Welcome
home my
friends
Ci ritroviamo nel salotto di Jim, solo noi della band.
È buffo: avevamo pensato di dover trascorrere
l’intera
giornata del 25 dicembre a un noiosissimo e interminabile pranzo di
famiglia –
che si sarebbe trasformato anche in cena –, ma il chitarrista
ci ha salvato: i
suoi genitori sono partiti a trovare dei parenti lontani e lui
è riuscito a
rimanere a casa da solo per qualche giorno. Ha ben pensato di invitarci
a stare
da lui, liberandoci da oneri famigliari che non interessano a nessuno
di noi.
Il tempo è semplicemente trascorso e tra le lezioni alla
scuola di musica e i piccoli concerti nei locali del circondario,
abbiamo avuto
ben poche occasioni per rilassarci e stare un po’ tranquilli;
non abbiamo
neanche pensato di organizzare una grande festa per Capodanno, non ho
idea di
cosa faremo tra una settimana e ora non mi importa più di
tanto.
Rifletto sull’anno bellissimo appena trascorso: ho compiuto
vent’anni e ho fatto una festa meravigliosa,
l’estate è stata punteggiata di
opportunità per suonare, la nostra band di sfigati si
è fatta conoscere e la
mia relazione con Mike è andata per il meglio, tra alti e
bassi. Io a volte
sono un po’ troppo geloso e lui un po’ troppo
stronzo, ma riusciamo sempre a
trovare il nostro equilibrio, complice l’intesa e la sintonia
che ci legano.
Quando, più di due anni fa, sono entrato per la prima volta
alla scuola di musica e ho scoperto di essere finito in band con un
ragazzo
tanto affascinante, mi sono detto che non avrei avuto alcuna speranza
con lui;
Mike sembra sempre su un altro pianeta, come se per lui esistesse
soltanto la
musica e nient’altro.
Poi, pian piano, ci siamo avvicinati e abbiamo scoperto di
provare le stesse cose l’uno per l’altro.
Sorrido e guardo fuori dalla finestra, aspettandomi una
nevicata che probabilmente non arriverà.
Bill, bassista dei Freaky Pigs, mi affianca e mi appoggia
una mano sulla spalla. «Sei malinconico?» mi chiede.
«No, è solo che vorrei la neve!» mi
lamento.
Il mio amico ridacchia. «Quest’anno non se ne fa
niente, mi
sa che devi arrenderti…»
Mi volto a guardarlo e aggrotto la fronte, notando il
maglione rosso e verde che indossa, che all’altezza del cuore
mostra un piccolo
fiocco di neve bianco ricamato. «Oddio, ma davvero hai avuto
il coraggio di
mettertelo?»
«Certo, me l’hai regalato tu lo scorso Natale. Io
ci tengo a
queste cose!» esclama, mollandomi una gomitata.
«Veramente è stata mia nonna a cucirne uno per
tutti noi
della band, io ero imbarazzato all’idea di
darvelo…» ammetto, chinando appena
il capo.
«Tua nonna è un mito, Roddy. Me la
presti?»
Rido e lo spingo appena, mentre insieme ci avviamo verso il
tappeto. Nel caminetto scoppietta il fuoco acceso, mentre dalla cucina
provengono le voci concitate di Puffy e Jim.
Mike non è ancora arrivato e io sono un poco in apprensione,
tuttavia cerco di non pensarci troppo e mi lascio cadere di fronte al
camino,
incrociando le gambe e fissando le fiamme allegre. Mi godo il loro
calore e
allungo appena le mani per scaldarle.
Bill si siede vicino a me e si accende una sigaretta,
scrutandomi attentamente. «Che hai?»
«Niente, davvero!»
«Non mi freghi, bambolina»
gracchia.
Scuoto il capo, riconoscendo l’appellativo con cui spesso
Mike mi si rivolge e che Bill si diverte a utilizzare quando vuole
sfottermi.
«Non vedo l’ora che arrivi Mike» ammetto,
arrossendo.
«E ti pareva! Lo sai che sei una rottura di palle?»
mi
sbeffeggia.
«Anche tu» replico.
Poco dopo Jim e Puffy entrano nella stanza, stringendo tra
le mani alcune lattine di birra e un paio di ciotole piene di patatine
e
popcorn.
Un odore dolciastro arriva alle mie narici e un sorriso
spunta sulle mie labbra. «Sono popcorn caramellati?»
Jim annuisce, poi ne afferra uno e me lo lancia. «Al
volo!»
esclama.
Alzo le mani con l’intento di proteggermi, ma Bill
è più
rapido: allunga il braccio e ferma la corsa della piccola leccornia,
per poi
ficcarsela in bocca e masticare con soddisfazione.
«Quello era mio!» esclamo.
«Apri la boccuccia, zio Jim te ne dà un
altro!» sghignazza
Puffy, dando di gomito al chitarrista.
Quest’ultimo sorride malizioso e si avvicina a me,
chinandosi appena per centrare con un piccolo lancio ben calibrato la
mia bocca
semiaperta.
Proprio mentre afferro tra i denti il popcorn, sento
qualcuno schiarirsi la gola alle spalle di Jim.
