Due note
veloci: questa storia non segue il canone di tutti
gli avvenimenti del
settimo libro di Harry Potter, andando a cambiarli e con essi il
finale, dove abbiamo
la vittoria di Voldemort e la morte di Harry. Come nella mia serie su
questo
finale alternativo, che vede l’Ordine della Fenice
riorganizzarsi in una sorta
di resistenza, anche qui ho immaginato uno scenario in cui la morte di
Harry
sia causata da Bellatrix, che a differenza di Voldemort non lo colpisce
con la
Bacchetta di Sambuco durante la Battaglia del due maggio. La storia,
tuttavia,
pur riprendendo dalla serie per praticità questa premessa e
un personaggio
originale membro dell’Ordine, non segue il
“canone” stabilito là (ma chi
seguisse
la serie, comunque, può tenere conto che, esclusi alcuni
dettagli e il destino
di un personaggio, il resto della fic è comunque possibile
leggerlo anche alla
luce di “Cosa tiene accese le stelle”).
Canto di Natale di Draco Malfoy
A Mari e Music
{Vacanze di
Natale 1997}
Shell
Cottage,
Cornovaglia
“Ci servirebbe un infiltrato tra
i Mangiamorte, uno che prenda il posto che occupava Piton prima di
tradirci,”
insisté ancora una volta Bill Weasley, battendo
l’indice sul vecchio tavolo a
scandire le proprie parole.
“È fuori discussione,”
replicò,
ancora una volta, Remus Lupin dall’altra parte del tavolo,
cercando lo sguardo
del maggiore dei Weasley quasi in segno di sfida. “Fidarci di
uno di loro ci ha
portati alla morte di Silente, e non permetterò che nessuno
dei nostri rischi
la vita provando a inserirsi tra i loro ranghi.”
“Lascia decidere a noi cosa siamo
disposti a rischiare!” si oppose Charlie Weasley, alzandosi
con enfasi dalla
sedia e facendola strisciare sul pavimento. Charlotte Sheridan, una dei
nuovi membri
dell’Ordine diplomatisi da appena un anno e seduta poco
più in là, digrignò i
denti per il fastidio provocato da quel suono e scosse la testa: come
se fosse
possibile per un Weasley passare inosservato. Sembrava che Charlie
volesse
impressionare qualcuno, rifletté la ragazza, forse proprio
Tonks che stava
fissando in quel momento con ardore, mentre la donna annuiva alle sue
parole.
“Remus ha ragione, ragazzi, è
troppo pericoloso,” si intromise Molly Weasley, poggiando
solidale una mano sul
braccio dell’uomo.
“Perché brancolare nel buio cosa
è?” fece notare Tonks prendendo la parola.
Charlotte non poté trattenere la
curiosità di sbirciare la reazione di Charlie, i cui occhi
parevano brillare
mentre contemplava ammirato l’Auror.
Contemplava… sì, Charlotte pensò
che fosse la parola migliore per descrivere lo sguardo di Weasley
Numero Due:
le vecchie cotte erano dure a morire, a quanto pareva, anche se
l’altra era
ormai sposata.
“Non possiamo fidarci e nessuno
di…”
“Hanno preso Luna Lovegood!”
La porta si spalancò, mentre Oliver
Baston e Katie Bell, di rientro dal loro turno di ronda, riportavano la
terribile notizia: “I Mangiamorte sono saliti
sull’Espresso mentre rientrava a
casa per le vacanze e l’hanno catturata, siamo riusciti a
scoprire che è stata portata
nelle segrete di Malfoy Manor.”
“Dobbiamo liberarla, è solo una
ragazzina!”
“Non abbiamo abbastanza uomini
per fare incursione dai Malfoy, non ora che il loro maniero
è diventato il
Quartier Generale di Voi-Sapete-Chi.”
Charlotte pensò che fosse proprio
una coincidenza fortuita: ora sapeva dove provare a cercare il loro
informatore. E come riuscire a liberare la Lovegood, se lo avessero
avuto dalla
loro parte. Nessuno dell’Ordine avrebbe mai approvato il suo
piano, ma doveva
agire in fretta se non voleva farsi sfuggire l’occasione: lo
avrebbe comunicato
a cose fatte al resto del gruppo, al momento le serviva solo sapere
dove fosse
la residenza dei Malfoy e come raggiungerla.
E sperare che anche da loro, a
Natale, valesse la tradizione per cui si è tutti
più buoni.
*
Malfoy
Manor,
Wiltshire
“Dove la tenete prigioniera?”
Draco provò a raggiungere la bacchetta
nella tasca dei raffinati pantaloni blu, ma l’ombra che poco
prima gli era
piombata alle spalle, puntandogli la bacchetta nella schiena e un
coltellino
alla giugulare, strinse la presa, qualche goccia di sangue che faceva
capolino
sulla lama argentea, e lo dissuase dal compiere qualsiasi altro
movimento.
