Capitolo sette
Gwaine
tirò in aria la mela prima di riprenderla agilmente tra le mani. Era seduto
sotto un albero in compagnia di Lancelot e Parsifal, godendosi la leggera
brezza che benediva quel giorno d’estate.
«Secondo
voi Merlyn si sposerebbe mai con me?» domandò guardando la ragazza aiutare
Arthur a chiudere delle crepe che flagellavano la facciata della sua casa.
La
ragazza nonostante fosse andava a trovare tutti loro tutti i giorni sembrava
aiutare unicamente il biondo, senza nemmeno usare la magia. Gwaine non aveva
mai trovato talmente attraente una ragazza sporca di terra.
Parsifal
espirò fortemente dal naso, mentre Lancelot sorrise amaramente per il povero
amico innamorato «Forse non sei proprio il suo tipo.» suggerì dolcemente cercando
di non suonare troppo brusco.
«Dite che
preferisce i biondi, con occhi del suo stesso colore e che sembrano completamente
incapaci a vestirsi per conto proprio al mattino?» commentò notando che Arthur
aveva la tunica a rovescio. Veramente, come poteva quel babbeo essere talmente
abile con una spada?
Lancelot
annuì, chiaro come il Sole che Merlyn provasse un certo affetto per l’uomo nonostante
l’inizio della loro conoscenza non fosse partita con il piede giusto. I due
sembravano completamente fatti l’uno per l’altra, come due facce della stessa
moneta.
«Forse
dovresti corteggiarla, sai, come fanno gli uomini con intenzioni serie.»
suggerì Parsifal rubandogli la mela dalle mani per dargli un grande morso.
Gwaine
sbuffò incrociando le braccia al petto, come un bambino «Balinor mi ucciderebbe
senza pensarci due volte.» commentò ricordandosi gli sguardi omicida dell’uomo ogniqualvolta
si avvicinasse troppo alla sua adorata figlia.
Quei due
erano entrati subito in sintonia, come se non fossero stati sconosciuti per sedici
lunghi anni, più volte aveva visto loro sgattaiolare di notte nel bosco per
praticare la magia, osservati da una dolcissima Hunith che sembrava avere tutto
quello di cui aveva bisogno davanti gli occhi. Non importava quanto poveri
fossero materialmente, quella famiglia era la più felice che Gwaine avesse
visto, sicuramente nemmeno una famiglia reale o di nobili era ricca d’amore
come la loro.
«Non
credo.» disse Lancelot piegando le braccia dietro la testa, sdraiandosi sul
manto erboso pronto a farsi un sonnellino «Hunith deve avergli detto che Merlyn
non ha bisogno di un padre protettivo.» spiegò ricordandosi della chiacchierata
che aveva avuto con la donna mentre la aiutava a raccogliere la legna.
Il
castano imitò l’amico, sdraiandosi a sua volta, lasciando solamente Parsifal
seduto con la schiena contro il tronco «Allora forse ci proverò.» borbottò
prima di chiudere gli occhi, le risate di Merlyn in lontananza a fargli da
ninna nanna.
Parsifal
sorrise tristamente «Provare non fa mai male.» disse guardando Arthur lanciare
un bicchiere di legno contro Merlyn per averlo sporcato.
Gwaine non aveva poi così tante possibilità di successo.
Petronilla
tirò i capelli di Merlyn facendola sibilare di dolore. Si era nascosta dietro
ad un albero, aspettando che passasse.
«Non hai
i tuoi cavalieri con te, bastarda?» domandò guardandosi intorno per assicurarsi
che non arrivasse nessuno degli uomini che aveva portato ad Ealdor. Non stava
bene per una ragazza come lei trovarsi in un luogo appartato con l’altro sesso,
non voleva certamente finire come Hunith o quella poco di buono di sua figlia.
Non importava
che il padre della bastarda fosse tornato, era pur sempre stata concepita al di
fuori del matrimonio e nulla avrebbe cambiato quel fatto.
Merlyn
prese un profondo respiro, rincuorandosi che almeno non c’era Ranulf con lei
per darle il tormento «No, stavo andando a lavarmi, sai, una cosa che si fa da
soli.» rispose suonando annoiata. Era stanca di tutti quegli attacchi, se prima
aveva fatto del suo meglio per ignorare gli altri ragazzi del villaggio ed essi
a loro volta la evitavano, ora sembrava che la cercassero in ogni angolo per
insultarla. Forse portare i suoi amici ad Ealdor non era stata una mossa così
intelligente.
