– Uccidilo
o ci scoprirà! E’ inutile resistere, io te lo comando! –
Ancora
quella voce, imperiosa, risuona nella mia mente.
Brividi
d’angoscia attraversano il mio corpo. No, non posso ucciderti
Sandokan.
Per
me, tu sei un caro fratello.
Devo
resistere a questi ordini crudeli.
Tremo
ancora. Mi irrigidisco. Non riesco a resistere a questo richiamo.
La
mia volontà è così debole?
Una
brama crudele si è impadronita del mio corpo.
Non
riesco a fermare il movimento delle mie membra.
Mi
sento estraneo al mio stesso corpo, come se stessi guardando uno
spettacolo di gusto discutibile.
E
io sono ridotto al ruolo di marionetta umana e questo mi disgusta.
Come
posso essere diventato così debole e inetto?
Io
ho resistito a tante prove e ora non riesco a contrastare una stupida
allucinazione uditiva!
Prendo
il mio coltello. Lo lancio.
Ti
prego, Sandokan, spostati!
Non
voglio ucciderti!
La
lama, con un sibilo sinistro, sfiora la tua guancia e si conficca in
una trave della capanna.
Per
fortuna, non sei stato colpito.
Ma
non so quanto potrò resistere.
Mi
accascio sul terreno. Mi stringo le braccia contro il petto.
No,
maledetto demonio, non ti permetterò di controllarmi ancora.
Io
non mi farò usare da te, come una marionetta.
Fitte
di dolore mi dilaniano il petto e grosse gocce di sudore gelido
bagnano il mio viso.
No,
non mi userai per uccidere Sandokan.
Non
te lo permetterò.
Un
bagliore cupo, ad un tratto, colpisce i miei occhi.
Che
cosa è?
Urlo,
incapace di trattenere il dolore, poi, sopraffatto, crollo.
Stringo
le mani sul terreno e, per alcuni istanti, resto fermo.
Ho
paura di quello che potrebbe succedere.
Ad
un tratto, sento sulle mie spalle il tuo tocco, Sandokan.
Sei
tu? Come sei arrivato qui?
O
è un sogno della mia mente straziata?
– Dove…
Dove sono? – mormoro, turbato. Mi sembra di essere emerso da un
tetro incubo.
Ho
bisogno di comprendere che cosa sia successo.
Questa
incertezza, per me, è greve d’angoscia.
Alzo
la testa e i miei occhi, per alcuni istanti, vedono una figura umana
indistinta.
– Yanez!
Yanez, che succede? –
Questa
mi sembra la tua voce, fratellino.
Sbatto
le palpebre e i miei occhi si riflettono nei tuoi, lucidi di
preoccupazione.
Ti
sorrido, ormai stanco. Sono felice di vederti.
– Ehi,
mi sembra di conoscerti… – mormoro. Finalmente, sono
libero da quella voce crudele.
Ma
ho avuto la paura di ucciderti, amico mio.
E
non me lo sarei mai perdonato.
Le
tue braccia, ad un tratto, cingono le mie spalle e la mia testa si
appoggia contro il tuo petto.
Sento
il forte battito del tuo cuore contro il mio orecchio, fratellino
mio, ed è il suono più bello che io possa udire.
Anche
se a fatica, sono riuscito a resistere a quella voce crudele.
Essa,
prima martellante, si riduce ad un sempre più debole ronzio,
che si perde nel silenzio.
– Calmati,
amico mio. E’ tutto finito. – mormori, premuroso. Riesco
a sentire l’affetto dei tuoi gesti.
Non
hai paura di me e questo mi rassicura.
E
per alcuni, eterni istanti, restiamo stretti sotto la luce argentea
della luna.
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