Eppure mi hai cambiato la vita
3. Rassegnazione
Che Alberto avesse un valido
motivo per essersi unito a quella spedizione era poco ma sicuro.
Il problema era che non capiva
quale dei due prevalesse.
Sì, era incazzato con Aureliano,
e non solo perché aveva massacrato di botte suo cugino Boris fino ad ammazzarlo,
ma anche perché gli aveva detto che non lo voleva più rivedere.
Il senso di appartenenza alla
famiglia urlava vendetta: Boris era stato ammazzato come una bestia, con una
ferocia che avrebbe fatto inorridire anche gente come loro. Ma quella era solo
una delle tante voci che urlavano in lui quella notte.
Ancora più prepotente era quella
parte di lui umiliata e denigrata da Aureliano quando gli aveva detto quelle
cose la mattina stessa, dopo che aveva liberato il prete. Lo aveva chiamato zingaro di merda, aveva insinuato,
come tanti altri, che non fosse uomo come suo fratello, e infine che non voleva
più vederlo. Per Alberto pensare di fidarsi di lui anche solo per un momento
era stata un’effimera illusione. Alberto ci aveva creduto davvero, ingenuamente
si era illuso di poter lavorare insieme a lui. Insieme avrebbero potuto
finalmente liberarsi delle loro famiglie, avrebbero potuto conquistare Roma.
Ma Roma non si conquistava così,
non con un affare messo in piedi da una manciata di ragazzini ingenui. E
soprattutto non quando uno di questi era spinto da altre motivazioni, come
quella stupida di poter passare del tempo con Aureliano, la stessa che in fondo
lo aveva spinto ad unirsi alla spedizione punitiva.
Avrebbe voluto urlare e chiedere
al cielo perché si era ritrovato intrappolato in questa merda. Perché lui? E
cosa avrebbe dovuto fare ora?
Cosa lo aveva convinto ad avvicinarsi
a Manfredi, prendere una pistola e recarsi lì, alla ricerca di Aureliano?
Ma Alberto sapeva che non aveva
tempo. Mentre correva in mezzo a quelle casette abbandonate cercando Aureliano,
sapeva che avrebbe dovuto prendere una decisione e al più presto. Perché in
situazioni come quelle non c’era tempo per ragionare con calma.
Era venuto per ucciderlo o
salvarlo?
Ucciderlo e vendicarsi? Certo, se
lo avesse ucciso, si sarebbe guadagnato il rispetto di tutti quegli stronzi che
ancora lo deridevano, suo fratello in primis, tutti quelli che non lo
reputavano uomo abbastanza. Beh, cazzo, uccidendo Aureliano avrebbe dimostrato
che lo era. Avrebbe potuto passare in mezzo alla sua gente a testa alta,
mostrando un orgoglio che pochi potevano sfoggiare; sua madre sarebbe stata
fiera di lui, suo fratello lo avrebbe finalmente considerato degno della loro
famiglia.
O forse era venuto per salvarlo?
Perché sapeva che i suoi uomini lo avrebbero ucciso, se lo avessero trovato
prima di lui. Gli avrebbero sparato in faccia, avrebbero trasfigurato il suo
bel viso, senza pietà, accanendosi su di lui, vendicando Boris. Gli occhi di
Aureliano, che tanto erano rimasti impressi dentro di lui, quelli che notte
dopo notte Alberto aveva lasciato entrare nei suoi sogni più irrequieti, quegli
stessi occhi si sarebbero chiusi per sempre, se lui non avesse fatto qualcosa.
Un rumore di passi lo destò dai
suoi pensieri, con la coda degli occhi vide un movimento, una testa di capelli
biondi che di certo non apparteneva a nessuno di loro. Alberto capì cosa fare. Distrasse
il cugino e fece il giro dell’isolato.
Il cuore batteva forte nel suo
petto, rimbombava nelle orecchie prepotentemente, come a volergli suggerire la
risposta al suo tormento.
Cazzo!
E alla fine eccolo lì. Braccato.
Aureliano di fronte a sé, di
fronte alla sua pistola.
I suoi occhi rassegnati e
sconfitti così vicini ad Alberto, e tra di loro una pistola calda e pronta.
