Black Knight

di Aliseia
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Fandom: Da Vinci’s Demons
Genere: Romantico
Rating: Mature audience
Personaggi: Leonardo Da Vinci, Girolamo Riario

Note alla serie: questi sono semi fictional characters, i protagonisti di una serie TV. Solo a quella e alla sua trama fantasy si fa riferimento per queste vicende, che non hanno alcuna pretesa di verità storica.
Note alla storia: Dopo la congiura degli Orsi, dove ufficialmente morì Girolamo Riario, i figli di Girolamo e di Caterina Sforza furono fatti prigionieri. L'esercito sforzesco mosse allora contro Forlì per assaltarla e saccheggiarla ma Caterina, con cui era in costante contatto, suggerì di fermarsi alle porte della città in modo da terrorizzarla. Il 30 aprile del 1488 Caterina iniziò il suo governo in nome del figlio maggiore Ottaviano, riconosciuto da tutti i membri del Comune e dal capo dei magistrati come nuovo Signore di Forlì.
Alcuni dei fatti raccontati, compresa la definizione di “fantasma danzante”, sono ispirati dal libro “Il Fantasma di Girolamo Riario” – Ivo Ragazzini
Dediche: A Miky, grazie di tutto, dell’affetto e dell’ispirazione costante (quell’aria da respirare insieme è un’espressione tua). Di tutto l’amore per i nostri monelli
A Abby: grazie, fatina del fandom, sai che mi sipiri anche da altre ships e da fandom diversi.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a David S. Goyer, agli altri autori della serie e a chi ne detiene i diritti.
 
You lost everything in your life
Your children and your wife
And now the only thing you have is your sorrow
You seem to be immortal
I can see in your eyes
That your vengeance will be cruel
Your anger makes your invincible
Your rage guides you through your fight
Black Black Knight

