The Ghost and
the Reaper (prima parte)
Lifeless in my
arms
Fallen for my charms
Dark tale of a
dark love
Poetry of poison
The Ghost and the Reaper
Grim verse from
a grim soul
History of heartless
The dream and the dreamer
Sour words from
a sour heart
Hollow and so hopeless
The scream and the screamer…
(“The Ghost and the Reaper” – The Dark Element)
Le navi vichinghe si
stavano dirigendo verso Kattegat, era finalmente giunto il momento della verità
e i norreni erano molto soddisfatti, certi che l’armata che avevano riunito
avrebbe spazzato via Ivar e i suoi senza alcun problema.
Bjorn e Lagertha si
trovavano sulla nave che guidava la flotta, insieme ai loro uomini e
all’esercito di Re Harald; Ubbe e Torvi erano su un’altra nave insieme a
Hvitserk, Aethelred e il contingente delle truppe danesi che avevano scelto di
accompagnarli. Seguivano le altre navi su cui erano imbarcati i soldati Sassoni
e altri vichinghi che erano stati ben lieti di seguire Bjorn La Corazza nella
sua nuova impresa. In totale si trattava di una flotta di più di venti navi che
incuteva timore già solo a vederla passare…
Hvitserk aveva voluto
che Aethelred viaggiasse con lui invece che con il suo esercito, che era stato
affidato al comando di un altro capitano dell’esercito sassone. Il viaggio,
tuttavia, perlomeno nelle sue prime fasi divenne un incubo per il povero
Principe che non era mai salito su una nave in tutta la sua vita e trascorse i
primi due giorni in preda a un terrificante mal di mare. La cosa più atroce era
che, comunque, non poteva scendere e
quindi il malessere continuava a tormentarlo, giorno e notte, ora dopo ora,
senza dargli tregua, tanto da fargli pensare che si sarebbe volentieri gettato
in mare e avrebbe cercato di raggiungere Kattegat a nuoto. Non aveva sofferto
così tanto nemmeno quando era stato avvelenato! E pensare che il mare non era
nemmeno troppo agitato, visto che si era in primavera e i vichinghi avevano
avuto la fortuna di non imbattersi in qualche tempesta…
Ma per Aethelred era
comunque un lungo incubo nero!
Il terzo giorno,
fortunatamente, il malessere iniziò a passare e il povero giovane riuscì a
rendersi conto di dove si trovasse, come e perché. Hvitserk gli era stato
sempre accanto e aveva rimproverato con decisione chiunque si fosse permesso di
ridere del mal di mare del suo Aethelred. Il Principe, tuttavia, pur nel suo
obnubilamento, si era reso conto del fatto che stava facendo una figura ben
poco eroica e che questo lo avrebbe fatto apparire ancor meno degno di stare
accanto a un figlio di Ragnar. Anche dopo che la nausea passò, Aethelred era
comunque molto debole e non riusciva a reggersi in piedi.
“Sono solo un peso
per voi, altro che aiutarvi a riconquistare Kattegat” si lamentò con Hvitserk,
non appena riuscì a trovare la forza di mettere due parole in fila. “Dopo
avermi visto così chi mai sarà disposto a seguirmi in battaglia? Altro che
guerriero, sono inutile e ti ho costretto a occuparti di me, mi dispiace…”
“Oh, beh, tanto non è
che avessi chissà cosa da fare!” scherzò il vichingo. “Il viaggio durerà ancora
tre giorni, forse meno se i venti saranno favorevoli, ma finché non saremo
giunti presso Kattegat non ci sono molti posti dove andare né cose da fare,
siamo su una nave, punto. E il fatto che ti sia sentito male non significa che
tu non sia comunque un grande guerriero, vuol dire solo che non avevi mai
viaggiato per mare. Credi che non sia capitato anche ad altri vichinghi?”
“Cerchi solo di farmi
sentire meglio” replicò Aethelred. “I vichinghi non soffrono il mal di mare,
sarebbe ridicolo!”
“Guarda che non è che
nasciamo su una nave! E’ vero, iniziamo a viaggiare per mare quando siamo
ancora dei ragazzini e quindi ci abituiamo subito, ma il primo viaggio è
difficile per tutti, cosa credi? Qualcuno è più fortunato, qualcuno meno… ma ti
posso assicurare che anche molti dei guerrieri che vedi qui hanno vomitato le
budella il primo giorno di mare aperto. Ora fanno i gradassi e fanno finta di
non ricordarlo!” rise Hvitserk.
