N.d. Hime:
Era da tanto tempo che
avevo in mente di dedicare un po’ di spazio a questa coppia
che seppur per brevissimi istanti mi ha colpita profondamente. Il non
detto, il non scritto, il non vissuto è qualcosa che mi ha
sempre particolarmente e irrimediabilmente attratto, per questo sentivo
la necessità impellente di scrivere qualcosa su Pezzite e
Zaffiro, sul loro amore appena nato e mai vissuto e sul loro triste
addio. Un piccolo tributo visto in chiave introspettiva da parte di una
donna innamorata, consapevole di stare per perdere l’Amore
della sua vita in una Battaglia già persa in partenza. Il
doloroso distacco di due amanti e di due anime incrociate per
pochi,brevissimi, intensi attimi irripetibili. Lo strazio di Pezzite
è lo strazio di tutte le Donne, di ogni epoca e di ogni
tempo costrette a rimanere e a continuare a vivere, nella certezza che
il Proprio uomo, e assieme a lui, una parte di sé stesse,
non tornerà mai più da loro.
Riassunto: Questa one
shot corrisponde agli eventi distruttivi della serie animata Sailor
Moon-R del
Black Moon Clan in cui compare la figura di ChibiUsa plagiata e
trasformata dal Death Phantom nella Black Lady. Blue Sapphire nel manga
originario non è altro che l'alchimista della famiglia della
Black Moon Clan, e il fratello minore del principe Demand. È
considerevolmente più cauto e razionale rispetto ai suoi
compagni, ed è l'unico membro della famiglia a non indossare
gli orecchini di cristallo nero, nonostante sia stato egli stesso ad
inventarli. Anche la maggior parte dei droids vengono creati da lui. Sia nel
manga che nell'anime, Sapphire è l'unico a rimanere, in
qualche maniera, immune al potere di Death Phantom, tentando in
più occasioni di avvertire il fratello di quali siano,
secondo lui, le vere intenzioni del Saggio, ottenendo soltanto reazioni
violente da parte di Demand. Nel manga è proprio Demand ad
uccidere il fratello durante un impeto di ira. Nell'anime invece la
storia è leggermente diversa. Sapphire inavvertitamente
scopre le reali intenzioni di Death Phantom, avendo conferma dei suoi
sospetti. Ma prima di riuscire ad avvertire il fratello, viene ucciso
da Death Phantom. L’ultimo sorriso è rivolto a
Petz, una delle Ayakashi Sisters, un tempo appartenenti al Black Moon
Clan e in seguito, purificate dal Cristallo d’Argento di
Sailor Moon. Ecco, io mi sono semplicemente ispirata a questo tenero e
al tempo stesso tragico episodio per riscrivere l’addio tra
Petz e Sapphire.
Waves’ blue
alchemy
Abbiamo perso
anche questo crepuscolo.
Nessuno ci ha
visto stasera mano nella mano
mentre la
notte azzurra cadeva sul mondo.
P. Neruda, Abbiamo perso
Era ferito.
Stravolto, dolorante, inquieto.
Apparentemente senza una meta.
Apparentemente.
Lo vidi fermo, all’angolo della strada, immobile, lo sguardo
contratto in una maschera di dolore mentre si premeva la spalla ferita
con una mano.
Lo riconobbi immediatamente.
Del resto lo avrei riconosciuto tra mille e più volti.
E anche oltre.
Sebbene fosse passato del tempo da quando Sailor Moon aveva donato a me
e alle mie sorelle un’esistenza nuova, non avevo certo
dimenticato la mia vita precedente..
E neanche lui. E quegli occhi blu del colore del mare
d’inverno.
Eravamo tornate a nuova vita da pochi mesi quando in città
era comparso misteriosamente quel cristallo nero dalle dimensioni
gigantesche che incombeva minaccioso su Tokyo: gli scienziati non erano
ancora riusciti ad identificare quell’oggetto inquietante che
pareva irradiasse una potentissima energia negativa, tuttavia io ne
avevo subito intuito la natura maligna e devastante.
E chissà per quale ragione collegai immediatamente la
comparsa del cristallo corvino alla sua presenza.
Lui si trovava esattamente dall’altra parte della strada.
Poi la sua figura svanì dentro un vicolo buio.