Sarebbe bastato poco, pochissimo,
doveva solo premere il grilletto, no? E cazzo, se la sua mente non gli stava urlando
di premere quel dannato grilletto.
Sarebbe stato giusto, sarebbe
stata la sua occasione d’oro, il suo riscatto. Anche Aureliano lo sapeva. Lo
guardava così, perso, sconfitto, pronto a morire sotto la sua pistola. Stava
solo aspettando e non aveva paura.
Alberto poteva leggerglielo negli
occhi.
Dopo quello che hai fatto, te
lo meriteresti, stronzo di merda.
Ma tutto dentro di lui urlava
l’esatto contrario. Perché Alberto sapeva che se avesse premuto quel grilletto,
con Aureliano sarebbe morta anche una parte vitale di lui.
“Vai.”
E Aureliano sorrise, annuendo più
a se stesso che ad Alberto. Forse perché lui credeva
che Alberto non avrebbe avuto il coraggio di ammazzarlo, che fosse solo un
ragazzino troppo spaurito per uccidere.
Si sbagliava. Il coraggio lo
aveva, non era la prima volta che ammazzava qualcuno. Solo che non avrebbe
avuto il coraggio di ammazzare lui. Ma questo Aureliano non avrebbe mai
potuto capirlo.
“T’ho detto vai.” gli ripeté e
ringraziò qualunque dio avesse mandato in quel momento la macchina di Gabriele.
Aureliano esitò ancora,
guardandolo forse per capire perché non gli avesse sparato, e Alberto iniziò ad
agitarsi; un po’ perché i suoi occhi ora indagatori lo mettevano a disagio, ma
anche perché sapeva che da un momento all’altro sarebbero stati raggiunti dai
suoi cugini e loro non gli avrebbero mostrato la stessa compassione.
“Vattene, cazzo. Vai!” gli intimò,
facendogli cenno di raggiungere Gabriele.
Non era una minaccia, era più una
preghiera di Alberto.
Vattene e resta vivo, perché
se muori, io…
E alla fine Aureliano si decise e
corse verso la macchina di Gabriele, salendo a bordo in fretta e furia. Solo
quando la macchina sfrecciò via, Alberto sentì di poter trarre un sospiro di
sollievo.
“L’hai visto? È venuto di qua?”
gli chiese uno dei cugini, arrivato proprio in quel momento alle sue spalle.”
Aveva avuto paura di sentirsi in
colpa nei confronti nella famiglia, di sentirsi ancora una nullità, di averli
delusi. Una volta in più.
“Non c’è.” rispose Alberto.
Poi guardò nuovamente il punto
dove Aureliano era scomparso e capì. Capì che non c’era traccia di delusione in
lui. Solo un grande sollievo, quella dolce sensazione di leggerezza che lui
collegava sempre ad Aureliano. Sì, era decisamente quello il sentimento che
prevalse su tutti.
Perché cazzo aveva dubitato di se stesso? Non aveva senso tormentarsi ancora. Avrebbe
dovuto rassegnarsi ad Aureliano, a come lo faceva sentire dentro, come lo
rendeva pazzo e felice. Rassegnarsi come lo stesso Aureliano aveva fatto, per
un momento, pensando di morire per mano di Alberto.
Invece… Aureliano era vivo e
sapeva che era stato possibile solo grazie a lui. Grazie ad Alberto.
“L’abbiamo perso.”
La voce era fintamente
amareggiata, e Alberto non poté trattenere un sorrisino soddisfatto per quello
che aveva fatto.
Ci si vede, Aurelia’.
Note dell’autrice: e
buonasera, chiedo scusa per il ritardo, ho avuto un sacco di cose da fare a
casa e in uni, e niente. Diciamo che prima di pubblicare questo capitolo stavo
aspettando di finire di scrivere il capitolo 7. Vorrei cercare di pubblicare
ogni volta che scrivo un nuovo capitolo, anche se ne ho già diversi pronti.
Questo è uno dei miei preferiti,
perché mi piace molto la scena in cui Spadino gli risparmia la vita, diciamo
salva, va. Era andato a salvarlo, alla fine. <3
Grazie a chiunque abbia letto e grazie a Vale per aver betato.
Prossimo capitolo, Relax… ;)
A presto
kia85