N.A. Innanzitutto
voglio ringraziare voi lettori e lettrici, ammesso che
c’è ne
saranno, anche solo per aver aperto questa FF. L’idea per
questa
storia mi è venuta dopo aver incominciato a rivedere gli
episodi di
Naruto. Akiko è un personaggio originale, misterioso e
complicato
per certi versi. Ho pensato a lungo alle sue possibili origini poi
alla fine ho deciso… beh, se proseguirete nella lettura lo
scoprirete.
Ringrazio Epic
JP per
avermi sopportato e per avermi fatto da Beta.
Konoha,
la capitale del Paese del Fuoco, era la casa di Akiko. Era il posto
dov’era nata e dove sperava di passare il resto della sua
vita e un
giorno, si spera il più tardi possibile, di morirci. Akiko
era un
membro del Clan Uchiha e come tutti gli altri membri possedeva
l’abilità innata che li contraddistingueva: lo
Sharingan.
Fumiko,
sua madre, era scomparsa durante una missione. Non morta scomparsa e,
per certi versi, questo era pure più doloroso. Akiko avrebbe
tanto
voluto avere una tomba su cui piangere poiché era convinta
che la
madre fosse morta perché se non fosse stato così
sarebbe tornata da
lei, no? Nessuna madre abbandonerebbe la propria prole. Nessuna.
In
seguito alla scomparsa di Fumiko la bambina era rimasta sola e
Fugaku, il capo del clan, e sua moglie Mikoto l’avevano
accolta
nella loro casa. Lo avevano fatto in nome dell’affetto che
entrambi
avevano nutrito per sua madre. I primi giorni erano stati difficili.
Fugaku e Mikoto erano stati molto gentili con lei, in particolare
Mikoto, ma quella non era la sua casa e loro non erano la sua
famiglia. Una volta era pure scappata ed era stato Itachi, il figlio
maggiore della coppia, a ritrovarla. In seguito le cose avevano
iniziato a migliorare e Akiko aveva incominciato a considerare la
loro abitazione come la sua nuova casa.
Due
anni erano passati da quando la piccola era andata a vivere con i
vecchi amici di sua madre. Voleva un gran bene a tutti: alla dolce
Mikoto, al severo Fugaku che era spesso impegnato con le faccende del
clan, a Itachi che sembrava ignorarla per la maggior parte del tempo
e al piccolo Sasuke, con il quale ogni tanto si allenava e che
consolava quando era triste. Le cose finalmente avevano preso la
giusta piega ed era convinta che d’ora in avanti sarebbe
andato
tutto bene. Non poteva lontanamente immaginare, nemmeno nei suoi
incubi peggiori, quello che stava per accadere.
Quella
mattina Akiko si era svegliata un po’ più tardi
del solito. Non
aveva missioni in programma per quel giorno e quindi ne aveva
approfittato per riposare qualche ora in più. La bambina
stava
scendendo le scale per raggiungere il pianterreno quando
notò Sasuke
in piedi dietro ad Itachi che si stava infilando le scarpe.
«
Itachi, ti prego, possiamo allenarci più tardi dopo
l’Accademia? » chiese il bambino che aveva pochi
anni in meno di
Akiko. Quest’ultima si fermò a metà
scala e fissò la scena.
“Digli
di si, Itachi. Tuo fratello ti ammira tanto e sarebbe così
felice di
allenarsi con te.” pensò
consapevole che Sasuke era felice di allenarsi con lei, ma che invece
avrebbe preferito farlo con il fratello maggiore.
«
Mi dispiace, non ho tempo oggi. » rispose Itachi
sollevandosi
dal pavimento. « Perché invece non ti alleni con
Akiko? » aggiunse
voltandosi, ma invece di fissare il fratellino concentrò i
suoi
occhi d’ossidiana sulla ragazzina rimasta immobile sugli
scalini.
La bambina finì di scendere le scale e si
avvicinò a Sasuke.
«
Ma mi alleno sempre con lei. Ti prego, Itachi! »
supplicò il
bambino. Akiko gli posò una mano sulla spalla destra.
«
Sasuke, tuo fratello è molto impegnato. »
disse dolcemente la
ragazzina. « Se vuoi puoi allenarti con me dopo
l’Accademia. »
propose e le sue labbra si curvarono in un sorriso. Sasuke si
voltò
e posò gli occhi su di lei: erano identici a quelli del
fratello.
