Life with Merlyn

di Sel Dolce
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Capitolo sette

 

 

Gwaine tirò in aria la mela prima di riprenderla agilmente tra le mani. Era seduto sotto un albero in compagnia di Lancelot e Parsifal, godendosi la leggera brezza che benediva quel giorno d’estate.

«Secondo voi Merlyn si sposerebbe mai con me?» domandò guardando la ragazza aiutare Arthur a chiudere delle crepe che flagellavano la facciata della sua casa.

La ragazza nonostante fosse andava a trovare tutti loro tutti i giorni sembrava aiutare unicamente il biondo, senza nemmeno usare la magia. Gwaine non aveva mai trovato talmente attraente una ragazza sporca di terra.

Parsifal espirò fortemente dal naso, mentre Lancelot sorrise amaramente per il povero amico innamorato «Forse non sei proprio il suo tipo.» suggerì dolcemente cercando di non suonare troppo brusco.

«Dite che preferisce i biondi, con occhi del suo stesso colore e che sembrano completamente incapaci a vestirsi per conto proprio al mattino?» commentò notando che Arthur aveva la tunica a rovescio. Veramente, come poteva quel babbeo essere talmente abile con una spada?

Lancelot annuì, chiaro come il Sole che Merlyn provasse un certo affetto per l’uomo nonostante l’inizio della loro conoscenza non fosse partita con il piede giusto. I due sembravano completamente fatti l’uno per l’altra, come due facce della stessa moneta.

«Forse dovresti corteggiarla, sai, come fanno gli uomini con intenzioni serie.» suggerì Parsifal rubandogli la mela dalle mani per dargli un grande morso.

Gwaine sbuffò incrociando le braccia al petto, come un bambino «Balinor mi ucciderebbe senza pensarci due volte.» commentò ricordandosi gli sguardi omicida dell’uomo ogniqualvolta si avvicinasse troppo alla sua adorata figlia.

Quei due erano entrati subito in sintonia, come se non fossero stati sconosciuti per sedici lunghi anni, più volte aveva visto loro sgattaiolare di notte nel bosco per praticare la magia, osservati da una dolcissima Hunith che sembrava avere tutto quello di cui aveva bisogno davanti gli occhi. Non importava quanto poveri fossero materialmente, quella famiglia era la più felice che Gwaine avesse visto, sicuramente nemmeno una famiglia reale o di nobili era ricca d’amore come la loro.

«Non credo.» disse Lancelot piegando le braccia dietro la testa, sdraiandosi sul manto erboso pronto a farsi un sonnellino «Hunith deve avergli detto che Merlyn non ha bisogno di un padre protettivo.» spiegò ricordandosi della chiacchierata che aveva avuto con la donna mentre la aiutava a raccogliere la legna.

Il castano imitò l’amico, sdraiandosi a sua volta, lasciando solamente Parsifal seduto con la schiena contro il tronco «Allora forse ci proverò.» borbottò prima di chiudere gli occhi, le risate di Merlyn in lontananza a fargli da ninna nanna.

Parsifal sorrise tristamente «Provare non fa mai male.» disse guardando Arthur lanciare un bicchiere di legno contro Merlyn per averlo sporcato.

Gwaine non aveva poi così tante possibilità di successo.

Petronilla tirò i capelli di Merlyn facendola sibilare di dolore. Si era nascosta dietro ad un albero, aspettando che passasse.

«Non hai i tuoi cavalieri con te, bastarda?» domandò guardandosi intorno per assicurarsi che non arrivasse nessuno degli uomini che aveva portato ad Ealdor. Non stava bene per una ragazza come lei trovarsi in un luogo appartato con l’altro sesso, non voleva certamente finire come Hunith o quella poco di buono di sua figlia.

Non importava che il padre della bastarda fosse tornato, era pur sempre stata concepita al di fuori del matrimonio e nulla avrebbe cambiato quel fatto.

Merlyn prese un profondo respiro, rincuorandosi che almeno non c’era Ranulf con lei per darle il tormento «No, stavo andando a lavarmi, sai, una cosa che si fa da soli.» rispose suonando annoiata. Era stanca di tutti quegli attacchi, se prima aveva fatto del suo meglio per ignorare gli altri ragazzi del villaggio ed essi a loro volta la evitavano, ora sembrava che la cercassero in ogni angolo per insultarla. Forse portare i suoi amici ad Ealdor non era stata una mossa così intelligente.