“Non riuscireste mai a liberarla,
nemmeno se te lo dicessi,” sibilò allora, cercando
di mantenere il controllo e
suonare superiore e provocatorio, nel vano tentativo di nascondere il
proprio
terrore. L’ombra – una donna, a giudicare dalle
piccole mani che stringevano il
coltello – ripeté tacitamente la propria domanda,
affondandogli la bacchetta
tra le scapole e spingendolo con la faccia contro il muro
dell’immensa
recinzione del Manor.
“Io…
io non ti dirò niente, non mi spaventa
chi è tanto vigliacco da attaccare alle spalle
l’avversario.”
“Sii meno moralista, Malfoy, se
c’è un vigliacco tra i due quello sei sicuramente
tu. Ho un ricordo piuttosto
nitido della tua persona trasfigurata in furetto da Moody per aver
tentato di
colpire Potter di schiena. E ora parliamo di cose importanti: la
Lovegood.”
“Non riuscirete mai a…”
“Sì, ho capito, non sono sorda.
Infatti noi non dobbiamo fare niente: sei tu che puoi salvarla. O vuoi
rimanere
per sempre il viscido, vigliacco mezzo
Mangiamorte che ha quasi ucciso
Silente?” lo provocò scandendo con una
certa nota di beffa le parole.
Un brivido corse lungo la schiena
di Draco, un misto di sentimenti contrastanti che lo rivoltarono da
dentro: il
bruciore del Marchio, il terrore dell’anno precedente, le
punizioni inferte a
suo padre per colpa sua, l’apprensione negli occhi di sua
madre…
“Essere Mangiamorte è un onore,
se non te ne fossi accorta, nella nuova società,”
replicò, mettendo a tacere il
silenzio assordante provato sulla Torre di Astronomia che a volte
tornava a
urlargli nelle orecchie. Essere Mangiamorte era davvero la
scelta
migliore, in quel nuovo mondo voluto dal Signore Oscuro, essere un
Mangiamorte
in vista ancora di più.
“Anche catturare e uccidere
innocenti è un onore? Luna è una tua compagna di
scuola, davvero vorresti
aiutare paparino e la zietta a torturarla?”
Le urla nella testa di Draco si
fecero sempre più forti, mentre si ripeteva che i Lovegood
erano traditori del
loro sangue, feccia che seguiva e idolatrava Potter. Per questo avevano
catturato la giovane Corvonero: per zittire il padre e i suoi articoli
di
supporto allo Sfregiato.
“Draco!” la voce acuta di sua zia
Bellatrix rimbombò per l’intero giardino, mentre
l’ombra si schiacciava sempre
più contro il Serpeverde stringendolo nella sua morsa.
“Pensaci, Malfoy, puoi ancora
salvarla. Tornerò a vedere se hai cambiato idea,”
gli sussurrò all’orecchio,
prima di Smaterializzarsi e lasciarlo solo con il collo leggermente
ferito.
Draco sollevò la sciarpa verde e argento e se la strinse meglio attorno
al
collo per nascondere il segno della lama.
“Arrivo, zia.”
***
{Natale 1997}
Malfoy
Manor,
Wiltshire
“Draco, scendi a portare il
pranzo di Natale ai nostri ospiti,” ghignò con
tono di scherno Lord Voldemort,
facendogli levitare davanti agli occhi i vassoi per i prigionieri.
Non sono un elfo domestico, avrebbe
voluto rispondere Draco, se solo non fosse stato troppo impegnato a
soffocare
il terrore che il Signore Oscuro scatenava in lui anche solo a sentirne
il
nome. Si alzò allora meccanicamente per far sollevare con un
nervoso movimento
della bacchetta i vassoi e farsi seguire fuori dal salone degli ospiti
verso le
scale che scendevano nelle segrete del maniero. Non aveva mai pensato,
da
piccolo, che ci fosse qualcosa di strano nell’avere delle
celle sotto il
pavimento, erano per lui solo una zona della casa in cui era proibito
entrare. Ma
ora l’idea di avere delle prigioni proprio sotto i piedi, per
di più con prigionieri
– alcuni rimasti soli pochi giorni prima di venire consegnati
ad Azkaban e ai
Dissennatori, altri molto di più tra grida e richieste di
aiuto –, a volte gli
rivoltava lo stomaco come un calzino, minacciando di fargli sputare
bile e
anima sui raffinati tappeti che un bisnonno aveva raccolto in anni di
viaggi
nel lontano Oriente.
Erano Sanguemarcio, per lo più,
uomini di bassa leva, fuggiaschi e straccioni provenienti dai quattro
angoli
del Paese, e per Draco era giusto che non spartissero la sua stessa
Magia,
venissero ricacciati nel sudicio mondo babbano da cui provenivano, ma
ucciderli
e torturarli tra ogni tipo di tormenti… era un lavoro
sporco, e lui non voleva
ritrovarsi le mani davvero lorde di sangue, un
giorno. Era già
sufficiente svegliarsi nel pieno della notte, il pigiama di seta
appiccicato al
corpo sudato, l’immagine di Silente che precipitava dalla
Torre e della sua
bacchetta che scagliava l’anatema ancora impresse dietro le
palpebre,
incastrate nella piega tra incubo e realtà.