«
Va bene. » acconsentì, ma era chiaro che
fosse deluso. Akiko
tolse la mano dalla sua spalla e lo guardò dirigersi in
cucina.
Quando fu sparito alla sua vista si girò verso Itachi.
Intrecciò le
braccia e assunse un’espressione severa.
« Capisco che tu sia
molto occupato ma è possibile che non hai nemmeno una o due
ore
libere da dedicare a tuo fratello? » chiese incapace di
trattenersi.
« Lui ti ammira. Il suo sogno è diventare come
te! »
continuò. A dirla tutta, il bambino era pure un
po’ geloso
del fratello dal momento che passava più tempo col padre che
con lui
e perché Fugaku sembrava avere occhi solo per il figlio
maggiore.
Akiko sospettava che il motivo dietro tutte quelle attenzioni fosse
molto semplice: Itachi era il figlio maggiore e in quanto tale un
giorno, probabilmente, sarebbe stato lui il capo del clan.
«
Akiko, devo chiederti una cosa. » disse.
In quell’istante
la porta della casa si aprì e comparvero alcuni membri del
clan
dall’aria tutt’altro che amichevole. La bambina li
fissò
perplessa.
« Shisui è morto. »
annunciò uno di loro.
Akiko si coprì la bocca con la mano sconvolta. Non riusciva
a
credere alle proprie orecchie. « Si è suicidato ed
è stato
rinvenuto un suo biglietto! » continuò il
tipo con tono
accusatorio.
« Mi dispiace, tuttavia non capisco il vostro
atteggiamento... sembra quasi che mi state accusando di essere
responsabile della sua morte. » rispose impassibile
Itachi e la
bambina lo fissò incredula.
“Come
fa a restare così calmo? Shisui era suo cugino, oltre che un
suo
caro amico.” pensò
confusa, forse era solo bravo a nascondere il proprio dolore.
«
Ieri c’è stata una riunione del clan. Tu e Shisui
eravate gli
unici assenti. Tuo padre ha provato a giustificarti affermando che
avevi degli impegni in quanto membro della squadra
speciale! »
esclamò un altro dei ragazzi che avevano tutti
più o meno la stessa
età del figlio del capo clan.
« Itachi non avrebbe mai potuto
fare del male a Shisui, era il suo migliore amico! »
strillò Akiko
facendo un passo in avanti decisa a difenderlo. Quest’ultimo
allungò un braccio di fronte a lei impedendole di avanzare
ulteriormente.
« Akiko, lascia stare. Raggiungi Sasuke in
cucina. » disse senza guardarla e, seppure di mala
voglia, la
bambina ubbidì.
Quando entrò in cucina vide Sasuke seduto a
tavola vicino al padre ed entrambi stavano finendo di fare colazione.
Mikoto era in piedi davanti ai fornelli con indosso un grembiule
bianco.
« Akiko, hai fame? » chiese la donna che per prima
si
era accorta della sua presenza.
« Penso che berrò del latte. »
rispose prendendo posto vicino a Sasuke. Fugaku era seduto capotavola
come di consueto. Akiko, guardando il bambino seduto vicino a
sé
notò che l’espressione triste non aveva ancora
abbandonato il suo
viso.
« Sasuke, non te la prendere. Sono sicura che presto
Itachi riuscirà a trovare del tempo da
dedicarti. » disse
dolcemente la ragazzina accarezzando i capelli del bambino che la
ignorò e si alzò dalla sedia.
« Ho finito di mangiare, vado
in Accademia! » annunciò con
un’espressione cupa in volto. «
Akiko, ci vediamo più tardi! » aggiunse e
quest’ultima
annuì.
« Ti ho preparato la merenda. » disse
Mikoto
prendendo un sacchettino di carta da una delle mensole e porgendolo
al figlio, che lo afferrò. « Se preferisci, dopo
le lezioni puoi
allenarti con me. » propose.
Akiko non sapeva se Mikoto
fosse stata una grande kunoichi ma era probabile dal momento che,
quando lasciò la carriera ninja per dedicarsi alla casa e
alla
famiglia, aveva il rango di Jonin. Anche Fumiko era riuscita a
raggiungerlo. Lei è la moglie di Fugaku si erano diplomate
all’Accademia a pochi anni di distanza l’una
dall’altra.
«
No mamma. Scusa, ma ho già detto ad Akiko che mi sarei
allenato con
lei. » rispose il piccolo che sembrava deciso a
rispettare
l’impegno preso.