Avvampo e mi ritraggo, distogliendo lo sguardo da quello del
chitarrista, mentre Mike fa il suo ingresso nel salotto e ci saluta in
tono
allegro.
«Quante volte vi ho detto di non molestare la mia
bambolina?» scherza, mollando una pacca sulla
schiena di Jim.
Il chitarrista, in tutta risposta, gli porge la ciotola con
i popcorn e lo guarda serio. «Ehi, Patton! Che si
dice?»
«Ma tu da dove sbuchi?» chiede Bill perplesso,
riprendendo a
fumare la sua sigaretta, appollaiato sul basso muretto del camino.
«Mi ha aperto Puffy poco fa» replica il cantante,
poi fa
qualche passo avanti e si accomoda accanto al bassista.
Sento la sua presenza alle spalle e non ho il coraggio di
guardarlo: non vorrei si fosse arrabbiato per avermi trovato in un
momento equivoco insieme a Jim.
Poi avverto le dita di Mike affondare tra i miei capelli e
il cuore sobbalza nel mio petto. È possibile che dopo un
anno che stiamo
insieme provo ancora sensazioni tanto forti quando lui mi sfiora?
Lascio che un brivido mi percorra la schiena e mi volto
appena, incrociando le sue iridi scure e profonde. Sono calde, non
c’è rabbia
né risentimento in esse, soltanto amore e
serenità.
A volte dimentico di essere io quello geloso.
Mike ha un modo tutto suo di dimostrare affetto e di far
capire agli altri quando qualcosa non gli va a genio, ma se
c’è una qualità che
apprezzo di lui è la fiducia che riesce a riservare a chi
ritiene veramente
importante.
E io – anche se ammetterlo mi fa palpitare il cuore nel
petto – sono importante per lui, su questo non ho alcun
dubbio.
Si china appena su di me e mi sfiora la tempia con un lieve
bacio, poi rivolge la sua attenzione a Jim.
Il chitarrista si siede sul tappeto e Puffy lo imita,
sdraiandosi accanto a me. Lo guardo dall’alto in basso, poi
afferro uno dei
suoi dreadlocks scuri e ci giocherello appena.
«Posso usarlo come cuscino?» domanda il batterista,
rivolto
a Mike.
«Mica devi chiedere il permesso a lui» sbotto in
tono
scherzoso, invitandolo a poggiare la nuca su una delle mie cosce.
Puffy si sistema per bene e socchiude gli occhi,
permettendomi di intrecciare le dita alle sue ciocche spesse e
intricate e
tormentarle un po’.
«Guardalo, sembra un gatto!» lo punzecchia Bill.
«Peccato non sappia fare le fusa» interviene Jim,
per poi
prendere un popcorn e lanciarlo in direzione di Mike. «Non
sei geloso?» lo
sbeffeggia.
Il cantante, tuttavia, non si scompone più di tanto e fa
spallucce. «Non si spreca il cibo» lo rimbecca.
Bill annuisce, raccogliendo la piccola sfera dal tappeto e
ficcandosela in bocca. «Tranquillo, nessun popcorn
andrà sprecato qui!» esclama
solenne.
«Che schifo…» borbotta Puffy, muovendosi
appena sopra di me.
«Pensa se Patton avesse calpestato una cacca di cane prima
di entrare in casa» commenta Jim, indicando il punto in cui
il popcorn era
caduto, proprio accanto alla scarpa del cantante.
Bill sbuffa. «Non gli sarebbe mai successo, è
troppo
scaramantico per lasciare che una merda gli porti sfortuna!»
Mike lo fulmina con un’occhiataccia. «Guarda che
è il
contrario: porta bene, altro che sfortuna!»
«Ah, e scommetto che tu cerchi apposta le feci per strada
per calpestarle e avere fortuna» dice Bill con fare ironico.
«Che stronzi che siete!» gracchio, ma un sorriso
spunta sul
mio volto e sento che anche Puffy ride.
Gli tiro appena i capelli e lui apre gli occhi. Ci guardiamo
per un attimo e sorridiamo; sento che il mio amico è
contento di essere qui con
noi, anche se forse avrebbe preferito trascorrere la serata con la sua
fidanzata.
Da quando esce con Ivy, la ragazza dai dread colorati che ha
conosciuto l’estate scorsa, è notevolmente
più felice e sereno. Si nota che la
loro è una coppia molto affiatata, anche perché
Puffy è una persona molto buona
e dolce.
«Ivy che fa? Perché non l’hai portata
con te?» chiedo al
batterista.
«Cena con gli zii del Maryland o qualcosa del
genere»
replica tranquillo Puffy.
«Per fortuna noi ce la siamo scampata» bofonchia
Bill,
afferrando una manciata di patatine da una delle ciotole.
Mike lo imita e i due sgranocchiano rumorosamente,
sghignazzando e punzecchiando Jim.
Il padrone di casa stappa le lattine di birra e ce le
distribuisce, poi ci guarda uno per uno: ha un’espressione
pensierosa sul volto
dai lineamenti affilati, gli occhi scuri sono attenti e improvvisamente
seri
dietro le lenti degli occhiali da vista. I capelli lunghi e ricci gli
ricadono
sulle spalle in una matassa informe, conferendogli quell’aria
un po’ cupa che
da sempre lo contraddistingue.