Black Knight – Evenmore
 
 
Due incappucciati gli aprivano la strada. Il Cavaliere Nero incedeva sul suo destriero andaluso, incurante della luce livida che lo rivelava, senza riguardi per la campagna, tenera e verde, che sembrava ritrarsi al suo passaggio. Per giorni le voci si erano rincorse tra i paesini e le case isolate: molti insistevano di averlo visto, il fantasma scuro con i suoi sgherri nerovestiti. Era senza dubbio un’apparizione spaventosa: la veste logora, il cappuccio calato sugli occhi non riuscivano a farlo sembrare un frate, sebbene questa fosse l’intenzione. Era una visione terribile e affascinante. Forse per lo splendido cavallo, forse per la postura dritta e solenne, da farlo apparire come un principe agli occhi dei contadini ignari. E certo da renderlo inconfondibile per gli abitanti della grande casa di campagna, in quel di Vinci.
«Oh, ecco, è tornato Fra’ Tristezza!» gridò Zoroastro fingendo di salutare calorosamente il nuovo arrivato.
«Zo… Dovevi tornare a Firenze, ricordi? Per procurarmi quel materiale…» Leonardo fissò intensamente l’amico di una vita, che scosse il capo e afferrò il mantello. Mentre l’uomo incappucciato scendeva tranquillamente dalla propria cavalcatura si udivano già le nervose incitazioni di Zoroastro, alla guida di un carro diretto a Firenze.
«Artista.»
«Conte.»
«La vostra famiglia?»
«Tutti salvi. Ottaviano è il nuovo signore di Forlì. Ovviamente sotto la tutela di Caterina.»
«Mi dicono che vostra moglie si sia battuta come una tigre.»
«Una tigre, infatti.»
«Vi hanno visto?»
«No.- il cappuccio scivolò lentamente dalla testa sul collo. - Ma tutto questo voi lo sapete bene. Siete l’ingegnere militare di Ludovico Sforza. Eravate lì…»
«Pensavi di lasciarmi a casa senza combattere? Non sono tua moglie.» rispose Leonardo ritrovando la propria arroganza.
«Né io la tua. – rispose Girolamo con pari alterigia – E non voglio imporre la mia presenza dove non sono il benvenuto. Non ho la pazienza per condividere la mia vita con quegli zotici sconsiderati…»
«I miei amici.» precisò Leonardo avanzando di un passo. «Questa è la mia casa e questi sono i miei amici. E i miei amici non ti appartengono.»
Girolamo annuì. «Molto bene. Prendo le carte che ho lasciato in camera tua.» Passò oltre Leonardo senza degnarlo di ulteriori attenzioni. Quello sospirò allargando le braccia. «Non si sarebbero salvati senza di me, lo sai, vero?» urlò esasperato. Girolamo si bloccò. Si voltò lentamente, lo sguardo che fiammeggiava. «Lo so, e di questo ti ringrazio.» rispose piegando leggermente il capo.
«Tutto qui. – sospirò Leonardo - Mi hai ingannato, imprigionato… Sei partito da solo per una missione folle, senza alleati, senza soldati…»
«Ho avuto fortuna… E non ero solo. I miei figli erano sotto la protezione di un misterioso angelo, un uomo che è insieme scienziato, diplomatico… Artista.»
Finalmente entrambi sorrisero. «Si dice – cominciò Leonardo con tono evocativo – che ci fosse al loro servizio anche un fantomatico cavaliere… Il Cavaliere nero, lo chiamano. La sua fama è partita dalle campagne toscane, dove prima fu avvistato. Il manto e il cappuccio di un frate, ma tutt’altro portamento. Cavalca un nero destriero andaluso, che soffia fuoco dalle narici. Le iridi del cavaliere, sotto il cappuccio, brillano come stelle…»
Girolamo tese le labbra in un sorrisetto. «Leggende. Ma quel viaggio era necessario. Mia moglie, capisci, è audace fino alla follia. Dovevo sapere con certezza che l’esercito degli Sforza fosse a Forlì, che Ottaviano avesse ereditato ufficialmente il trono. Dovevo… rivederli per l’ultima volta. Bianca, la mia bambina… l’ho incontrata a Palazzo, nella Stanza delle Ninfe.»
Leonardo emise un gemito, preoccupato dai rischi di un tale incontro. La Stanza delle Ninfe era infatti quella in cui i congiurati avevano colpito Girolamo*. «Mi ha creduto un fantasma. Ho parlato con lei. - Girolamo abbozzò una smorfia amara – Le ho chiesto di tacere, fingendomi un angelo. Le ho assicurato che il suo vero padre è al sicuro, in una sorta di paradiso. Che suo padre è felice.»
Ora Leonardo aveva gli occhi pieni di lacrime. «Povera bambina…»
Girolamo sospirò. «Caterina è nota e criticata per i suoi esperimenti alchemici. Se scoprissero che il suo sposo non può invecchiare, né morire se non a determinate condizioni, verrebbe accusata di stregoneria. Sarebbe la fine. E, passami il cinismo, posso dire con certezza che starà meglio senza di me. Aveva già… qualcuno al suo fianco. E non la biasimo. Hanno gettato una ragazza tra le braccia di un uomo. Poteva funzionare per una manciata d’anni, per l’ammirazione che lei aveva per lui…»
«E l’affetto che lui aveva per lei.» osservò Leonardo senza particolare risentimento.
«Quello resta. – rispose Girolamo senza enfasi. – Amerò sempre Caterina. Amerò sempre i miei figli. I… suoi figli. Ma non ero destinato a questo matrimonio.»
«Ora siete libero. Né papa né moglie.»