“Manca
poco, Merlyn, un altro paio di mesi e andrai da zio Gaius a Camelot” si disse
ricordandosi di come la madre avesse nuovamente insistito per una sua partenza
alla volta della Capitale del regno di Uther Pendragon, nonostante le proteste
di Balinor e dei suoi amici.
Petronilla
alzò il mento, in gesto di superiorità «Cos’hai da nascondere? Ti avranno visto
tutti nuda mentre aprivi le gambe per loro.» commentò scrutandola dall’alto al
basso come se si trovasse davanti una meretrice.
La maga
arrossì imbarazzata all’immagine che si era creata nella sua mente, cercò di
scacciare la figura di Arthur sopra di lei con il fiato pesante mentre lei gli
graffiava la schiena. No, non poteva permettersi di pensare a lui in quel modo.
Certamente
era migliorato in quei mesi, aveva addirittura imparato a cucinare il porridge
per sé stesso e si era costruito una balestra per andare a caccia, regalando
metà delle sue conquiste ad Hunith.
«Petronilla,
sei forse gelosa?» le domandò facendo un passo verso di lei «Vorresti che uno
dei miei amici aprisse le tue, di gambe?» sibilò con fare maligno, vedendo
l’altra ragazza perdere colore sul viso per tale insinuazione.
Lo
schiaffo che le arrivò era parzialmente meritato, non avrebbe mai dovuto
abbassarsi a quel livello. Si toccò la guancia lasciando cadere a terra i
vestiti puliti che aveva portato da indossare dopo essersi lavata.
«Me la
pagherai per questo.» promise prima di scappare verso il villaggio, lasciando
la maga da sola e dispiaciuta per quello che aveva detto.
Si piegò
raccogliendo nuovamente i suoi vestiti e si incamminò verso la sorgente d’acqua
dove si sarebbe lavata. Era un posto abbastanza nascosto, nessuno sembrava
averlo mai trovato.
Si
spogliò dei suoi abiti ed entrò in acqua, rabbrividendo, ed iniziò a nuotare
verso la grotta, dove si sarebbe rilassata lontana da occhi indiscreti. Con
poche bracciate si ritrovò nell’oscurità della grotta, vedeva ben poco, ma non
aveva paura.
Si
immerse fin sopra la testa, bagnando completamente i capelli, si passò le mani
sul viso mentre si spostava sempre più verso l’interno. Quando era più giovane
ci andava in compagnia di Will, si tuffavano con i loro sott’abiti e giocavano spingendosi
a vicenda sotto la superfice dell’acqua. Crescendo avevano smesso, capendo che
non stava più bene nonostante si vedessero unicamente come amici se non
fratelli.
La
solitudine le aveva permesso di immergersi completamente priva di vestiti,
sentendosi un tutt’uno con la natura.
Si fermò
quando sentì nuovamente il terreno sotto i piedi, segno che stava arrivando
alla fine della grotta. Alzò la mano e sentì gli occhi farsi più caldi, segno
che stavano cambiando colore, e la grotta si riempì di farfalle blu. Le vide
volare intorno a lei prima di proseguire a destra, rivelando con estrema
vergogna che c’era un’altra persona con lei.
Si piegò
istintivamente, portando le braccia a coprirsi il petto mentre alzava le
ginocchia per nascondere le pudende, lasciando sopra il livello dell’acqua
solamente il viso.
A sua
volta l’uomo si porto le mani davanti al suo organo riproduttore, lasciando
perdere il tentativo di scacciare via le farfalle che sembravano essere
attratte da lui.
«Merlyn
cosa ci fai qui?» domandò vergognandosi per essere stato trovato senza vestiti
dalla maga.
La
ragazza scostò lo sguardo, cercando di dimenticare la vista che aveva avuto
pochi secondi prima. Lo aveva visto numerose volte senza la tunica mentre lo
medicava, ma vederlo completamente privo di vestiti era tutt’altra cosa. Sentì
improvvisamente caldo nonostante l’acqua fredda e temette che potesse iniziare
a bollire per la quantità di calore che stava emettendo.
«Quello
che stai facendo tu, logicamente.» rispose dandogli completamente le spalle,
senza sapere che grazie alla luce delle farfalle l’uomo poteva vedere
chiaramente la sua schiena bianca con qualche neo e le sue natiche.
Arthur si
strinse maggiormente le mani contro gli attributi, cercando di non far notare
come qualcosa in lui si fosse risvegliato a tale visione. Si stava facendo
caldo in quella grotta, vero?