« Va bene, allora ci vediamo più tardi.
Buona giornata! » augurò la madre che non
pareva essersela
presa minimamente. Il bambino corse fuori dalla stanza.
« A
volte vorrei sapere cosa passa per la testa di
Itachi... »
affermò Fugaku scuotendo la testa. « È
in gamba, è stato il più
giovane del clan a risvegliare lo Sharingan, ha impiegato poco a
perfezionarlo ed è abile in tutto quello che
fa. » continuò
l’uomo. « Però sembra che non gli
importi niente della famiglia e
del clan. » proseguì e, dal tono della
voce, la bambina capì
che era quella la cosa che lo preoccupava maggiormente:
l’apparente
disinteresse del figlio maggiore per le questioni del clan.
«
Caro, Itachi è giovane ed è appena entrato nella
squadra
speciale. » intervenne la moglie posando sul tavolo,
di fronte
ad Akiko, una tazza di latte. La piccola se la portò alle
labbra e
bevve un sorso del liquido tiepido e bianco « Ha tempo per
dedicarsi
alle questioni del clan. Lascia che per ora si concentri sulla sua
carriera ninja. »
« Sono fiero di lui. Sono contento che
sia entrato nella squadra speciale, ma è arrivato il momento
che
entri a far parte del consiglio a tutti gli
effetti! » rispose
il ninja. « Ieri c’era una riunione. L’ho
pregato di venire e
lui cos’ha fatto? Non si è presentato! Mi ha fatto
fare una figura
pessima! » continuò scuotendo la testa
deluso e veramente
arrabbiato. Poggiò i gomiti sul tavolo e
intrecciò le dita delle
mani.
« Vedrai che alla prossima riunione si presenterà.
Sei
troppo severo con lui. » disse la moglie
poggiandogli una mano
sulla spalla.
« E tu sei troppo buona! »
ribatté l’altro
alzandosi in piedi. « Akiko, pensaci tu a Sasuke, per
favore. »
«
Tranquillo. Quando avrà terminato le lezioni,
andrò a prenderlo e
ci alleneremo insieme. » promise. Era felice di
allenarsi con
Sasuke. Quegli allenamenti tornavano utili pure a lei: aveva
l’opportunità di rinforzare il suo Sharingan. I
suoi compagni di
squadra erano in gamba e pure la sua maestra, tuttavia nessuno di
loro possedeva la sua abilità innata.
Finito
di fare colazione, Akiko salì in camera sua. Voleva
sistemare la
stanza prima di uscire di casa.
Quando aprì la porta vide
Itachi davanti alla finestra. Le dava le spalle. Apparentemente non
si era accorto del suo arrivo, ma era probabile che non fosse
così.
Era certa che sarebbe stato difficile cogliere Itachi di sorpresa.
«
Hai finito di fare colazione, Akiko? » chiese voltandosi
verso di
lei. La ragazzina chiuse la porta e si avvicinò al suo
ospite.
«
Si. Mi sembrava che dovessi chiedermi qualcosa... »
disse
ricordando le sue parole di alcuni minuti prima.
« Desidero
solo che tu ti prenda cura di Sasuke. Presto avrà bisogno di
tutto
il tuo aiuto. » spiegò.
« Il mio aiuto? Perché, cosa
sta succedendo? Devi partire per una missione importante? »
domandò confusa. Stava per intraprendere una
missione
pericolosa e aveva paura che non avrebbe più rimesso piede
nel
villaggio? Se fosse morto il futuro del clan sarebbe stato incerto.
Non voleva nemmeno pensare a come i suoi genitori e Sasuke avrebbero
reagito di fronte ad una sua eventuale dipartita.
« Adesso non
posso spiegarti, ma ho bisogno che tu faccia una cosa per me oggi:
devi tenere Sasuke lontano dal nostro quartiere. Il
più a lungo
possibile. »
« Perché?! » esclamò non
riuscendo a
pensare ad una spiegazione per quella richiesta. Lui le posò
una
mano sulla spalla destra e la guardò dritto negli occhi.
« Fai
come ti ho detto e non farne parola con Sasuke. »
disse facendo
aumentare ulteriormente la confusione che provava.
«
Itachi, mi stai preoccupando... » disse ansiosa.
« Stai
tranquilla. Fai solo come ti ho detto: tieni Sasuke lontano dal
quartiere il più possibile. »
levò la mano dalla sua spalla e
aprì la cerniera della maglia che indossava tirando fuori un
rotolo.