Aethelred non
sembrava molto convinto, ma poi si accorse che, effettivamente, gli altri
vichinghi non lo trattavano con disprezzo come lui temeva. E’ vero, qualcuno
aveva riso i primi due giorni vedendolo in quelle condizioni ma, ora che si era
ripreso, era come se avesse superato una prova importante e questo li spingeva
a considerarlo ancora di più uno di loro.
Intanto la flotta era
sempre più vicina a Kattegat e questo iniziò a provocare delle discussioni tra
i fratelli, che non erano d’accordo su come affrontare Ivar e i suoi. Quando
Kattegat era a poco più di un giorno di navigazione, i figli di Ragnar si
riunirono per discutere della strategia da adottare.
“Non abbiamo bisogno
di alcuna strategia” tagliò corto Bjorn, che aveva già deciso per tutti senza
consultarsi con nessuno. “La nostra flotta è potentissima e abbiamo un’armata
formata da ben quattro eserciti diversi. Ivar non ha nessuna possibilità contro
di noi, sbarcheremo e attaccheremo.”
Ubbe, sempre
prudente, non era d’accordo.
“Ivar sarà pure
impazzito, ma non è uno sciocco ed è sempre stato il miglior stratega tra tutti
noi” obiettò. “Credi forse che non abbia messo alcuni suoi uomini di guardia
per avvistare le navi nemiche? Se ci dirigiamo direttamente contro Kattegat,
daremo a Ivar il tempo di allestire le sue difese, perché lui saprà che stiamo
arrivando con almeno mezza giornata di anticipo. E magari, chissà, potrebbe
aver già messo in conto il nostro attacco e aver pensato a un piano di difesa
fin dallo scorso inverno.”
“No, questo non lo
credo” intervenne Hvitserk. “Lo scorso inverno, quando io sono partito da
Kattegat, Ivar parlava di trovare degli alleati per poi invadere e razziare in
Inghilterra. Non pensava a difendersi, bensì ad attaccare.”
“Un motivo in più per
essere prudenti” ribadì Ubbe. “Ivar potrebbe aver già trovato gli alleati che
cercava e avere un esercito grande quanto il nostro. Dovremmo sbarcare in una
rada prima di Kattegat e proseguire a piedi con gli eserciti, così le spie di
Ivar non potranno sapere niente delle nostre navi e non sapranno che stiamo
arrivando finché non piomberemo loro addosso.”
“Se la pensi così,
Ubbe, nessuno ti impedisce di fare quello che vuoi” ribatté secco Bjorn. “Ferma
la tua nave nella prima insenatura che trovi e raggiungici con i tuoi quando
noi avremo già conquistato Kattegat!”
“Non mi sembra il
caso di dividerci proprio adesso, non vi pare?” riprese Hvitserk, cercando di
mettere pace. Aveva già vissuto una situazione simile tempo prima e non voleva
ripeterla. Se si fossero divisi, lui avrebbe dovuto ancora una volta decidere
quale fratello seguire… “Ubbe ha ragione, forse sarebbe meglio essere prudenti,
con Ivar non possiamo mai sapere. Ma ha ragione anche Bjorn, perché non abbiamo
mai avuto un esercito così immenso. Se anche Ivar allestisse una difesa, non
avrebbe scampo contro di noi.”
“Dunque proseguiamo
come ho detto io? Sei d’accordo, Ubbe?” domandò Bjorn.
Ubbe probabilmente
non era del tutto d’accordo, ma neanche a lui piaceva l’idea di separarsi dagli
altri, era meglio avere l’armata al completo per affrontare Ivar, che fosse
arrivando via mare o via terra.
“Sì, andiamo avanti
come vuoi tu, Bjorn” concesse il vichingo.
E così fecero. La
flotta proseguì la navigazione e nel pomeriggio del giorno seguente approdò in
un’insenatura vicina alla baia di Kattegat, separata dalla cittadina solo da un
versante collinare.
Ubbe, tuttavia, non
aveva avuto tutti i torti a pensare che Ivar, paranoico com’era, avesse messo
delle guardie a presidiare i confini della cittadina. Un gruppo di uomini e shieldmaiden vide lo sbarco della flotta
e si affrettò ad andare a comunicare al sovrano che i nemici erano appena
arrivati.
“Si tratta di un
esercito molto grande, sono uomini di Bjorn e Lagertha, ma c’è anche un
esercito straniero, credo formato da Sassoni” disse una delle spie. “Ho visto
anche Ubbe e Torvi e un comandante che non conosco, dev’essere lui il sassone
che guida l’esercito.”