Arrivato davanti alla porta della
cella occupata, socchiuse lo spioncino per far scivolare dentro le
poche
briciole avanzate dal loro sontuoso banchetto: sua madre aveva dato
ordine agli
elfi di famiglia perché preparassero un pranzo degno dei
nuovi padroni del
Mondo Magico.
“Oh, signor Ollivander, sentite
che buon profumo!” esclamò sognante una voce di
ragazzina al di là della porta
sbarrata. Draco si chiese da dove potesse venirle, tutto
quell’entusiasmo:
erano gli avanzi scadenti della sera prima, freddi e senza condimento
ad
accompagnarli, e se mai avessero avuto un buon profumo, questo si
perdeva
sicuramente tra l’odore pungente
dell’umidità e della paura che opprimevano le
segrete.
“Magari ci sarà anche del
pudding. Io adoro il pudding, e voi?” chiese ancora la
ragazza, avvicinandosi
allo spioncino per afferrare i vassoi che fluttuavano nella sua
direzione e
intercettando così lo sguardo di Draco al di là
della grata. “Oh, tu sei il nostro
Gnomo Natalizio
venuto a portarci i doni, grazie!”
Draco si immobilizzò, abbassando
subito lo sguardo per sfuggire agli enormi occhi limpidi della Lovegood
che lo
guardavano con una luce che gli pareva essere troppo simile alla
gratitudine. E
lo aveva ringraziato, per giunta: era prigioniera in casa sua e lo
ringraziava
per avergli portato del cibo, chiamandolo con sciocchi nomignoli. Draco
non
sapeva cosa fosse uno Gnomo Natalizio, e a dirla tutta nemmeno gli
interessava
saperlo – era sicuramente una di quelle folli idiozie in cui
credevano la
Corvonero e suo padre –, ma si sentì sporco, fuori
e soprattutto dentro. Non si
ringrazia il proprio aguzzino, che la prigione le avesse dato
completamente
alla testa? Doveva temerlo, implorarlo per essere liberata, non
ringraziarlo
per del misero cibo.
Il Serpeverde si ridestò dai
propri pensieri e si voltò per tornare al più
presto al piano superiore, ma la
voce della ragazza lo raggiunse, facendolo nuovamente fermare con un
sussulto:
“Perché sei così triste? A te nessuno
ha portato dei doni, oggi? Puoi dividere
un po’ del nostro pudding, se vuoi.”
Draco strinse i pugni fino a far
divenire bianche le nocche: non c’era nessun pudding in quei
vassoi, solo delle
fette di pane ormai raffermo bagnate con del latte, niente canditi, o
cioccolato o rum per farcire. La ragazza doveva essere davvero tocca
come si
vociferava tra i corridoi di Hogwarts. E perché mai voleva
condividerlo? Non
era certo triste, lui: si era seduto a una tavola imbandita ore prima,
sbocconcellando le raffinate pietanze tra unna risata rauca di Dolohov
e
un’adulazione di sua zia al Signore Oscuro, dormiva nel suo
letto immacolato,
nella sua stanza sotto il tetto di casa sua. Lui era quello fortunato, lei
era
quella che doveva essere spaventata, triste, abbattuta: tutto
quell’entusiasmo
per del pane raffermo lo irritava.
Riprese a camminare, iniziando a
salire le scale. C’era anche altro che lo irritava: Luna
Lovegood era una
Purosangue, discendente di una famiglia Purosangue, figlia di maghi. E
aveva
solo sedici anni. Era una traditrice, certamente, ma il suo era sempre
sangue
magico che sarebbe stato versato, se l’avessero toccata,
sangue più puro di
quelle bestie che l’Oscuro Signore aveva arruolato nei suoi
ranghi, di quello
di tanti Mangiamorte seduti alla loro tavola, di quello dello stesso
Lord
Voldemort. E questa era una cosa che faticava ad accettare: i maghi
come i
Lovegood potevano essere messi al bando, ma sprecare il loro sangue
così... non
era quello in cui era stato educato a credere.
Un ultimo saluto lo raggiunse
mentre si chiudeva alle spalle la porta delle segrete: “Buon
Natale anche a te,
Draco.”
Già, come se si potesse davvero pensare
che quello fosse un Buon Natale.
Non aveva nemmeno ricevuto un
regalo, quell’anno, pensò allora distrattamente:
il mondo era stato rivoltato
sotto sopra, da quando era salito al potere il Signore Oscuro, e la
vita agiata
e tranquilla che avevano condotto un tempo non era più stata
garantita loro,
nonostante la fedeltà e i prezzi pagati alla causa. Il mondo
sotto Voldemort
non era come gli era stato promesso.
***
{Vacanze di
Pasqua 1998}
Rifugio
dell’Ordine,
Londra
“Harry, Ron e Hermione sono riusciti
a fuggire da Malfoy Manor,” riportò Lupin,
entrando trafelato nel cucinino
storto del polveroso appartamento di Kingsley, trasformato in rifugio
dopo la
caduta del Ministero.