« Questo è per te, ma devi promettermi che lo
leggerai solo
domani. » disse porgendoglielo e lei lo prese in
mano con
cautela.
« Va bene, te lo prometto. »
affermò. Temeva
che sarebbe potuta morire per la curiosità e che non sarebbe
stata
in grado di resistere, tuttavia era determinata a farlo.
«
Grazie. Ora devo andare! » le mise le dita sulla
fronte, lo
aveva sempre visto fare quel gesto con Sasuke e pensava che fosse il
suo modo per salutarlo, ma era la prima volta che lo faceva con lei.
« Un giorno diventerai una grande
kunoichi! »
« e tu
sarai qui per aiutarmi e consigliarmi, magari anch’io mi
unirò
alla squadra speciale! » ipotizzò
sorridendo.
Avrebbero
potuto andare in missione insieme. Veramente lei quasi quasi avrebbe
preferito occuparsi delle nuove generazioni piuttosto che entrare a
far parte della squadra speciale però aveva sempre sognato
di andare
in missione con Itachi. Sasuke non era il solo ad ammirarlo. Akiko
avrebbe considerato un grande onore combattere al suo fianco.
«
Farò il possibile. »
Lo guardò uscire dalla stanza e le
venne uno strano presentimento. Aveva come la sensazione
che qualcosa
di brutto stava per accadere e che lui lo sapesse, ma non volesse
dirglielo.
Prima
di uscire di casa, Akiko salutò Mikoto e
l’avvertì che non
sarebbe rientrata per il pranzo: aveva appuntamento con i suoi
compagni di squadra e la sua maestra. La matriarca del clan la
salutò
con un sorriso smagliante. A volte si chiedeva come facesse quella
donna ad essere perennemente allegra.
Akiko si incamminò lungo
il marciapiede diretta verso l’arco che divideva il quartiere
degli
Uchiha dal resto del villaggio, erano numerose le case che
comprendevano quella parte dell'insediamento e stranamente
tutti
i membri del clan erano a casa. Normalmente c’è
n’era sempre
qualcuno lontano dal villaggio e raramente erano tutti nel complesso
o comunque all'interno delle mura.
“Ho
sentito ieri Fugaku commentare la cosa con Mikoto. Sembrava perplesso
e sorpreso che l’Hokage non avesse affidato a nessun membro
una
missione che lo portasse lontano da Konoha.” pensò.
Scosse la testa e si sistemò una ciocca dei lunghi capelli
scuri
dietro l’orecchio. Non era preoccupata di quello che avrebbe
potuto
significare, pensava che semplicemente l’Hokage non avesse
bisogno
di loro.
« Ah, guarda chi c’è, il nostro
fantasma! » disse
una voce maschile. Si bloccò nell’udirla e si
voltò: tra i rami
dell'albero del giardino di una casa, in mezzo alle foglie, spuntava
un ragazzino. Lo conosceva bene. Il bambino saltò
giù atterrando di
fronte a lei. « Allora fantasma, dove vai di bello?
Vai a fare
una visita ai tuoi amici rettili? » domandò con un
sorriso maligno
dipinto in volto.
« Non sono affari tuoi e smettila di
chiamarmi in quel modo! » rispose chiudendo le mani a pugno.
«
La tua pelle è chiarissima, più chiara di
qualsiasi membro del clan
o abitante del villaggio. Ti fa sembrare un fantasma!
» il tono
della sua voce era perfido e Akiko, senza nemmeno rendersene conto,
attivò il proprio Sharingan: i suoi occhi diventarono rossi
e due
tomoe comparvero intorno alla pupilla. Le mancava ancora un tomoe
affinché l’evoluzione fosse completa.
« E tu sei un idiota!
» esclamò tirandogli un pugno allo stomaco. Il
ragazzino si piegò
in due con gli occhi spalancati.
« Accidenti, Akiko! »
biascicò facendo un passo indietro tenendosi una mano sul
ventre.
Lei gli passò accanto, non era per niente pentita di averlo
attaccato: aveva bisogno di una lezione. La questione per il bambino
non doveva essersi chiusa lì, siccome tentò di
aggredirla alle
spalle, ma la bambina riuscì facilmente a schivare il suo
attacco.
«
Sospettavo che mi avresti attaccato per vendicarti. »
affermò
fissando il suo avversario che era caduto per terra. Tirò un
sospiro
e scuotendo la testa si avvicinò a lui tendendogli una mano.
