Quando cala la notte e la magia divampa

di Misaki Starlyght
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Le tre settimane successive scorsero velocemente sotto gli occhi di Merlin e Arthur, che avevano ormai trovato un loro equilibrio, una routine, che ormai si poteva definire stabile. Portando alla conclusione il primo mese di convivenza.
Tre volte a settimana Merlin accompagnava il lupo a correre e ogni volta, la sua coordinazione e la sua resistenza si facevano sempre più forti, portandolo ogni volta più lontano. Macinando sempre più Km. Proprio come Merlin aveva previsto.

Condividere i pasti e le giornate non era più un peso, ora che Arthur era passato dal vivere la sua condizione non come una prigionia forzata, ma come un'esperienza da vivere. Ormai cosciente di non essere mai stato più libero e forte in quel corpo quadrupede e dai sensi iper sviluppati, rispetto a quando era un ragazzo ricco che aveva tutto e al tempo stesso niente.

Una serenità sconosciuta aveva addirittura iniziato a pervadergli le membra.
Sensazione, che iniziò a credere, Arthur, fosse dovuta alla presenza di Hunit. 
Non vedeva spesso la donna a causa dei molti e lunghi turni di lavoro ma quelle volte che si incrociavano era sempre bello passare del tempo con lei. 
Dormendo sul divano del salotto, spesso la sentiva andare via la mattina presto e rientrare la sera tardi. E ogni volta la donna prima di andare via gli concedeva sempre una calda e amorevole carezza sulla testa. 
A volte dopo il lavoro, la sera tardi, si sedeva qualche minuto con lui sul divano. Concedendosi un momento di silenzio per riordinare i pensieri, accarezzando con una mano il pelo morbido del lupo, che puntualmente appoggiava il muso sulle sue gambe. 
Quella era la mano di una madre. 
Quella era la carezza di una madre. 
Gesto che in diciassette anni, non aveva mai conosciuto. 

Non avendo mai avuto una mamma non sapeva esattamente come dovesse essere. Sua sorella si era presa cura di lui, ma non era la stessa cosa. 
Mentre dalle balie e babysitter che lo avevano cresciuto, non aveva mai realmente percepito un sentimento materno da parte loro. Dopotutto venivano pagate da Uther per occuparsi di lui. 
I gesti sinceri e spontanei di Hunit invece, lo portarono a pensare che le donne dovessero prendere esempio da lei per essere delle mamme perfette. Non era ricca e non aveva una grande casa, eppure quelle piccole e basse mura erano piene di qualcosa di più grande e prezioso che casa sua non aveva mai posseduto. 
Hunit era una donna forte e determinata che lottava per la felicità e l'indipendenza sua e di suo figlio. E nonostante non riuscisse ad essere sempre presente, era impossibile non percepire la sua presenza amorevole e solare. La casa era piena del suo profumo. Del suo tocco gentile rivolto a Merlin e ora anche a lui visto che per la donna, anche Arthur faceva parte della famiglia. 

A volte ne era felice, altre volte invece una tristezza lo coglieva di sorpresa durante la notte, tenendolo sveglio per ore. Cosciente di non far veramente parte di quel nucleo e che di lì a poche settimane avrebbe dovuto lasciarlo per tornare umano. 
Per tornare alla sua vita reale. 
Alla sua vera casa. 
Alla sua vera, malata e disfunzionale famiglia.

Nonostante ciò, conoscere Hunit, gli aveva permesso di conoscere più a fondo Merlin.
Ora capiva da dove proveniva la sua ostinata caparbietà. 
Su questo lui e la madre erano uguali, per tutto il resto invece erano due mondi completamente diversi.
La donna possedeva una solarità e una giovialità che il moro non aveva. 
Merlin era molto più ombroso e riservato. Privo di ogni atteggiamento affettuoso, ma nonostante ciò non avrebbe mai detto fosse una persona arida come suo padre. 

Non sapeva perché Merlin fosse così, ma in quelle settimane aveva capito che come per lui non c'era mai stata una madre, per Merlin non c'era mai stato un padre. 
Non sapeva se fosse vivo o morto, l'argomento fino a quel momento non era mai saltato fuori. E conoscendo Merlin così sarebbe rimasto. 
Regola numero uno: non si parla della propria vita privata. 

