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Fading colours
-Stasera
non mi va di farlo, Ted. Sono troppo stanca. Lo sai che il lavoro mi
uccide.
Il
lavoro. Doveva essere quella l'unica ragione dei comportamenti di
Victoire, si diceva Ted. Dopotutto era normale che lei fosse
così
stanca dopo la nottate al San Mungo; normale che i suoi baci fossero
sempre meno entusiasti, i suoi occhi sempre più distanti, le
sue
chiacchiere a tavola sempre meno accese – ma non i litigi,
quelli
no. I loro litigi si erano fatti più animati e frequenti che
mai.
-Mi
dispiace, Ted. Ti vorrò sempre bene e voglio che rimaniamo
amici, ma
tra noi non funziona più. È inutile continuare a
fingere il
contrario.
Il
2022 era iniziato con il mondo che gli crollava addosso mentre
Victoire faceva le valigie e se ne andava – abbandonando lui,
abbandonando quell'appartamento di Londra in cui avevano convissuto
per più di un anno; di lei non gli era rimasto altro che un
vecchio
foulard lasciato a prender polvere sul fondo dell'armadio e una
confezione di bustine di tè dimenticata nella credenza.
Quando
aveva trovato il coraggio di guardarsi allo specchio, per la prima
volta dopo anni Ted aveva visto i suoi capelli – solitamente
un
arcobaleno di colori vivaci – tinti di un azzurro smorto e
sbiadito.
*
Non appena
Andromeda tirò il
campanellino della porta d'ingresso di Villa Conchiglia, Ted
sentì
la tensione riverberare in ogni angolo del suo corpo, serrandogli lo
stomaco in una morsa dolorosa. Si morse il labbro e si passò
una
mano tra i capelli – aveva considerato fino all'ultimo l'idea
di
fingersi malato, ma sapeva di non poter saltare la cena organizzata
per il compleanno di Fleur.
-Dai,
caro, cerca di tirarti un po' su.-
gli disse dolcemente Andromeda, e Ted si stampò un debole
sorriso
sulle labbra per accontentarla.
La
porta si spalancò e sulla soglia
comparve Fleur, i capelli raccolti in uno chignon e l'abito verde
smeraldo che le ricadeva sulle ginocchia. La donna sorrise radiosa
mentre abbracciava Andromeda e si avvicinava a Ted per baciarlo sulle
guance.
-Teddy,
che piacere vederti!
-Anche
per me, Fleur.- rispose lui,
riacquistando in un attimo il suo solito tono gioviale. -Allora, di
quanto invecchi oggi?
Lei
ridacchiò e scosse la testa.
-Dovresti
sapere che non si chiede l'età
a una signora. Andiamo, accomodatevi.
Mentre
seguiva Fleur e Andromeda in casa,
Ted deglutì e iniziò a torturare con le dita un
lembo del suo
mantello. Ma, non appena entrò in cucina, la tensione si
allentò;
batté le palpebre, sorpreso, nel vedere Dominique che si
alzava di
scatto da tavola e gli si avvicinava per gettargli le braccia al
collo.
-Nique!-
Ted si lasciò andare a un
sorriso sincero, stringendola a sua volta e passandole una mano tra i
lunghi capelli rosso fuoco. -Tu non dovresti essere a Parigi?
-Cambio
di programma, parto la settimana
prossima! Il quattro febbraio, per la precisione. Dimmi un po', a te
come va in Accademia?
-Abbastanza
bene, stiamo organizzando uno
spettacolo per la fine di aprile. È un peccato che tu non
possa
esserci.
Ted
diede un buffetto sulla guancia a
Dominique, poi prese coraggio e si guardò intorno; Andromeda
stava
aiutando Fleur ad apparecchiare la tavola mentre Victoire –
in
piedi davanti ai fornelli, grembiule bianco legato in vita e mestolo
in mano – era girata verso di lui e gli stava sorridendo di
un
sorriso mesto, quasi timido.
-Ciao,
Ted.
-Ciao.-
rispose lui, stupendosi della
nota di nervosismo – non tristezza, non nostalgia, ma puro e
semplice nervosismo – che
risuonò nella sua voce. -Come
stai?
-Bene,
grazie.
La
ragazza arrossì leggermente e tornò
a girarsi verso i fornelli. Da una padella fumante si levava un aroma
di carne e funghi rosolati e Ted storse il naso; Victoire stava
cucinando un pasticcio di rognone, un piatto che lui odiava ma che purtroppo
Fleur amava follemente.
-Ehi,
ti va una passeggiata in spiaggia?
Ho bisogno di prendere aria.
Ted
rivolse uno sguardo grato a
Dominique, che gli aveva poggiato una mano sul braccio e faceva cenno
col capo verso la porta che conduceva al giardino sul retro.
-Certo.-
disse, incamminandosi insieme a
lei. -Ma che fine ha fatto vostro padre?
-Ci
ha mandato un Patronus per avvisarci che è stato trattenuto
alla
Gringott ma che tornerà al massimo per le sette e mezza.
