– Se
davvero tuo padre è uno degli anziani, come c’entra
Kahn? – domandò Jax.
Raiden
sentì un nodo serrargli la gola e tacque. La domanda del
collega di Sonya aveva riportato alla mente i ricordi di un passato
doloroso, che avrebbe voluto eliminare.
Quelle
memorie dilaniavano il suo cuore e riaprivano ferite non ancora
rimarginate, malgrado i millenni trascorsi.
Chiuse
gli occhi e, a stento, trattenne un singhiozzo. In quel momento,
risentiva il gelo della sua famiglia stringergli il cuore in una
morsa.
Non
ricordava alcun atto di affetto verso di lui, malgrado il loro legame
di sangue.
Suo
padre e suo fratello, in lui, vedevano un debole, non degno di loro,
perché era capace di amare.
Coi
loro sguardi freddi e crudeli, gli avevano fatto pesare la sua
sensibilità e la sua dolcezza.
Eppure,
nonostante i suoi presunti difetti, aveva vinto la battaglia per la
conquista del trono famigliare.
Per
questo, si era guadagnato l’odio eterno di suo padre e di suo
fratello.
E,
in quel momento, era giunto il momento da lui tanto temuto.
Il
tempo della resa dei conti.
Per
strappare l’umanità ad un pericolo sempre più
incombente, avrebbe dovuto recidere gli estremi, esili legami con la
sua famiglia d’origine.
Loro
dovevano morire.
Non
sento niente., pensò. In
quel momento, la certezza di quello scontro non procurava al suo
cuore alcun turbamento.
Avvertiva
il rimpianto di un affetto mai avuto, ma non era sopraffatto
dall’angoscia della loro eventuale fine.
Evidentemente,
la sua famiglia era costituita da quei ragazzi terrestri e dalla
principessa edeniana Kitana, che avevano saputo circondarlo di
rispetto e premure.
Si
scosse dai suoi ricordi e, per alcuni istanti, fissò davanti a
sé un punto indefinito. Non poteva abbandonarsi a debolezze
insensate.
Tanti,
troppi pericoli gravavano sull’umanità e, se non
avessero sconfitto i combattenti delle tenebre, sarebbe avvenuta una
fusione pericolosa tra il regno della Terra e Outworld.
No,
non poteva permettere una tale tragedia.
Gli
esseri umani gli avevano dato quel rispetto e quel calore a cui
anelava e che per tanto, troppo tempo, gli erano mancati.
Non
dovevano svanire per le brame di conquista dei suoi famigliari.
E,
per la salvezza dell’umanità, era necessario che lui
rivelasse ai suoi ragazzi la verità sulle sue origini.
Riusciva
a vedere le crepe delinearsi nella loro fiducia.
Si
girò e i suoi occhi blu cobalto, lucidi, seri, per alcuni
istanti, fissarono i quattro guerrieri.
Era
giunto il tempo di abbandonare le maschere.
– Shao
Kahn è mio fratello. –
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