Crescere un po', ma non troppo.

di The_stampede
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Akane girovagava per la casa come un pellegrino in cerca di rifugio nella tempesta.
In mano aveva un futon e con aria sconsolata vedeva le sue soluzioni notturne ridursi sempre di più.
Dopo quanto successo quella mattina tra lei e Ranma era impossibile valutare un’altra nottata in compagnia del fidanzato, ma ben presto la moretta aveva dovuto fare i conti con le soluzioni alternative che la sua squinternata famiglia poteva offrire.
Dormire nella camera dei genitori di Ranma era  improponibile per due motivi: l'imbarazzo e, di pari peso, il frastuono prodotto dal signor Genma. Questo flagello musicale era identico a quello prodotto da suo padre Soun per cui era scartata anche questa opzione. Il Riokan “Dalla furbissima Nabiki” era troppo caro per le sue tasche quindi non le restava che far leva sul buon cuore di sua sorella Kasumi. 

Ora era ferma davanti all’uscio dell’angelo del focolare di casa Tendo, con il braccio a mezz’aria stava per bussare quando la porta si aprì
≪Akane tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?≫
La piccola stava per chiedere il  rifugio tanto anelato, ma una vocina dentro di lei le ricordò che Kasumi si occupava della famiglia costantemente e questo le fece perdere il coraggio di chiederle di rinunciare a quel l'unico spazio privato. 

≪No, no, niente volevo solo augurarti la buonanotte.≫ 

Quando la porta si richiuse uno sbuffo di forma semirotonda uscì dalla bocca di Akane che mestamente si diresse verso la sua camera. Sospirò nuovamente mentre metteva la mano sulla maniglia della porta e si preparava mentalmente e fisicamente ad inveire quanto più possibile contro il fidanzato per redarguirlo sul comportamente da tenere durante la notte. 

Aperta la porta le parole le morirono in bocca, la scena che si parava davanti ai suoi occhi mostrava Ranma steso nel letto che emetteva suoni inarticolati mentre piccole scosse lo scuotevano.Una nuvola di petali neri si era sollevata quando lei aveva aperto la porta e ora che si erano posati aveva finalmente la visuale completa. 

Kodachi sovrastava Ranma in una posizione che dava poco spazio agli equivoci,  con uno striminzito body da ginnasta e sussurrava paroline dolci all’orecchio dell inebetito ragazzo con il codino. 

Il Maschiaccio lestamente mollò il futon e prese la sua Katana da allenamento 

≪Kodachi che diavolo ci fai qui?! Vattene subito dalla mia camera!≫ 

≪Oh mio caro Ranma siamo stati interrotti da quella rozza di Akane Tendo≫ 

La piccola Tendo iniziò ad inseguire la ginnasta per tutta la camera e nel cercare di colpirla inavvertitamente fu Ranma a saggiare la forza erculea della fidanzata furente. Akane non si sentì troppo in difetto, in fin dei conti la colpa era sempre e solo di Ranma. 

Alla situazione già grottesca decise da dare una nota di colore il vecchio Happosai che da buon maestro qual era recava con sé un secchio d’acqua gelata per donare sollievo al povero discepolo febbricitante e, dopo averlo rinfrescato dalla calura dell'influenza e averlo reso una splendida ragazza, poterlo consolare e abbracciare adeguatamente. Il maniaco tirò il secchio d'acqua, ma invece di prendere l’allievo, colpì Kodachi di cui il, già succinto, body bagnato dall’acqua fredda divenne ancora più aderente e semitrasparente, effetti che furono davvero irresistibili per il Vecchiaccio. Happosai si avvinghiò alla giovane Kuno senza che lei potesse fare nulla e Akane approfittò del momento di distrazione per calciarli fuori dalla finestra nello stellato cielo di Nerima.
Con le spalle incassate, il volto truce e i pugni stretti il Maschiaccio soffiava come un mantice sia per lo sforzo che per la rabbia del trambusto creato, guardando il puntolino ormai lontano dei suoi molesti visitatori.

Si voltò verso Ranma il quale, ancora tremolante, osservava la fidanzata. Akane sollevò un sopracciglio, ma non disse nulla, tirò l'ennesimo sospiro e uscì dalla stanza lasciando la finestra aperta e non curandosi del fatto che il fidanzato fosse esposto al vento autunnale. Dopo qualche minuto rientrò e con pazienza riempì il sacco della spazzatura di tutti i petali sparsi in giro dalla nemica pazzoide, chiuse per bene il contenitore e si allontanò di nuovo dalla camera per gettare il pestilenziale bottino e prepararsi per la notte. Una volta pronta chiuse la finestra, spense la luce e approntò il suo futon coricandosi senza dire una parola al fidanzato, che nel frattempo stava riacquistando l'uso del corpo. 