«Che c’è?» chiedo curioso.
«Facciamo qualcosa. Che ne dite di confidarci i buoni
propositi per il nuovo anno? Lo so che Capodanno è tra una
settimana, ma chissà
se lo festeggeremo insieme…» spiega il chitarrista.
«Perché ci dovremmo fare gli uni i cazzi degli
altri?»
grugnisce Mike, poi pesca qualche popcorn dal contenitore in plastica.
«Beh… a te basta farti il cazzo
del tuo fidanzato,
non è vero? Guastafeste!» lo rimbecca Bill.
Mike si gira a guardarlo e lo spintona, rischiando di
buttarlo giù dal muretto del camino. «Attento a
come parli, Gould!»
«Piantatela» sbuffa Jim.
Ma Mike e Bill si sorridono divertiti, per poi scoppiare a
ridere.
Alzo gli occhi al cielo e mi arrotolo uno dei dread di Puffy
attorno all’indice sinistro. «Io ci sto!»
«Visto che l’hai proposto, comincia tu»
dice Puffy a Jim, la
voce assonnata ed evidentemente rilassata.
«Ehi, se cerca di addormentarsi, tiragli i capelli»
scherza
Bill, strizzandomi l’occhio.
«Certo» confermo.
«Okay… il mio buon proposito per l’anno
prossimo è
conquistare tantissime pollastre!» esclama il chitarrista.
«E battere il record
di questo bastardo» aggiunge, indicando Bill.
Il bassista sghignazza rumorosamente e incrocia le braccia
sul petto ampio. «Che illuso! Nessuno può battere
questo stallone, hai capito?»
«Staremo a vedere» ringhia Jim tra i denti.
«Ne hai anche uno più serio?» domanda
Puffy, risollevandosi
lentamente dalle mie ginocchia, improvvisamente interessato
all’argomento. Si
siede meglio accanto a me e appoggia il mento sui palmi delle mani,
scrutando
il chitarrista.
«Beh… non saprei. Avere successo con i Freaky
Pigs, credo.
Continuare a suonare…»
«E stare sempre con noi, vero?» lo punzecchia il
batterista,
sporgendosi per lasciargli un pizzicotto sul ginocchio.
Jim non replica e lo fissa. «Adesso tocca a te.»
Puffy si gratta la nuca e inclina la testa di lato, i
dreadlocks che gli scivolano sulle spalle esili coperte da
un’enorme felpa
verde oliva.
Sorrido, è veramente buffo e mi fa tenerezza, oggi
più del
solito.
«Allora… voglio che con Ivy vada bene, voglio
essere un
brav’uomo e un ottimo musicista» ammette il
batterista in tono serio.
Sento Bill ridacchiare. «Uomo, che
parolone!»
«Che stronzo» sussurro, sollevando il dito medio in
direzione del bassista. «Lascialo parlare, almeno lui ha
detto qualcosa di
serio e di bello. Vorrò vedere quando sarà il tuo
turno!»
Bill sbuffa e batte sulla spalla di Mike. «Certo che il tuo innamorato
è proprio permaloso! Non gliele insegni le buone
maniere?»
«Forse qualcuno dovrebbe insegnarle a te come io le insegno
a lui» lo gela il cantante, per poi rivolgergli un ghigno
intriso di malizia.
Avvampo e torno a fissare Puffy, il quale ha gli occhi scuri
sgranati.
«Non mi avete neanche cagato!» si rivolta,
lasciandosi poi
sfuggire un piccolo sbadiglio.
«Dai, scusa!» dice Bill, cercando di tornare serio.
«Mike, aggiungi un po’ di legna nel camino, fammi
il favore!
Io nel frattempo metto su un po’ di musica, qui è
un mortorio» dice Jim, mentre
si alza dal tappeto e si dirige verso un grosso altoparlante bluetooth
a
torretta, che sui lati ha immagini di spiagge assolate totalmente fuori
stagione.
Mike, il quale è più vicino alla cassetta della
legna, si
adopera per sistemare qualche ceppo tra le fiamme che non sono
più vivaci come
prima; intanto Jim aziona la cassa e collega il proprio cellulare. Poco
dopo,
nel salotto si diffondono le prime note di un’improbabile Jingle
Bells
in versione metal.
Aggrotto la fronte. «Che roba è? Potevi anche
evitare la
playlist natalizia…» commento.
«Che ne so? Qui mi dice che l’ha fatta un certo Rob
Lundgren…»
«Chi?!» chiediamo all’unisono io e Puffy,
scambiandoci
un’occhiata confusa, mentre Bill scoppia a ridere e Mike
impreca contro un
pezzo di legna che non ne vuole sapere di stare al suo posto.
«Dai, ragazzi, in fondo è divertente ascoltare le
playlist
trash di Natale, no?» chiede il bassista, annuendo in
direzione del chitarrista
che torna a sedersi accanto a noi.
«Io, nel dubbio, vado a pisciare» annuncia Mike,
allontanandosi
dal camino e scavalcando le lattine e le ciotole sparse sul tappeto.
