Se
Rosa è spaventata dalla voce che ha sentito nei pressi del
lago, ne
è in un certo modo anche attratta.
Nelle
settimane successive i pensieri della ragazza tornano sempre
lì, a
quelle parole sussurrate e trasportate dal vento leggero. La data del
suo matrimonio con il cugino Edoardo si avvicina - le nozze sono
fissate per l'inizio di maggio, quando il giardino sarà nel
suo
pieno splendore - ma lei non riesce proprio a sentirsi una novella
sposa: le pare di essere piuttosto un'avventuriera in procinto di
fare una scoperta eccezionale.
Malgrado
la tremarella che rallenta i suoi passi, Rosa visita più
volte il
piccolo specchio d'acqua. Ci sono giorni in cui l'unica voce che
sente è quella delle canne che frusciano smosse dal vento e
degli
insetti che ronzano sul pelo dell'acqua: in quelle occasioni torna
alla villa al contempo delusa e sollevata. Più spesso,
però, alla
ragazza basta avvicinarsi al lago per cogliere l'eco di parole
mormorate: sembra quasi che a parlare sia l'acqua stessa.
Non
ha senso, si dice mentre un brivido di orrore meravigliato le
corre lungo la schiena. Anche se non è esperta di cose di
mondo,
Rosa sa che dev'esserci una spiegazione razionale. Quando ha lasciato
la sua famiglia era troppo piccola per potersi ricordare quale fosse
l'opinione dei suo genitori in merito a spiriti e fantasmi, ma in
compenso sa benissimo come la pensava il signor Fiocchi. "Sono
tutte fesserie!" Le aveva detto la mattina stessa in
cui lei era entrata a servizio della sua famiglia. "Ci
sarà qualcuno, nella servitù, che
cercherà di farti credere che la
casa è infestata: l'edificio è vecchio, lo vedi
anche tu, e di voci
di questo genere ne circolano fin troppe. Non farti distrarre da
esse, bambina: tra queste mura non c'è spazio per l'occulto
e le
fantasie inutili."
Sebbene
Rosa non nutra alcun affetto per il suo vecchio padrone, la sua
visione del mondo l'ha in un certo modo influenzata e la ragazza non
crede che per le vie della terra vaghino presenze soprannaturali.
Però...
La
fanciulla si avvicina al lago quasi in punta di piedi e tende le
orecchie. Quasi come per farle un dispetto, il mormorio che l'era
sembrato di sentire fino a un istante prima si interrompe. Sembra
quasi che non voglia farsi trovare, pensa la ragazza
guardandosi
attorno. Incrociando le braccia davanti al petto, Rosa lascia
scorrere nervosamente gli occhi attorno a sé.
Da
qualche giorno il cielo terso che aveva benedetto la prima parte del
mese si è fatto ingombro di nubi, divenendo una distesa
grigia e
uniforme che getta una luce plumbea sul mondo. Il lago riflette quel
clima quasi autunnale e le sue acque, già naturalmente
scure, hanno
assunto un burrascoso colore grigio verde che le rende impenetrabili
allo sguardo umano. Le mani della giovane tremano impercettibilmente
mentre lei fissa quella superficie appena increspata da onde sottili:
quasi si aspetta che da essa emerga una bestia mitologica, un drago o
un serpente marino capace di parlare con una dolce voce di donna.
O
forse c'è qualcosa tra i cespugli, pensa Rosa,
mentre la
sensazione di essere osservata da qualcuno che sta alle sue spalle le
fa sollevare i sottili capelli della nuca. Un
folletto
dispettoso, una strega o lo spirito di qualcuno che è morto
tanto
tempo fa... La ragazza si volta di scatto, ma non
vede altro
che gli arbusti carichi di boccioli, l'erba e gli olivi.
Aggrottando
la fronte, la ragazza si chiede se non ci sia forse qualcosa che non
va in lei. Lo zio Antonio non le ha mai vietato di passeggiare per il
parco, né l'ha fatto la zia Maria Elena, il che significa
che ai
loro occhi in esso non v'è nulla di insolito o di
pericoloso. Di
certo l'avrebbero messa in guardia nei confronti di un lago parlante,
pensa la giovane con una smorfia. Possibile che sia la sola ad aver
mai sentito quelle parole mormorate? Possibile che esse non esistano
se non entro i confini della sua mente?