“Che c’è Pezzite? Hai visto
qualcosa?” mi chiese mia sorella Kalaverite con aria stupita,
allungando lo sguardo proprio dove era il mio. Tacqui per un istante,
con aria pensierosa, immobile.
“No…Io…Uhm…Nessuno…”
risposi spostando gli occhi con espressione preoccupata, ferma sul
marciapiede, in mezzo al caos cittadino, verso l’enorme
cristallo nero.
“Non credi che dovremmo andarcene da questa
città?” fece Kermesite assecondando il mio stato
d’animo teso e agitato.
Del resto, ora che eravamo diventate semplici terrestri avevamo perso
tutti i nostri poteri originari per controbattere ad una possibile
minaccia da parte della famiglia della Luna Nera.
La nostra presenza sarebbe risultata completamente inutile
nell’offrire un sostegno efficace alle guerriere Sailor, per
questo io e le mie sorelle avevamo meditato da tempo di trasferirci
altrove.
In quel momento però, qualsiasi altra decisione mi parve del
tutto insignificante di fronte alla visione di lui.
Ne ero certa, non mi ero sbagliata.
Lui era lì.
“Altezza…” mormorai a fior di labbra.
***************
Incespicò una, due, tre, quattro volte.
Il dolore alla spalla era lancinante. Non gli lasciava tregua. Eppure
da un lato si sentiva un vero e proprio miracolato dopo che il Saggio
lo aveva mancato per un soffio.
Maledetto Saggio.
Ora che si era rivelato in tutta la sua subdola e perversa natura, suo
compito principale diventava quello di avvisare suo fratello Diamond
del pericolo imminente.
Anche a costo della sua stessa vita.
Di colpo era come se la maschera di cartapesta che aveva sempre avuto
sul viso gli si fosse squarciata di netto, rivelandogli tutta la
brutalità dei progetti di quell’essere senza
volto, in cui lui stesso, Diamond e persino quell’intrigante
della Lady Nera rappresentavano inutili pedine pronte ad essere
annientate in qualunque momento.
Era molto debole eppure riusciva distintamente a percepire il cosmo di
suo fratello. Doveva solamente raggiungere il cristallo
corvino… Doveva…
Mosse ancora qualche passo nei pressi di un parco giochi deserto. La
ferita alla spalla sanguinava copiosamente lacerandogli la carne.
Il dolore era insopportabile.
“Diamond… Fratello…” Si
appoggiò ad un albero, poi d’improvviso gli parve
che le cose attorno a lui perdessero il loro colore e la loro forma
naturale.
Il dolore non gli dava tregua.
Si abbandonò di schianto sull’erba, su di un
fianco.
“E’ una strana morte la mia, e inutile
perché mio fratello non sa del
complotto…” pensò socchiudendo gli
occhi.
Poi sorrise piano “Eppure bella… Così
piacevole…Non sento più neanche
dolore…”
Aspirò in un ultimo, breve, alito di vita la delicatezza del
profumo dell’erba bagnata e capì, prima di perdere
completamente i sensi che la Terra sarebbe stato un meraviglioso
pianeta da conquistare.
Se solo non avessero…
I pensieri si interrompevano continuamente…
Se solo suo fratello non avesse ascoltato le parole di
quell’impostore.
Se solo il Saggio non li avesse manipolati a suo piacimento come tanti
burattini.
Se solo fossero riusciti a conquistare il Pianeta Terra senza
l’ausilio del Potere Nero.
Se solo…
D’improvviso gli parve come se l’aria nei polmoni
gli fosse mancata “Perdonami, fratello…”
Il suo sguardo si addolcì, prima di spegnersi
nell’Oblìo Eterno.
“L’erba…come profuma…mi era
mancata…”
Vagare in un limbo senza
fine… Questo è il tuo destino?
Torna guerriero dal tuo
sonno tormentato…
“Fratello!” urlò di colpo, svegliandosi
di soprassalto e ricadendo di schianto sui guanciali di un morbido
letto.
Dov’era finito? Che posto era mai quello?
Aveva avuto un sonno agitato, carico di incubi terribili, e quando si
svegliò appariva quasi terrorizzato.