Solo una volta la regola era stata infranta, quando Arthur aveva finito involontariamente per parlare dei gusti sessuali di Merlin, ma a parte quel piccolo inframezzo risolto con molto imbarazzo, non era più stato toccato nessun argomento critico o delicato. 
Una parte di lui lo rispettava. 
Come poteva non farlo? Lui che custodiva uno dei segreti più oscuri di Camelot. 
Ma l'altra parte di sé scalciava e bruciava per la volontà di sapere la verità. Sapere perché Merlin fosse quello che era. Se era così dalla nascita o se gli fosse capitato qualcosa durante il suo percorso di vita. 

Nessuno nasce con quegli occhi.

Oltre a questo con grande sorpresa di entrambi, durante la seconda settimana, si era aggiunta una seconda attività da condividere piacevolmente insieme: girando un pomeriggio, fra gli scaffali impolverati della libreria di Camelot, Arthur aveva scoperto un reparto ben fornito dedicato alla letteratura horror. Fra i quali torreggiava Stephen King e Lovecraft.
Questo gli fece aprire un succulento dibattito con Merlin. In primis perché Arthur, da folle amante dell'horror quale era, scoprì di poter combinare l'intensa attrazione che il moro aveva per i libri, con il suo vorace interesse per un genere così sottovalutato. Facendo così conoscere a Merlin un nuovo, raccapricciante e insensato mondo della letteratura; fino ad ora a lui sconosciuto. Da sempre improntato sulla saggistica e la scienza.

Questa unione fece scoprire ad Arthur l'accattivante e coinvolgente dizione di Merlin. Che rese la lettura per il Pendragon ancora più intrigante, grazie al tono profondo e trascinante che assumeva la sua voce durante la lettura. Ma soprattutto divertente, visto che il ragazzo puntualmente ad ogni fine capitolo, commentava concitato quanto quella lettura fosse senza senso e priva di logica e ogni volta Arthur gli rispondeva divertito che così doveva essere. A quel punto, il moro per tentare di dare un senso a quello che leggeva iniziava ad estrapolare concetti sociali e psicologici, innescando conversazioni stimolanti che a volte duravano per ore, sotto il portico di casa Emrys. Ovviamente non sempre il lupo riusciva a star dietro alle sue elucubrazioni mentali ma era bello vederlo così coinvolto e pieno di entusiasmo (per quanto Merlin potesse dimostrarlo) verso qualcosa che a lui piaceva. 
Per la prima volta stavano condividendo veramente qualcosa. 

In breve tempo il loro entusiasmo si estese anche al cinema e Arthur si impose di fare un bel corso accelerato a Merlin sulla cultura cinematografica horror. 
Il riscontro fu più o meno lo stesso e sempre spassoso visto che il moro non riusciva a capacitarsi di quanto fossero scemi i protagonisti che puntualmente venivano rapiti, posseduti da inquietanti entità, torturati, sbudellati, decapitati e molto altro ancora.

***

*Dovremmo andare al lago* propose Arthur, un pomeriggio di Luglio particolarmente afoso. -Al lago?- chiese Merlin sorpreso di quella richiesta diversa dal solito, mentre si versava l'ennesimo bicchiere d'acqua mai abbastanza ghiacciato per combattere il caldo ostinato che aveva preso piede nella valle. *Sì.* confermò il lupo, sdraiato sul pavimento fresco intento a sopportare la soffocante calura estiva. *Sarebbe divertente. E poi sarebbe anche un modo intelligente per liberarci da tutto questo caldo insopportabile. Mi sta uccidendo.*

Merlin non rispose subito come Arthur si era prefissato. Al contrario lo vide seduto sul divano, buttare giù un lungo sorso d'acqua analizzando pensieroso la sua nuova richiesta. Nonostante ciò, era certo che il moro non potesse dirgli di no. 
La sua fronte imperlata di sudore e la maglietta fastidiosamente appiccicata alla pelle diafana per il troppo caldo parlavano chiaro. 
Anche lui non né poteva più di quel caldo persistente e soffocante. -Mi hai convinto.- rispose alla fine il moro concorde ma senza l'entusiasmo che il lupo si era aspettato. *È tutto ok?* 
-Sì, perchè?- 
*È solo che...non mi sembri molto entusiasto di andare al lago.*  
-No...Lo sono...é solo colpa del caldo.- rispose Merlin, cercando di mascherare il proprio disagio. -Quando vorresti andare?-
*Anche domani. E restare a mollo per i prossimi due giorni.* ribattè il lupo ignorando volutamente la bugia dell'altro. -Domani sia allora. Ci toccherà prendere l'autobus visto che mia madre ha la macchina.- 
*A questo punto mi andrebbe bene qualunque cosa per raggiungere il lago.* 