Non
sono pazza, si rassicura Rosa, posandosi due dita su una
tempia e
scrollando lentamente il capo. Forse dovrebbe parlarne con qualcuno,
ma chi? Non con la servitù, tra le cui fila non
v'è nessuno che le
sia amico, non con il prete, che non vedrebbe di buon occhio il fatto
che lei senta voci prive di corpo, non con Edoardo, che la ignora e,
quando non la ignora, la disprezza.
Cosa
posso fare? Si chiede la ragazza, sforzandosi di
pensare a
una soluzione. Forse potrei iniziare
con l'informarmi un
po' sulla storia della villa e del parco, decide. Domande di
quel
genere, che dimostrano interesse nei confronti della sua
proprietà,
non insospettiranno nessuno. Forse potrebbe provare a dare
un'occhiata più approfondita anche alla biblioteca:
è vero che i
libri la confondono, ma dovrebbe essere in grado di leggere almeno i
titoli. E se trovasse qualcosa di interessante, la curiosità
potrebbe spronarla a decifrare il testo con più sicurezza
del
consueto.
L'idea
le pare buona e la ragazza si sente quasi rinfrancata. Con una mano
sfiora un cespuglio d'ortensia e giocherella brevemente con le foglie
spesse. «Non so chi sei», dice, rivolta al lago
increspato, «ma
intendo scoprirlo.»
Forse
è una sua impressione, ma il silenzio che segue le sembra
quasi
stupefatto.
***
A
conti fatti, l'idea di cercare risposte all'interno della biblioteca
di famiglia non è poi così buona.
Ora
che non cerca svago, ma informazioni, gli imponenti scaffali di legno
ricolmi di volumi dall'aspetto vetusto le sembrano austeri, quasi
minacciosi. Ha l'impressione che incombano sopra la sua testa,
pretendendo di sapere cosa va cercando lei, servetta quasi
analfabeta, tra quei corridoi forieri di saggezza.
I
suoi occhi scorrono sulle lettere stampate sui dorsi dei libri, ma
non trovano nulla a cui appigliarsi. Sto solo
perdendo tempo,
pensa Rosa abbattuta.
Demoralizzata,
la giovane si dirige a passi lenti verso la sala più interna
e
sussulta nel vedere il cugino Edoardo seduto alla scrivania di legno
massiccio. È piegato su alcuni appunti e su quello che
sembrerebbe
quasi un diario, ma quando la vede arrivare si raddrizza e la fissa
con il suo cipiglio altero. «Ancora qui?» la
apostrofa con aria di
rimprovero.
Rosa
si mordicchia le labbra ed è tentata di girare sui tacchi e
andarsene, ma un pensiero improvviso la tiene inchiodata al
pavimento. Forse potrebbe approfittare della situazione per fare
conversazione con il suo futuro marito? Non prova per lui la
benché
minima attrazione fisica e l'uomo non ha mai dato cenno di desiderare
il suo affetto, ma questo non cambia il fatto che nel giro di un mese
o poco più saranno marito e moglie. Varrebbe certamente la
pena di
provare a conoscerlo un po' meglio, prima di recarsi con lui
all'altare.
«Sì»
dice allora, avvicinandosi lentamente alla scrivania. «In
verità
speravo di trovare qualche volume che trattasse della storia della
casa e del giardino.»
Edoardo
sembra sorpreso da quell'informazione, ma lo stupore che si disegna
sul suo viso lascia rapidamente spazio alla disapprovazione.
«Un
volume?» ripete con una smorfia. «L'edifico non
è abbastanza
antico per meritarsi le attenzioni di uno scrittore e nel parco non
c'è alcuna pianta esotica che possa essere studiata e
descritta da
un botanico. Cosa ti aspettavi di trovare?»
Rosa
arrossisce a suo malgrado e non può fare a meno di sentirsi
sciocca.
«A dire il vero ero più interessata al lago, che
alle piante e alla
storia della casa» dice comunque, cercando di mantenere un
tono
neutro.
Sull'ampia
fronte del cugino Edoardo si disegna una profonda ruga verticale.
«Perché ti interessa?»
La
giovane oscilla sui piedi. «Trovo strano che sia stato
incluso nel
parco. Non è un bacino artificiale, mi pare. Non pensavo che
qualcuno avesse il potere di vendere un intero lago»
improvvisa.
«A
voler ben vedere, è più una pozzanghera che un
lago» bofonchia
l'uomo, ma Rosa vede che l'argomento lo appassiona. Che
sorpresa! Pensa.