I presenti nella stanza rizzarono
subito le orecchie, allontanandosi per un attimo dai fogli su cui erano
piegati
per preparare l’ultima trasmissione di Radio Potter che
sarebbe dovuta andare
in onda entro poche ore, l’elenco dei nuovi morti che faceva
la sua solita e
ormai quasi asettica comparsa tra gli appunti per
l’intervista a Kingsley.
“Stanno tutti bene?” chiese
subito Lee Jordan, togliendosi le cuffie collegate al vecchio
apparecchio radio
e posandole sul tavolo, mentre si sporgeva verso Lupin per sentire
meglio,
seduto sul bordo della sedia in precario equilibrio.
“Loro… sì, loro tre si
stanno
riprendendo. Hanno salvato anche Dean Thomas, Ollivander e
Luna.”
“Voi-Sapete-Chi non ne sarà molto
contento: Harry Potter era in mano ai suoi fedelissimi ed è
riuscito a
fargliela sotto il naso. Ma che ci facevano quei tre
là?”
“Non possono dire nulla,”
spiegò
Lupin scuotendo il capo, rassegnato. Provare a capire in cosa si
fossero
cacciati i tre Grifondoro era impossibile, parevano fermamente decisi a
non
lasciar trapelare nemmeno mezza informazione sulla loro missione.
Charlotte Sheridan, sprofondata
sul divano sformato poco più in là, sollevo
irritata gli occhi al cielo. Tutti quei
misteri la infastidivano enormemente: oltre a brancolare nel buio con i
piani
dei Mangiamorte, erano anche all’oscuro di quanto stessero
facendo membri
stessi della loro resistenza. Era come giocare una partita a moscacieca
in cui
le mosche erano loro – il ruolo che aveva sempre odiato anche
quando si
trattava solo di un gioco innocente tra bambini.
“Ci sono state, ehm,
ripercussioni?” domandò incerto Dedalus Diggle dal
suo sgabello in un angolino
della stanza, il cappello a cilindro che sobbalzava per le gambe che
continuava
ad agitare freneticamente.
“Sì,” scandì
lentamente Lupin,
“Lucius e Narcissa Malfoy
sono stati Cruciati e
impiccati ai cancelli del Manor, sotto gli occhi del figlio.”
Charlotte non poté evitare di
piegare le labbra in una smorfia a metà tra
l’isterico e il compiaciuto: questa
volta avrebbe portato a casa un informatore, ne era certa. Mesi prima
l’avevano
scoperta e le avevano impedito di continuare il proprio progetto, ma
questa
volta sarebbe stata attenta a sgattaiolare via dal controllo di
Kingsley.
Se a Natale non erano più buoni,
sperò che almeno a Pasqua i Malfoy fossero più
propensi al tradimento: le
macabre somiglianze con la vicenda di Giuda si sprecavano.
Sperò solo che
Malfoy fosse comprabile a un prezzo migliore: lei non possedeva trenta
denari.
*
Malfoy
Manor,
Wiltshire
“Hai ripensato alla mia
proposta?”
Anche questa volta, il primo
istinto di Draco sentendosi braccato dall’ombra fu quello di
raggiungere la
bacchetta, ora sistemata più comodamente in
un’apposita fondina sul fianco –
proprio simile a quella che aveva avuto suo padre. Ma la sconosciuta lo
immobilizzò nuovamente, pungolandolo sempre nella schiena
con la bacchetta.
“Sprechi fiato inutilmente, ci ha
già pensato San Potter a salvare la svitata. Arrivi
tardi.”
Charlotte pensò che ci fosse
troppo autocontrollo in quella voce per poter suonare sincero, ma non
si stava
nemmeno sprecando troppo per celare altro: era solo svuotato,
la voce
incolore e rivoli freddi che gli colavano lungo la schiena. Aveva
paura, eppure
era come se, tutto sommato, in fin dei conti non lo toccasse
più di tanto. Era una
paura come un’altra, dentro o fuori le mura di casa, in un
mondo che si era
rivelato solo guerra e in cui ora gli pareva difficile capire da che
parte
schierarsi per restare vivo.
“Arrivo giusto in tempo, invece.
Puoi vendicarli, se ti unisci a noi e tradisci Tu-Sai-Chi: la mia
proposta era
per essere nostro informatore.”
“Io… cos...”
Questa volta il panico era
chiaramente udibile, invece, la voce che tremava e veniva meno,
perdendosi
nella gola secca. Dalla sua posizione, Charlotte non poteva vederlo in
faccia,
ma non le serviva per immaginarsi gli occhi spalancati di Malfoy, il
colorito
terreo e le occhiaie sempre più marcate.
“Non ho troppo tempo da perdere,
Malfoy, quindi vedi di darmi una risposta in fretta: vuoi vendicarti di
quelli
che hanno ucciso i tuoi genitori o preferisci seguirli al
più presto?”
La bacchetta scivolò in un
sinistro avvertimento sulle scapole di Draco, che deglutì a
fatica cercando la
voce per rispondere, in un vano tentativo di riscatto:
“È una minaccia, questa?