Era stato un compito arduo vegliare quel sonno tormentato senza poter
far niente se non accarezzargli i morbidi capelli scuri dai riflessi
blu notte, inumidirgli la fronte madida di sudore e di febbre e
pensare… Pensare a tutto ciò che lo aveva portato
fin laggiù, fin sulla Terra, rischiando ad ogni costo la sua
vita.
Ci avevo riflettuto a lungo dal preciso istante in cui Sailor Moon ci
aveva trasformate in esseri umani.
Avevo riflettuto a lungo sul significato del sacrificio verso il
prossimo, sull’amore disinteressato che ti lega alle persone
a cui vuoi bene, sui legami di sangue.
Tutto questo su Nemesis non era mai esistito: lo avevamo imparato dalle
guerriere Sailor.
A come
Amore.
A come
Amicizia.
A come
Altruismo.
Possibile che un sentimento simile avesse spinto il Principe a
sacrificare la propria vita?
Avevo perso da tempo ormai i miei poteri eppure riuscivo distintamente
a percepire l’aura magnetica del Principe Zaffiro.
Ed era un cosmo splendente, seppur indebolito dai colpi ricevuti, un
cosmo importante, straordinariamente potente e puro, non contaminato
dal potere malvagio della Luna Nera.
E dunque…
“Altezza…” mormorai con dolcezza per non
spaventarlo ulteriormente con la mia presenza.
Lui si voltò di scatto, gli enormi occhi azzurri a fissarmi
con espressione indecifrabile.
Tacque un istante poi articolò il mio nome quasi in un
bisbiglio.
E fu il suono più dolce che avessi mai udito in tutta la mia
vita.
“Pezzite?!”
Annuii in silenzio.
“Dove… Dove mi trovo?” mi chiese con
voce rauca.
“Nella mia casa Principe… Nel mio
letto…” mormorai in tono vagamente imbarazzato,
pentendomi quasi subito di quella precisazione non voluta tanto intima
e privata.
“Come è
possibile…Come…” deglutì
tentando di vincere il dolore nonostante gli avessi applicato sulla
ferita alla spalla un unguento particolarmente efficace.
“Io devo…Devo…Non posso rimanere
qui…” disse a denti stretti tentando faticosamente
di mettersi a sedere.
“Altezza è ferito…E molto
debole…Non può muoversi…Deve
rimettersi in forze per…” Non terminai la frase.
In fondo non conoscevo il motivo principale per cui il Principe Zaffiro
era giunto sulla Terra.
Teoricamente le sue potevano anche essere intenzioni bellicose e poco
amichevoli, eppure chissà perché capii
d’istinto che né io, né le mie sorelle
avevamo nulla di cui temere.
“Cosa ne sai tu?” mi rispose bruscamente,
distogliendomi dai miei pensieri “Tu e le tue sorelle ci
avete tradito! Perché mi hai portato qui, dunque? Sai che
potrei punirvi duramente per il vostro vile tradimento?”
Lo fissai dritto negli occhi, con espressione fiera e decisa, la stessa
che riluceva nei suoi occhi azzurrissimi come il mare. Per un istante
fu come leggere nel cuore l’uno dell’altra.
Una sfida aperta.
“Ne sono ben consapevole Altezza. E sono pronta a pagarne le
conseguenze in qualunque momento” risposi risoluta,
profondamente convinta di quelle parole.
Continuò ad osservarmi in silenzio, poi piano piano
abbandonò quell’espressione truce e incattivita
per rivolgermi un pallido sorriso.
“Stai tranquilla, non sono venuto qui per fare il giustiziere
di nessuno. Sono solo alla ricerca di mio fratello e tu… Tu
sei stata così…uhm…gentile
da… trovarmi e…” si guardò
l’ampia fasciatura sulla spalla
“E…prenderti cura di me…”
disse in tono un po’ più dolce, facendomi
arrossire per la seconda volta.
Il suo sguardo mi trafiggeva l’anima talmente era intenso e
gentile. Facevo fatica a credere che facesse parte di un clan malefico
come quello della Luna Nera e che nelle sue vene scorresse il sangue
del Potere Oscuro della sua famiglia.
In quel momento mi sembrava semplicemente
così…così…
Diverso.
“Altezza nonostante siamo diventate terrestri lei rimane
sempre il mio…il nostro Principe” mi corressi
pregando che nei miei occhi non leggesse niente di tutto ciò
che il mio cuore urlava.