“Manca poco, Merlyn, un altro paio di mesi e andrai da zio Gaius a Camelot” si disse ricordandosi di come la madre avesse nuovamente insistito per una sua partenza alla volta della Capitale del regno di Uther Pendragon, nonostante le proteste di Balinor e dei suoi amici.

Petronilla alzò il mento, in gesto di superiorità «Cos’hai da nascondere? Ti avranno visto tutti nuda mentre aprivi le gambe per loro.» commentò scrutandola dall’alto al basso come se si trovasse davanti una meretrice.

La maga arrossì imbarazzata all’immagine che si era creata nella sua mente, cercò di scacciare la figura di Arthur sopra di lei con il fiato pesante mentre lei gli graffiava la schiena. No, non poteva permettersi di pensare a lui in quel modo.

Certamente era migliorato in quei mesi, aveva addirittura imparato a cucinare il porridge per sé stesso e si era costruito una balestra per andare a caccia, regalando metà delle sue conquiste ad Hunith.

«Petronilla, sei forse gelosa?» le domandò facendo un passo verso di lei «Vorresti che uno dei miei amici aprisse le tue, di gambe?» sibilò con fare maligno, vedendo l’altra ragazza perdere colore sul viso per tale insinuazione.

Lo schiaffo che le arrivò era parzialmente meritato, non avrebbe mai dovuto abbassarsi a quel livello. Si toccò la guancia lasciando cadere a terra i vestiti puliti che aveva portato da indossare dopo essersi lavata.

«Me la pagherai per questo.» promise prima di scappare verso il villaggio, lasciando la maga da sola e dispiaciuta per quello che aveva detto.

Si piegò raccogliendo nuovamente i suoi vestiti e si incamminò verso la sorgente d’acqua dove si sarebbe lavata. Era un posto abbastanza nascosto, nessuno sembrava averlo mai trovato.

Si spogliò dei suoi abiti ed entrò in acqua, rabbrividendo, ed iniziò a nuotare verso la grotta, dove si sarebbe rilassata lontana da occhi indiscreti. Con poche bracciate si ritrovò nell’oscurità della grotta, vedeva ben poco, ma non aveva paura.

Si immerse fin sopra la testa, bagnando completamente i capelli, si passò le mani sul viso mentre si spostava sempre più verso l’interno. Quando era più giovane ci andava in compagnia di Will, si tuffavano con i loro sott’abiti e giocavano spingendosi a vicenda sotto la superfice dell’acqua. Crescendo avevano smesso, capendo che non stava più bene nonostante si vedessero unicamente come amici se non fratelli.

La solitudine le aveva permesso di immergersi completamente priva di vestiti, sentendosi un tutt’uno con la natura.

Si fermò quando sentì nuovamente il terreno sotto i piedi, segno che stava arrivando alla fine della grotta. Alzò la mano e sentì gli occhi farsi più caldi, segno che stavano cambiando colore, e la grotta si riempì di farfalle blu. Le vide volare intorno a lei prima di proseguire a destra, rivelando con estrema vergogna che c’era un’altra persona con lei.

Si piegò istintivamente, portando le braccia a coprirsi il petto mentre alzava le ginocchia per nascondere le pudende, lasciando sopra il livello dell’acqua solamente il viso.

A sua volta l’uomo si porto le mani davanti al suo organo riproduttore, lasciando perdere il tentativo di scacciare via le farfalle che sembravano essere attratte da lui.

«Merlyn cosa ci fai qui?» domandò vergognandosi per essere stato trovato senza vestiti dalla maga.

La ragazza scostò lo sguardo, cercando di dimenticare la vista che aveva avuto pochi secondi prima. Lo aveva visto numerose volte senza la tunica mentre lo medicava, ma vederlo completamente privo di vestiti era tutt’altra cosa. Sentì improvvisamente caldo nonostante l’acqua fredda e temette che potesse iniziare a bollire per la quantità di calore che stava emettendo.

«Quello che stai facendo tu, logicamente.» rispose dandogli completamente le spalle, senza sapere che grazie alla luce delle farfalle l’uomo poteva vedere chiaramente la sua schiena bianca con qualche neo e le sue natiche.

Arthur si strinse maggiormente le mani contro gli attributi, cercando di non far notare come qualcosa in lui si fosse risvegliato a tale visione. Si stava facendo caldo in quella grotta, vero?