Vi credete tanto i buoni, voi amichetti di Potter, ma alla fine non
siete tanto
diversi… Sempre che tu abbia il coraggio di uccidermi,
certo.”
“Non parlavo di noi, amadán,
ma dei tuoi amichetti,” specificò laconica
Charlotte, roteando gli occhi e
serrando di più la stretta sulle braccia del ragazzo.
“Prima o poi ti
manderanno a seguire mammina e papino, stanne certo.”
Un fremito, questa volta di
rabbia, attraversò il corpo del Serpeverde, facendo quasi
perdere a Charlotte
la presa. Non le era difficile immaginare che parlare di suo padre e
sua madre,
soprattutto in quel modo, fosse per lui una ferita ancora troppo fresca
– o
meglio, una ferita che non si sarebbe mai rimarginata –, ma
aveva poco tempo
per convincerlo a passare dalla propria parte. Non sapeva se avesse mai
parlato
con qualcuno dei suoi tentativi di assoldarlo per conto
dell’Ordine, ma sperava
ci fosse ora più che mai una speranza per realizzare il suo
piano.
“Se collaborerò con voi, poco ma
sicuro.”
“Noi verremmo a salvarti, Malfoy,
se ti trovassi in una situazione simile, o almeno ci tenteremmo. Quanti
dei
grandi amici di tuo padre sono invece accorsi in suo aiuto, quando
implorava
che lo risparmiassero? E tua zia ha alzato un dito per salvare la sua
amata
sorellina?”
Un respiro più affannoso degli
altri le fece comprendere che era sulla strada gusta.
“Questo non me lo garantisce
nessuno.”
“Beh, meglio un dubbio che la
certezza che verrai lasciato a morire come un cane, no? Noi i nemici
che
catturiamo li uccidiamo subito, comunque, nessuno ti torturerebbe mai
se
dovessi cadere nostro prigioniero. Nemmeno se dovessi tradirci, a meno
che mi
incarichino della punizione.”
“E San Potter che ne pensa di
questa tua intraprendenza?”
Charlotte sbuffò irritata:
detestava quei falsi tentativi di apparire spocchioso e arrogante
quando se la
stava letteralmente facendo sotto.
“Siamo l’Ordine della Fenice,
Malfoy, al massimo l’Esercito di Silente, nessuno di noi fa
parte dell’Esercito
di Potter: quello che pensa il ragazzo conta fino a un certo punto,
almeno per
me. Ora, smettila di divagare con chiacchiere inutili e ascoltami bene:
quei
fottuti bastardi hanno ucciso i tuoi genitori, vuoi davvero che restino
impuniti con te che lecchi loro i piedi per tirare avanti? Sapevo che
eri
opportunista, ma non credevo fino a questo punto.”
Lasciò andare appena la presa che
immobilizzava le braccia del ragazzo dietro la schiena, tenendo sempre
la
bacchetta ben puntata contro la scapola, proprio dietro al cuore.
“Sei stato un vigliacco per tutta
la vita, ma spero che almeno per loro saprai fare
un’eccezione: guardati bene
attorno, non sarai mai un vero Mangiamorte per gli altri, solo un
ragazzetto
che non ha avuto il fegato di uccidere un vecchio. Tornerò
tra una settimana,
tu pensaci. Ah, e fossi in te non ne parlerei con zietta: non credo
sarebbe
contenta di sapere che ti sei fatto immobilizzare e sorprendere da uno
dell’Ordine
per ben due volte. Metti caso io sia una Nata Babbana, poi!”
Charlotte praticò su di sé
l’incanto di Disillusione, mentre scioglieva la presa ferrea
dai polsi di Malfoy
e si allontanava per trovare un’area adatta alla
Smaterializzazione.
“Lei sta bene?” chiese Draco in
un soffio, mentre si girava massaggiandosi i polsi, il volto incavato e
gli
occhi carichi di terrore che si agitavano alla ricerca della sua
assalitrice.
“Sì, ti manda i suoi saluti,”
rispose Charlotte, scomparendo nei boschi e lasciando Draco allucinato
guardarsi intorno alla ricerca della direzione da cui proveniva la
voce.
***
{Natale 1998}
La
Tana, Devon
“Ripetimi perché mi sono fatto
trascinare in questo ritrovo di babbanofili, Longbottom.”
“Perché ormai sei un babbanofilo
anche tu, Malfoy,” sorrise irriverente Neville dando
un’allegra pacca sulla
spalla a Draco e guadagnandosi una penetrante occhiata in tralice per
l’appellativo
e l’aver rischiato di sgualcire la piega perfetta con cui la
camicia ricadeva
sulle spalle ossute del ragazzo.
“Questa è seta di gelso,
Logbottom, più costosa di tutti i vestiti che hai mai
posseduto da quando sei
nato messi insieme. Se solo osi sfiorarla ti faccio tagliare quelle
manacce da
giardiniere che ti ritrovi da Macnair, la prossima volta che lo
incrociamo in
una missione. E non osare più dire cose simili, o ti faccio
tagliare anche la
lingua.”