«Non ho più nulla, infatti – Girolamo allargò le braccia – Abito Palazzo Riario come uno spettro, infesto le notti dei forlivesi e dei toscani… Dei prelati romani! Mi chiamano il fantasma danzante*… » Entrambi risero. «Eppure… - Riario si fermò, emise un nuovo, lungo sospiro – Eppure hai ragione. Non sono mai stato così libero. Così ricco.»
«Ovviamente. – Leonardo inalberò una smorfia insolente – perché hai me. Nessuno in Italia, che dico, nel mondo, potrebbe affermare una simile cosa.»
«Hai detto poco fa che qui nulla mi appartiene.»
«Sì – Leonardo oscillò la testa con aria beffarda – Ho detto che non puoi decidere dei miei amici. Così come io non posso interferire nella tua famiglia.»
Girolamo inclinò il capo, scrutando l’artista con occhi attenti. «Con me non si tratta, Leonardo. Niente condizioni. Io non ti condivido con nessuno.»
Gli occhi di Leonardo brillavano come gemme, nondimeno la piega delle belle labbra restava dubbiosa. «Puoi avere quello che vuoi. Per tutto il tempo che vorrai… Ma nessuna creatura può davvero possederne un’altra.»
«Non ho parlato di possesso, ma di condivisione. Se lo zotico ti sfiora anche solo con un dito…»
«Non lo permetterei, e sarebbe inutile. Non è lui quello che voglio.»
«Meglio così… perché lo ucciderei.»
Leonardo sorrise. «Sei un pazzo… Ma ti voglio. Non hai bisogno di incatenarmi al letto. Sono qui.»
Girolamo serrò le labbra, i grandi occhi scuri ridotti a due fessure. Leonardo aprì le braccia. La camicia strappata davanti, sul petto, e dallo squarcio la visione di una pelle dorata, luminosa. Innocente come un angelo, irresistibile come un demone. Girolamo avanzò di un passo «Non mi interessa la tua filosofia, artista – sussurrò accostando le labbra all’orecchio dell’altro – Io sono un uomo di fede… E credo ciecamente, follemente, che tu sia mio.» Morse l’orecchio per confermare la passione che c’era nelle parole. «Sei mio e dalla vita non voglio nient’altro. Nessun altro.» E poi lo baciò, com’era solito baciarlo, come uno che abbia trovato l’acqua nel deserto. Lo baciò costringendolo contro il tronco della vecchia quercia, come chi volesse fare un prigioniero. A lungo come a contenere le vite passate e future. E l’aria. Sembrava che a entrambi mancasse l’aria e che la cercassero l’uno tra le labbra dell’altro. Due naufraghi.
*
Girolamo sostò appena un attimo, calmò il respiro. «Mi sei mancato… Senza di te sono vuoto.»
«Sono la tua anima, ricordi?» Leonardo sussurrò con il viso premuto contro la sua spalla, il fiato corto come per un turbamento o una resistenza. Non era da lui ammettere un bisogno. La sua vita era stata un viaggio orgoglioso e solitario. Nonostante l’apparenza raccontasse il contrario e lo mostrasse bello e amatissimo, venerato da donne e uomini. Circondato da amici, sempre. Ma sempre solo, in realtà, sul piedistallo riservato agli artisti. Guardò in alto. Il ramo in cima, da dove quel falco Lanario, credendosi non visto, riprendeva il volo. Un falco che il nome scientifico avrebbe indicato come Biarmicus, doppiamente armato. Inconfondibile, con gli occhi di brace e le piume bianche confuse nel piumaggio scuro. Simbolo di una promessa e di un lontano abbandono, prima immagine di un angelo antico che Leo avrebbe inseguito per tutta la vita.
Ora l’angelo doppiamente armato era tornato nella sua casa.
Erano rientrati, senza smettere di toccarsi, frugarsi, prendersi a morsi. Si strapparono l’un l’altro gli ultimi brandelli di vesti. Erano soli, assenti gli amici e la donna che si occupava dei loro pasti: la casa parlava soltanto di loro. La cucina nella sua confusione, l’angolo in ombra sotto le scale che salendo sembravano svanire in un polveroso raggio di sole. Leonardo sulle ginocchia lasciava che l’angelo lo dominasse e solo con le labbra sentiva ogni cosa, la vibrazione del mondo, e intorno a quella vibrazione, che gli percoteva le bocca, fremeva come a baciare un’incandescenza. Quasi venne per l’eccitazione di lasciarsi violare in quel modo, senza vergogna. Eccitato al punto che dopo averlo fatto godere dovette prenderlo subito, sollevandosi tra le sue braccia e piegandolo sul tavolo come un nemico costretto alla resa, divaricando finalmente quelle gambe perfette e trovando infine la pace dopo una frenesia incessante di spinte. Si accasciarono a terra, esausti. Svuotati, appagati, ansimanti come animali selvatici sorpresi dall’alba. Al termine di una battaglia che nessuno aveva vinto, ma che aveva soddisfatto entrambi.
«Senza di te sono solo – ammise Leonardo – disincarnato come un’ombra, uno spirito che non trova requie, per quanto amore possa aver ricevuto. Poiché nessun altro, per quanto da lui amato, potrebbe mai ancorarlo alla terra con la precisione del tuo riflesso.»
Girolamo sospirò e non rispose. Sollevandosi Leonardo si rivelò, nudo e bellissimo, nella luce che ora entrava a fiotti della finestra. Le spalle dorate, la perfetta muscolatura del ventre. Il sorriso, quel sorriso da fanciullo che gli faceva arricciare il naso. Con il piede nudo sfiorò quello dell’altro, mollemente disteso nell’oscurità.
 

* “Il Fantasma di Girolamo Riario” – Ivo Ragazzini
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




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