Dominique
Weasley – Why do all the monsters come out at night?
Dominique ha
appena otto anni e già le
piace ammirare il suo riflesso allo specchio.
Alle
sue spalle, la camera è immersa
nella luce soffusa e ambrata di un'unica lampada accesa sul comodino,
e lei deve aguzzare lo sguardo per individuare e contare una a una le
pallide lentiggini che le ricoprono gli zigomi e la punta del naso.
Ignora
i rumori del vento che fa sbattere
le imposte delle finestre e il fragore della pioggia contro i vetri,
mentre inarca le sopracciglia in un'espressione sfrontata e si
arriccia una ciocca di capelli intorno al dito.
A
Dominique piace pensare di somigliare a
suo padre, per quanto una bambina possa somigliare a un uomo che ha
superato la quarantina; dopotutto, pensa con orgoglio, lei è
l'unica
tra i suoi fratelli ad aver ereditato i caratteristici capelli rossi
dei Weasley.
Anche
i suoi occhi castani sono identici
a quelli di Bill, splendenti dello stesso sguardo aperto, vivace e
luminoso.
Poi
c'è il suo viso. Un viso aggraziato,
dalla pelle lattea e delicata, simile a quello di una bambola
–
come le ripetono spesso Andromeda Tonks e le amiche di sua madre.
Un
viso che non è mai stato martoriato e sfigurato dalla guerra.
Dominique
pensa alla cicatrice ormai
sbiadita dal tempo che solca la guancia di suo padre. Quando gli ha
chiesto come se la fosse procurata, lui si è limitato a
stringersi
nelle spalle e a rispondere; -Una vecchia ferita di guerra.
Lei
ha scoperto la verità solo qualche
mese dopo, origliando una conversazione tra Victoire e Ted. Una
verità che le ha fatto venire i brividi. Adesso, mentre se
ne sta in
piedi davanti allo specchio, Dominique non può fare a meno
di
immaginare che quella stessa cicatrice sia lì a sfigurare il
suo
viso così perfetto e immacolato, rendendolo ancora
più simile a
quello del padre.
Forse
è colpa della poca luce che
illumina la stanza, o del sibilio sempre più forte del
vento, delle
imposte che sbattono e della pioggia che continua a battere contro i
vetri, ma Dominique si ritrova immersa di colpo in uno stato quasi
ipnotico, incapace di distogliere lo sguardo dal suo riflesso. Un
brivido freddo le percorre la schiena; non riesce a smettere di
pensare ossessivamente a quella cicatrice né a frenare
l'ansia e
l'inquietudine che hanno iniziato a contorcerle lo stomaco senza
alcuna ragione apparente.
Dominique
detesta avere paura. È sempre
stata convinta di avere un carattere troppo forte per potersi
abbandonare a un sentimento così blando e vergognoso.
Lei,
che non ha mai compreso la fobia del
buio degli altri bambini. Lei, che parla e ride sempre durante i
pranzi di famiglia e ama attirare l'attenzione su di sé e
risponde a
tono alle prese in giro di James, che per i suoi sei anni ha
già una
parlantina fin troppo svelta. Lei, che incoraggia continuamente
Victoire e Molly ad arrampicarsi sugli alberi e tuffarsi dagli scogli
più alti.
Una
come lei non può avere paura di nulla e di nessuno.
Ma
nella quiete della notte,
nell'intimità e nella solitudine della sua stanza, Dominique
non può
fare a meno di abbandonarsi a un senso di terrore sempre più
crescente e paralizzante che le sta serrando la gola in una morsa
dolorosa.
È
a quel punto che la vede.
La
vede davvero, quella cicatrice. Non il
suo pallido fantasma, ma una vera e propria ferita, brandelli di
carne divelta e rivoli di sangue vermiglio che colano piano sulla sua
guancia.
Il
terrore la colpisce allo stomaco come
un pugno, il respiro le si ferma. Pochi istanti di terrore crudo e
primordiale, poi la cicatrice scompare di colpo e Dominique si
ritrova ad ansimare, le mani tremanti, gli occhi fissi sul suo volto
di un pallore spettrale ma liscio e perfetto come è sempre
stato. Il
battito del suo cuore è talmente forte da essere udibile
persino
sopra il rumore della pioggia. Una voce dentro di lei le sta urlando
di girarsi e correre verso il letto ma il suo corpo si rifiuta di
muoversi, le sue gambe sono come inchiodate lì sul posto.