Puffy osserva la legna e sbuffa. «Guarda che casino ha
fatto, sta pure uscendo il fumo!» Sospirando, si alza e si
accovaccia ad
attizzare il fuoco, rimediando al disastro combinato da Mike.
Sorrido tra me e me, impaziente di continuare a scoprire
quali sono i buoni propositi dei miei amici.
Intanto, pochi minuti dopo, parte una nuova canzone: All
I Want For Christmas Is You con tanto di chitarre distorte e
cantato in
growl. È terribile, tanto che tutti scoppiamo a ridere e
Puffy si sbatte il
palmo della mano sulla fronte, tornando a sedersi accanto a me
– adesso il
fuoco si è ripreso e scoppietta allegro grazie a lui.
Mike fa nuovamente il suo ingresso in salotto e solo in quel
momento mi accorgo di cosa indossa: un maglione rosso e verde molto
simile a
quello di Bill, ma quello del cantante ha una piccola M
ricamata sul
fiocco di neve bianco.
Sgrano gli occhi: non posso credere che anche lui abbia
deciso di indossare quell’orribile capo
d’abbigliamento, anche se devo
ammettere che ora mi viene una gran voglia di strapparglielo di dosso,
proprio
come ho fatto la prima volta in cui abbiamo fatto l’amore
poco meno di un anno
fa.
Sorrido, immergendomi per un attimo tra i ricordi: rivedo
mia nonna che mi consegna i maglioni natalizi da regalare ai miei amici
più cari,
rivedo le reazioni dei ragazzi quando glieli ho consegnati –
la sera del nostro
concerto di Natale alla pista di pattinaggio, evento organizzato dalla
scuola
di musica. Poi rivedo me stesso chiuso nel bagno del locale e mi pare
di
sentire ancora la dichiarazione che Mike ha fatto pur di farmi uscire
di lì e
stringermi finalmente a sé.
E infine rivivo per un istante il momento in cui mi ha
pregato di togliergli quel dannato maglione, perché
nonostante avesse messo una
t-shirt in cotone sotto, la lana gli pizzicava fastidiosamente la pelle.
Cerco il suo sguardo non appena torna a sistemarsi sul
muretto del camino.
Ci fissiamo intensamente, estraniati dal resto.
Mi inginocchio sul tappeto e mi sporgo verso di lui, baciandolo
lievemente sulle labbra. «Ho visto solo adesso il
maglione» sussurro.
Mike ghigna, una scintilla di malizia a illuminargli le
iridi scure e bellissime. «Sai cosa significa,
vero?» mi provoca.
Non mi dà il tempo di ribattere, che subito si rivolge agli
altri ed esclama: «Oh, che bel caldo che fa questo fuoco!
Sono stato bravissimo
ad attizzarlo!»
E mentre parla il mio cuore si infiamma, il mio corpo brucia
di desiderio, le mie guance si fanno ancora più rosse di
quanto già non fossero
per via della temperatura nella stanza.
Tuttavia, ci pensa Bill a smorzare subito il suo entusiasmo.
«Guarda che ha dovuto sistemarlo Puffy, tu hai saputo solo
affumicarci tutti!»
Mike mi rivolge un’ultima, languida occhiata, poi fa per
annusare l’aria. «Mmh… in effetti mi
sembra proprio di sentire puzza di salmone
affumicato» commenta.
«Oh, ma continuiamo o no a dirci i buoni propositi per il
nuovo anno?» cambia argomento Jim, mangiucchiando qualche
patatina.
Anche io prendo qualcosa da mettere sotto i denti e
sorseggio dalla mia lattina di birra, pronto ad ascoltare il prossimo
dei miei
amici.
«Roddy, vai tu» mi si rivolge Bill curioso.
«Io? Ma non sono pronto, non so cosa
dire…» farfuglio.
«Dai, non rompere le palle!» mi incoraggia Puffy.
«Caviglia d’oro ha ragione: non
rompere e parla!»
rincara ancora il bassista, utilizzando il nomignolo con cui a volte ci
rivolgiamo a Puffy.
«Mmh… vediamo…» Rifletto per
un attimo. «Mi vengono in mente
solo cose scontate e per cui mi prenderete sicuramente in
giro» ammetto un po’
imbarazzato.
«Tipo?» chiede Mike, sporgendosi per cercare i miei
occhi.
«Beh… che voglio essere migliore, meno geloso nei
confronti
del mio ragazzo. Che vorrei migliorare come tastierista
perché mi emoziono
troppo e sbaglio. E che vorrei fare della musica il mio
lavoro.»
Sono un fiume in piena e attorno a me, fatta eccezione per
le improponibili canzoni natalizie in versione metal, è
calato un rispettoso
silenzio.
«E vorrei migliorare come amico, come persona… e
vorrei
rendere orgogliose di me le persone che mi circondano, che mi
amano…»
Improvvisamente mi blocco, non perché volessi farlo, ma per
via di un inaspettato nodo in gola e di un leggero pizzicore agli
angoli degli
occhi.
Avverto la mano di Puffy stringersi appena sul mio
ginocchio, mentre Mike scivola al mio fianco sul tappeto e mi prende
tra le
braccia. Mi fa appoggiare la guancia sul suo petto e la lana del
maglione mi
punge la pelle, ma non vorrei essere in nessun altro posto in questo
momento.