Il
principe si obbligò a chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro. Non
era la prima donna nuda che vedeva, ricordò quasi con ribrezzo quando dei
cavalieri più grandi di lui, per festeggiare la sua entrata nell’età
adolescenziale lo avevano portato in un bordello poco fuori Camelot, dandogli
l’anonimato, ma il ragazzo si era rifiutato, declinando gentilmente l’offerta
dei suoi uomini. Lui non avrebbe condiviso il letto con una donna qualsiasi, Morgana
gli aveva letto molti romanzi che parlavano de vero amore e lui aveva iniziato
a crederci. Si sarebbe sposato solo per amore e per anni non aveva fatto altro
che sabotare incontri con principesse e nobili di prestigio.
«Tu esci,
rivestiti e torna a casa, io aspetterò per darti il tempo.» disse dandole a sua
volta le spalle, non fidandosi alla tentazione di dare una sbirciatina. Era pur
sempre un uomo fatto di carne e desiderio per la donna amata.
No. Arthur scosse la testa, lui non amava Merlyn.
Gwaine
era innamorato di lei, non poteva infrangere i sogni d’amore del suo amico.
Arthur non aveva mai avuto amici prima, nessuno che gli parlasse con sincerità,
che apprezzasse veramente la sua compagnia senza sentirsi in dovere dato la sua
posizione di principe.
No, non
poteva spezzare il cuore di Gwaine.
«Non
parleremo mai di questo incidente, vero?» domandò la fanciulla sentendo la sua
magia arrivare alla superfice, non si fidava del suo autocontrollo in quel
momento, avrebbe potuto involontariamente attirare Arthur a lei e sarebbe stato
molto imbarazzante.
«Ovviamente,
Merlyn.» rispose l’uomo sentendo la sua buona volontà venire meno. Non capitava
tutti i giorni di essere soli, lontani da tutti.
Sentì
chiaramente il rumore di Merlyn nuotare via, precedentemente aveva creduto in
un pesce e non si era preoccupato, ma quando aveva visto le farfalle aveva
capito immediatamente che insieme a lui c’era la maga. Sarebbe stato anche
peggio se al suo posto ci fosse stato Balinor, l’uomo sembrava odiarlo con
tutto il cuore.
Prese un altro profondo respiro, Gwaine doveva darsi una
mossa o lui non avrebbe più resistito.
Ranulf
bussò con prepotenza alla porta di casa di Hunith, dietro di lei una Petronilla
piangente.
Mezzo
villaggio era stato attirato dalle urla dell’uomo, curiosi di sapere cos’altro
avesse combinato la figlia degenere di Hunith.
La porta
venne aperta rivelando un uomo alto, una folta barba e lo sguardo minaccioso.
Gli abitanti di Ealdor ancora non si erano abituati a Balinor, i più anziani
ancora ricordavano come fosse arrivato all’improvviso dopo la Grande Epurazione
e come fosse scomparso durante un controllo dei cavalieri di Camelot, mentre i
più giovani lo trovavano semplicemente spaventoso.
«Dov’è
quella poco di buono di Merlyn?!» domandò il ragazzo cercando di non farsi
intimidire, nessuno si permetteva di far piangere sua sorella a quel modo, era
semplicemente inammissibile, soprattutto da quella ragazzina.
Balinor si
spostò rivelando la fanciulla seduta a tavola mentre lavorava a maglia («Voglio
fare dei maglioni per i miei amici, l’inverno si avvicina e loro non hanno gli
abiti adatti.») completamente indisturbata dal fatto che alla sua porta ci
fosse Ranulf e Petronilla.
Hunith guarda
preoccupata sua figlia e suo marito – i due si erano finalmente sposati con una
piccola cerimonia intima, gli unici ospiti il pastore, loro figlia e i suoi
amici – non credeva che avrebbero resistito tanto prima di usare la loro magia
per fare qualche dispetto a quel bruto di Ranulf.
«Vieni
fuori, bastarda.» la chiamò non osando oltrepassare la porta di casa,
leggermente timoroso che l’uomo lo picchiasse all’interno senza lasciargli via
di fuga.
Balinor espirò
dalle narici, infastidito a dir poco dal comportamento di quell’idiota, ma ben
consapevole che doveva lasciare sua figlia cavarsela da sola e non
immischiarsi, come Hunith gli aveva fatto notare più volte se l’erano cavata
benissimo sedici anni senza di lui.