“Come siamo irritabili. È Natale,
su con la vita, Malfoy!”
“Siamo nel mezzo di una guerra,
Longbottom,” puntualizzò piccato Draco, guardandosi bene
attorno e distribuendo
generose occhiate torve di disappunto ai vari membri
dell’Ordine stipati nel
salotto di casa Weasley, la metà sfatti per le notti insonni
di ronda e alcuni
anche alticci. E tutti, orribilmente, vestiti con abiti di
tutti i giorni
per un cenone di Natale. Roba da far venire la pelle d’oca,
pensò Draco,
cercando di concentrarsi su quel dettaglio per non pensare al
resto, alla
guerra che infuriava fuori dalle finestre con le tendine sfilacciate di
trina.
“Appunto per questo, per una
sera, potresti provare a toglierti quell’aria da Kneazle
bastonato e unirti ai
brindisi e ai canti natalizi.”
“Un Malfoy non canta,” lo
rimbeccò ancora Draco, guardando al gruppo di maghi al
centro della stanza,
seduti su sedie, divani e mezzi di fortuna e intenti a sciorinare
più carole
possibili in una notte sola. A vivere per una notte sola.
Non che lo avrebbero accolto con
calore, se avesse avuto l’intenzione di unirsi a loro,
rifletté. Nonostante
fossero una decina di mesi che collaborava con loro, erano ancora tutti
sospettosi nei suoi confronti, guardandolo spesso come se fosse stato
sterco di
drago. Non Longbottom sussurrò una
vocina nella sua testa. Non
Longbottom si ritrovò a constatare Draco, sbirciando di
sottecchi… il compagno?
Definirlo amico gli pareva troppo; sì, compagno sarebbe
potuto andare bene per
descrivere quello strano legame che avevano creato: condividevano la
stanza in
un rifugio dell’Ordine nello Yorkshire, condividevano i turni
e le missioni,
una volta avevano anche dovuto condividere i vestiti, con sommo
ribrezzo di
Draco – vestiti indossati da un altro, di cotone poco
lavorato e non stirati
con precisione?
“Ben trovato, Malfoy,” sorrise
Charlotte Sheridan dandogli a sua volta un colpetto sulle spalle con la
sua
proverbiale delicatezza e facendolo sobbalzare: gli era rimasto un
certo
terrore dai loro precedenti incontri ogni volta che lo sorprendeva alle
spalle.
La ragazza indossava un orribile maglione di lana troppo grande per la
sua
figurina e reggeva in mano non un bicchiere, ma addirittura una
bottiglia di
quello che sembrava Whisky Incendiario. Draco estese il suo sguardo
aristocraticamente disgustato anche a quell’immagine: nessuno
aveva insegnato a
quegli zotici a bere dagli appositi bicchieri? Grugnì un
saluto in risposta,
mentre la ragazza senza prestargli troppe attenzioni si dirigeva verso
il
centro della stanza per raggiungere i propri amici. Nei mesi a fare da
spia per
l’Ordine, Charlotte era sempre stata il suo contatto, sia
prima che dopo la Battaglia
di Hogwarts e la morte di Potter, ma non l’aveva mai vista
sorridere –
probabilmente era tutta opera dell’alcool. Era sempre stata
burbera e
scontrosa, con lui, ma doveva ammettere di doverle la vita: quando i
Mangiamorte avevano scoperto il suo doppio gioco qualche mese prima,
aveva
davvero tenuto fede alla parola datagli ed era arrivata a salvarlo,
rischiando
di rimetterci a propria volta l’osso del collo.
“Cosa c’è di tanto
divertente?”
domandò Draco stizzito rivolgendosi a Neville, che era
scoppiato a ridere.
“Niente, stavo solo pensando alla tua pregiata seta
di gelso
stropicciata dalla delicatezza della Sheridan. Lei non l’hai
minacciata con
MacNair.”
“Sarebbe stato fiato sprecato, sarà
sicuramente brilla.”
“Oh, lo dubito fortemente: credo
che regga l’alcool meglio di me e te messi insieme. Mia nonna
dice sempre che
gli irlandesi hanno il whiskey nelle vene, invece che il
sangue.”
“E da quando tua nonna ha in
tasca la verità del mondo, Longbottom?”
ribatté annoiato Draco, facendo correre
lo sguardo sui membri dell’Ordine alla ricerca di una chioma
dorata. “Lun… ehm,
la Lovegood,” tossicchiò con studiato
disinteresse, “non è ancora arrivata?”
Neville lo guardò con un
sorrisetto malizioso, che Draco si premurò subito di
spegnere: “Dovrei parlarle
di certi ingredienti che mi servono per una pozione
e…”
“Ah sì, ma davvero? Ed è
così
urgente, questa pozione, per doverne parlare proprio a Natale? Io non
mi
ricordo di nuove pozioni che tu dovre…”
“Taci, Longbottom,” lo zittì
prontamente Draco con stizza, le orecchie leggermente imporporate.