Jim e Bill mi guardano e sorridono, di quel sorriso genuino
e gentile, sincero e amichevole, senza traccia di scherno sui volti.
In sottofondo, a smorzare l’atmosfera idilliaca, parte una
raccapricciante versione di Last Christmas che
lascia tutti spiazzati.
Ci scambiamo sguardi perplessi, poi scoppiamo tutti a ridere
e le lacrime che minacciavano di sgorgare dai miei occhi per via
dell’emozione
di poco prima sfuggono al mio controllo.
«Ma spiegatemi i vuoti strumentali di questi tizi!»
esclama
Jim.
«Oddio, ma perché accelerano a caso?»
sbotto io,
asciugandomi le guance con le mani.
«Povero George Michael, secondo me è morto a
Natale dopo
aver ascoltato quest’aborto!» commenta Bill, tra
una risata e l’altra.
Mike, intanto, mi accarezza piano i capelli e porta i
polpastrelli sotto il mio mento, sollevandolo per potermi guardare per
un
attimo in viso.
Gli sorrido con fare rassicurante, ma nelle sue iridi scorgo
un velo di preoccupazione.
«Tutto a posto?» mormora.
Annuisco e gli regalo un altro sorriso.
«Tranquillo.»
Mi sento sfiorare la spalla e mi scosto da Mike, voltandomi
in direzione di Puffy.
Lui mi lancia un’occhiata intrisa di dolcezza. «Sei
già fantastico
così, amico, non devi migliorare per niente» dice.
«Tutti possiamo sempre migliorare, non sarò mai
perfetto.
Però voglio fare il possibile per non deludervi»
ammetto e la voce mi si spezza
ancora.
Puffy si sporge per darmi un breve abbraccio, poi punta il
dito contro Bill. «Sentiamo il nostro adorato Rapunzel
cos’ha da dire!»
Il bassista ridacchia e si sfiora i capelli. «Li ho pure
tagliati, la treccia da principessa non esce più!»
«Allora direi che uno dei tuoi buoni propositi è
farli
ricrescere, altrimenti va a finire che Jim batterà davvero
il tuo record di
conquiste!» esclamo.
«Cazzo, hai ragione! Bene, allora… proposito
numero uno: far
ricrescere questi stronzetti dei miei capelli. Proposito numero due:
farmi fare
la treccia da Roddy con il suo – ormai mio –
elastico con il fiocco di neve.»
Ride forte e noi lo seguiamo a ruota.
«Terzo proposito: conquistare più pollastre di Jim
Martin.»
«Sogna, fratello, sogna…» lo canzona il
chitarrista, finendo
di bere la sua birra.
«Un proposito serio adesso» lo incoraggia Puffy.
Mike si muove appena al mio fianco e torna a sedersi sul
muretto del camino. «Mi fa male il culo a stare su questo
tappeto» bofonchia.
Stavolta, per averlo un po’ più vicino e
permettergli di
lasciarmi ancora lievi carezze fra i capelli, mi accosto a lui e mi
siedo tra
le sue gambe, appoggiando la nuca sulla sua pancia e stendendo i piedi
verso
Puffy.
Mollo inavvertitamente un calcio al batterista e lui, per
dispetto, tira uno dei miei lacci, slegandomi la scarpa.
«No, Puffy, cazzo! Detesto questa cosa!» mi
lamento,
fulminandolo con lo sguardo.
Intanto, dalla cassa bluetooth di Jim fuoriescono le note di
We Wish You A Merry Christmas, sempre parte della
playlist al limite
dell’osceno che allieta la nostra serata natalizia.
«Oddio che brutta cosa, ma veramente c’è
gente che ha il
coraggio di pubblicare questa roba?» sbraita Mike.
Mi stringo nelle spalle. «A quanto pare…»
Sento le dita del mio ragazzo sulla guancia, poi le sposta a
solleticarmi il collo e io sobbalzo per i brividi e
un’improvvisa risatina
provocata da quel tocco leggero.
«Comunque, a parte questa canzone di
merda…» Bill attira
nuovamente l’attenzione su di sé. «Il
mio proposito serio è diventare maturo e
responsabile.»
Puffy alza gli occhi al cielo. «Allora aspetta e spera, per
questo ti ci vorrà almeno tutta la vita!»
«Secondo me neanche gli basta» rincara Jim, dando
un
colpetto sul braccio del bassista.
«Grazie per la fiducia, eh, brutti stronzi!»
«Lo sai che ti vogliamo bene, no?»
Bill mi guarda e sorride. «Roddy, tu sei l’unico a
cui
credo! E comunque, adesso tocca a Patton!»
Ridacchio e mi rigiro appena, portando gli occhi sul viso
del mio ragazzo. Osservo per bene i suoi lineamenti marcati, le ciglia
lunghe,
i capelli scuri e disordinati che gli circondano il viso.
È veramente bellissimo, anche perché sta
sorridendo e sulle
sue guance si sono formate due deliziose fossette che mi fanno venire
voglia di
mordicchiarle.
«Beh… io non ho propositi per l’anno
prossimo. Non so
neanche se sono vivo domani, che cazzo me ne frega?»
