Solo se balli con me

di Imperfectworld01
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Cronologia

1968

Anno celebre in tutto il mondo - Italia, Francia, Stati Uniti - per le numerose rivolte e proteste che lo caratterizzarono, a partire dalle mobilitazioni studentesche che culminarono in vere e proprie occupazioni delle università più importanti, fino ad arrivare alle occupazioni delle fabbriche per quanto riguarda gli operai, insieme anche alle lotte femministe volte a ottenere la parità di genere.
Milano, per quanto riguarda l'Italia, fu certamente la città capofila del Sessantotto.
Ah, e cosa più importante, il 27 maggio sono nata io.

1969

Era il 12 dicembre 1969, ore 16:37, quando si verificò quella che venne ricordata come una vera e propria strage: l'esplosione di una bomba all'interno della Banca Nazionale per l'Agricoltura, in Piazza Fontana a Milano, che causò la morte di 17 persone e ne ferì gravemente 88.

Quello che si sperava che sarebbe stato un caso isolato, fu in realtà solo il primo di una serie interminabile di episodi come quelli. Agguati, attentati, sparatorie in mezzo alla strada, erano ormai all'ordine del giorno.

La cosa peggiore? L'obiettivo non era mai soltanto quello di colpire una determinata persona, ma colpire anche tutte le altre. Non in senso fisico, bensì psicologico. Le persone che morirono in quella banca e le vittime che ci furono dopo erano state solamente usate come mezzo per seminare terrore. Non c'era un fine militare dietro a tutto ciò, ma politico: partiti di sinistra e destra si scontravano continuamente, ciascuno per dimostrare la propria superiorità e prevalenza sull'altro. A volte bastava solo camminare dal lato "sbagliato" della strada per perdere la propria vita, nessuno escluso: non importava il sesso, l'età, l'appartenenza sociale.

Milano non era più un posto sicuro in cui vivere, ma non era il solo. La situazione era la stessa in tutta Italia, e non solo. Episodi simili si erano verificati anche in altri Paesi, come ad esempio la Germania.

Mia madre dopo quel 12 dicembre rimase chiusa in casa per ben quattro mesi, senza riuscire a trovare la forza di uscire per nessun motivo al mondo. Purtroppo questo iniziò a creare dei problemi fra lei e mio padre, nonostante fossero sposati da appena sette anni e avessero due bambine di uno e quattro anni.

1970

Approvazione della legge n. 898/1970 del 1 dicembre che, per la prima volta in Italia, rendeva possibile il divorzio. Furono circa 5.600 i divorzi in quell'anno, ma nel corso di un decennio arrivarono quasi a quintuplicarsi.

Anche i miei genitori furono fra quelli. Ma io non me ne resi mai conto, perché ero ancora piccola e anche perché, prima che si potesse proseguire con la procedura di divorzio, era necessario sottostare a un periodo di separazione coniugale, della durata di cinque anni. Esso non prevedeva l'obbligo di comunione dei beni, né tantomeno l'obbligo di convivenza sotto lo stesso tetto, tuttavia i miei genitori continuarono a vivere insieme, seppur essendo separati in casa. Ecco perché non mi accorsi mai di niente.

Mia madre non sopportava l'idea di doversi far mantenere ancora da mio padre, ma non aveva altra scelta, dal momento che non aveva nessun altro luogo dove andare e non aveva un lavoro, e soprattutto non voleva rinunciare a vedere me e mia sorella. Ma si impegnò duramente e, dopo una assidua ricerca, trovò un impiego come operaia in un'industria tessile, così da poter ottenere almeno l'indipendenza economica, nonostante la disapprovazione di mio padre e del resto dell'opinione pubblica.

1975

Le campagne delle donne in cerca di emancipazione fecero ulteriori progressi, nel momento in cui venne approvata la legge n.151/1975 del 19 maggio, denominata "Riforma del diritto di famiglia". Essa prevedeva numerosi passi avanti verso l'abbattimento della disuguaglianza di genere.