Nella
sua mente irrompe prepotentemente
l'immagine delle zanne di un lupo mannaro che lacerano la guancia di
suo padre e per un attimo Dominique sente davvero l'odore acre del
sangue impregnare l'aria, come una macabra premonizione dello
spettacolo che sta per presentarsi davanti ai suoi occhi.
Il
suo viso allo specchio inizia a
tremare, si deforma, si scompone e si ricompone fino a diventare il
viso di Bill, con lo sguardo sconvolto dal dolore e dalla paura e la
guancia scarnificata, un ammasso di sangue e pelle a brandelli.
Alle
sue spalle, la stanza si fa buia.
Dominique vede due pupille dorate risplendere nell'oscurità
e degli
artigli iniziare a chiudersi lentamente intorno alla sua gola.
Un
ringhio basso nel buio, un respiro
caldo e pesante sul collo, e l'incantesimo si spezza, l'orrore che
finora l'ha paralizzata le fa spalancare la bocca e Dominique urla,
urla con tutto il fiato che ha in gola, urla di un urlo agghiacciante
che rimbomba tra le pareti della stanza e sembra risuonare
all'infinito, all'infinito...
Tutto
questo non è reale.
I
suoi occhi si chiudono e poi si
riaprono di scatto, restituendole l'immagine delle venature del legno
del soffitto della sua camera. Si rende conto di star davvero
urlando, le mani che artigliano la coperta, gli occhi lucidi di
lacrime e il corpo scosso da fremiti incontrollabili.
-Nique,
Nique! Che succede?
La
voce di suo padre. Dominique
smette di urlare e si rigira su un fianco, ancora tremante.
I
suoi genitori sono lì accanto al suo
letto, entrambi in vestaglia e con i visi devastati dalla
preoccupazione. Bill si china verso di lei, posandole una carezza sui
capelli, mentre Fleur ripete; -Mon Dieu, Nique, che
cosa
succede? Stai calma. Era solo un brutto sogno, vero?
Dominique
accoglie come una benedizione
la carezza confortante del padre. Il cuore che le batte all'impazzata
nel petto inizia pian piano ad frenare la sua corsa e il calore
familiare delle coperte la fa sentire finalmente al sicuro.
È
stato solo un sogno. Un sogno
terrificante, talmente palpabile da sembrare reale, ma pur sempre un
sogno.
-Sì.-
mormora Dominique. -Ho sognato...
una cosa brutta.
-Non
preoccuparti, ci siamo noi qui.-
risponde Bill prendendole una mano. -Vuoi che rimaniamo un po' con
te?
Dominique
sta già iniziando a
vergognarsi delle lacrime che le velano gli occhi. Sbatte le palpebre
e guarda il viso di suo padre. La cicatrice che è stata
protagonista
di quell'incubo così insensato non è altro che un
segno pallido,
spento, quasi indistinguibile dal resto della pelle di Bill. Il mero
fantasma di un passato che non tornerà mai più e
di cui è inutile
avere paura.
Una
parte di lei vorrebbe dire ai suoi
genitori che va tutto bene, che possono tornare a dormire,
perché
lei non ha paura di rimanere da sola – così come
non ha paura di
niente e di nessuno. Eppure in questo momento Dominique sente
più
che mai di essere ancora solo una bambina che, come tutti, ha il
terrore di perdere i suoi genitori. Si rende conto di aver
disperatamente bisogno di loro, anche se solo per una manciata di
minuti, per ricordare a se stessa che gli incubi della guerra non
appartengono più alle loro vite.
Lei
è al sicuro. Sua madre e suo padre
sono al sicuro. Sono lì per lei – saranno sempre
lì per
lei.
Dominique
pensa a Ted, che non potrà mai
godere della sua stessa fortuna, e un misto di tristezza e dolcezza
le stringe il cuore mentre ricambia la stretta della mano di Bill e
mormora; -Rimanete qui con me.
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