“Se poi
muori in missione perché non ho preparato un antidoto sono
affari tuoi, io non
verrò certo a piangere sulla tua tomba.”
“Molto cortese da parte tua,
Draco. E comunque, la Lovegood che ti serve solo per una
pozione sta
vendendo proprio verso di noi.”
Le orecchie di Draco arrossirono
ancora di più mentre rivolgeva lo sguardo nella stessa
direzione di quello di Neville.
Le orecchie in fiamme erano tutta colpa del caldo soffocante della
stanza, si
convinse, mentre uno strano senso di colpa misto a sollievo e
inadeguatezza gli
stritolava lo stomaco alla vista della Corvonero che saltellava verso
di loro,
agghindata come l’albero al centro del salotto e con al
seguito due scatole
incartate alla bell’e meglio con carta di giornale ricoperta
da scarabocchi
colorati. Era sempre così ogni volta che la incrociava,
anche per sbaglio e
anche da lontano, la mente che subito correva ai terribili mesi di
prigionia
che la ragazza aveva trascorso rinchiusa in casa sua. Eppure, una parte
di lui
che non aveva mai conosciuto prima di allora, ogni volta si smuoveva
come
spinta dal volerla proteggere, interessarsi a lei per assicurarsi che,
almeno
ora, stesse bene. Per quanto si potesse dire di
stare bene in guerra. Un’altra
vocina nella sua testa, però, gli sussurrava sempre che
fosse il contrario, che
fosse lei ad assicurarsi che lui stesse bene e ad averlo iniziato a
cambiare,
un granello alla volta, cellula dopo cellula, e ancora continuasse a
farlo. Come,
Draco non lo sapeva.
“Neville, Draco,” li chiamò
la giovane
raggiante. “Tantissimi auguri di buon Natale,
ragazzi!”
Draco borbottò qualcosa
imbarazzato, mentre una delle due scatole gli veniva posta tra le mani
e Neville
stringeva in un caloroso abbraccio Luna per ringraziarla. Qualcosa si
aggiunse
alla morsa che gli contorceva lo stomaco: fastidio? Gelosia? Draco
scacciò
subito quel pensiero concentrandosi sulla bizzarra carta regalo, dove
pupazzi di
neve, gnomi, draghi e stelle coprivano le testate della Gazzetta del
Profeta.
“L’ho decorata io, ti piace?”
gli
chiese Luna distogliendolo dai suoi pensieri. “Non potevamo
permetterci della
vera carta da regalo per incartare i doni, così ho pensato
di crearla: il
Profeta non manca mai in giro, e costa molto poco. Ma cosa aspetti, su,
apri il
tuo!”
Draco la guardò imbambolato, spostando
lo sguardo confuso dalla ragazza al pacco più volte.
Neville, al suo fianco, riprese
a ridacchiare sotto i baffi e per farlo tacere Draco cercò
di ricomporsi,
scartando il regalo con tutta la buona educazione insegnatagli da sua
madre.
“Io, ehm, è molto bello…
credo. Grazie,
Lovegood,” tentennò il Serpeverde rigirandosi tra
le mani il maglione di lana
contenuto nella scatola, su cui spiccava un’immensa D
ricamata sul petto. Lana,
lui odiava la lana, era così scomoda da portare, pizzicava
collo e braccia. Ma piegò
le labbra in un piccolo sorriso per compiacere Luna che lo squadrava
trepidante
con quei suoi profondi occhi grigi – forse un po’
troppo sporgenti ma affascinanti,
per Draco – in attesa della sua reazione.
“Lo ha fatto a mano Molly, uno per
ogni membro dell’Ordine, ma a te non piace tanto,
vero?” domandò infatti lei con
un sorriso dolce.
Draco avvampò, preso in
contropiede, e cercò in qualche modo di tirarsi fuori
dall’impiccio: “Io, no, è
molto bello, io… ecco…”
“Allora mettitelo, Malfoy!”
esclamò uno dei gemelli Weasley passando di lì in
quel momento con un ghigno
malandrino sul volto e il suo maglione addosso. Il Grifondoro mosse la
bacchetta e con un incantesimo non verbale Draco si ritrovò
infilato nel
maglione che sì, non gli pizzicava la pelle, protetta dalla
camicia di seta, ma
che gli avrebbe lasciato peletti rossi e verdi sulla suddetta bianchissima
camicia elegante. Draco fece per aprire in risposta la bocca, pronto a
lanciare
a sua volta qualche incantesimo e molti improperi, ma il sorriso sul
volto di
Luna che lo guardava – ammirava? – mentre
arrossiva sempre più, infagottato
in quel maglione di pessima fattura, lo fece desistere da ogni
tentativo di
vendetta ai danni di Weasley e grattarsi imbarazzato la testa.
Gli occhi di Luna, a quel punto,
saettarono poco sopra il suo capo, aprendosi per la sorpresa.
“Oh, no, Draco! Sei finito sotto
un rametto di vischio, ora sarai tutto pieno di Nargilli! Dobbiamo
assolutamente
fare qualcosa per scacciarli.”
