La
quiete scende nel palazzo e io, per alcuni secondi, cammino
attraverso il salone.
Poi,
mi avvicino al caminetto e prendo Nandaka.
Fisso
il mio riflesso nello smeraldo centrale, incastonato nell’elsa.
Sussulto.
Il mio volto è scavato dall’angoscia e dall’assenza
di riposo.
Il
dolore monta nel mio cuore e si mescola alla rabbia sempre crescente.
Tante,
troppe domande martellano la mia mente.
Che
senso ha un tale potere? Può distruggere i miei nemici e
donarmi l’invincibilità, ma non può salvare la
vita di una persona a me cara.
Anzi,
forse è la causa del suo attuale stato.
– Ma
perché ho accettato? A cosa è servito tutto questo? –
urlo, rabbioso. Mi sento preso in giro.
Ho
sacrificato la tua vita, Yanez, per ottenere quest’arma.
Il
peso di questo orribile errore mi schiaccia l’anima.
Non
voglio perderti, amico mio.
Eppure,
sembra che io mi debba rassegnare all’inevitabile.
Tremo
di dolore e di rabbia, poi lancio Nandaka. Non mi serve a nulla
un’arma così potente, se tu sei prigioniero di un sonno
innaturale, così simile alla morte.
Anzi,
il possesso di questa spada mi disgusta, come se essa fosse infetta.
– Ti
odio! Avrei preferito morire, perdere il mio onore, tutto! Ma non te
amico mio… Ovunque tu sia, non dimenticarlo. – grido.
Non mi serve a nulla il potere, in qualsiasi sua forma, se il prezzo
del suo possesso è il tuo sangue, Yanez.
Credimi,
amico mio, se avessi saputo, non avrei mai compiuto un tale, immondo
scambio.
Ma
il passato non si può cambiare e io, mio malgrado, devo
accettare le dolorose conseguenze delle mie azioni scriteriate.
Mi
giro e ti guardo.
Sei
ancora disteso su questo sofà, completamente immobile. Sembri
un morto privo di calore.
Solo
il respiro mostra la presenza della vita nel tuo corpo.
Non
riesco a trattenere un singhiozzo. Non voglio pensare ad una simile
possibilità.
Al
solo pensiero, il mio cuore si strappa.
Eppure,
è una possibilità concreta.
Tu,
amico mio, puoi morire.
E,
sopraffatto da questo pensiero, crollo ed esplodo in un pianto
silenzioso.
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