Il principe si obbligò a chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro. Non era la prima donna nuda che vedeva, ricordò quasi con ribrezzo quando dei cavalieri più grandi di lui, per festeggiare la sua entrata nell’età adolescenziale lo avevano portato in un bordello poco fuori Camelot, dandogli l’anonimato, ma il ragazzo si era rifiutato, declinando gentilmente l’offerta dei suoi uomini. Lui non avrebbe condiviso il letto con una donna qualsiasi, Morgana gli aveva letto molti romanzi che parlavano de vero amore e lui aveva iniziato a crederci. Si sarebbe sposato solo per amore e per anni non aveva fatto altro che sabotare incontri con principesse e nobili di prestigio.

«Tu esci, rivestiti e torna a casa, io aspetterò per darti il tempo.» disse dandole a sua volta le spalle, non fidandosi alla tentazione di dare una sbirciatina. Era pur sempre un uomo fatto di carne e desiderio per la donna amata.

No. Arthur scosse la testa, lui non amava Merlyn.

Gwaine era innamorato di lei, non poteva infrangere i sogni d’amore del suo amico. Arthur non aveva mai avuto amici prima, nessuno che gli parlasse con sincerità, che apprezzasse veramente la sua compagnia senza sentirsi in dovere dato la sua posizione di principe.

No, non poteva spezzare il cuore di Gwaine.

«Non parleremo mai di questo incidente, vero?» domandò la fanciulla sentendo la sua magia arrivare alla superfice, non si fidava del suo autocontrollo in quel momento, avrebbe potuto involontariamente attirare Arthur a lei e sarebbe stato molto imbarazzante.

«Ovviamente, Merlyn.» rispose l’uomo sentendo la sua buona volontà venire meno. Non capitava tutti i giorni di essere soli, lontani da tutti.

Sentì chiaramente il rumore di Merlyn nuotare via, precedentemente aveva creduto in un pesce e non si era preoccupato, ma quando aveva visto le farfalle aveva capito immediatamente che insieme a lui c’era la maga. Sarebbe stato anche peggio se al suo posto ci fosse stato Balinor, l’uomo sembrava odiarlo con tutto il cuore.

Prese un altro profondo respiro, Gwaine doveva darsi una mossa o lui non avrebbe più resistito.

Ranulf bussò con prepotenza alla porta di casa di Hunith, dietro di lei una Petronilla piangente.

Mezzo villaggio era stato attirato dalle urla dell’uomo, curiosi di sapere cos’altro avesse combinato la figlia degenere di Hunith.

La porta venne aperta rivelando un uomo alto, una folta barba e lo sguardo minaccioso. Gli abitanti di Ealdor ancora non si erano abituati a Balinor, i più anziani ancora ricordavano come fosse arrivato all’improvviso dopo la Grande Epurazione e come fosse scomparso durante un controllo dei cavalieri di Camelot, mentre i più giovani lo trovavano semplicemente spaventoso.

«Dov’è quella poco di buono di Merlyn?!» domandò il ragazzo cercando di non farsi intimidire, nessuno si permetteva di far piangere sua sorella a quel modo, era semplicemente inammissibile, soprattutto da quella ragazzina.

Balinor si spostò rivelando la fanciulla seduta a tavola mentre lavorava a maglia («Voglio fare dei maglioni per i miei amici, l’inverno si avvicina e loro non hanno gli abiti adatti.») completamente indisturbata dal fatto che alla sua porta ci fosse Ranulf e Petronilla.

Hunith guarda preoccupata sua figlia e suo marito – i due si erano finalmente sposati con una piccola cerimonia intima, gli unici ospiti il pastore, loro figlia e i suoi amici – non credeva che avrebbero resistito tanto prima di usare la loro magia per fare qualche dispetto a quel bruto di Ranulf.

«Vieni fuori, bastarda.» la chiamò non osando oltrepassare la porta di casa, leggermente timoroso che l’uomo lo picchiasse all’interno senza lasciargli via di fuga.

Balinor espirò dalle narici, infastidito a dir poco dal comportamento di quell’idiota, ma ben consapevole che doveva lasciare sua figlia cavarsela da sola e non immischiarsi, come Hunith gli aveva fatto notare più volte se l’erano cavata benissimo sedici anni senza di lui.