L’altro
la guardò per un istante, poi gliela colpì e si
drizzò in piedi da
solo rifiutando il suo aiuto.
« Vai da quei serpenti che ti
piacciono tanto! » dopo la fuoriuscita di
quell’ultima cattiveria
dalle labbra corse via. Una lacrima uscì dall'occhio destro
di Akiko
e scivolò lungo la guancia. Se la asciugò. Certi
bambini sapevano
essere davvero cattivi e lei lo sapeva bene.
“Però
quell'antipatico non mi ha dato un cattivo consiglio in
fondo…” pensò
e continuò a camminare lungo il marciapiede. Quando era
uscita di
casa non sapeva con certezza dove sarebbe andata, ma adesso
si.
All'interno del villaggio si trovava un grande bosco ed era
stato proprio lì che si era rifugiata quando due anni prima
era
scappata da casa di Fugaku e Mikoto perché non voleva vivere
con
loro. Le piaceva la tranquillità che riusciva a trovare in
mezzo
agli alberi.
Raggiunto il bosco, Akiko si inoltrò al suo
interno. Camminò per una decina di minuti. Gli uccellini
cinguettavano in cima agli alberi nascosti in mezzo alle loro chiome
verdi. La bimba si sedette vicino al tronco di un albero. La pianta
doveva essere caduta e gli abitanti di Konoha dovevano aver deciso di
lasciarla lì ed era diventata un rifugio per gli animali
all’occorrenza. Appoggiò la schiena contro il
tronco e distese le
gambe davanti a sé rimanendo in attesa.
Come spesso accadeva,
non passarono molti minuti prima di sentire qualcosa di freddo che le
strisciava sul braccio. Abbassò lo sguardo e vide un
serpente
risalire lungo il suo arto.
“Ciao,
Akiko. Non mi sembri di buon umore oggi.” i
pensieri del rettile le risuonarono nella testa fin da quando aveva
memoria: i serpenti erano come attratti da lei. In particolare le si
avvicinavano quando era nel bosco o in prossimità di esso e
per
qualche strana ragione lei riusciva a sentire i loro pensieri. La
prima volta si era spaventata, ma con il passare del tempo ci aveva
fatto l’abitudine e quei rettili erano diventati suoi
amici.
“Diciamo
che ho litigato con un bambino. Mi chiama fantasma e a me non piace.
Io non sono un fantasma!” rispose
e intrecciò le gambe mentre con l'altra mano strinse piano
il
serpente. Non voleva correre il rischio di fargli del male. Se lo
sistemò sulla pancia e il rettile si avvolse su
sé stesso per poi
rimanere immobile.
“No,
non sei un fantasma. Se lo fossi ti passerei attraverso.” rispose
l’altro sollevando la testa e gli occhi della bimba
incontrarono
quelli piccolissimi del suo amico. “Sai,
io sono molto velenoso. La mia specie è considerata una
delle più
pericolose.” spiegò.
Non
le stava dicendo nulla di nuovo. Si era informata e aveva scoperto
che il mamushi era uno dei serpenti più velenosi del posto
dove
vivevano. Il suo veleno distruggeva i globuli rossi e conteneva delle
neurotossine che attaccavano il sistema nervoso e in più
conteneva
anche degli anticoagulanti. Aveva letto che i sintomi che colpivano
le persone che venivano morse erano molteplici e che almeno una
decina di persone all’anno morivano per via del suo morso,
però
esistevano due antidoti in grado di neutralizzarlo.
"Lo
so, ho studiato la tua specie." rispose
distogliendo lo sguardo e fissando l'albero davanti a sé.
Qualcuno
aveva inciso sul tronco un cuore e nel mezzo aveva scritto le
iniziali di due nomi. Sorrise al pensiero della giovane coppia di
innamorati che doveva averlo realizzato, magari due bambini.
Sollevò
lo sguardo e fissò le foglie dei rami degli alberi sopra le
loro
teste, era in grado di vedere solo dei puntini azzurri che dovevano
essere pezzi di cielo. La sua mente tornò indietro nel tempo
a due
anni prima.
Inizio
Flashback
Quella
non era la sua casa, la sua casa era quella dov'era nata e cresciuta
e dove fino a pochi giorni prima viveva con sua madre. Non aveva
più
nessuno: era sola. I suoi nonni erano morti e adesso pure sua madre
l'aveva abbandonata. In quanto a suo padre... beh, non sapeva nemmeno
chi fosse.