«A
me non sembra tanto piccolo» osserva lei, cercando di tenere
viva la
conversazione.
«Quattrocentodieci
metri di lunghezza e trecentoquindici di larghezza» la
informa
Edoardo, prima di stupirla parlando di nuovo: «Non ha alcuna
storia
particolare alle spalle. Era già parte dei terreni della
fattoria
che un tempo sorgeva al posto della villa. Un tempo serviva per fare
abbeverare il bestiame.»
Rosa
si immagina un lago diverso da quello che conosce lei. La forma
è la
stessa, ma la vegetazione attorno alle rive è più
rada, meno
rigogliosa. Non c'è traccia del viottolo di ghiaia
né degli olivi
che crescono sul pendio: ci sono solo prati e mucche che vi
pascolano. Nella sua mente, l'orecchio di uno dei bovini ha un
fremito e la ragazza si chiede se per caso non abbia udito la stessa
voce che da qualche tempo domina tutti i suoi pensieri.
«
Quando è stata costruita la villa?» chiede.
Edoardo
scrolla le spalle. «All'incirca un centinaio di anni fa. Come
ti ho
detto, non può certo essere considerata antica o di
pregio.» Così
dicendo, l'uomo si alza dalla sedia e la fanciulla nota che, sebbene
sia ancora nel pieno delle forze, sembra fare fatica a spostare il
corpo massiccio. Le sembra già di vederlo vecchio, curvo e
grigio,
troppo pingue per alzarsi dal letto o dalla poltrona. Rosa non riesce
a reprimere un brivido di orrore.
Senza
alcuna parola di spiegazione, l'uomo si avvicina alla parete in fondo
alla stanza, quella più lontana dalle finestre che danno sul
giardino. Su di essa sono appesi alcuni piccoli quadri che la ragazza
non ha mai avuto l'occasione di esaminare da vicino. Accorgendosi che
Edoardo si è fermato di fronte al primo di essi, Rosa gli si
avvicina di nuovo: non capisce perché tutto d'un tratto
l'uomo sia
così ben disposto nei suoi confronti, ma intende
approfittarne come
può.
Quando
gli si accosta, il cugino Edoardo non abbassa su di lei lo sguardo,
ma lo tiene fisso sulla scena agreste raffigurata nel primo dipinto:
due uomini che accompagnano un bue impegnato ad arare i campi. Il
paesaggio sullo sfondo è accurato e la ragazza comprende che
il
campo doveva trovarsi nei pressi della villa. «Chi l'ha
dipinto?»
chiede incuriosita.
«Tale
Giovanni Bonfanti, un gentiluomo che visse in città nel
periodo in
cui la fattoria fu trasformata in villa e che si dilettava nell'arte
della pittura» spiega l'uomo in tono piatto. «Il
tratto è
piuttosto grossolano, ma bisogna riconoscergli una certa attenzione
ai dettagli.»
Rosa
guarda il quadro: di arte non se ne intende, ma il dipinto le sembra
grazioso. Non ha però alcuna intenzione di contraddire il
cugino
Edoardo e dunque passa al quadro successivo, che raffigura un
gruppetto di donne che, con le sottane raccolte, paiono intente a
pigiare l'uva. L'immagine successiva raffigura una contadinella di
pochi anni che, circondata da grosse galline rossastre, porta alcune
uova nel grembiulino sollevato, ma l'attenzione della ragazza
è
subito attirata da ciò che è ritratto all'interno
della quarta
cornice.
I
suoi occhi scorrono sull'immagine di una fanciulla bionda che,
avvolta in vesti candide, siede sulla sponda di un piccolo specchio
d'acqua. L'angolo con cui è stata ritratta non permette a
Rosa di
scorgere con esattezza l'espressione del suo viso, ma alla ragazza
sembra che le sue labbra siano piegate nell'accenno di un sorriso.
È
stata immortalata nell'atto di strizzare i lunghi capelli, forse
bagnati dalle acque del laghetto, e la sua posa è
stranamente
provocatoria, se confrontata con l'innocenza degli altri dipinti: la
sua spalle sinistra è nuda e le sue gambe sono scoperte fino
al
punto che è possibile intravvedere la pelle candida delle
cosce.
«Chi
è?» chiede, rivolta all'uomo al suo fianco.
Lui
scrolla nuovamente le spalle. «Difficile dirlo. Forse una
contadina,
forse una giovane che il Bonfanti portò con sé
dalla città. Forse
solo una donna immaginaria che ha dipinto nella posa delle ninfe
greche: ci sono alcuni bozzetti che mio padre ha nel suo studio che
dimostrano che era assai affascinato dalla cultura classica.»