«Ecco qua, c’era da aspettarselo!»
commento, pizzicandogli
appena la coscia.
«Okay, dicci qualcosa di nuovo ora.» Bill lo fissa
serio,
anche se i suoi occhi scintillano di malizia e curiosità.
Mike sospira e ridacchia appena. «Mmh,
vediamo…»
Tuttavia, proprio in quel momento, dalla cassa bluetooth si
diffonde l’inizio di una nuova canzone che attira la nostra
attenzione.
Ascoltiamo per alcuni secondi, poi tutti rimaniamo senza
parole.
Jim sbircia sullo schermo del suo cellulare e aggrotta la
fronte. «Ragazzi…»
«Jim?» sussurra Puffy.
«Sono i Guns N’ Roses.»
«I Guns N’ Roses» ripeto. «Che
fanno White Christmas»
aggiungo.
Ci guardiamo perplessi e non abbiamo neanche la forza per
scoppiare a ridere, perché il brano in sottofondo sta
letteralmente scorticando
i nostri timpani.
«Bene» afferma Mike, mettendosi lentamente in
piedi. «E dopo
quest’abominio targato Axl Rose, direi che posso andare a
suicidarmi.»
Esce dalla stanza e solo in quel momento mi rendo conto che
ha elegantemente evitato di rivelarci quali sono i suoi buoni propositi
per il
nuovo anno. Evito di farlo notare agli altri, perché so che
comincerebbero a
fare battute; conosco Mike e so che non gli piace essere forzato ad
aprirsi se
non è lui a volerlo fare.
Mi alzo goffamente e sento le giunture un po’ atrofizzate
per via della postura prolungata sul tappeto; tuttavia, quando cerco di
camminare, inciampo sui lacci della scarpa che Puffy ha slacciato poco
prima e
rischio di cadergli addosso.
Il batterista ridacchia e mi aiuta ad annodare nuovamente le
stringhe, rivolgendomi un ghigno divertito.
«Oh, guardate!» strepita Bill, il viso rivolto in
direzione
della finestra.
Mi accosto per vedere meglio e mi accorgo che piccoli e
fragili fiocchi di neve stanno scendendo giù dal cielo. Il
mio cuore sobbalza e
si gonfia di felicità, perché aspettavo quel
momento ormai da settimane e le previsioni
del tempo non mi hanno lasciato ben sperare.
Entusiasta, esco di corsa dal salotto e mi dirigo
all’ingresso, deciso a infilarmi giubbotto e sciarpa per
uscire a godermi lo
spettacolo. Non importa se sembrerò un bambino o se nessuno
vorrà venire con
me, questo è uno degli eventi che mi emozionano di
più e non me lo perderò per
niente al mondo.
«Chi viene con me a vedere la neve?» grido.
Dal salotto provengono grugniti contrariati, poi Bill
strilla: «Non abbiamo voglia di congelarci il culo per due
stupidi fiocchetti
bianchi!»
«Arrangiatevi, siete degli amici di merda!» replico
a voce
alta.
Abbasso la maniglia e faccio per uscire sul pianerottolo, ma
qualcuno mi afferra per il polso e mi costringe gentilmente a voltarmi.
Incrocio gli occhi scuri e intensi di Mike: ha un sorriso
appena accennato sulle labbra e indossa già il giaccone
invernale.
«Vieni con me?» chiedo speranzoso.
«Certo, andiamo.»
Ridendo come due bambini, ci precipitiamo giù dalle scale e
raggiungiamo in fretta l’enorme spiazzo in cemento su cui si
affaccia la
palazzina in cui abita Jim.
Mi guardo intorno e il ricordo di quello stesso luogo
risalente a sei mesi prima mi colpisce: era il primo luglio, io avevo
appena
compiuto vent’anni e Jim mi aveva concesso di organizzare la
mia festa proprio
lì. Certo, ben presto gli sbirri erano passati a distruggere
l’idillio, però ci
eravamo divertiti ed era stato tutto magnifico nella sua imperfezione.
Io e Mike ci fermiamo poco distanti dal portone d’ingresso e
stiamo uno accanto all’altro, le mani affondate nelle tasche
e il naso per
aria.
«C’è un freddo assurdo»
sibilo, spostando il peso da un
piede all’altro.
«Sei voluto uscire tu» mi fa notare Mike,
voltandosi a
guardarmi.
Ricambio l’occhiata, portando fuori una mano dalla tasca e
voltando il palmo verso l’alto; poco dopo un fiocco di neve
si infrange sulla
mia pelle e la brucia appena, per poi sciogliersi in fretta.
«Mike?» mormoro.
«Che c’è?»
«Voglio sapere almeno uno dei tuoi propositi per
l’anno
prossimo.» Lo dico piano, senza nutrire troppe speranze
perché lo conosco
abbastanza da sapere che non sempre è semplice estorcergli
delle confessioni.
Lui, tuttavia, sembra rilassato e tranquillo. Afferra la
mano che ancora tengo sollevata e la stringe forte nella sua,
strattonandomi appena
per attirare meglio la mia attenzione.