Mikoto e Fugaku l'avevano accolta a braccia aperte
nella loro casa, la donna le aveva pure promesso di prepararle il suo
piatto preferito per cena e le aveva preparato una torta. Tutti
eccetto Itachi, che non sembrava essersi quasi accorto del suo
arrivo, erano parsi felici che andasse a vivere con loro. Quella era
stata una delle rare volte che aveva visto sorridere Fugaku, sebbene
si fosse trattato di un piccolo sorriso.
Appena Mikoto l'aveva
lasciata da sola nella sua nuova camera, Akiko aveva aperto la
finestra ed era scappata.
La bambina si era rifugiata nel bosco
e si era seduta per terra accanto al tronco di un albero. Aveva
piegato le gambe, le aveva strette con le braccia ed era rimasta
immobile a piangere in silenzio. Non sapeva dire quanto fosse rimasta
in quella posizione, ma dopo pochi minuti arrivò un serpente.
Ormai
si era abituata ai rettili che le si avvicinavano quando andava nei
boschi. Non erano cattivi e lei era in grado di comunicare
telepaticamente con loro.
"Perché
quelle lacrime Akiko?" Chiese
il serpente. Lei posò una mano sul terreno e la creatura le
salì
lungo il braccio.
"Mia
madre è scomparsa in missione. Sono convinti che sia
morta." raccontò
asciugandosi gli occhi con la mano dell'altro braccio.
"Mi
dispiace. La vita dei ninja è pericolosa, ho sentito e ne ho
visti
morire tanti." rispose.
La cosa incredibile era che si sentiva meglio a parlare con un
serpente e a stare in un bosco piuttosto che a casa del capo del
clan.
Rimase a lungo lì seduta a conversare con il serpente. Ad
un certo punto incominciò a farsi buio. Il suo stomaco
brontolò e
intuì che doveva essere quasi ora di cena. Un rumore la fece
sussultare e si drizzò in piedi.
« Ah, eccoti qui finalmente.
Lo sai che sono diventato matto per cercarti? I miei genitori sono
preoccupatissimi e Sasuke è triste! »
disse Itachi uscendo da
dietro un albero. « Mi rendo conto che... _non stai
vivendo un
bel momento, ma ti chiedo di tornare indietro. Te lo chiedo per mio
fratello, sta soffrendo e i miei genitori stanno
impazzendo. »
disse avanzando verso di lei. Teneva le mani infilate nelle tasche
dei pantaloni.
« Quindi mi stai chiedendo di tornare indietro
solo perché non vuoi che tuo fratello e i tuoi genitori
soffrano? »
chiese. Non era sorpresa di apprendere che a lui non importasse nulla
di lei. Sarebbe anche potuta morire e Itachi non avrebbe battuto
ciglio, era solo preoccupato per la sua famiglia.
Si inginocchiò
per terra e posò la mano sul terreno. Il serpente scese dal
braccio
di lei e lo guardò strisciare fino ad un cespuglio e sparire
in
mezzo alle foglie.
« Si, te lo sto chiedendo per quello. »
confermò il ragazzino poco più grande di lei.
Quanti anni aveva
Itachi più di lei? Due o tre erano gli stessi che la
separavano da
Sasuke, ma quest’ultimo era più piccolo di lei ed
era a metà tra
loro due: poco più piccola del fratello maggiore e poco
più grande
di quello minore.
« Non ho nulla contro i tuoi genitori o
Sasuke... loro sono stati gentili, in particolare tua madre e...
Sasuke sembra davvero un bravo bambino, ma voi non siete la mia
famiglia e quella dove abitate non è la mia
casa. » affermò
avvertendo di nuovo quel senso di sofferenza che sembrava averla
abbandonata dopo che era venuta nel bosco.
« Ripeto: capisco
che la situazione non è facile. Stai vivendo un brutto
momento. Hai
appena perso tua madre e non hai più nessuno.
Però, se vuoi, noi...
noi potremmo essere la tua nuova famiglia, anche se mi rendo conto
che i miei genitori non saranno mai i tuoi. » disse
facendo
alcuni passi nella sua direzione. « Mia madre non pretende di
sostituirsi alla tua e mio padre non pretende di essere anche il tuo,
ma credo che ti vogliano bene sul serio e può darsi che con
il
passare del tempo incomincerai a considerare la nostra casa pure la
tua. » il tono della sua voce era calmo. Il suo
sguardo non
aveva mai abbandonato quello di lei. In quell’istante il
vento
soffiò scompigliando i capelli di entrambi oltre ai rami
degli
alberi e una foglia cadde sul terreno in mezzo a loro.
