incapace di resistere oltre, la studentessa
cedette all’assalto della sua lingua, schiudendo del tutto le labbra e
concedendo così un facile accesso alla proprio bocca.
Le mani dell'uomo, dapprima
appoggiate alla libreria, si avventarono sul suo corpo: una le strinse
leggermente il collo, premendo le dita sulla sua pelle chiara, protetta
solo dai capelli sciolti sulle spalle, mentre l'altra scese
contemporaneamente lungo la sua schiena, attirandola con forza verso di
lui.
Sakura sussultò di piacere per lo
scontro improvviso contro il suo petto e per il contatto ravvicinato
tra i loro bacini. Istintivamente si aggrappò alla sua camicia e le
sfuggì un sospiro soffocato, quando il bibliotecario le circondò la
vita con un braccio e la spinse di nuovo contro la libreria, facendo
aderire ancora di più i loro corpi, mentre continuava a baciarla con
irruenza.
Appena le loro labbra si
staccarono, si ritrovò a respirare affannata, incatenata ai suoi occhi
ipnotici e inebriata da un profumo stranamente familiare e nostalgico.
Era la prima volta che si accorgeva di quel particolare e ne rimase
spiazzata.
"Anche il tuo profumo è sempre lo stesso," soffiò l'uomo sul suo viso, riecheggiando in parte i suoi pensieri.
La ragazza lo fissò perplessa,
insicura su come interpretare quella osservazione: era stato davvero
così vicino a lei da poter ricordare addirittura il suo odore? O si
erano per caso incontrati altrove?
"Ci conosciamo?" gli chiese in un sussurro, con le guance arrossate dall'imbarazzo.
Dubitava che avrebbe potuto
dimenticarsi di lui, se così fosse stato, eppure la confidenza nella
sua voce e nei suoi gesti la disorientava.
Un sorriso ammaliante comparve sulle labbra del bibliotecario e la studentessa sentì il proprio cuore battere più in fretta.
"Io sono il tuo passato e il tuo
futuro, Sakura," le rispose, mentre con le dita le accarezzava
lentamente la linea delicata del collo, indugiando sulla clavicola e
sulla gola.
Pervasa da un forte sconcerto, la
studentessa sentì il respiro mancarle, rabbrividendo sotto il suo tocco
leggero ma deciso. Col suo viso ormai a pochi centimetri, scorse
chiaramente un luccichio rossastro illuminargli gli occhi e, prima di
poter realizzare cosa provasse davvero, se eccitazione o timore, lui si
chinò veloce a depositarle baci avidi sul collo.
Quando la punta della sua lingua le
leccò la pelle con insolita lentezza, la ragazza trasalì, premendo
d'impulso le unghie nei suoi bicipiti. Pochi secondi dopo, agitata e
ansimante, sentì le sue labbra sfiorarle il lobo dell’orecchio.
"E da stasera anche il tuo
presente, dopo un'altra vita trascorsa a cercarti," le bisbigliò,
turbandola profondamente con parole capaci di scuoterle l’anima,
nonostante la loro apparente insensatezza.
Sakura si domandò se stesse vivendo
un sogno surreale ad occhi aperti; e quello fu l’ultimo pensiero
razionale che attraversò la sua mente, prima che denti affilati
affondassero con forza nella sua carne morbida e un dolore lancinante
le annebbiasse completamente i sensi.
Paralizzata dalla paura, con il
cuore che le palpitava frenetico nel petto, schiuse la bocca in un
grido spezzato e reclinò leggermente il capo contro la libreria,
tremando tra le sue braccia e sentendo le energie abbandonarla
gradualmente.
Intanto immagini sfocate di loro
due insieme le si sovrapponevano davanti agli occhi: intravide se
stessa che rivolgeva all’uomo un timido sorriso durante un ballo
ottocentesco; entrambi abbracciati al chiaro di luna in un accampamento
militare; lui che con evidente angoscia stringeva al petto il suo corpo
inerte e sporco di sangue, in un ospedale da campo o tra le macerie di
un palazzo.
Chiuse gli occhi, sopraffatta dalle
emozioni confuse di secoli lontani e dagli spasmi involontari del suo
collo, poi lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi e sentì i canini
dell’uomo staccarsi dalla sua pelle con un suono secco, poco prima che
il buio totale la avvolgesse.
Quando Sakura si svegliò
l'indomani, era sdraiata su un letto comodamente, ma avvertiva un
doloroso indolenzimento all'altezza del collo e la luce del sole che
trapelava attraverso la finestra la infastidiva. Ignorò tuttavia i
disturbi fisici segnalati dal suo corpo, considerandoli momentanei e
attribuibili all’aver dormito male.
Ancora intontita dal sonno, si tirò
su a sedere e impiegò diversi minuti per capire che era nella sua
stanza, meravigliandosi del vuoto totale che riempiva la sua mente.
Non ricordava assolutamente nulla
della sera precedente, da quando aveva deciso di lasciare la biblioteca
fino al suo ritorno a casa; gli unici ricordi frammentari riportati a
galla dai suoi sforzi erano associati agli innumerevoli tentativi di
sbirciare il bibliotecario oltre le pagine dei libri che come sempre
fingeva di leggere.
Assalita da una vaga inquietudine,
si passò una mano tra i capelli e cercò di alleggerire la tensione nel
suo petto con un profondo sospiro, poi si soffermò per qualche istante
a scrutare il suo riflesso nello specchio dell'armadio: alcune ciocche
rosa le ricadevano scompostamente sulla fronte e il viso pallido era
segnato dalla stanchezza.
Pensò che avrebbe dovuto fare
colazione e tornare subito a dormire, se voleva recuperare un colorito
decente e far sparire le occhiaie; scese così dal letto per raggiungere
la cucina, decisa a buttarsi alle spalle le sensazioni spiacevoli di
quel risveglio.
Ancora un po’ stordita, uscì dalla
sua camera senza accorgersi minimamente di un’ombra dietro la
portafinestra del balcone: protetto da un copricapo e da un mantello
scuro, Kakashi la osservava con l'animo dominato da una trepidante
attesa, immaginando il momento esatto in cui la ragazza avrebbe aperto
gli occhi sulla sua nuova vita, una vita eterna, legata finalmente a
lui in modo indissolubile.
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