Concentro i miei occhi nei suoi e li trovo ancora più
intensi, caldi, penetranti. Mi ipnotizzano e mi fanno sentire al
sicuro, ma
allo stesso tempo mi intimoriscono perché non so mai cosa
aspettarmi da lui
quando assume quell’espressione così piena.
«La musica sarà sempre al primo posto per me.
Questo lo sai,
te l’ho detto dal primo giorno. L’ho messo in
chiaro e non voglio che ci siano
mai equivoci o fraintendimenti» comincia, senza mai staccare
le iridi dalle mie.
Annuisco, queste sono cose che so già da tempo e che ho
accettato senza problemi. Non so dove voglia arrivare, però
lo lascio
proseguire mentre noto che la neve si intensifica appena, incastrandosi
tra i
suoi capelli e sulle pieghe del giubbotto che indossa.
«Però, Roddy, voglio dirti che il mio proposito
per il nuovo
anno è solo uno.» Fa un’altra pausa, lo
sguardo sempre più denso e quasi
difficile da sostenere.
Trattengo il fiato, ho paura che stia per dire una delle sue
solite stronzate, fare una di quelle battute tipiche di Mike, di quelle
che
rovinano l’atmosfera e che spiazzano chi lo circonda.
«Voglio imparare ad amarti, a darti davvero tutto me stesso.
Perché non te l’ho mai detto, non riesco a dirtelo
e a volte ho il dubbio di
non essere capace. La verità è che ho sempre
pensato di non meritarti, cazzo.
Ti rendi conto?»
Ed è così dolce l’intensità
con cui pronuncia quelle parole,
è così tenero il modo duro in cui stringe
maggiormente le dita attorno alle
mie…
Faccio un passo avanti e infilo l’altra mano nella tasca del
suo giubbotto, intrecciandola alla sua in quell’anfratto
caldo e morbido.
Tengo ancora lo sguardo fisso nel suo e gli sorrido, non
riesco a evitarlo perché mi sento commosso e felice come non
mai.
«Hai detto delle cose bellissime» sussurro,
sporgendomi per
baciarlo lievemente a fior di labbra.
«Ah sì? Lo pensi davvero?»
«Davvero.»
Mike sfila la mano dalla tasca e mi passa il braccio dietro
la schiena, attirandomi a sé e abbracciandomi stretto.
Ricambio con trasporto e
insieme a lui mi godo la neve che cade placida su di noi, sicuro e
protetto dal
suo calore e dal suo amore.
Perché io sento che mi ama, anche se non me l’ha
mai detto e
se ha un modo tutto suo di dimostrarmelo. Lo sento in ogni suo gesto,
lo scorgo
in ogni suo sguardo, lo intravedo in ogni battuta e in ogni grugnito
che si
lascia sfuggire quando gli faccio qualche scenata di gelosia.
Lo respiro nel suo respiro quando facciamo l’amore, lo
riconosco
nella passionalità con cui si fa largo nel mio corpo e nella
delicatezza con
cui mi accarezza.
«Mike…» esalo, affondando il viso
nell’incavo del suo collo.
«Ehi.»
«Grazie.»
Ridacchia. «Prego.»
Sollevo il capo e lo guardo, un broncio dipinto sulle mie
labbra. «Non mi chiedi neanche perché?»
Lui mi pizzica la guancia e sorride. «Mmh…
perché?»
Alzo gli occhi al cielo. «Stronzo.»
«Dai! Perché mi ringrazi?»
«Perché mi hai accolto nella tua vita»
spiego.
«Beh, anche tu mi hai accolto nella tua. E ce ne vuole di
coraggio!» esclama, lasciandosi sfuggire una risata limpida e
dolce.
Lo abbraccio ancora una volta, più forte che posso,
lasciandogli piccoli baci sul viso e fra i capelli tempestati di
fiocchi
bianchi.
«Ti amo» mi lascio sfuggire, perché per
me è naturale
esternare come mi sento quando sono con lui.
Mike mi guarda dritto negli occhi e non ho idea di cosa
scorge nelle mie iridi blu, spero soltanto che possa rendersi conto di
quello che
provo nei suoi confronti, perché le parole non sanno mai
esprimerlo appieno.
«Sai, Roddy, penso che per me sia lo stesso. Altrimenti non
mi sarei mai messo questo fottuto maglione che pizzica. È
una tortura» ammette,
agitandosi un poco contro di me.
Rido e gli regalo una carezza sulla guancia. «Che ne dici se
torniamo dentro e ce ne sbarazziamo?» propongo, facendomi
malizioso.
I suoi occhi si accendono di una scintilla pericolosa,
quella che mi fa subito comprendere che siamo sulla stessa lunghezza
d’onda.
«E la neve?» domanda con fare innocente, anche se
so che non
gli importa davvero.
«Ormai l’ho vista. E poi qua fuori si
gela!» concludo,
avvolgendogli la vita con un braccio e trascinandolo con me verso il
portone.
In quel momento ripenso alle sue parole e mi rendo conto che
è stato davvero dolce, perché ha cercato di
donarmi se stesso e di farmi capire
quali sono i suoi sentimenti per me.
Forse non pronuncerà mai quelle parole che io probabilmente
dico con troppa leggerezza, ma da ogni suo gesto traspare
l’amore che lo lega a
me.