Ranma era ferito da quel silenzio, lei non aveva minimamente tentato di riappacificarsi, così lui ora si ritrovava ad osservare quelle spalle che gli venivano rivolte con tanta ostinazione. “Accidenti!” mugugnò tra sé,  non era colpa sua quello che era successo, Akane doveva ormai sapere com'era fatta Kodachi. “Perché devo pagare sempre io tutte le conseguenze?!”
Mentre il suo cervello borbottava contro la fidanzata gli occhi si erano abituati al buio e la luce del lampione che filtrava dalle tende aveva rischiarato abbastanza la stanza da permettergli di riconoscere i contorni di ogni oggetto.
Nel tentare di riaddormentarsi Ranma si girò su un fianco e fu lì che vide una cosa che gli diede un po’ di quiete emotiva: la Katana di Akane, che lei aveva sempre tenuto accanto a sè ogni volta che dormivano insieme per un qualche motivo, era appoggiata sul muro, lontano.

”Forse almeno un po' si fida di me” e con questo pensiero si addormentò.

 

I giorni seguenti passarono veloci, Akane si recava a scuola ogni mattina e le giornate erano scandite da litigi e i riappacificamenti. Fondamentalmente Ranma veniva picchiato, bagnato, asciugato, curato e alla fine perdonato.
I principali motivi di disputa nascevano perché l’artista marziale, annoiato dal riposo forzato e ormai prossimo alla guarigione, continuava a sporcare la camera della fidanzata con qualsiasi cosa: cibo, fogli, tempera di matite, fumetti, bibite.
Così, nonostante la lungodegenza di Ranma, avevano comunque trovato un loro modo per tenere fede alla routine: Akane si alzava, inveiva contro Ranma, litigavano, correva a scuola rischiando di essere in ritardo, tornava a casa e, in una maniera o nell'altra, facevano pace. 

L'ultimo giorno prima delle vacanze scolastiche invernali la litigata fu più aspra del solito, era come se Ranma la provocasse volutamente per cercare il più possibile di farla arrabbiare.

Akane uscì di casa con un diavolo per capello e senza salutarlo, tardò nel ritornare a casa a fine delle lezioni poiché, essendo l'ultimo giorno di scuola, si era dilungata con gli amici nello scambiarsi auguri e regalini e programmi sul dove e quando trovarsi durante le vacanze per festeggiare insieme.
Nel tragitto verso casa il senso di disagio che l’aveva accompagnata tutto il giorno si acuì.
C'era qualcosa di strano nell’atteggiamento di Ranma quella mattina, era convinta che l'avesse provocata apposta, proprio come quando......
Akane iniziò a correre perché un sospetto si era fatto spazio nella mente: Ranma si comportava così quando doveva partire, quando voleva andarsene e voleva il più possibile evitare di avere un momento intimo con lei.
Aprì la porta di casa con tutta la foga delle emozioni che la attraversavano, le bastò guardare il viso di Kasumi e Nodoka per capire. Fece di corsa le scale, spalancò la porta facendola sbattere ed eccolo lì: il vuoto, il nulla, Il silenzio…
La sua camera come se lui non ci fosse mai stato: il letto rifatto, il cestino svuotato, ogni cosa in ordine.
Scese le scale con lentezza, sapeva già cosa dovevano dirle, trattenne a fatica le lacrime, non aveva più fame,  quando si trovò davanti alle due donne, entrambe calme, le venne comunicato che Ranma e  il signor Genma erano partiti per un viaggio di allenamento. La piccola Tendo fece solo un sì con la testa e disse di volersi cambiare la divisa.
Tornata nella sua camera appoggiò con cura la cartella che aveva stretto nella mano e corse verso il letto abbracciando il cuscino e iniziando a piangere. Mentre sfogava tutta la sua frustrazione si accorse che sotto il cuscino c'era qualcosa.
Si mise a sedere e osservò la lettera da parte di Ranma.
Un moto di rabbia gliela fece accartocciare e gettare verso il cestino.
Sotto la rabbia si celava la paura: Ranma aveva deciso di scegliere un'altra fidanzata? La lettera le comunicava che non sarebbe tornato mai più?
No, non aveva voglia di leggerla.
Riaffondò la testa nel cuscino, ma quella missiva riusciva ad essere ingombrante e fastidiosa quanto il suo autore. Così andò a riprenderla e la aprì
“Ehi Maschiaccio! Sapevo che ti saresti buttata a piangere sul cuscino perché me ne sono andato. Sei proprio una piagnucolona, lo sai? Sono andato ad allenarmi, tornerò in tempo per l'inizio della scuola. Tu intanto cerca di non ingrassare troppo coi dolci di Natale, hai i fianchi già abbastanza larghi! E vedi di allenarti un po', sono stufo di batterti con così tanta facilità.
Non vedo l'ora di farti vedere il frutto dei miei allenamenti, sono sicuro che rimarrai a bocca aperta.”