“E non è una bella
notizia, questa?” replicò Ivar, che sembrava più compiaciuto che preoccupato
per l’arrivo dei suoi avversari. “I Sassoni mi temono così tanto che hanno
voluto precedermi e si sono alleati con i miei fratelli per combattermi prima
che sia io ad invadere le loro terre. Anche in Inghilterra conoscono la mia
potenza e la forza del mio esercito!”
Le guardie di Ivar
parevano non condividere l’entusiasmo del loro Re. Si guardarono perplesse
prima di continuare a riferire ciò che avevano visto.
“Mio signore, si
tratta di un’armata davvero molto
grande” ribadì un soldato. “Come ho già detto ci sono più eserciti riuniti
insieme, gli uomini di Bjorn, Lagertha e Ubbe sono riusciti ad allearsi con l’esercito
di Re Harald, c’è anche lui. Poi c’è il contingente sassone e anche delle
truppe di Danesi e… ho visto anche tuo fratello tra i nemici.”
“Quale fratello? Ne
hai già nominati due” fece Ivar, con un sorriso soddisfatto che faceva capire
quanto bene avesse già compreso la situazione. “Hvitserk, vero? Non è una
sorpresa per me, me lo sono aspettato dal giorno stesso in cui è scappato da
qui. Sapevo che mi aveva tradito, che era tornato strisciando a chiedere
perdono a Ubbe e Bjorn e che, prima o poi, sarebbe tornato per combattermi. No,
non è una sorpresa per me, ma la sorpresa la farò io a loro!”
Gli occhi di Ivar
scintillavano. Le sue guardie pensarono, non per la prima volta, che il loro Re
non ci stesse proprio tutto con la testa…
“Mio signore, so che
le difese di Kattegat sono formidabili e che tu hai sicuramente un piano
strategico per intrappolare i nemici, ma… ecco, tu non hai visto quant’è grande
questa armata. Come ho detto, si tratta di almeno quattro eserciti diversi che
si sono uniti per conquistare la città…”
“Va bene, ho capito
benissimo” Ivar interruppe la shieldmaiden
che aveva parlato e le sorrise, parlando in tono mellifluo e condiscendente. “Una
grande armata, un’armata immensa, ci sta minacciando. I miei fratelli hanno
trovato il modo di mettersi d’accordo pur di combattermi, sto per incontrare il
mio fato, finalmente! Ma anche loro stanno per incontrare il proprio. Un’armata
è grande e imbattibile se resta unita, ma cosa succederebbe se riuscissimo a
dividerla?”
Ancora una volta gli
informatori di Ivar si scambiarono sguardi perplessi.
“Oh, i miei fratelli
non si aspettano neanche lontanamente quali sorprese io abbia in serbo per loro…
per quel traditore di Hvitserk, principalmente, ma anche per tutti gli altri!” rise
Ivar, molto sicuro di sé e per nulla impensierito dalle notizie che le sue spie
gli avevano portato. Sembrava, anzi, che fosse felice di poter finalmente dare
una lezione ai fratelli che lo avevano sempre disprezzato. Adesso avrebbero
capito quanto valeva, avrebbero capito che lui era un dio e che loro erano
folli a cercare di contrastarlo!
Già, erano loro ad
essere folli, certo…
Intanto Bjorn e gli
altri avevano lasciato i soldati ad allestire l’accampamento e a preparare le
tende e avevano risalito il pendio dal quale potevano avere una perfetta
visuale di Kattegat, delle sue fortificazioni, delle difese approntate da Ivar.
“La città è ben
difesa, saprà sostenere un assedio” commentò Ubbe. Non voleva dire a Bjorn Te l’avevo detto ma, insomma, lui in
effetti glielo aveva detto! “Sono sicuro che Ivar abbia saputo in tempo che
stavamo arrivando e che stia approntando anche delle trappole.”
“Faccia pure, non ci
spaventa” ribatté Bjorn, la cui sicumera rivaleggiava con quella di Ivar. “Abbiamo
moltissimi soldati, accerchieremo Kattegat da ogni parte e, una volta penetrati
in città, Ivar non avrà scampo.”
“Ubbe, tu dovrai
restare a riposo, non sei ancora in condizioni di combattere” disse Torvi al
marito. “Io e Lagertha resteremo con te nell’accampamento e, del resto, qualcuno
dovrà rimanere a proteggere i nostri figli.”
“Non preoccuparti,
Ubbe, ce la caveremo anche senza di te” scherzò Hvitserk, cercando di tirare su
il morale al fratello che continuava ad essere preoccupato per ciò che Ivar
avrebbe potuto fare e dispiaciuto di non poter dare il suo aiuto.
