Since You Came Along

di Relie Diadamat
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 Since You Came Along
 
 


 
I. Capodanno



Il cielo di Londra sembra la tavolozza di un pittore pazzo.
Le acque scure del Tamigi si dipingono d’oro, di rosso e di blu. Quei colori sono ovunque, tra le strade innevate della metropoli, sui muri dei palazzi e sulle teste dei passanti. Rubano lo spettacolo alle stelle, fisse, che splendono ancora ma che nessuno osserva.
Quei colori si adagiando anche sul volto di John. Un volto pulito, due occhi attenti a catturare quell’esplosione rumorosa, mentre il freddo si fa strada sotto ai vestiti.
Stringe con più forza il flute ricolmo di spumante nella mano e Sherlock deduce rapidamente che stia pensando a sua sorella. Un’ ombra scura cala sulle labbra screpolate, rendendo meno sognante l’espressione sul suo viso.



Afghanistan.




Il cielo di Londra è meraviglioso, ma Sherlock non si scomoda a guardarlo nemmeno per un secondo. Le sue iridi sono puntate su John. Tentano di scavare nel profondo, di vedere le cose che non possono catturare.
 




 
Com’era il Capodanno senza me, John?
Come lo trascorrevi?
A chi pensavi, scoccata la mezzanotte?




 
 
Vorrebbe conoscere quelle risposte.
Vorrebbe che gli appartenessero.
 


A Sherlock non è mai importato tanto, di quelle feste. La gente ride, si raduna, si bacia e balla per tutta la notte. La gente è felice.
Sherlock, tutta quella magia, non l’ha mai percepita. È sempre stato uno spettatore passivo, non ha mai avuto una mano da stringere o un bicchiere di champagne  da far tintinnare contro un altro. Si è sempre sentito fuori posto.
Ma adesso c’è John e tutto quel vuoto, che ha sempre avvertito all’interno, un po’ scompare.
Comincia a fargli paura, quel John Watson. Comincia a temere l’effetto che ha su di lui, il modo in cui riesce a renderlo esposto anche ora che si volta, gli dedica un sorriso sincero e solleva il flute.
 



Ha paura, Sherlock Holmes, perché quel breve e insignificante attimo lo rende stranamente felice. Perché è la prima volta, in tutta la sua vita, che riesce a comprendere la parola casa.



 
Casa è John che gli augura buon anno. È John che osserva i fuochi d’artificio come un bambino cresciuto troppo presto. È John, che non fa assolutamente nulla, se non restare in piedi al suo fianco e regalargli uno sguardo.
 



Il cielo di Londra è obiettivamente meraviglioso, eppure Sherlock preferisce analizzare ciò che sta accadendo nel salotto del 221b di Baker Street: il legno nel camino brucia, il teschio sulla mensola se ne sta zitto al suo posto, una bottiglia di spumante è abbandonata sulla scrivania.
«È meraviglioso, non trovi?»
Sherlock pronuncia quelle parole distogliendo lo sguardo dal suo blogger, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
John sbuffa una risata, le gote un po’ arrossate per l’alcol. «Non pensavo ti piacessero questo genere di cose».
«Sono solo obiettivo», replica per troncare il discorso sul nascere. Teme che John vorrebbe trovarsi altrove, che sogni aspettative più alte. Innalza il muro del silenzio e si gode la sua presenza.
Per una ragione a lui ignota, basta così.




 
Dovrei aggiornare altro, ma mentre osservavo i fuochi d'artificio... Ho pensato a questa cosa. 
Questo periodo è un po' particolare, ma giuro che troverò il tempo per aggiornare/finire tutto. Non potevo iniziare l'anno senza Sherlock e John.
Intanto, ringrazio chiunque abbia letto fin qui.
Buon inizio.




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