Merlyn
posò infastidita il maglione che stava confezionando per Gwaine – della lana
tinta di verde grazie alla ginestra dei carbonai – e si avvicinò all’uscio guardando
criticamente Petronilla che continuava a singhiozzare rumorosamente.
«Cosa
vuoi, Ranulf?» domandò invitando il padre a rientrare in casa, lasciandola sola
a risolvere i suoi problemi.
«Hai dato
della poco di buono a mia sorella!» l’accusò indicando la ragazza che si
struggeva sulla spalla di Bertrada in maniera penosa e scenica.
«Non sa
difendersi da sola, tua sorella?» chiese alzando un sopracciglio, come le aveva
insegnato lo zio Gaius. Veramente, non capiva come certe persone potessero
lasciare il compito ad altri di combattere le loro battaglie.
Ranulf
chiuse la mano in un pugno, pronto a colpire il viso della ragazza «Io sono suo
fratello, mi occupo io di lei, e quando avrà un marito ci penserà lui.» disse
scandendo ogni singola parola, come se stesse parlando con qualcuno con
problemi d’udito.
Merlyn
sbuffò infastidita, questo concetto di proprietà della donna era veramente
fastidioso. Chissà se nel futuro le donne avrebbero avuto più diritti.
«Allora
se è una questione tra uomini, credo che tu debba aspettare che io mi sposi
così potrai vedertela con mio marito.» rispose prima di sbattergli la porta in
faccia, soddisfatta dall’espressione infastidita che aveva colto sul viso di
Ranulf prima di vedere solamente il legno della porta.
Si girò
verso il padre «Cosa?» domandò vedendolo sorridere con gli occhi lucidi.
Balinor
si avvicinò, posando le mani sulle sue spalle «Dio, Merlyn, sei proprio mia
figlia.» disse prima di scoppiare a ridere, orgoglioso di come la sua erede se
la fosse cavata senza nemmeno alzare un dito. Con i ragazzi come Ranulf bastava
usare la logica ed avere una buona padronanza delle parole per farli sembrare
dei completi idioti.
Merlyn
sorrise a sua volta, felice di aver dimostrato al padre di sapersela cavare
egregiamente e che non doveva temere se da lì a poco sarebbe partita da sola
per Camelot.
Tornarono
a sedersi a tavola, Merlyn riprese il suo maglione mentre Balinor continuò ad
intagliare il pezzo di legno che stava prendendo la forma di uno stemma.
Hunith rimase sulla porta della loro camera da letto,
guardò con amore le due persone più importanti della sua vita, felice come non
mai in vita sua.
Lancelot
non era uno sciocco, notava anche i più piccoli dettagli.
Aveva
notato fin da subito i poteri di Merlyn; aveva osservato Gwaine apprendendo un
passato da nobile, il suo portamento la diceva lunga; aveva capito il segreto
che Parsifal nascondeva con i suoi silenzi e gli sguardi frettolosi, ma
soprattutto sapeva che era in compagnia del Principe Arthur Pendragon.
Non era
stato difficile capirlo, le sue pretese, i comportamenti, il disgusto con cui
guardava le celle e le lamentele sulla mancanza di un materasso. Poi lo aveva
visto combattere, il modo con cui maneggiava la spada era sublime, solamente un
uomo abile allenato fin da bambino poteva arrivare a tali livelli e forse lo
aiutò anche il fatto che lui, in passato, lo aveva visto il principe di
Camelot.
Lancelot
aveva deciso di rimanere in silenzio, non volendo creare problemi nell’arena,
voleva evitare che Cenred lo uccidesse. Aveva creduto che dopo la loro fuga
sarebbe tornato a casa, ai suoi doveri, ma lo aveva visto sollevare Merlyn da
terra e metterla a cavallo con lui, pronto a seguire tutti loro ad Ealdor.
Non
sapeva esattamente cosa gli passasse per la testa, non poteva giudicare, forse anche
lui avrebbe preferito rinunciare al trono per avere una vita normale, ma
Lancelot credeva che la ragione principale fosse una certa maga dai capelli
corvini.
L’amore
faceva fare pazzie, sua madre glielo aveva detto quando era piccolo, e lui fino
a quel momento non ci aveva creduto.
Si
asciugò la fronte con la manica della tunica, lasciando cadere a terra
l’accetta con cui stava tagliando la legna. Il caldo Sole di mezzogiorno brillava
in cielo.
Si guardò
intorno, sorridendo arreso nel vedere Gwaine ancora sdraiato sotto l’albero
mentre Parsifal affilava una spada.