Il giovane rivolse un’occhiata
assassina a Neville e arrossì, se possibile, ancora di
più, balbettando frasi
sconnesse al pensiero di cosa significasse il vischio per chiunque sano
di
mente, e terrorizzato da questi Nargi-qualcosa.
Luna prese ad
armeggiargli intorno, mettendogli al collo un’orrenda collana
di tappi di
bottiglia e dandogli da tenere in
mano dei vecchi bottoni mezzi rotti.
“Gira su te stesso per tre volte,
ora,” gli ordinò la ragazza, continuando a
scrutare sopra la sua testa e con un
tono fermo che fece muovere istintivamente i piedi di Draco, restii a
disubbidire alla sua voce. Si sentiva un emerito cretino a girare
così agghindato
sotto gli occhi di mezzo Ordine che avrebbe potuto prenderlo in giro
per tutti
i mesi a venire, ma non riusciva nemmeno a dire di no a quella
ragazzina
strampalata, mannaggia a lui e a quello che gli stava succedendo a
frequentare
quella banda di spostati.
“Ecco, bravo,” lo fermò Luna,
prendendolo per i gomiti e alzandosi sulle punte dei piedi per
verificare più
da vicino che nessun Nargillo fosse rimasto impigliato nei capelli del
giovane.
“Ce n’è ancora uno, dovremo allontanarlo
con il vecchio metodo babbano,” gli
spiegò seria, annuendo convinta delle proprie parole.
Draco tremò – non sapeva se di
imbarazzo, terrore o aspettativa –, maledicendo
in ogni lingua a lui
conosciuta i babbani e i loro metodi per scacciare i Nargi-cosi.
Sperò
che fosse un metodo diverso da quello dei maghi con il vischio,
perché
altrimenti tanto valeva che andasse a sotterrarsi da solo nel giardino
incolto
dei Weasley.
Luna, però, non doveva essere
della sua stessa idea, perché sollevandosi di più
sulle punte lo baciò leggera
sulla guancia, mentre lo stomaco di Draco faceva una tripla capriola,
liberandosi
dal nodo che lo aveva stritolato fino a quel momento. Ebbe appena il
tempo di
registrare il delicato tocco delle sue labbra screpolate, prima che la
Corvonero tornasse a terra e con un sorriso saltellasse via, andando a
distribuire regali a tutti gli altri.
Rimase impietrito sul posto, gli
occhi vacui e spalancati che fissavano dritto davanti a sé,
ignorando per
qualche attimo ancora il ghigno di Neville poco più in
là. Avrebbe pensato più
tardi a lui e tutti gli altri, ora aveva in testa altro.
Note
alla storia: questa storia partecipa
all’iniziativa “Una storia
tutta per te” del gruppo fb Caffè
e calderotti, in particolare vuole
essere un piccolo regalo per Mari
Lace e MusicDanceRomance
che mi hanno fatto
scoprire e imparare ad apprezzare – almeno nelle loro storie,
che vi consiglio di cuore – la coppia
formata da Draco e Luna (due, tra l’altro, dei personaggi che
meno considero
nel fandom). Ragazze, spero che questo piccolo pensierino vi sia
piaciuto, mi
rendo conto che voi ne sapete scrivere mille volte meglio, con
caratterizzazioni
sempre riuscitissime (io, per tirarmi fuori d’impiccio, ho
messo OOC e what if?
a gogo perché temo di aver fatto un pastrocchio e metto le
mani avanti), e che
a confronto la mia storia è ben poca cosa. Non è
felice e spensierata come
avrei desiderato riuscire a scriverla, ma come credo sappiate il fluff
non è
proprio nelle mie corde. Vi ringrazio per scrivere storie tanto belle e
vi
auguro un sereno Natale, nonostante i
tempi.
La fic,
inoltre, partecipa anche alla “Sfida di
scrittura”, sempre indetta su Caffè
e calderotti, dove Mari mi aveva sfidata a scrivere una
Druna. Spero non ti
spiaccia se ho unito le due cose.
Infine ringrazio
tutti voi che avete letto pazientemente fin qui, spero che la storia
possa
essere stata di vostro gradimento. Un abbraccio e buone feste!
Mezzo perché solo un ragazzo, mi immagino gli altri
fedelissimi, Mangiamorte da
anni, guardarlo con superiorità.
L’ho pensato come un’altra delle
“invenzioni” dei Lovegood, la loro versione
magica di Babbo Natale.
Non so quanto questo possa essere coerente: pensando a questo
dettaglio, nella
mia serie l’unico a morire è Lucius
perché ho sempre pensato che, a meno di
tradimenti da parte sua, Bellatrix avrebbe protetto Narcissa. Qui per
alcune
esigenze pratiche ho scelto di sacrificare anche lei, spero mi si
perdoni
questa licenza in caso non perfettamente compatibile con Bellatrix.
Gaelico irlandese: idiota.
A quanto ho scoperto dalle mie ricerche sarebbe uno dei tipi
più costosi di
seta, spero proprio si usi anche per le camicie dei maghi.
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