Merlyn posò infastidita il maglione che stava confezionando per Gwaine – della lana tinta di verde grazie alla ginestra dei carbonai – e si avvicinò all’uscio guardando criticamente Petronilla che continuava a singhiozzare rumorosamente.

«Cosa vuoi, Ranulf?» domandò invitando il padre a rientrare in casa, lasciandola sola a risolvere i suoi problemi.

«Hai dato della poco di buono a mia sorella!» l’accusò indicando la ragazza che si struggeva sulla spalla di Bertrada in maniera penosa e scenica.

«Non sa difendersi da sola, tua sorella?» chiese alzando un sopracciglio, come le aveva insegnato lo zio Gaius. Veramente, non capiva come certe persone potessero lasciare il compito ad altri di combattere le loro battaglie.

Ranulf chiuse la mano in un pugno, pronto a colpire il viso della ragazza «Io sono suo fratello, mi occupo io di lei, e quando avrà un marito ci penserà lui.» disse scandendo ogni singola parola, come se stesse parlando con qualcuno con problemi d’udito.

Merlyn sbuffò infastidita, questo concetto di proprietà della donna era veramente fastidioso. Chissà se nel futuro le donne avrebbero avuto più diritti.

«Allora se è una questione tra uomini, credo che tu debba aspettare che io mi sposi così potrai vedertela con mio marito.» rispose prima di sbattergli la porta in faccia, soddisfatta dall’espressione infastidita che aveva colto sul viso di Ranulf prima di vedere solamente il legno della porta.

Si girò verso il padre «Cosa?» domandò vedendolo sorridere con gli occhi lucidi.

Balinor si avvicinò, posando le mani sulle sue spalle «Dio, Merlyn, sei proprio mia figlia.» disse prima di scoppiare a ridere, orgoglioso di come la sua erede se la fosse cavata senza nemmeno alzare un dito. Con i ragazzi come Ranulf bastava usare la logica ed avere una buona padronanza delle parole per farli sembrare dei completi idioti.

Merlyn sorrise a sua volta, felice di aver dimostrato al padre di sapersela cavare egregiamente e che non doveva temere se da lì a poco sarebbe partita da sola per Camelot.

Tornarono a sedersi a tavola, Merlyn riprese il suo maglione mentre Balinor continuò ad intagliare il pezzo di legno che stava prendendo la forma di uno stemma.

Hunith rimase sulla porta della loro camera da letto, guardò con amore le due persone più importanti della sua vita, felice come non mai in vita sua.

Lancelot non era uno sciocco, notava anche i più piccoli dettagli.

Aveva notato fin da subito i poteri di Merlyn; aveva osservato Gwaine apprendendo un passato da nobile, il suo portamento la diceva lunga; aveva capito il segreto che Parsifal nascondeva con i suoi silenzi e gli sguardi frettolosi, ma soprattutto sapeva che era in compagnia del Principe Arthur Pendragon.

Non era stato difficile capirlo, le sue pretese, i comportamenti, il disgusto con cui guardava le celle e le lamentele sulla mancanza di un materasso. Poi lo aveva visto combattere, il modo con cui maneggiava la spada era sublime, solamente un uomo abile allenato fin da bambino poteva arrivare a tali livelli e forse lo aiutò anche il fatto che lui, in passato, lo aveva visto il principe di Camelot.

Lancelot aveva deciso di rimanere in silenzio, non volendo creare problemi nell’arena, voleva evitare che Cenred lo uccidesse. Aveva creduto che dopo la loro fuga sarebbe tornato a casa, ai suoi doveri, ma lo aveva visto sollevare Merlyn da terra e metterla a cavallo con lui, pronto a seguire tutti loro ad Ealdor.

Non sapeva esattamente cosa gli passasse per la testa, non poteva giudicare, forse anche lui avrebbe preferito rinunciare al trono per avere una vita normale, ma Lancelot credeva che la ragione principale fosse una certa maga dai capelli corvini.

L’amore faceva fare pazzie, sua madre glielo aveva detto quando era piccolo, e lui fino a quel momento non ci aveva creduto.

Si asciugò la fronte con la manica della tunica, lasciando cadere a terra l’accetta con cui stava tagliando la legna. Il caldo Sole di mezzogiorno brillava in cielo.

Si guardò intorno, sorridendo arreso nel vedere Gwaine ancora sdraiato sotto l’albero mentre Parsifal affilava una spada.