Sai, papà
è parecchio stressato in questo periodo per colpa del lavoro
d'ufficio. Non vede l'ora che lo spediscano di nuovo in Egitto o in
Amazzonia...
Fuori
in giardino, i due ragazzi furono accolti da un cielo gonfio di nubi
scure che prometteva una pioggia imminente. Tiravano folate di vento
freddo, e Ted si strinse nel suo mantello mentre seguiva Dominique
lungo il pendio che declinava verso la spiaggia, abbandonandosi al
flusso incessante delle parole di lei.
-Ti
giuro, non vedo l'ora di partire per
Parigi. È la città più bella del
mondo, non riesco a credere che
tu non ci sia mai stato! Sì, avrò un sacco di
lavoro da sbrigare,
ma ho tutte le intenzioni di darmi alla pazza gioia nei weekend come
ho fatto a Napoli e Berlino. L'unico problema di Parigi è
che i
prezzi degli affitti sono esorbitanti, soprattutto in centro... oh,
scusa, sto parlando troppo.- Dominique gli rivolse un sorriso di
scuse. -Immagino che l'avrai capito, ma ti ho portato qui per
chiederti come va con Victoire.
Ted
si lasciò sfuggire un sospiro
amareggiato. Avevano appena raggiunto la spiaggia e lui si
sentì
stringere il cuore nel ricordare il suo primo bacio con Victoire,
quando lei aveva solo quattordici anni e lui sedici; un bacio
accompagnato dal suono della risacca e dal profumo di salsedine.
-Non
bene.- mormorò. -Eravamo rimasti
con l'idea di continuare a sentirci come amici ma in queste ultime
settimane lei è stata... beh, piuttosto distante. A te ha
detto
qualcosa? Ne avrete sicuramente parlato.
-Non
moltissimo, a dire il vero. Vic è
sempre piena di lavoro, non abbiamo avuto molti momenti per noi.-
rispose Dominique, gli occhi color nocciola improvvisamente adombrati
da uno sguardo serio. -Sai, mi dispiace che sia finita così.
Mi
dispiace davvero un sacco. Ormai eravamo tutti convinti che tu e Vic
vi sareste sposati... però sono felice che tu sia qui oggi.
Devi
sapere che continueremo sempre a considerarti uno di famiglia.
-Grazie.-
Ted sorrise debolmente e volse
lo sguardo alle onde che si infrangevano sul litorale della spiaggia.
-Spero che questo valga anche per lei.
-Ma
certo.- La voce di Dominique
riacquistò l'abituale vitalità. -Siete stati
insieme per quasi otto
anni, non può mica fare finta che tu non esista!
Dopo
qualche istante di silenzio, la
ragazza aggiunse; -Senti, Ted, voglio che ti riprendi. Non mi piace
vederti così.
-Così
come? Si vede tanto che sono
ridotto uno schifo?
Dominique
inarcò le sopracciglia e
lanciò un'occhiata ai suoi capelli.
-Sì.
Ti conosco da una vita e non sei
mai stato così... così scolorito.
Voglio che torni figo come
sempre, è chiaro? Il blu elettrico ti dona molto meglio di
questa
patetica imitazione d'azzurro.
Ted
non poté fare a meno di ridere e
attirare Dominique a sé per un abbraccio.
-Nique,
non so veramente come farei senza
di te.
*
Ted sedeva da
un quarto d'ora davanti al
caminetto spento nel salotto di Villa Conchiglia. Fuori imperversava
il diluvio, il vetro della finestra era appannato dalla pioggia e le
sue mani tremavano non per il freddo ma per la frustrazione e la
rabbia; Victoire, per tutta la durata della cena, non l'aveva degnato
di uno sguardo e aveva risposto spiccia alle domande che lui le aveva
posto nel tentativo di intavolare una conversazione.
Se
questo è il modo in cui è intenzionata a
rimanermi amica, andiamo
proprio bene.
Lui
non era mai stato il tipo che tendeva
a portare rancore. Sempre troppo gentile, sempre troppo paziente,
viveva negando le sue emozioni negative persino a se stesso,
relegandole in un qualche anfratto del suo inconscio, almeno
finché
queste non riemergevano ed esplodevano tutte d'un colpo.
Una
parte di lui si sentiva in colpa per
quella rabbia forse immatura e irrazionale. Ma come poteva non
sentirsi fremere di rancore nel vedere che Victore, a differenza sua,
non stava facendo neanche il minimo sforzo per preservare
ciò che di
bello e prezioso rimaneva del loro rapporto?
-Ehi,
che fai qui tutto solo? C'è ancora
un po' di torta, se ne vuoi.
Sobbalzò
– non si era accorto che
Victoire era entrata in salotto. Sentì il cuore battere
all'impazzata mentre la ragazza si sedeva accanto a lui sul divano,
ma si limitò a rispondere in tono piatto; -Non ho
più fame. E non
sono dell'umore per stare con gli altri.
Grazie
a te.
-Lo
immaginavo.- Victoire si arricciò
una ciocca di capelli biondi intorno al dito, lo sguardo teso e
sfuggente. -Senti, ti va di parlare? Mi dispiace se a cena sono stata
un po' distante...