« Va
bene, andiamo. Ma sbrighiamoci, sta iniziando a venirmi
fame! »
disse, sebbene odiasse ammetterlo e si incamminò verso il
loro
quartiere seguita da Itachi.
Fine
Flashback
Dopo
quel giorno non era più scappata. Quando era tornata a casa,
Mikoto
prima l’aveva abbracciata felice di vedere che fosse sana e
salva e
poi l’aveva rimproverata per essersene andata senza
avvertire. Dopo
aver visto la preoccupazione sul volto suo e del marito e Sasuke che
le correva incontro contento di rivederla, capì che le
volevano
davvero bene e che magari, col tempo, quel posto sarebbe diventato la
sua casa.
Il
resto della giornata trascorse velocemente e prima che se ne rendesse
conto arrivò il momento di andare a prendere Sasuke fuori
dall’Accademia. Non aveva dimenticato quello che le aveva
chiesto
Itachi e aveva studiato un piano per tenere il suo fratellino lontano
dal quartiere, sebbene non riuscisse a comprendere il motivo della
richiesta del fratello maggiore. Se fosse stato il compleanno di
Sasuke avrebbe pensato ad una festa a sorpresa, tuttavia mancavano
settimane al giorno in cui il bambino avrebbe compiuto gli
anni.
“Itachi
deve aver avuto le sue buone ragioni per chiedermi di farlo e
sicuramente non si tratta di nulla di brutto.” pensò
la ragazzina che si trovava in piedi in mezzo alla strada di fronte
all’ingresso del giardino dell’Accademia. Diverse
persone erano
venute a prendere i bambini: genitori, fratelli, nonni, amici. La
strada era piena di gente che attendeva la fine delle
lezioni.
L’attesa della bambina non durò a lungo: pochi
minuti dopo le porte dell’edificio si aprirono e i bambini
incominciarono a correre fuori. Apparentemente era stata una buona
giornata per tutti perché sembravano tutti di buon umore:
ridevano e
chiacchieravano allegri.
« Akiko, oggi ci siamo allenati a
lanciare i kunai! » esclamò allegro
Sasuke quando fu di fronte
a lei. « Solo una volta non ho colpito il
bersaglio! »
raccontò con tono fiero. Lei sorrise e lì
scompigliò i capelli con
una mano.
« Congratulazioni. Allora, che intenzioni hai per il
nostro allenamento? » domandò mentre si
incamminavano.
«
Penso che potremo allenarci a lanciare i kunai e gli shuriken e con
le arti marziali! » propose, era felice e sembrava
impaziente
di allenarsi e la sua gioia fece svanire completamente ogni dubbio di
Akiko.
Il loro allenamento durò a lungo. Andarono avanti per
ore ed era ormai buio quando decisero di rientrare a casa.
L’ora di
cena era già passata da un’ora e e Akiko pensava
di averlo tenuto
occupato abbastanza, perciò non si oppose quando il piccolo
le
propose di rientrare. A dir la verità, anche la ragazzina
incominciava a sentire un certo appetito.
Appena arrivarono di
fronte all’ingresso del quartiere fu subito chiaro che
qualcosa non
andava: c’era troppo silenzio e tutte le luci erano spente
sebbene
non fosse tardi. A quell’ora avrebbero dovuto essere tutti
ancora
svegli, magari intenti a finire di mangiare.
« Akiko, perché
c’è tutto questo silenzio e le luci sono tutte
spente? » domandò
Sasuke. Quando erano entrati nel quartiere entrambi si erano fermati
e il bambino le aveva afferrato la mano.
« Può darsi che ci
sia stato un cortocircuito e che sia andata via la
luce... »
ipotizzò sforzandosi di mantenere un tono di voce normale,
sebbene
non si sentisse per niente tranquilla. Aveva un brutto presentimento.
« Non ti preoccupare. » disse sorridendo.
« Akiko, non
mi sembri tanto tranquilla. » rispose, per niente
rassicurato
dalle sue parole.
“Mi
sa che è il caso che io impari a mentire meglio...” pensò
distogliendo lo sguardo e guardando davanti a sé.
