Little pieces

di Dragonfly92
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Prompt: Personaggio A è stato drogato per mesi contro la sua volontà mentre era vittima di un rapimento. È stato liberato, ma personaggio B deve fare i conti con le sue crisi di astinenza.
 
 
 
“Lasciami! Lasciami, ti ho detto di lasciarmi!”
 
Non lo fa.
Draco stringe più forte ed Harry si dimena, suda, urla; le parole gli si arrampicano su per la gola graffiando le corde vocali già consumate, sfibrate, stanche. Come lui.
 
“Non ti lascio…”, dice Draco; Harry non lo sente, ma questo non ha importanza.
 
Draco deve dire, parlare, tenere, perché così può non pensare al fatto che nemmeno con tutta quella disperata violenza, Harry riesce a liberarsi dalla sua stretta.
Lo strato di pelle che lo riveste è troppo sottile. Fragile. Livido.
 
“È tutto finito, Harry.”, gli ha detto, quando lo hanno trovato.
Draco si odia, per questo.
 
 
“Mi fai male!”, urla, strattona.
Tenta, Draco tenta di allentare la presa: non vuole altre macchie sul corpo di Harry.
 
 
Draco ha riempito la stanza di materassi.
“Mi fai male!”
Non cederà: non vuole vederlo grattarsi via la pelle, strapparsi i capelli. Non di nuovo.
Mai più. Mai più.
 
 
È il momento in cui Harry smette di gridare, quello che gli fa più male.
Perché Draco sa, sa quello che succede adesso.
 
E sa anche che giurerà – “Ce la faremo, Harry, ce la faremo.” -, ancora e più forte,  – “Finirà presto, Harry.” -, ma la sua voce si spezzerà nel momento in cui Harry – “Amore, amore, amore.” -, lo guarderà e dai suoi occhi consumati, logorati, scenderà dolore, solo dolore, ancora dolore.
 
 
“Fallo smettere, Draco!”
Draco non sa come fare.
 
 
Harry a carponi, Harry che si piega; conati violenti, stomaco corroso, le mani di Draco che spostano i capelli dalla fronte, la asciugano.
Non mi toccare, mimano le labbra spaccate di Harry. Sono secche e quel colore… dio, quel colore.
 
Draco lo tira su ma Harry non lo vuole, lo vuole, ha freddo, è caldo, ha paura, non sente niente.
A parte il dolore.
 
Quello
 
Non
 
Passa
 
Mai.
 
 
Quando i conati cessano, di Harry rimane il guscio.
Draco deve tirarlo a sedere, poggiarselo al petto, deve sentire il cuore di Harry prendendogli il polso e posandoci le labbra.
 
Trema, Harry.
Ma Draco sa che questo è il momento in cui muoversi non è quello Harry può, vuole, ha bisogno di fare.
Non è il genere di tremore che passa scaldandosi.
Quello è il grido del corpo di Harry, il ringhio dell’astinenza, è male che vibra, infilza, scava.
 
 
“M-i hanno f-atto male.”, dice Harry.
Draco lo sa, lo sa, lo sa.
 
 
Piano, muove la mano e gli asciuga il viso.
Sono stanche, le lacrime di Harry.
Strisciano sulla pelle e bruciano. Anche quella di Draco.
 
 
Harry lascia che Draco lo spogli, soltanto quando la sua mente è tanto distrutta da dimenticarsi che non vuole che lui veda, sappia, soffra, creda.
 
Quando è tanto consumata da scordare che lui è un eroe e Draco, lui… proteggerà Draco, sarà forte per lui, sempre, lui - vienimi a prendere, Draco, non ce la faccio, basta, basta, basta.
 
“Mi ha-i. Salvato l-a vita.”, dice Harry, mascella contratta, occhi troppo stanchi per rimanere aperti.
 
Draco apre l’acqua della doccia.
 
“V-olevo tornare. Da te.”
 
Draco ci entra, vestito. La prima volta si è tolto la maglia e i pantaloni, per entrarci. Harry ha avuto un attacco di panico.
 
 
A volte, Harry non lo riconosce.
Draco ha imparato ad entrare nei suoi incubi, ad annunciarsi, opporsi alle immagini che Harry sovrappone alla sua.
 
 
Una carezza.
 
Di solito, basta quella, perché Harry capisca che è lui, è lì, è vivo, è finita.
 
 
Una carezza.
 
Draco si morde le guance e cerca di non piangere.
 
 
Acqua calda, profumo di sapone, di pulito, di bene.
 
Poi un rumore, il corpo che si irrigidisce, lo sguardo enorme di Harry.
 
La mano di Draco.
 
Sulla sua guancia. Ed è gentile. Calda. Buona.




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