-Ah,
adesso ti dispiace? Avresti potuto
pensarci prima.- la interruppe lui, soddisfacendosi del timbro duro e
tagliente della sua voce. -Così come avresti potuto evitare
di farmi
aspettare più di una settimana per rispondere alla mia
lettera. Sai,
non mi pare che tu ci tenga così tanto a mantenere un
rapporto di
amicizia.
Per
un attimo, gli occhi di Victoire
lampeggiarono di rabbia.
-Senti,
lo sai che sono impegnata con il
lavoro.- ribatté, acida. -Ci sono un sacco di cose a cui non
riesco
a stare dietro. Ma non pensare che questa situazione non sia
difficile anche per me...
-Vuoi
farmi credere che per te questa
situazione sia difficile? Fammi il piacere, sei stata tu
a
lasciarmi.
Victoire
non rispose. Si limitò a
scoccargli un'occhiata gelida, si alzò e si diresse a passo
rigido
verso la cucina. Dopo che la porta si fu richiusa con un tonfo, Ted
si abbandonò contro lo schienale del divano e chiuse gli
occhi, la
rabbia che si mescolava alla tristezza indicibile che gli pesava sul
cuore.
Nelle
ultime settimane – settimane
nelle quali si era svegliato al mattino senza avere la forza di
alzarsi dal letto e aveva faticato a concentrarsi persino durante le
lezioni e le prove in Accademia – i ricordi l'avevano
tormentato
bruciando sulla sua pelle come ferite fresche; ricordi di un'intera
vita al fianco di Victoire, di pomeriggi piovosi passati a giocare a
Gobbiglie e scambiarsi figurine delle Cioccorane quando erano
piccoli, di baci rubati alla finale della Coppa del Mondo di
Quidditch nel deserto della Patagonia, delle loro prime uscite a
Hogsmeade, delle vacanze a Lione a casa della zia Gabrielle.
Prima
di significare amore, Victoire
aveva significato amicizia, un'amicizia nutrita e coltivata fin da
quando erano bambini. Non riusciva a ricordare un tempo in cui lei
non fosse stata presente, a concepire l'idea di un'esistenza senza di
lei, a mettere da parte quei sentimenti talmente forti e duraturi che
fino a poco tempo prima aveva creduto immortali, un segno che lui e
Victoire fossero destinati a rimanere insieme per tutta la vita,
costruirsi una famiglia e invecchiare insieme.
Ted
aprì gli occhi e guardò lo specchio
che sormontava il caminetto; i suoi capelli si erano fatti flosci e
color grigio topo. Nessuna traccia del biondo oro e dell'azzurro
cristallino che lui associava alle chiome e agli occhi di Victoire,
del rosso vivo che gli ricordava i loro falò in spiaggia
nelle sere
d'estate, del viola vibrante come il vestito che lei aveva indossato
la prima volta che si erano presentati insieme a un festino di
Lumacorno, del verde smeraldino dei prati di Hogwarts – quei
prati
dove tante volte avevano camminato tenendosi per mano e riempiendo
l'aria con le loro risate.
Si
sentì le mani tremare e per un attimo
odiò Victoire, la odiò perché il suo
abbandono aveva prosciugato i colori dalla
sua esistenza, lasciandolo vuoto e opaco, ridotto a un relitto di se
stesso.
*
NdA
La Teddy/Victoire
è una di quelle coppie
che non mi ha mai ispirata particolarmente, della serie
“carini,
sì, ma l'idea che debbano finire per sposarsi mi sembra un
po'
banale”. Il tema del contest a cui la storia partecipa
(ovvero
l'abbandono) mi ha spinta a scrivere di un loro possibile break up.
Nel mio
headcanon, i due decidono di
convivere insieme a Londra; Victoire è una Guaritrice, Ted
studia/lavora all'Accademia Magica di Arti Drammatiche. (Un'accademia
di recitazione citata dalla Rowling ne “Le Fiabe di Beda il
Bardo”.) Però la convivenza non funziona,
così lei decide di fare
le valigie e tornarsene a Villa Conchiglia.
Ho immaginato
che, dopo otto anni di
relazione, Ted avesse sviluppato un ottimo rapporto con la famiglia
di Vic. (Famiglia che tra l'altro conosce da tutta la vita.) Per
questo ha confidenza con Fleur, al punto da poterle dire “Di
quanto
invecchi oggi?”, e un buon rapporto di amicizia con
Dominique.
(Nella storia non l'ho specificato, anche perché dovevo
rispettare
un certo limite di parole e volevo risparmiare spazio, ma io immagino
che Nique lavori come “antropologa” delle
comunità magiche
europee.)
Piccolo
appunto sulla Coppa del Mondo; è
un riferimento a un contenuto speciale di Pottermore, ovvero un
articolo in cui Rita Skeeter descrive minuziosamente tutto
ciò che
fanno i membri della famiglia Potter/Weasley presenti alla finale
della Coppa del Mondo di Quidditch del 2014, comprese le limonate di
Victoire e Ted. Se non l'avete letto andatelo subito a cercare,
è
esilarante.
Ringrazio chiunque recensirà :)
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