A
passo svelto, percorro i lunghi corridoi della base e mi dirigo verso
la camera di Kyoshiro.
Le
perplesse e mortificate parole di Okane risuonano nella mia mente.
Sono
preoccupata per Kyoshiro. Ieri sera è tornato tardi e quel che
è strano è che non ha voluto toccare cibo.
E
comprendo la sua premura.
Kyoshiro
è angosciato per una ragione a noi ignota, ne sono sicuro.
Non
è sua abitudine rifiutare i prelibati manicaretti di Okane, se
non quando il suo cuore è turbato.
Che
cosa gli è accaduto? Cosa nasconde?
Perché
si è rinchiuso nella sua stanza e non si confida con nessuno?
– Ma
come posso decidere? Siate maledetti! – urla, ad un tratto, la
sua voce, vibrante di disperazione.
Per
alcuni istanti, resto sgomento e mi blocco a pochi passi dalla sua
camera.
E,
di nuovo, la domanda echeggia nella mia mente.
Non
l’ho mai sentito così sconvolto.
Apro
la porta della sua camera e, d’istinto, mi precipito da lui.
Non
posso continuare a navigare nell’incertezza.
Ho
bisogno di risposte.
– Kazuya…
– mormora, stupefatto.
Mi
fissa con un’espressione stupita, quasi stralunata e io sento
una morsa di pena stringermi il cuore.
Un’angoscia
tormentosa dilania il suo cuore e quasi lo estrania dalla realtà.
– Kyoshiro…
Ma perché stai urlando? – domando. Un evento grave deve
avere sconvolto la sua mente, di solito così razionale.
E
mi chiedo se non riguardi anche noi.
Con
un sibilo di frustrazione, reclina la testa sulla spalla ed evita il
mio sguardo.
Appoggio
le mie mani sulle sue spalle e le stringo con energia.
– Che
cos’hai? Dimmelo! – dico, il tono più deciso.
Impreco
contro me stesso. Non serve a nulla alzare la voce.
Kyoshiro
ha bisogno di sostegno, non di rabbia o accusa.
Ad
un tratto, lui si copre gli occhi con le mani e scoppia a piangere.
Deboli
singhiozzi scuotono la sua schiena e le lacrime sgorgano tra le sue
dita serrate.
Resto
costernato e la mia stretta sulle sue spalle si attenua. Non l’ho
mai visto in uno stato simile.
E
la sua pena mi stringe il cuore.
Poi,
lo stringo in un forte abbraccio e, per alcuni istanti, rimaniamo
così, immobili e silenziosi.
Le
parole sono inutili, davanti ad una simile disperazione.
In
questo momento, lui ha bisogno dell’appoggio di un amico e di
liberare il suo cuore dall’angoscia, per quanto possibile.
Qualche
minuto dopo, sciolgo l’abbraccio e gli sfioro il volto con la
mano destra in una carezza.
– Kyoshiro,
io voglio aiutarti. Ma come posso farlo se non conosco la ragione
della tua angoscia? – domando, gentile.
Per
alcuni istanti, rimane immobile, poi, con un debole cenno della
testa, annuisce e un sospiro amaro fluisce dalle sue labbra
– Reiko…
Qualche ora fa, io e lei siamo stati rapiti da Balbas. Lui ha preso
in ostaggio lei e mi ha posto davanti ad una scelta: o la sua vita o
la tua morte. Per salvare la sua vita, io devo portargli il tuo
cadavere. E mancano poche ore al termine del suo ultimatum. –
risponde, la voce flebile.
Per
alcuni istanti, sbarro gli occhi e apro la bocca, come un idiota. Ora
comprendo la ragione della sua angoscia e del suo isolamento.
I
nostri nemici hanno saputo vedere oltre la sua maschera cinica e
hanno usato la sua gentilezza per ricattarlo.
Non
vuole scegliere tra la salvezza di quella ragazza e la mia morte.
E’
dilaniato tra il rispetto per la vita umana e l’affetto per me.
Mi
siedo accanto a lui e prendo le sue mani tra le mie.
Lui
alza la testa e i suoi occhi castani, leggermente arrossati dalle
lacrime, si riflettono nei miei.
– Non
so che cosa fare, Kazuya… Io non voglio ucciderti, ma non
posso sacrificare la vita di Reiko… Lei è pur sempre
una civile inerme. Non posso uccidere lei, ma non posso ammazzare te.
Sei mio amico e sei anche il pilota di Daimos. – mormora, una
nota di stanchezza nella voce.
Ad
un tratto, un pensiero attraversa la mia mente. Perché non ci
ho pensato prima?
– Dobbiamo
parlarne con il professore Izumi. Lui può aiutarci a trovare
la soluzione a questo problema. – mormoro.
Per
alcuni istanti, Kyoshiro mi guarda, poi, con un debole cenno del
capo, annuisce.
– Kazuya,
mi dispiace… Avrei dovuto risolvere da solo questo problema.
Mi sento un completo idiota. – confessa, sconfortato.
Accenno
ad un sorriso e mi siedo accanto a lui.
– Non
dire queste cose. Tu hai cercato di non coinvolgere nessuno in questa
situazione, perché l’hai ritenuta tua completa
responsabilità, e hai passato ore d’inferno. Questo non
significa essere idioti, amico mio, ma avere un cuore nobile. –
gli dico, deciso.
Non
risponde alle mie parole e i suoi occhi, ostinati, fissano il
pavimento della stanza.
Comprendo
la sua reazione e attendo alcuni istanti. Si è sfogato, ma il
peso di quelle ore terribili segna ancora il suo volto e la postura
delle sue spalle.
E,
per questo, la sua mente torna ancora a Reiko, prigioniera di Balbas.
Solo
al termine di questa situazione potrà riconquistare la
serenità.
– Ora
andiamo dal professor Izumi. Sono sicuro che, grazie a lui, troveremo
una soluzione a questo problema. Salveremo Reiko, senza sacrificare
Daimos. – dico.
– D’accordo.
– mormora, il tono stanco.
Ed
entrambi ci allontaniamo dalla stanza e ci avviamo verso la sala
comandi.
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