Raggio di Sole

di Morgana_Redlights
(/viewuser.php?uid=1070163)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


La Ninfa e il Principe dorato

C’era una volta un piccolo lago nel bel mezzo di una folta pineta. Questo lago era abitato da una bellissima Ninfa che tutte le mattine si specchiava sulla sua piatta superfice e giocava con le rane ed i pesci che vi abitavano e intonava bellissime canzoni alla natura che la circondava. Un giorno un cavaliere dalla brillante armatura dorata, in sella al suo bianco destriero, attraversò la pineta e trovò la bellissima Ninfa specchiarsi nell’acquitrino. Ella stava cantando una dolce melodia, accompagnata dal soffiare del vento tra i canneti ed egli ne rimase incantato e meravigliato. La Ninfa era bellissima e la sua voce lo inebriava. Volle a tutti i costi avvicinarsi e quando le fu accanto si mise ad ascoltarla chiudendo gli occhi. La bellissima Ninfa lo vide riflesso nelle acque del laghetto e si spaventò molto, così si tuffò nel lago e scomparve agli occhi del bel principe dorato. Egli le disse che non voleva farle del male, che l’aveva vista ed era così bella e la sua voce era incantevole e voleva sentirla ancora cantare. Ma la Ninfa, vedendo il bel principe dall’armatura ed i capelli dorati e gli occhi blu come il cielo ed il sorriso luminoso, si vergognò molto di sé e non ebbe il coraggio di uscire dall’acqua. Rimase nascosta finché il principe non se ne andò via ed ella finalmente poté uscire dall’acqua e piangere lacrime di tristezza. Il principe dorato era così bello e lei non era minimamente vicina alla sua bellezza e se ne vergognava tanto. Il giorno successivo il principe splendente tornò al lago, nella speranza di rivedere la Ninfa, ma quando vi giunse non vi trovò nessuno. Non udì nessun suono dolce, nessuna canzone angelica. Il silenzio che permeava nell’aria del boschetto quasi lo spaventò. Dopo molto tempo trascorso ad attendere, al tramonto, il principe si allontanò dalla radura e se ne tornò al suo castello. Solo allora la Ninfa emerse dall’acqua, dov’era rimasta nascosta ad osservare la meravigliosa luce del principe, finché egli non decise di andarsene via. La Ninfa venne subito circondata da tutti gli animali del boschetto suoi amici, che ascoltarono il suo triste pianto. Perché ella non splendeva come il principe. La sua pelle somigliava al pallore della luna, lucente come le bianche stelle della notte. Ricordò solo allora che ben celato nelle profondità del lago si trovava un tesoro. Un tesoro così luminoso e lucente che se ella lo avesse indossato, si sarebbe sentita all’altezza del principe dorato. Decise quindi che lo avrebbe recuperato. E decise, inoltre, che lo avrebbe cercato immediatamente! Invano gli amici della Ninfa cercarono di persuaderla dall’andare di notte. Il fondale era pericolosamente fangoso e col buio non si vedeva proprio nulla! La Ninfa fu irremovibile nella sua decisione e quindi si tuffò e nuotò fino in fondo. Scovò, setacciando il terreno con le mani, il tesoro e cominciò a scavare per prenderlo tutto. Purtroppo la fanghiglia del fondale era così scivolosa e sdrucciolevole che la Ninfa vi rimase incastrata e cercando di liberarsi sprofondava sempre più in basso. La poveretta si dibatteva e scuoteva, ma nulla funzionava, anzi sembrava che ogni suo gesto la spingesse sempre più giù! Provò a gridare e chiamò il principe, ma non venne nessuno a salvarla, perché nessuno poté udire il suo appello disperato. Il mattino seguente gli animali del lago si svegliarono e non trovarono la Ninfa ad attenderli. La cercarono e chiamarono, ma ella non rispose a nessuno dei loro richiami. Piansero disperatamente, quando si accorsero di qualcosa di nuovo che spuntava sulla superficie del lago. Era un fiore. Un fiore di una bellezza straordinaria, bianco come la neve e delicato come una rosa, i lunghi e larghi petali si allungavano e si spiegavano verso il sole e brillavano lucenti. Il principe giunse nuovamente alle sponde del laghetto e ancora una volta ne fu deluso, perché non vi trovò la Ninfa. Quando vide quel fiore, però, ne rimase profondamente incanto e ammirato. Solo allora gli animaletti del lago capirono: lo spirito del lago aveva donato alla povera Ninfa, morta per colpa del fango e per la sua disperata esigenza di apparire più bella, una seconda vita: l’aveva tramutata in un bellissimo fiore acquatico, così elegante e gentile, un fiore che non aveva nulla di più della Ninfa, ma che ne rispecchiava la vera essenza. La perfezione che si celava nella semplicità. Allora gli animaletti lo spiegarono al principe dorato ed egli pianse. Pianse per la stupidità di tale gesto. Pianse perché non avrebbe più udito la voce della Ninfa e non l’avrebbe potuta vedere mai più. Quel giorno il sole splendeva nella radura, illuminando il laghetto ed il bellissimo fiore sembrava quasi respirare grazie ai raggi del sole. Ammirando quella scena surreale ed incantata il principe prese la spada e decise che sarebbe stato per sempre con la sua amata, se non in vita, allora nella morte. E, alzata in alto la lama, la fece brillare ai raggi solari e, poi, con un gesto imperioso si trafisse. Cadde riverso a terra e morì. Il sole, commosso da quella vicenda, come fece lo spirito del lago, donò una nuova vita al principe dorato e lo tramutò in un suo raggio. Cosicché, ogni mattina, al sorgere del sole, il raggio potesse toccare il fiore e, così, i due amanti potessero stare insieme finché non fosse giunto il tramonto. Tutti i giorni per sempre.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3957949