Ecco quindi che si abbandonò il termine di "patria potestà", che venne sostituito con "potestà genitoriale", si passò da "potestà maritale" a "eguaglianza fra coniugi".

Inoltre, erano già trascorsi cinque anni, e quindi i miei genitori poterono ormai ufficializzare il loro divorzio.

Una sera, vidi mio padre prendere un cumulo di valigie e sbatterle in maniera energica fuori dalla porta di casa, mentre mia madre era in lacrime. Ciononostante, prese per mano me e mia sorella e, dopo averci ordinato di andare ad abbracciare papà, ci condusse fuori da casa e ci dirigemmo alla stazione.

Andammo a Torino, dai miei nonni materni. Non fu facile convincerli a riaccettare mia madre a casa loro, probabilmente lo fecero solo perché con lei c'erano anche le loro nipotine e non volevano finissimo sotto i ponti.

Non avevano mai perdonato mia mamma dopo la sua fuitina, ossia quando, una volta che sia lei che mio padre avevano compiuto ventun anni raggiungendo la maggiore età, erano fuggiti da casa per qualche giorno per celebrare il loro amore e al loro ritorno, i miei nonni sia paterni che materni avevano dovuto obbligatoriamente accettare che si sposassero.

Sembrava che gli atti di ribellione, seppur fatti per amore, potessero venire tollerati solo se era un uomo a compierli: se lo faceva una donna era "un'indegna svergognata", così consideravano mia madre; ma quando la stessa cosa l'aveva fatta mio zio quando aveva solo sedici anni, non era stato brutalmente cacciato di casa.

«Si sa come sono fatti i ragazzi, ne combinano di tutti i colori.»

Non presero posizioni estreme neanche quando scoprirono che aveva tradito la moglie, mettendo incinta un'altra donna.

«L'amore per i propri figli è in grado di superare qualsiasi confine, alla fine gli si perdona ogni cosa.»

Mia madre, per poter continuare ad avere un tetto sotto cui vivere e non finire per strada, era costretta a farsi ogni giorno all'incirca due ore di treno sia all'andata che al ritorno per andare da Torino a Milano a lavorare e da Milano a Torino per tornare a casa. Aveva faticato per mesi per riuscire a trovarsi quel lavoro, e non poteva certamente permettersi di lasciarlo, sebbene la paga fosse ugualmente molto modesta.

Iniziai a sentire molto la mancanza di mia madre in quegli anni. Era costretta a svegliarsi prestissimo per andare alla stazione e prendere il treno per andare a lavoro, e la sera tornava tardissimo. Molto spesso era così stanca che saltava anche la cena e correva dritta a letto, il tutto ovviamente sotto gli occhi critici e accusatori dei miei nonni.

1982

Era ormai da diversi mesi che mamma si tratteneva a Milano anche per due o più giorni, a volte stava via quasi per una settimana intera senza mai tornare a casa.

Iniziai a preoccuparmi, pensando che la stessero stressando troppo con il lavoro, o almeno continuai a pensarlo finché non notai che aveva un'aria allegra, che non le vedevo ormai da molti anni. Era felice, spensierata, leggera. Non dava troppi segni di stanchezza.

Cominciai quindi a ipotizzare che fosse tornata insieme a mio padre. Me ne convinsi ancora di più quando una sera, a cena, comunicò a me e mia sorella che saremmo tornate ad abitare a Milano.

Ma le mie speranze si spensero brutalmente quando confessò che aveva iniziato una relazione con un altro uomo e che saremmo andate a vivere a casa sua.

Rimasi delusa, una parte di me sperava che saremmo potute tornare indietro di sette anni e riprendere la vita di prima, ma comunque mi faceva piacere per mia madre.

Era dicembre quando ci diede quella comunicazione. Disse che per non ostacolarci con la scuola, avrebbe atteso la fine dell'anno scolastico e, di conseguenza, ci saremmo trasferite ad agosto inoltrato.

1983

Dunque, da dove posso cominciare? No, ho bisogno di più righe.

 





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