Siamo ormai sul pianerottolo, pronti per rientrare in casa e
per buttarci a letto – decisi a ignorare i nostri amici
almeno per un po’;
tuttavia, quando mettiamo piede nell’appartamento, i ragazzi
subito ci assalgono
e ci trascinano nuovamente con loro in salotto.
«Che vi prende?» chiede Mike contrariato.
«Siete pronti per il karaoke?» strilla Bill.
Io e Mike ci scambiamo un’occhiata sconsolata, coscienti che
la serata sarà ancora lunga e che in fondo non ci va di
isolarci proprio ora.
«E va bene» concede il mio ragazzo.
«Prima, però, vado a
togliermi questo cazzo di maglione!»
♥
♥
♥
Prompt per il
contest di Pampa: fuoco nel camino.
Prompt per la
challenge di Laila: [Inverno] Famiglia -
Fluff / Natale in famiglia.
Prompts per la challenge
di Juriaka:
- 11. Le cose che hai detto quando eravamo sulla cima del mondo
- 20. Le cose che hai detto quando eravamo più felici di
quanto non fossimo mai stati
- 26. Le cose che hai detto tenendomi la mano
- 45. Le cose che hai detto durante il nostro primo Natale passato
insieme
Carissimi
lettori, eccomi qui con una nuovissima storia sui
miei adoratissimi Faith No More nel FreakyPigs!AU *___*
Devo subito
spiegare alcune cose perché i giudici di
challenge/contesta a cui questa storia partecipa non conoscono il
fandom, né
tantomeno le mie idee malsane a proposito di esso.
Partiamo con
i componenti della band. I Faith No More, in
base alla formazione storica, sono: Mike Patton – voce; Bill
Gould – basso; Jim
Martin – chitarra; Mike “Puffy” Bordin
– batteria; Roddy Bottum – tastiere.
Questa
formazione non è quella attuale, perché Jim
Martin
lasciò la band nel 1993, ma questo non è
funzionale alla trama di questo
racconto ^^
In questo
mio personalissimo AU i Faith No More non sono
altro che una band di ragazzini, formatasi all’interno della
scuola di musica
che frequentano e che hanno deciso di chiamarsi Freaky Pigs. Infatti,
l’immagine riportata in alto alla storia subito sotto il
titolo, rappresenta il
logo della band ed è stato creato da me – non
è granché, lo so, ma non sono
certo una grafica ahahahahah!
Passiamo ai
vari nomignoli che avete trovato (ho cercato di
spiegarli anche all’interno del testo, ma meglio essere
precisi).
Caviglia
d’oro: appellativo con
cui i membri dei
Freaky Pigs si rivolgono a Puffy per via delle sue grandi
capacità con la
grancassa della sua batteria.
Rapunzel: affibbiato da Mike
a Bill durante la festa
del compleanno di Roddy, perché il tastierista aveva appunto
intrecciato i
capelli del bassista in una lunga treccia.
Bambolina: vezzeggiativo con
cui Mike si rivolge a
Roddy.
Tutti e tre
questi nomignoli appartengono esclusivamente a
questo mio AU, mentre Puffy (soprannome del batterista Mike Bordin)
è un modo
reale con cui i Faith No More chiamano da anni e anni il batterista,
per via
della sua capigliatura afro. Il nome fu coniato da Jim Martin.
Altri
eventuali riferimenti ad altre mie storie sono stati
spiegati durante il racconto – come la faccenda dei maglioni
fatti dalla nonna
di Roddy e del modo in cui lui e Mike si sono
“dichiarati” i reciproci
sentimenti.
Per quanto
riguarda invece le STUPENDE (???) canzoni che i
ragazzi hanno ascoltato durante la serata, ecco a voi di seguito i link
a cui potete
ascoltare queste perle e ammazzarvi i neuroni come me li sono ammazzati
io
mentre scrivevo e le cercavo:
Jingle
Bells
All
I Want For Christmas Is You
Last
Christmas
We
Wish You A Merry Christmas
White
Christmas (non ho potuto
evitare di inserire i Guns N’ Roses,
visto che i Faith No More, oltre a essere stati in tour con loro come
gruppo
spalla, li hanno sempre perculati… era una tentazione
irresistibile per me XD)
Ultimissimo
appunto: il titolo della storia è tratto dal
brano Surprise!
You’re dead! Dei FNM; il verso
originale è “welcome home
my friend”, ma mi piaceva l’idea di metterlo al
plurale perché ho raccontato di
un gruppo di amici :D
Penso di
aver detto tutto, mi scuso se queste note sono
state chilometriche, ma ci tengo sempre a rendere accessibile a tutti
le mie
storie anche quando sono su un qualche fandom ^^
Grazie a
tutti coloro che hanno trovato il coraggio di
arrivare fin qui, mi auguro di non avervi annoiato troppo ^^”
Un grazie
speciale va ai giudici che mi hanno accolto nelle
loro splendide iniziative: siete stati di grandissima ispirazione per
me, anche
perché mi avete dato modo di scrivere di questo gruppo di
amici, oltre che
sulla mia OTP Suprema, ovvero la Pattum (RoddyxMike) *___*
Alla
prossima e buone feste a tutti ♥
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