I quattro uomini erano riusciti a comprarsi a testa una spada, ad un prezzo stracciato da Will, e ogni mattina si allenavano. Merlyn aveva detto loro che spesso il villaggio veniva preso di mira da dei banditi, rubando loro i raccolti, e gli uomini non volevano farsi trovare fuori allenamento nel caso si finisse per combattere. Avrebbero difeso tutti i cittadini di Ealdor.

Arthur era davanti a casa sua, seduto sopra un ceppo, lo sguardo perso verso l’orizzonte. Non sembrava molto triste della sua vita, ma c’erano volte in cui Lancelot sapeva gli mancasse casa sua.

Si avvicinò al biondo, sedendosi a terra vicino a lui, guardando a sua volta i campi di tritico dove alcune ragazze stavano mietendo. Merlyn non c’era, continuava a preferire le ore prima dell’alba per quel lavoro.

«A cosa pensi?» gli domandò.

Arthur sospirò pesantemente «A casa mia.» rispose a voce bassa.

«Ti manca?» chiese strappando da terra un filo d’erba.

«No.» rispose Arthur sorprendendo Lancelot «Non mi manca, ma avevo delle responsabilità lì.» aggiunse sentendosi un groppo in gola.

Il castano annuì, sapendo perfettamente a quali responsabilità si stesse riferendo. Potevi togliere un principe dal suo Regno, ma non potevi togliere il Regno ed i suoi cittadini dal suo cuore.

«Ci sono notti in cui penso di tornarci.» iniziò Arthur sedendosi con la schiena dritta «Ma poi alle prime luce dell’alba arriva Merlyn e io mi dimentico di qualsiasi cosa.» ammise frustrato passandosi una mano tra i capelli. Non voleva innamorarsi di Merlyn, ma ogni giorno, quando lei bussava alla sua porta per farsi accompagnare al campo di tritico, il suo cuore batteva così forse e le sue gote si arrossavano pensando che tra tutti loro lei avesse scelto lui.

Per la prima volta in vita sua non era stato scelto da una fanciulla per il suo titolo, nessuno sapeva che in realtà lui fosse un principe, Merlyn non lo aveva mai trattato con rispetto, non aveva mai esitato a chiamarlo un idiota o testa di fagiolo, aveva imparato a conoscerlo per come lui era veramente. Se avesse saputo la verità, Arthur non poteva permettere di vedere lo sguardo deluso della maga, la consapevolezza che suo padre era colui che dava la caccia a qualsiasi persona con il suo stesso dono.

«Ne sei innamorato.» constatò Lancelot che aveva capito anche quella cosa tempo addietro.

«Sì.» ammise finalmente Arthur a sé stesso e all’amico «Ma Gwaine se ne è innamorato prima di me.» aggiunse guardando verso l’uomo addormentato.

Lancelot arricciò il naso, non sapendo realmente cosa dire, capiva che Arthur non volesse ferire il suo amico, ma era chiaro che Merlyn non provasse per Gwaine nulla che non andasse oltre l’amicizia profonda, quasi come fossero fratelli.

«Forse dovreste parlarne, voi due, capire cosa fare.» suggerì alzandosi in piedi, i suoi ceppi di legno che lo aspettavano.

Arthur annuì, dovevano decisamente parlare.

Hunith si asciugò le mani sul grembiule marrone, girandosi a guardare la figlia che stava riposando con un libro in mano seduta a terra. Aveva completato tutti i suoi doveri della giornata e Balinor era uscito per andare in escursione nella foresta, sentendo la mancanza della natura dopo anni di solitudine in quella grotta.

La donna prese una delle sedie di legno e si sedé davanti alla figlia, un dolce sorriso sul viso e un importante discorso da fare. Non se lo era aspettato, non aveva creduto che sarebbe arrivato un giorno in cui avrebbe dovuto fare quella chiacchierata con la figlia. Per anni aveva temuto che a causa del suo dono non avrebbe mai trovato l’amore, ma da quando era tornata a casa aveva osservato i quattro ragazzi, studiandoli attentamente cercando di capire quali fossero le loro intenzioni, e aveva appreso che erano tutti dei ragazzi per bene e che accettavano veramente sua figlia per quella che era. Soprattutto una determinata persona.