Era stato l’istinto a condurmi da lui e ad aiutarlo.
Istinto… E qualcosa d’altro.
Unico. Indistruttibile. E spaventosamente grande.
“Non potevo lasciarla svenuto a terra non le
pare?!” sorrisi girandomi nervosamente le mani sul grembo,
sforzandomi di apparire disinvolta e tranquilla.
In realtà dentro, tremavo.
“Sarebbe stato…Come
dire…Uhm…Poco regale?!” sorrisi
imbarazzata, cercando di sdrammatizzare quella situazione tanto
delicata.
“Tutta colpa di quel maledetto saggio” e mi
spiegò brevemente della sua terribile scoperta e di come si
fosse impossessato, prima di fuggire, di un pezzo proveniente dalla
Fornace del Potere. Per riaverla quell’essere era disposto a
qualsiasi atto spregevole.
Lo ascoltai in silenzio mentre gli versavo nel piatto una minestra
calda che lo avrebbe ristorato un po’.
Lui la accettò di buon grado, e mentre sorbiva con eleganza
il liquido chiaro e bollente dal cucchiaio, non smetteva di fissarmi
con i suoi muti occhi indagatori “E’ una sensazione
curiosa eppure… Eppure stare accanto a te mi fa sentire
meglio. Non so se esista una parola per definirla…”
“Si chiama serenità, Altezza” gli
suggerii “Uno stato di calma e di benessere profondi che ci
scalda il cuore, pervadendolo di dolcezza. Sono sentimenti che ci hanno
insegnato ad apprezzare Sailor Moon e le sue amiche. Sentimenti che noi
abitanti di Nemesis non avevamo mai conosciuto chiusi
com’eravamo nel nostro proposito di conquista.
Sentimenti…” tacqui un istante, fissandolo con
sincerità “Sentimenti che valgono la pena di
essere provati…Quella ragazza ha operato su di noi un vero e
proprio miracolo!”.
Lui mi ascoltò profondamente affascinato, con la stessa
espressione curiosa di un bambino a cui si raccontano delle cose
meravigliose a lui finora sconosciute.
“Sentimenti hai detto?” pareva colpito, e molto
sorpreso dalle mie parole. Voleva saperne di più,
probabilmente.
Possibile dunque che il loro piano di conquista, la loro concezione di
vita fosse del tutto sbagliata?
Mai, prima di allora aveva sentito la parola Amore pronunciata da un
componente della Famiglia della Luna Nera, ed era giunto quasi alla
dolorosa conclusione che probabilmente neanche suo fratello Diamond si
sarebbe mai sacrificato per lui.
Tutto questo gli metteva addosso una profonda tristezza.
Fu come se io gli avessi aperto del tutto gli occhi sulla sua natura
sbagliata perché questo evidentemente lo turbò in
maniera particolare.
“Temo di non aver mai provato questi sentimenti di cui
parli” mi disse con un sorriso un po’ triste
“Probabilmente non è nella mia natura
provare…come lo chiamano i terrestri? Amore?!”
“Oh no! No, Altezza non è vero, sa che non è
vero! Io sono certa invece che è capace di grandi e nobili
sentimenti!” replicai calorosamente senza neanche accorgermi
di essermi avvicinata troppo al suo viso bellissimo e perfetto. Mi
ritrassi immediatamente , abbassando lo sguardo con la stessa reverenza
di una suddita di fronte al suo Principe.
Mi guardò stupito per un attimo, poi mi rivolse un sorriso
tenero, da ragazzino.
“Tu sei diversa dagli altri Pezzite… Sei buona e
gentile… Anche questo te lo hanno insegnato le guerriere
Sailor?”
“Principe…” mormorai interdetta,
sentendomi nuovamente avvampare.
Rimanemmo ancora in silenzio, senza osare dire qualcosa di
più: temevo che il cuore mi balzasse fuori dal petto
talmente batteva furiosamente.
Fu lui a rompere quel silenzio assordante.
“Pezzite?!”
“Altezza…”
“Prima che io vada… Ecco… Faresti una
cosa per me?”
Non c’era neanche da domandarlo.
Per Lui avrei sacrificato la mia stessa vita.