Fu allora che
un particolare attirò la sua attenzione, anzi più
di uno: c’erano
delle persone sedute per terra o coricate e alcune porte delle case
erano spalancate e all’improvviso una sensazione di freddo la
invase. Estrasse un kunai e cinse le spalle del bimbo con un braccio
tirandolo più vicino a sé,
« Adesso andiamo a casa... Vedrai
che non è successo niente. »
affermò. Quelle parole servivano
per tranquillizzare più se stessa che lui.
Avanzarono
lentamente e ben presto furono vicini alle persone che aveva
notato.
Quando furono a breve distanza, le fu subito chiaro che
erano morti. I suoi occhi si spalancarono per l’orrore alla
vista
di quel sangue. Vicino ai cadaveri c’erano dei kunai o degli
shuriken. Il terrore si impadronì di lei. Si
voltò verso le case:
le porte erano spalancate e sulla soglia riusciva ad intravedere dei
piedi e delle gambe.
“Sembra
che ci sia stata una carneficina, ma chi può essere
stato?!?” pensò.
Prima che avesse il tempo di pensare a cosa fare, Sasuke si
liberò
dalla sua stretta e incominciò a correre diretto verso casa.
«
Sasuke! » urlò e gli corse dietro. «
Sasuke! Fermati! Potrebbe
essere pericoloso. Dobbiamo avvertire gli ANBU! »
aggiunse, ma
il bambino la ignorò e continuò a correre.
Purtroppo quelli che
avevano visto prima non erano gli unici cadaveri: uomini, donne,
bambini e vecchi tutti uccisi. Il sangue era per la
strada
e in alcuni punti era schizzato sulle pareti. Il cuore della bambina
incominciò a battere all’impazzata sia per la
corsa che per la
paura.
« Lasciami! » strillò il bambino quando
lo afferrò.
La sua corsa era durata poco, non le era servito molto per
raggiungerlo. Aveva le lacrime agli occhi. Tentò di
divincolarsi
dalla sua stretta però lei strinse più forte
decisa a non farlo
scappare.
« Sasuke, ti prego calmati. Non possiamo restare qua.
Bisogna avvertire gli ANBU! È possibile che chi ha fatto
tutto
questo non se ne sia andato! » disse. Le sue parole
sembrarono
ottenere l’effetto sperato e il piccolo smise di agitarsi. Si
voltò
con le lacrime agli occhi e la guardò.
« Ti conviene
ascoltarla, Sasuke. » disse una voce che conoscevano bene
entrambi.
« Itachi, cos’è successo? »
domandò il bambino guardando il
fratello maggiore che era comparso all’improvviso in mezzo
alla
strada. Legata sulla schiena portava una katana, l’arma di
cui
erano dotati tutti i membri della squadra speciale. Le parole che le
aveva detto quella mattina incominciarono a rimbombare nella testa di
Akiko.
« Sei stato tu! » accusò parandosi
davanti a Sasuke.
La rabbia si impadronì di lei. « Mi avevi chiesto
di tenerlo il più
possibile lontano dal quartiere. Volevi avere tutto il tempo per
commettere questo orrore con tutta calma! »
esclamò furiosa.
Gli occhi della bambina cambiarono colore e il suo Sharingan
si
attivò.
« No, non può essere vero! »
disse il piccolo
tirando fuori la testa da dietro alla sua schiena. La bruna strinse
la mano attorno all’elsa del kunai che non aveva mollato da
quando
lo aveva tirato fuori poco prima. « Dimmi che non
è vero! »
strillò il bambino, parlando più forte vedendo
che il fratello non
rispondeva.
« Invece è vero, Sasuke. Sono stato io. Li ho
uccisi tutti. » rispose. Non c’era alcun rimorso
nella sua voce.
«
Assassino! » urlò Akiko mentre si lanciava verso
Itachi.
Quest’ultimo, dopo aver schivato il suo attacco senza alcuna
difficoltà, la spinse via con forza mandandola a
sbattere contro
il muro di un casa. La ragazzina gemette per il dolore: aveva
sbattuto la schiena e si era fatta male ad un braccio. Il kunai era
caduto per terra e si sentì una stupida per aver perso la
sua arma.
Gli occhi di Itachi erano diversi: erano rossi, ma avevano la forma
di uno shurinken con un cerchio rosso in mezzo.
« Akiko! »
l’ultima cosa che sentì fu Sasuke che urlava il
suo nome, poi
tutto diventò nero.
N.A. Siete
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e continuate a leggere la storia.
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