I quattro
uomini erano riusciti a comprarsi a testa una spada, ad un prezzo stracciato da
Will, e ogni mattina si allenavano. Merlyn aveva detto loro che spesso il
villaggio veniva preso di mira da dei banditi, rubando loro i raccolti, e gli
uomini non volevano farsi trovare fuori allenamento nel caso si finisse per
combattere. Avrebbero difeso tutti i cittadini di Ealdor.
Arthur
era davanti a casa sua, seduto sopra un ceppo, lo sguardo perso verso
l’orizzonte. Non sembrava molto triste della sua vita, ma c’erano volte in cui
Lancelot sapeva gli mancasse casa sua.
Si
avvicinò al biondo, sedendosi a terra vicino a lui, guardando a sua volta i
campi di tritico dove alcune ragazze stavano mietendo. Merlyn non c’era,
continuava a preferire le ore prima dell’alba per quel lavoro.
«A cosa
pensi?» gli domandò.
Arthur
sospirò pesantemente «A casa mia.» rispose a voce bassa.
«Ti
manca?» chiese strappando da terra un filo d’erba.
«No.»
rispose Arthur sorprendendo Lancelot «Non mi manca, ma avevo delle
responsabilità lì.» aggiunse sentendosi un groppo in gola.
Il
castano annuì, sapendo perfettamente a quali responsabilità si stesse riferendo.
Potevi togliere un principe dal suo Regno, ma non potevi togliere il Regno ed i
suoi cittadini dal suo cuore.
«Ci sono
notti in cui penso di tornarci.» iniziò Arthur sedendosi con la schiena dritta
«Ma poi alle prime luce dell’alba arriva Merlyn e io mi dimentico di qualsiasi
cosa.» ammise frustrato passandosi una mano tra i capelli. Non voleva
innamorarsi di Merlyn, ma ogni giorno, quando lei bussava alla sua porta per
farsi accompagnare al campo di tritico, il suo cuore batteva così forse e le
sue gote si arrossavano pensando che tra tutti loro lei avesse scelto lui.
Per la
prima volta in vita sua non era stato scelto da una fanciulla per il suo
titolo, nessuno sapeva che in realtà lui fosse un principe, Merlyn non lo aveva
mai trattato con rispetto, non aveva mai esitato a chiamarlo un idiota o testa
di fagiolo, aveva imparato a conoscerlo per come lui era veramente. Se avesse
saputo la verità, Arthur non poteva permettere di vedere lo sguardo deluso
della maga, la consapevolezza che suo padre era colui che dava la caccia a
qualsiasi persona con il suo stesso dono.
«Ne sei
innamorato.» constatò Lancelot che aveva capito anche quella cosa tempo
addietro.
«Sì.»
ammise finalmente Arthur a sé stesso e all’amico «Ma Gwaine se ne è innamorato
prima di me.» aggiunse guardando verso l’uomo addormentato.
Lancelot
arricciò il naso, non sapendo realmente cosa dire, capiva che Arthur non
volesse ferire il suo amico, ma era chiaro che Merlyn non provasse per Gwaine
nulla che non andasse oltre l’amicizia profonda, quasi come fossero fratelli.
«Forse
dovreste parlarne, voi due, capire cosa fare.» suggerì alzandosi in piedi, i
suoi ceppi di legno che lo aspettavano.
Arthur annuì, dovevano decisamente parlare.
Hunith si
asciugò le mani sul grembiule marrone, girandosi a guardare la figlia che stava
riposando con un libro in mano seduta a terra. Aveva completato tutti i suoi
doveri della giornata e Balinor era uscito per andare in escursione nella
foresta, sentendo la mancanza della natura dopo anni di solitudine in quella
grotta.
La donna
prese una delle sedie di legno e si sedé davanti alla figlia, un dolce sorriso
sul viso e un importante discorso da fare. Non se lo era aspettato, non aveva
creduto che sarebbe arrivato un giorno in cui avrebbe dovuto fare quella
chiacchierata con la figlia. Per anni aveva temuto che a causa del suo dono non
avrebbe mai trovato l’amore, ma da quando era tornata a casa aveva osservato i
quattro ragazzi, studiandoli attentamente cercando di capire quali fossero le
loro intenzioni, e aveva appreso che erano tutti dei ragazzi per bene e che
accettavano veramente sua figlia per quella che era. Soprattutto una
determinata persona.