Lui era il Mio Sovrano.
In te è la
vita per me.
Aveva fermato il tempo sul suo Pianeta prima di andarsene.
Del resto era in suo potere farlo.
Per non più di un’ora.
Sapeva che non ne avrebbe avuto mai più occasione.
Lui mi sorrise, deliziato come un ragazzino di fronte ai regali
ricevuti la mattina di Natale.
Era così buffo in quel momento: pareva aver perso tutto quel
carisma potente da sovrano per rivelarsi quello che in
realtà era.
Semplicemente un ragazzo.
Mi rivolse un sorriso esitante come a chiedermi il permesso.
A me.
Gli feci cenno di sì con la testa, per rassicurarlo.
Non aveva mai assaggiato un frappè al cioccolato tanto
delizioso.
Motoki era diventato grazie ad Usagi e alle altre ragazze anche nostro
amico, e i suoi frappè per me e le mie sorelle erano
diventati ormai un rito pomeridiano.
Non fece domande quando vide quello strano ragazzo, seduto accanto a
me, che dapprima fissava con aria sospettosa l’enorme
frullato e poi una volta assaggiatone un sorso se lo gustava tutto
d’un fiato dalla cannuccia rischiando quasi di strozzarsi.
Non potei trattenere una risatina quando lui si voltò a
guardarmi e me ne chiese timidamente un altro. Sembrava così
giovane e felice di scoprire tutte quelle cose che su Nemesis non gli
erano concesse, che la sua espressione fanciullesca e deliziata mi
commosse fino in fondo all’anima. “Ha un sapore
così dolce…” mormorò
estasiato facendo roteare lentamente il frullato all’interno
del bicchiere, come se al suo interno potesse scorgere tutte le
risposte alle sue domande, fissandolo con attenzione e capendo di
provare per la prima volta una sensazione profondamente diversa da
quella a cui era sempre stato abituato. A lui non era mai stato
concesso niente di tutto ciò: niente di così
semplice, e libero e puro. E incredibilmente meraviglioso. Il profumo
dell’erba bagnata di rugiada, la risata di un bambino, la
premura di una ragazza che ti vuole bene, il tiepido calore del sole
d’aprile, la dolcezza zuccherosa di un frappè al
cioccolato…E capì di colpo che nessun folle piano
di conquista valeva tutto quello di cui era stato sempre privato e di
cui non aveva mai conosciuto l’esistenza.
Poi andammo al mare, e fu la cosa più bella che potessi fare
per lui.
Mi tolsi le scarpe con disinvoltura e lui mi imitò con aria
vagamente impacciata e goffa.
Che strana sensazione…
Ma anche immensamente piacevole. Una sensazione di autentico stupore.
La brezza di primavera gli scompigliava lievemente i capelli e
l’aria frizzante e tiepida gli dava un aspetto molto
più sano e meno grave.
Mi pareva quasi che avesse abbandonato del tutto quel colorito pallido
e trasparente.
Affondò lentamente i piedi nella sabbia tiepida, provando
lungo la schiena una sensazione di benessere e di immenso piacere, e
cominciò a muovere qualche passo sulla spiaggia deserta.
Il mare era calmo, quieto, dello stesso colore dei suoi occhi.
Affondare i piedi nella sabbia morbida e aspirare a pieni polmoni
l’odore intenso del mare, sentire l’aria fresca di
aprile scompigliargli i capelli, era tutto ciò che aveva
sempre desiderato…solamente questo…mai aveva
provato una sensazione tanto piena di calore.
Una sensazione…Umana? Possibile fosse così
deliziosa?
“Non è meraviglioso?” esclamò
guardandomi con un largo sorriso estatico e prendendomi
d’improvviso la mano in un gesto pieno di dolcezza e di
innocenza che mi fece provare un miscuglio indicibile di emozioni.
Cominciammo a camminare lentamente, assaporando ogni singolo istante
della nuova esistenza, poi improvvisamente allungò il passo,
fino a mettersi a correre, ridendo deliziato come un ragazzino
“E’ meraviglioso! Dio se è
meraviglioso!” gridò scoppiando a ridere felice
come un bambino mentre correvamo insieme lungo la battigia, lambita
dalle lievi onde del mare. Si fermò dopo un po’
con il fiatone, fissando estasiato l’immensa distesa
d’acqua lucente davanti a noi.