Stava scendendo la
sera. Bjorn diede ordine ad alcuni soldati di restare di guardia in cima al
pendio collinoso per accertarsi che ad Ivar non saltasse in mente di ordinare a
qualche suo fedele di sgattaiolare nell’accampamento per uccidere i suoi
fratelli… sarebbe stato perfettamente nel suo stile. Poi i figli di Ragnar e i
loro alleati fecero ritorno alle loro tende per mangiare, riposare e
pianificare la strategia da adottare il giorno dopo.
“Attaccheremo all’alba”
disse Bjorn mentre cenavano. “L’esercito guidato da me si unirà a quello dei
Danesi e cercheremo di buttare giù il portone principale di Kattegat per
penetrare all’interno ma, al contempo, Hvitserk, Re Harald e i Sassoni
attaccheranno da dietro, da dove Ivar non si aspetta. Quando tutti saremo
dentro, inizierà la vera battaglia.”
“Sei così sicuro che
Ivar non si aspetti un attacco su due fronti?” obiettò Ubbe. “Abbiamo già
capito che sa tutto di noi e che si sta preparando a un assedio.”
“Cosa importa se Ivar
se lo aspetta?” ribatté Bjorn. “Noi abbiamo un’armata immensa e, per quanto
Ivar possa difendersi bene, il nostro esercito è almeno quattro volte il suo. Lo
schiacceremo!”
Bjorn continuava a
parlare tutto entusiasta della battaglia imminente, a descrivere come avrebbero
distrutto il portone, a come si sarebbero dovuti pitturare il volto di bianco e
blu per distinguersi rispetto ai fedeli di Ivar e così via. Ubbe lasciò la
compagnia e tornò alla sua tenda con Torvi. Non era soltanto il fatto di non
poter dare il suo contributo nel combattimento, aveva un brutto presentimento
ma non sapeva dargli un nome.
Anche Aethelred,
tuttavia, non condivideva l’ottimismo sfrenato di Bjorn. Ciò che aveva detto
Ubbe lo aveva colpito, lui non conosceva Ivar ma dai discorsi che aveva udito
aveva compreso che ci si poteva veramente aspettare di tutto. Chissà, forse
sfondare le porte della fortificazione sarebbe stato facile… solo per scoprire
che, all’interno, Ivar aveva preparato delle trappole che avrebbero straziato i
soldati. Aethelred non aveva paura di morire, il suo terrore più grande era che
potesse accadere qualcosa a Hvitserk.
“Dovremmo andare a
dormire anche noi” disse il Principe al giovane vichingo. “Domattina ci aspetta
una dura battaglia e dovremo essere al massimo delle nostre potenzialità.”
“Sì, credo che tu
abbia ragione” concordò Hvitserk. “Nonostante l’entusiasmo di Bjorn, anch’io
temo che Ivar possa aver fortificato Kattegat in modi che noi non ci
immaginiamo neppure. Del resto, è stato lui ad avere l’idea di farsi costruire
quella specie di imbracatura di ferro per riuscire a camminare… Dovremo essere
pronti a tutto.”
Mentre si avviavano
verso la loro tenda, Aethelred afferrò il braccio di Hvitserk.
“Senti… sei sempre
dell’idea che tocchi a te uccidere Ivar?” gli domandò.
“Su questo non ho
dubbi: è il mio fato e la mia espiazione” rispose il giovane.
“Va bene, però almeno
promettimi che resteremo insieme” insisté Aethelred, oppresso da un’angoscia
oscura. “Combatteremo fianco a fianco, ci sposteremo e lotteremo insieme
qualsiasi cosa accada e, quando sarà il momento, ti aiuterò a uccidere Ivar. Promettimelo.”
Hvitserk sorrise,
intenerito.
“Va bene, te lo
prometto” rispose. Lo baciò dolcemente e, stringendolo a sé, riprese con lui il
sentiero verso la loro tenda. Dovevano riposare perché il mattino seguente si
sarebbero destati prima che il sole sorgesse per dare battaglia alle prime
luci.
Non andò così.
Mancava ancora un’ora
al sorgere del sole quando i vichinghi furono svegliati all’improvviso da urla,
imprecazioni e grida atterrite che provenivano da Kattegat… e numerosi fuochi
accesi rischiaravano le tenebre, sebbene l’alba fosse ancora lontana.
Bjorn e gli altri si
prepararono in tutta fretta, cercando di riordinare gli eserciti alla bell’e
meglio, convinti che Ivar li avesse anticipati e stesse attaccando il loro
accampamento. Invece, quando giunsero in cima al pendio, non videro i soldati
di Kattegat dirigersi contro di loro, bensì qualcosa di molto più terribile,
atroce e malvagio…
Fine prima parte