«Merlyn,
posa il libro, per favore.» chiese gentilmente e la figlia chiuse il libro di
medicina che Gaius le aveva regalato molti anni prima.
Hunith
sorrise e non resistette all’allungare una mano per accarezzare il viso della
ragazza, come se vedesse per la prima volta che bella donna fosse diventata. Le
sembrava solamente ieri che si nascondeva dietro la sua gonna per la paura.
«Ditemi,
madre.» sorrise a sua volta la maga, adorando sentire il suo tocco gentile sul
viso.
«Vorrei
parlati riguardo Arthur.» disse e non si sorprese nel vedere la figlia
arrossire vistosamente, anche sulle punte delle orecchie «Cosa pensi di lui?»
le domandò dolcemente guardandola negli occhi.
Merlyn
mandò giù la saliva, sentendosi le mani tremare leggermente «Penso che sia un
idiota.» disse per prima cosa, non riuscendo a trattenersi «Arrogante, a tratti
veramente fastidioso, ma è veramente un uomo dal cuore d’oro.» continuò
distogliendo lo sguardo da quello della madre.
La più
anziana annuì, anche lei aveva creduto Balinor un arrogante la prima volta che
l’aveva visto, abituato alla vita nobiliare le aveva fatto passare dei brutti
momenti la prima settimana della sua permanenza nella sua umile dimora
contadina, ma come Merlyn aveva saputo vedere oltre e si era innamorata, dando
vita alla cosa più bella della sua vita.
«Ma non
posso stare con lui, madre.» sospirò affranta la fanciulla.
«E perché,
mia cara?» domandò Hunith inarcando un sopracciglio, proprio come suo fratello
Gaius.
«Gwaine è
innamorato di me, non voglio spezzargli il cuore.» rispose passandosi una mano
tra i capelli, da mesi ormai aveva capito i sentimenti dell’amico, ma lei non era
in grado di ricambiare, non quando il suo cuore apparteneva già ad Arthur.
Hunith
rimase sorpresa, non credeva che sua figlia si fosse accorta dei sentimenti di
Gwaine, non aveva mai fatto nulla che potesse lasciarlo intendere «E chi ci
pensa al tuo, di cuore?» le chiese posandole una mano sul petto.
«Non ha
importanza, madre, non voglio creare dissapori tra di loro.» disse imperativa,
non avrebbe permesso alla loro amicizia di rovinarsi a causa di altri
sentimenti.
La donna
si alzò dalla sedia «L’amore non crea mai dissapori, figlia mia.» le disse
prima di lasciarla nuovamente alla sua lettura.
Avrebbero avuto altre occasioni per parlare di matrimoni
e nipoti.
Parsifal
si svegliò di soprassalto portandosi una mano sul petto, cercando di calmare il
cuore che gli batteva con la stessa velocità con cui correva un cavallo. Aveva
il fiato corto, il viso ricoperto di sudore e sentiva ancora nelle orecchie le
urla disperate che avevano accompagnato il suo sogno.
Guardò
alla sua destra e vide Gwaine dormire indisturbato, una mano posata sullo
stomaco mentre l’altro era piegato dietro la testa. Sembrava non aver sentito
nulla e Parsifal ne fu grato, non aveva voglia di spiegare il perché dei suoi
incubi.
Uscì di
casa, guardando il cielo notturno pieno di stelle, chiedendosi se lassù ci
fosse la persona che aveva amato con passione per lunghi anni. Estrasse da
sotto la tunica una collana, non era né piccola né grande e all’interno del
ciondolo teneva una foto. Era stato un suo regalo, poco prima di venire
brutalmente separati, glielo aveva donato per festeggiare quattro anni della
loro relazione. Era forse stato il giorno più bello della sua vita.
«Mi
manchi.» sussurrò alla foto senza riuscire a trattenere le lacrime «Ogni giorno
mi manchi, ma spero tu possa perdonarmi.» singhiozzò guardando verso l’interno
della casa, i suoi occhi si posarono nuovamente su Gwaine «Credo di essermi
innamorato di un altro.» sussurrò toccando con il dito la figura di quello che
un tempo era stato l’amore della sua vita.
I corti
capelli neri, gli occhi socchiusi, le labbra sottili, la completa mancanza di
barba sul viso che lo faceva sembrare ancora un bambino.
«Perdonami,
Bartholomew.» disse prima di chiudere nuovamente il ciondolo.
Il suo
cuore aveva sofferto già abbastanza, non poteva permettersi di innamorarsi una
volta ancora.