L’acqua era gelata ma lui sembrava non accorgersene
minimamente, consapevole di non aver mai provato una sensazione tanto
piacevole in tutta la sua vita.
Guardò a lungo l’azzurro davanti a sé,
con aria pensierosa, aggrottando le sopracciglia, poi si
voltò verso di me “Pezzite… Allora
è questa quella che voi umani chiamate
serenità?”
“Probabilmente…Sì Altezza”
feci cenno di sì con il capo
“Bhè…Allora suppongo sia una bellissima
sensazione…” si chinò a raccogliere un
pugnetto di sabbia e osservò quasi incantato un piccolo
granchio che scappava rapido verso l’acqua.
La cosa che più lo lasciava stupefatto era il particolare,
la semplicità, l’essenza di ogni cosa. Ed era come
se avesse visto tutto questo per la prima volta, proprio come gli occhi
di un bambino.
Questo aspetto del Principe mi era del tutto sconosciuto: ed era un
aspetto incredibilmente inedito e adorabile, che mi lasciava davvero
stupefatta.
E me lo faceva amare ancora di più.
D’improvviso mi pareva così tenero e vulnerabile!
Restò in silenzio ancora un po’ mentre il suo
sguardo diventava nuovamente duro e cupo come l’acciaio.
“Porterò con me questi preziosissimi momenti per
sempre, sai Pezzite?!” disse dopo un po’,
rivolgendomi uno sguardo colmo di rimpianto e di malinconia.
“E lo devo a te…
Dunque…Grazie…Grazie di
tutto…” disse a bassa voce, fissandomi con i suoi
fantastici occhi azzurri. “Ora però è
giunto il tempo di andare…” Lo scorrere di nuovo
del tempo aveva di nuovo portato con sé il dolore atroce
alla spalla, e con essa anche la febbre alta.
“Altezza…” mormorai senza riuscire a
nascondere la mia preoccupazione nei suoi confronti quando vidi il suo
bel volto contrarsi in una smorfia di dolore.
“Ore devi tornare a casa…Dalle persone che ti
amano…” disse piano, scandendo bene queste ultime
parole “Io vado solo ad avvertire mio
fratello…E…”
Non gli lasciai terminare la frase.
Non mi importava niente delle conseguenze.
Non potevo lasciarlo andare. Non così.
“Zaffiro, no!” quasi gridai senza accorgermene il
suo nome, e sulle mie labbra mi parve più vivo e reale che
mai.
Affondai il viso sul suo ampio petto, sentendomi pervadere il cuore da
un immenso senso di sconforto, ma anche da un sentimento di amore
travolgente.
“Non andartene, non farlo, ti prego…”
sussurrai senza osare guardarlo in faccia, bagnandogli la giacca di
lacrime e odiandomi per questo.
Dapprima lui parve sorpreso, poi lentamente, mi cinse le spalle con
entrambe le braccia, attirandomi a sé, appoggiando le labbra
tra i miei capelli.
“Se vai da tuo fratello per compiere la missione rischi di
non tornare indietro vivo! Ed io non voglio!” dissi
urlandogli tutta la mia disperazione.
Allora lui mi prese delicatamente il viso tra le mani, costringendomi a
guardarlo.
I miei occhi erano colmi di lacrime: avrei voluto essere molto
più forte in quel momento, ma i sentimenti per lui mi
avevano travolta completamente.
“Ascoltami Pezzite. Tu permetteresti mai alle tue sorelle di
compiere un errore micidiale se ne andasse di mezzo la loro stessa
vita?” mi chiese in tono dolce, ma fermo.
Era l’uomo che amavo con ogni fibra del mio essere, ma anche
il sovrano, a parlarmi.
Scossi la testa.
Ero la più vecchia, ma anche la più saggia e la
più responsabile tra le mie sorelle.
Per loro avrei donato la vita.
“Non temere…Non mi accadrà
niente…” mi asciugò le lacrime
delicatamente, con la punta delle dita e quasi per incanto, fece
comparire sul palmo della mano un piccolo rametto di violaciocca* dal
tenue colore rosato.