L’intero biglietto era corredato da disegnini in cui lui le faceva le boccacce e lei, estremamente imbruttita, piangeva con enormi goccioloni che uscivano dagli occhi. Akane si asciugò le lacrime.
Era un cretino, un vero cretino! La stava lasciando sola durante il periodo di Natale! Nonostante la loro storia non fosse ricolma di momenti romantici Natale era sempre stato uno di quei giorni in cui poter cedere ai sentimenti e avere, anche solo vagamente, l’aria di una vera coppia.
In fondo il bigliettino recava una piccola freccetta che segnalava di girarlo. Seguendo le indicazioni Akane lesse anche il retro
“So che me ne vado per Natale, ti ho fatto un pensierino, non è niente di che, non farti strane idee, capito!?!”
La ragazza si accorse di una busta di carta chiusa appoggiata sulla sua scrivania, con la grafia un po' sgraziata di Ranma c'era scritto: “Buon Natale Racchia!”

Akane sospirò e sorrise in contemporanea, guardò il cielo dalla sua finestra e con gli occhi ancora inumiditi dalle lacrime pensò “Torna presto stupido!”

Si cambiò e uscì dalla camera, una volta scesa la signora Saotome le chiese se voleva accompagnarla a fare compere per la cena. La ragazza con il caschetto accettò volentieri quell’offerta di distrazione ed entrambe si incamminarono per i quartieri di Nerima.

Camminavano in modo lento e con fare quieto, Akane aveva sempre invidiato il comportamento signorile della signora Saotome, che le ricordava molto quello di Kasumi. Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalla quasi suocera:
≪Sai Akane, volevo andare anch'io con Genma e Ranma perché mi dispiaceva che non fossero qui a Natale. Ma Ranma mi ha chiesto di rimanere qui per farti compagnia, aveva paura che se fossi partita anch'io con loro avresti pensato che ti avesse abbandonata.≫
La ragazza strabuzzò gli occhi, incredula e arrossì all’istante, faticava ad immaginarsi il fidanzato così esplicito, men che meno con sua madre.
Balbettando per l’imbarazzo chiese ≪L...Le ha veramente detto così?≫
≪Beh…≫ disse la signora Nodoka ≪Mi ha chiesto di rimanere qui con la famiglia, ma era chiaro che mi chiedeva di starti accanto≫ ≪Certo…≫ Rispose incerta Akane abbassando il capo e guardandosi ostinatamente le mani che portavano un sacchetto.
≪Akane≫ la chiamò seriamente la signora Saotome per attirare la sua attenzione ≪Sai bene cosa ne penso nel comportamento di mio figlio, ma dovresti fidarti un po' di più e forse dovresti cercare di impegnarti affinché le cose fra di voi vadano avanti.≫ “Impegnarmi?” pensò tra sè il Maschiaccio “In effetti il mio continuo stare sulla difensiva non è certo un terreno facile da percorrere per l'incredibile timidezza di Ranma, forse potrei approfittare di questi giorni in cui è via per migliorare un po’...”
Mentre faceva queste riflessioni passarono davanti ad un negozio che esponeva un cartello, Akane lo lesse e subito le venne l'idea per il regalo da fare a Ranma. Si convinse inoltre che il lampo di genio appena avuto avrebbe potuto aiutarla a perseguire il proposito che si era appena data. Si scusò con la signora Saotome e le chiese se poteva tornare a casa da sola. Nodoka annuì con un dolce sorriso.

Akane aprì la porta del negozio convinta di star aprendo un nuovo capitolo della sua vita.

 




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