A quella risposta un leggero e raro sorriso increspò la bocca di Merlin. *Tu che non sorridi mai...cos'è quella cosa che hai sulla faccia?* chiese subito Arthur, cogliendolo inflagrante sul fatto. -Quale cosa? È la mia faccia.- ribattè repentino Merlin sulla difensiva, consapevole di essere stato beccato *No, no. Ti ho visto! Hai sorriso, non negarlo.* insisistette indicando la sua bocca con la zampa -Non so di che parli. Il caldo ti avrà dato alla testa.- 
*Certo il caldo. Guarda che non mi freghi. Vuota il sacco.* 
-Ti dico che non era nulla.- 
*Merlin Emrys giuro che adesso mi alzo, vado in camera tua e mi sdraio sul tuo letto se non parli.* 
-Non lo faresti mai.- 
*Scommettiamo?* e detto ciò il lupo finse di alzarsi e dirigersi in camera del moro. 

Non sarebbe mai entrato per davvero. Non senza il suo permesso e Merlin lo sapeva.
Eppure una parte di lui decise di stare al gioco. Non l'avrebbe mai ammesso davanti ad Arthur, ma gli piaceva essere stuzzicato da lui. 
Come i loro bruschi incontri a scuola, anche quei brevi amichevoli battibecchi fra di loro, riuscivano a procurargli quel lieve brivido lungo la spina dorsale. 
Non avevano la stessa potenza travolgente capace di annullare tutto il resto, ma era abbastanza per tenerlo calmo e centrato. 

Mai come in quegli ultimi giorni, fu felice di ricredersi riguardo alla convivenza con Arthur e i conseguenti pensieri catastrofici.
Si era aspettato litigi di ogni tipo e un susseguirsi di crisi, una dietro l'altra; invece alla fine, con suo grande sollievo, erano riusciti a trovare un equilibrio. 
E se all'inizio aveva vissuto l'incanto di Morgana come una maledizione, ora si era trasformata in una benedizione. 
Aveva vissuto l'inizio della vacanze con grande preoccupazione, al pensiero di dover passare tre mesi da solo temendo l'agguato delle sue crisi dietro ogni angolo. Mentre ora, quegli angoli bui e terrificanti non facevano più paura, illuminati dalla costante presenza di Arthur. Era un sole vivente dagli occhi blu e i capelli dorati, capace con il suo calore, di bruciare tutti i suoi demoni nascosti nell'ombra.

Si insinuò in lui il desiderio che quell'estate non giungesse mai al termine, per avere Arthur sempre al suo fianco. 
Il suo Cerbero personale dalla pelliccia nera, uscito dalla più oscura delle notti senza stelle, pronto a ingoiare e spaventare i suoi incubi peggiori. 
Era il custode delle porte della sua mente. 
Il guardiano del suo inferno personale.

Era l'unica persona che riuscisse a tenerlo vivo e ancorato alla realtà. Come una calamita, riusciva a tirarlo fuori dalla sua zona sicura, facendolo camminare nel mondo come se fosse una persona normale. Dandogli la parvenza di non essere marcio dentro, almeno per un po', prima di tornare a rendersi conto della realtà delle cose. 
Di rendersi conto che quello non era altro che un bel sogno e che avrebbe dovuto abbeverarsene finchè fosse durato, perchè alla fine sarebbe giunto al termine. 
Si sarebbe svegliato, il suo sole si sarebbe spento e i demoni sarebbero usciti dalla loro prigione ingoiandolo una volta per tutte.

Lo voleva per sè, nel modo più egoistico e spasmodico possibile. 
Nacque in lui il pensiero di non iutarlo a tornare umano, così da averlo accanto a sé per sempre. Aveva più paura delle crisi che di Arthur e avrebbe sopportato volentieri il sua rabbia e la sua frustrazione pur di averlo accanto. 
Cosa avrebbe fatto senza di lui? Come sarebbe sopravissuto una volta che Arthur fosse tornato umano? 
Non c'è l'avrebbe fatta. Ecco cosa sarebbe successo. 