Io lo fissai ammutolita e profondamente sorpresa mentre lui, con un
gesto semplice e attento me l’appuntava tra i capelli.
Tornò a sorridermi, accarezzandomi lievemente una guancia.
“Mi aspetterai, vero, quando tornerò dalla
missione?” mi chiese in un sussurro, rivolgendomi uno sguardo
colmo di tenerezza.
“Ti amo, Zaffiro” mormorai in un soffio, e quella
parola, significava tutto ciò che occorreva.
“Non me lo avevi mai detto…”
“Ora lo sai” risposi con una forza che non avrei
mai creduto di possedere in quel momento.
“Tornerò da te…Te lo
prometto…Grazie…Per tutto…”
ma lo feci tacere prima che terminasse la frase. Posandogli dolcemente
la mano sulle labbra.
“Non devi promettermi niente. Io sono qui. E ti
aspetterò tutta la vita se necessario…”
Lui contemplò a lungo il mio viso, in silenzio,
accarezzandolo.
“Sarebbe stato bello conoscerti, qui, al mare, in circostanze
diverse, sai?! Avremmo potuto fare talmente tante cose
insieme…”
“Zaffiro…”
Lui mi fissò con occhi colmi di amore, e struggimento e
rimpianto infinito.
E in quel preciso istante capii che non lo avrei rivisto mai
più.
In quell’istante non eravamo più il Principe e la
suddita.
Semplicemente Zaffiro e Pezzite.
Un uomo e una donna.
Ed ero consapevole più che mai di star perdendo per sempre
l’Amore della mia vita, come l’acqua, che in un
battito di ciglia ti scivola via dal palmo della mano, senza che tu
possa far niente per trattenerla.
“Io ti aspetterò… Tu rimarrai sempre
qui, con me” gli dissi ad un soffio dalla sua bocca,
premendomi una mano sul cuore.
Lui annuì e prima che potessi dire, o fare altro mi
posò un lieve bacio sulle labbra, che si fece
improvvisamente colmo di urgenza e di desiderio, mentre mi stringeva
con forza al suo corpo caldo e ferito: sapeva di rimpianto per tutto
ciò che avremmo potuto vivere, e dolore per un destino che
non riusciamo ad accettare e passione infinita, prima del distacco
definitivo. Mi abbandonai a quel bacio completamente, affondando le
dita tra i suoi soffici capelli, accarezzandogli fremente la lingua con
la mia e sentendolo, per quei brevissimi istanti d’incanto,
mio, soltanto mio!
Quando mi staccai da lui una lacrima gli scivolò lenta su
una guancia.
E capii che era troppo tardi.
Prima di voltarsi, mi rivolse un ultimo tenero sorriso, sfiorandomi il
viso con la punta delle dita, e senza dire una parola, si
allontanò da me svanendo in un pulviscolo dai bagliori
dorati accecanti.
Così rimasi lì sola, improvvisamente, il cuore
ancora pieno di lui e delle sue carezze e di quel suo ultimo bacio:
abbassai lo sguardo e mi accorsi che sulla sabbia, proprio di fronte a
me c’era scritto qualcosa. Poche parole… E feci
appena in tempo a leggerle con gli occhi accecati di lacrime prima che
il mare ne cancellasse il ricordo evanescente. E fu allora che capii:
E
mi senti da lontano,
e
la mia voce non ti arriva:
lascia
che il tuo silenzio
sia
il mio silenzio stesso
Lascia
che il tuo silenzio
sia
anche il mio parlarti,
lucido
come fiamma,
semplice
come anello*
Mi toccai il rametto di violaciocca che avevo tra i capelli e chiusi
gli occhi, ascoltando solamente il rumore delle onde che mi bagnavano i
palmi dei piedi, lasciandomi trasportare dall’alchimia blu di
quelle onde e imprimendomi il suo sguardo nel cuore.
Solo allora capii che il nostro tempo, durato l’istante di un
sorriso, era finito per sempre.
Fine
* La violaciocca è un fiore significativo in questo contesto
perché indica fedeltà assoluta nelle
avversità. Ed è questo l’ultimo
messaggio di amore che Zaffiro lascia a Pezzite nel darle una speranza
oltre la realtà.
* Alcuni versi tratti dalla poesia Mi
piaci silenziosa di P. Neruda
|