«Merlyn, posa il libro, per favore.» chiese gentilmente e la figlia chiuse il libro di medicina che Gaius le aveva regalato molti anni prima.

Hunith sorrise e non resistette all’allungare una mano per accarezzare il viso della ragazza, come se vedesse per la prima volta che bella donna fosse diventata. Le sembrava solamente ieri che si nascondeva dietro la sua gonna per la paura.

«Ditemi, madre.» sorrise a sua volta la maga, adorando sentire il suo tocco gentile sul viso.

«Vorrei parlati riguardo Arthur.» disse e non si sorprese nel vedere la figlia arrossire vistosamente, anche sulle punte delle orecchie «Cosa pensi di lui?» le domandò dolcemente guardandola negli occhi.

Merlyn mandò giù la saliva, sentendosi le mani tremare leggermente «Penso che sia un idiota.» disse per prima cosa, non riuscendo a trattenersi «Arrogante, a tratti veramente fastidioso, ma è veramente un uomo dal cuore d’oro.» continuò distogliendo lo sguardo da quello della madre.

La più anziana annuì, anche lei aveva creduto Balinor un arrogante la prima volta che l’aveva visto, abituato alla vita nobiliare le aveva fatto passare dei brutti momenti la prima settimana della sua permanenza nella sua umile dimora contadina, ma come Merlyn aveva saputo vedere oltre e si era innamorata, dando vita alla cosa più bella della sua vita.

«Ma non posso stare con lui, madre.» sospirò affranta la fanciulla.

«E perché, mia cara?» domandò Hunith inarcando un sopracciglio, proprio come suo fratello Gaius.

«Gwaine è innamorato di me, non voglio spezzargli il cuore.» rispose passandosi una mano tra i capelli, da mesi ormai aveva capito i sentimenti dell’amico, ma lei non era in grado di ricambiare, non quando il suo cuore apparteneva già ad Arthur.

Hunith rimase sorpresa, non credeva che sua figlia si fosse accorta dei sentimenti di Gwaine, non aveva mai fatto nulla che potesse lasciarlo intendere «E chi ci pensa al tuo, di cuore?» le chiese posandole una mano sul petto.

«Non ha importanza, madre, non voglio creare dissapori tra di loro.» disse imperativa, non avrebbe permesso alla loro amicizia di rovinarsi a causa di altri sentimenti.

La donna si alzò dalla sedia «L’amore non crea mai dissapori, figlia mia.» le disse prima di lasciarla nuovamente alla sua lettura.

Avrebbero avuto altre occasioni per parlare di matrimoni e nipoti.

Parsifal si svegliò di soprassalto portandosi una mano sul petto, cercando di calmare il cuore che gli batteva con la stessa velocità con cui correva un cavallo. Aveva il fiato corto, il viso ricoperto di sudore e sentiva ancora nelle orecchie le urla disperate che avevano accompagnato il suo sogno.

Guardò alla sua destra e vide Gwaine dormire indisturbato, una mano posata sullo stomaco mentre l’altro era piegato dietro la testa. Sembrava non aver sentito nulla e Parsifal ne fu grato, non aveva voglia di spiegare il perché dei suoi incubi.

Uscì di casa, guardando il cielo notturno pieno di stelle, chiedendosi se lassù ci fosse la persona che aveva amato con passione per lunghi anni. Estrasse da sotto la tunica una collana, non era né piccola né grande e all’interno del ciondolo teneva una foto. Era stato un suo regalo, poco prima di venire brutalmente separati, glielo aveva donato per festeggiare quattro anni della loro relazione. Era forse stato il giorno più bello della sua vita.

«Mi manchi.» sussurrò alla foto senza riuscire a trattenere le lacrime «Ogni giorno mi manchi, ma spero tu possa perdonarmi.» singhiozzò guardando verso l’interno della casa, i suoi occhi si posarono nuovamente su Gwaine «Credo di essermi innamorato di un altro.» sussurrò toccando con il dito la figura di quello che un tempo era stato l’amore della sua vita.

I corti capelli neri, gli occhi socchiusi, le labbra sottili, la completa mancanza di barba sul viso che lo faceva sembrare ancora un bambino.

«Perdonami, Bartholomew.» disse prima di chiudere nuovamente il ciondolo.

Il suo cuore aveva sofferto già abbastanza, non poteva permettersi di innamorarsi una volta ancora.

 

 

 





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