Si convinse che non sarebbe mai rimasto al suo fianco, dopo la rottura dell'incanto.
Nessuno lo obbligava a farlo e dopo tutto, perchè mai avrebbe dovuto? 
Dopo tre mesi insieme, sicuramente ne avrebbe avuto abbastanza di averlo intorno, preferendo tornare alla sua vita di prima, senza di lui. 
Magari lasciandolo addiritura stare, il che sarebbe stato anche peggio. 
Ma vista la complessità dell'incanto non era nemmeno detto che sarebbe riuscito a risolverlo. Se ci pensava, non era davvero sicuro di riuscirci, e più ci rimuginava sopra, più quelle parole non facevano che crescere e prendere spazio nella sua mente, creando una valida giustificazione a sè stesso per il suo infame comportamento. Si ripeteva che nessuno avrebbe potuto biasimarlo se avessero saputo quanto soffriva e chiunque al suo posto avrebbe fatto la stessa cosa. 
Il suo era puro istinto di sopravvivenza.

-Non era nulla. Una cosa stupida.- 
*A me piacciono le cose stupide, ricordi?* disse il lupo in piedi davanti all'entrata della sua camera da letto. *In più dovrei perdermi Merlin Emrys che dice una cosa stupida? Sarei un matto a non farlo.*

Merlin non potè evitare di guardarlo negli occhi, così simili a quelli dell'Arthur umano.
Non gli fu diffice immaginare la sua espressione facciale. Gli occhi azzurri e profondi come il mare, pronti a ricambiare il suo sguardo. A risucchiarlo dentro di sè. Il suo maledetto sorriso sghembo stampato sulla bocca. 
Lo stava sfidando e gli piaceva. 
Ne voleva ancora. 
Voleva vivere per sempre con il ricordo del suo corpo e delle sue mani su di lui, mentre lo distruggeva. Sospeso sul picco della montagna in bilico fra l'estasi del paradiso e il baratro dell'inferno.

Sì. Il suo era proprio istinto di sopravvivenza...l'istinto di un drogato. 
E Arthur era la sua droga incarnata. Il suo limbo personale servito su un piatto d'argento. 
Una dose infinita sempre pronta all'uso, ogni volta ne avesse avuto bisogno. Gli sarebbe bastato restargli vicino, respirare il suo stesso ossigeno, parlare con lui per avere la sua voce calda e profonda nella orecchie e nella testa, per essere "fatto".

Una volta che diventi un drogato, non importa se riesci ad uscirne. Lo sei per il resto della tua vita.

-È solo che quando hai detto "qualunque cosa" ti ho immaginato sul carretto del fruttivendolo, incastrato tra la frutta e la verdura implorando di raggiungere la spiaggia il prima possibile.- Arthur rimase per un secondo scioccato a fissare il volto sudato di Merlin -Ti avevo detto che era una cosa stupida.- disse il ragazzo non sapendo come intrepretare la reazione muta di Arthur, e prima che potesse dire altro il lupo scoppiò in una spontanea e fragorosa risata, che mandò Merlin in confusione. -Davvero ti fa ridere?- 
*Sei serio?* rispose il lupo tra una risata e l'altra *Hai appena detto la tua prima battuta! Allora qualcosa hai imparato dalle nostre conversazioni. Questo giorno entrerà nella storia!*concluse a stento rischiando di morire soffocato dalle risate.

Avrebbe dovuto sentirsi un mostro nell'usarlo in quel modo. Dopo tutto Arthur si era rivelato essere una persona totalmente diversa, da quello che si era delineato. Non era l'arrogante principino che aveva conosciuto fra le mura scolastiche. Era più acuto e intelligente di quanto facesse credere. Interessante e capace di mostrargli lati della vita che Gwen, non era mai stata capace di catturare. Era riuscito ad acettare il suo modo di vivere e comprendere il mondo con una rilassata ironia totalmente sua. 
Aveva perfino smesso di odiarlo, portando la loro interazione ad un altro livello; anche se non sapeva quale. Non erano più nemici, ma nennemo amici. Erano finiti in una zona nebulosa fra gli strati dell'esistenza. Erano per motivi diversi, un agglomerato di desideri inespressi e frustrazione repressa.

Positivo o negativo. Complicato o semplice. In ogni caso, preferiva decisamente quello stato totalmente sconosciuto rispetto ad una possibile amicizia. Non era mai stato bravo in quello. I drogati non hanno amici, non sono capaci di tenerseli stretti e non provano rimorso. Al contrario farebbero qualsiasi cosa pur di avere ancora una singola piccola dose di perdizione. 
Niente è più forte del desiderio. 
Nessun limite è mai troppo alto per essere scavalcato. E il degrado personale mai troppo basso per essere ripudiato. Mentire, approfittare, rubare...Cos'erano quelli se non miseri ostacoli lungo la strada per raggiungere l'agognato bottino?

Mi cost'asse il tuo odio, non ti permeterò di lasciarmi...

 





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