«Cos'è
una ninfa?» chiede Rosa, che non è sicura di aver
già incontrato
quel termine prima d'ora.
Il
cugino Edoardo le rivolge uno sguardo di sufficienza, ma la sua voce
è priva di malizia. «Una sorta di spirito delle
foreste o delle
acque.»
Nell'udire
quelle parole, qualcosa nel petto della giovane ha un
sussulto. Uno
spirito delle acque? Si chiede con il cuore in gola.
Può
davvero trattarsi solo di una coincidenza? Non è quantomeno
curioso
che un uomo vissuto un secolo prima abbia dipinto una fata nello
stesso luogo in cui lei ha più volte sentito una voce che
sembrava
provenire dal lago stesso?Possibile che anche quel pittore dilettante
avesse udito il mormorio portato dal vento? Possibile che avesse
davvero visto la fanciulla vestita di bianco emergere dalle acque del
laghetto?
Non
essere sciocca! Si dice Rosa, retrocedendo
istintivamente di
un passo. Le fate non esistono più di
quanto non esistano i
fantasmi e tu ti stai facendo suggestionare da quello che
probabilmente non è altro che il ritratto dell'amante di un
damerino
locale!
La
ragazza si rende corto di essersi portata una mano davanti alla
bocca. Imbarazzata, si costringe a riabbassarla e lancia un'occhiata
al cugino Edoardo per vedere se si è accorto del suo scatto
immotivato. L'uomo però non bada a lei e pare intento a
contemplare
l'ultimo quadro della fila. Raffigura un giovane uomo con ordinati
capelli fulvi e brillanti occhi scuri. Sul suo volto c'è un
sorriso
enigmatico e nella mano destra tiene stretto un pennello.
«È
il Bonfanti?» chiede Rosa.
Edoardo
annuisce. «Esatto» mormora senza staccare gli occhi
dal quadro. La
sua voce è quieta, distaccata, come se l'uomo fosse
lì con il
corpo, ma non con la mente. «Lo sai che non voglio sposarti,
vero?»
le chiede dopo qualche istante facendola sussultare.
Rosa
è senza parole e ha l'impressione che l'ondata di terrore
che le
sale dal petto rischi di soffocarla. «Come?»
balbetta.
Per
una volta, lo sguardo di Edoardo è limpido e diretto.
«Non voglio
sposarti, cugina» ripete. «Non più di
quanto tu non voglia sposare
me.»
La
giovane pensa che quella confessione dovrebbe confortarla, ma non lo
fa: il suo pensiero ora è uno e uno soltanto. «Ma
che ne sarà di
me, se tu non mi sposi?» chiede con voce strozzata.
«Io non ho
niente, non mi è rimasta più nemmeno una casa in
cui tornare e
nessuno sembra più disposto a darmi un lavoro!»
Il
suo tono si fa sempre più acuto ed Edoardo leva una mano con
palese
irritazione. «Cionondimeno, ti sposerò
comunque.»
Rosa
chiude di scatto la bocca, sentendosi improvvisamente
stupida.«Lo
farai?» chiede. La sua testa si fa sempre più
leggera – troppo, e
la giovane ha quasi l'impressione di svenire.
«Perché?»
Le
labbra dell'uomo si piegano in una smorfia amara.
«Perché questo è
il volere di mio padre: ho quasi quarant'anni e non ho ancora preso
moglie, a differenza dei miei fratelli più giovani. Se non
porrò al
più presto rimedio a questa situazione, mio padre mi
escluderà
dall'eredità.»
L'animo
di Rosa è scosso da sentimenti contrastanti: sollievo
perché sa che
non finirà in mezzo a una strada, dolore perché
ora è consapevole
che il suo matrimonio non sarà mai felice. Cercando di
aggrapparsi
al primo e di seppellire il secondo, la ragazza si sforza di
mantenere un'espressione composta. «Ma non hai...»
la fanciulla si
interrompe e si schiarisce la voce, cercando le parole giuste.
«Non
hai mai trovato una donna che desiderassi sposare?»
Il
cugino Edoardo scuote il capo. «No, non ho mai desiderato
prendere
moglie» replica senza distogliere gli occhi dall'autoritratto
del
giovane pittore.
Senza
dire una parola, Rosa retrocede in silenzio e abbandona la
biblioteca.
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