Note: prima di
tutto devo ringraziare proprio con il cuore time_wings
, che ha scritto
un nonsense (che in realtà, ha tutto il senso del mondo),
senza il quale questa storia non avrebbe mai - e poi mai, e poi mai -
preso forma nella mia testa, e che mi ha gentilmente autorizzato a
inserire l'inizio di quella meraviglia come introduzione a
questo capitolo (quindi, la parte inserita fra i due asterischi
è tutta farina del suo sacco). Vi lascio il link: Il Circo delle Streghe
Thank you so much, e buona
lettura, anche se questo è solo il prologo e dunque è piuttosto breve!
*
Buongiorno e benvenuti, miei signori, al Circo delle
Streghe, ove ogni cosa è dubbia e a tratti ignota. Benvenuti
e mettetevi comodi, per quello che potete.
Ebbene, prima qualche regola.
Punto
1; qui non ci sono finestre.
Punto 2; potreste temere di restare bloccati, ma per voi ci sono uscite
a ogni angolo.
Punto 3; se siete deboli di stomaco evitate di salire,
perché spesso viaggiamo veloci.
Punto 4; divertitevi, ma sappiate che è solo una simulazione.
Ora,
se posso avere la vostra attenzione, vi intimerei di non fidarvi di
nessuno, perché è un mondo distorto, fa paura e a
volte puzza di morto.
Oh, dimenticavo, non masticate gomme: potreste soffocare.
*
Sai dov’è
l’inferno, Hinata? Nella tua testa.
Quando Hinata aprì gli occhi, si ritrovò immerso
in un banco di nebbia.
Era una nebbia strana, color lavanda, talmente fitta che a malapena
riusciva a distinguere il contorno delle proprie dita. Brillava come la
porporina.
È un sogno,
pensò subito, voltando la testa spaesato.
Alla cieca, Hinata proseguì dritto (anche se, riflettendoci,
il concetto di ‘dritto’ perdeva di
veridicità in quel luogo del tutto privo di punti di
riferimento), allungando le braccia davanti a sé come uno
zombie, timoroso di urtare qualcosa.
‘’Guarda che stai girando in
tondo’’, sussurrò una voce maliziosa.
Hinata trasalì. S’affrettò a osservarsi
intorno circospetto, volgendo la testa prima a destra e poi a sinistra,
verso il basso e verso l’alto. Era impossibile
però riuscire discernere qualcosa, all’interno
della foschia color malva.
‘’Dove sei?’’
domandò allora.
‘’Sono Qui’’
continuò la voce, e a Hinata sembrò che il suo
tono giocoso riecheggiasse tutt’intorno. Ma anche dentro, in
un certo senso, come se fosse fuso al proprio pensiero.
‘’Sì, ma qui dove?’’
‘’Qui,
l’ho appena detto.’’
‘’Sì, ma dov’è
qui?’’
‘’Che domanda stupida’’
soffiò la voce infastidita, e Hinata immaginò un
naso arricciarsi. ‘’Qui è
dove non è
Lì.’’
Oh, adesso sì
che è tutto chiaro!, pensò Hinata
ironico, troppo educato per manifestare il proprio disappunto ad alta
voce.
‘’E allora lì
dov’è?’’
‘’Sicuramente non Qui.’’
Hinata si morse le labbra. Non stava capendo un accidente. Detestava
sentirsi stupido, anche se si trattava d’un sogno.
‘’Ma tu da dov’è che
sbuchi?’’ continuò poi la voce,
incuriosita.
‘’Vorrei saperlo anche io!’’
sbottò Hinata, che continuava a vagare a vuoto come un
spirito errante. ‘’Ho aperto gli occhi, e mi sono
ritrovato qui!’’
‘’Ah, comprendo.’’
‘’Che cosa?’’ lo
incalzò Hinata, giacché voleva comprendere anche
lui.
‘’Tu vieni da Là.’’
‘’Là? E dov’è
Là? Anzi no, lascia perdere.’’
La vocina fischiò, come se volesse esprimere
apprezzamento. Hinata, nel frattempo, continuava a brancolare nel buio.
O meglio, nel lavanda.
‘’Devo svegliarmi’’
borbottò fra sé, dandosi un pizzicotto sul dorso
della mano. Forte, più forte ancora, torcendosi la pelle
sino a perdere la sensibilità.
‘’Non funzionerà’’
gli spiegò la voce, saccentemente. Hinata
sobbalzò una seconda volta, perché adesso
percepì la voce molto più vicina, come se
qualcuno, qualcosa,
stesse sussurrando direttamente al suo orecchio.
‘’Non puoi svegliarti, è la
regola.’’
‘’Quale regola?’’
‘’La regola di Qui.’’
‘’Ci sono delle regole?’’
‘’Tutto ha delle regole. La prima è
questa: non potrai svegliarti finché non avrai trovato
quello che stai cercando.’’
‘’Ma io non ho perso niente!’’
sbottò Hinata, che iniziava a spazientirsi. Dannazione,
voleva uscire da lì subito, la nebbiolina luccicante aveva
iniziato a trasmettergli una sensazione di soffocamento, e questo lo
rendeva inquieto. O forse, stava soffocando per davvero.
‘’Certo che sì,
invece’’ ribatté l’altro, in
uno sbuffo. ‘’Qui tutti abbiamo perduto
qualcosa.’’
‘’E perché ne sei così
convinto?’’
‘’Perché altrimenti non saresti venuto
Qui.’’
‘’Ma io non so cosa cercare!’’
‘’Questo è un tuo problema, mica
mio. Lo scoprirai da solo.’’
A quel punto, Hinata immaginò che chiunque parlasse stesse
anche sorridendo. Si trattava d’un ghigno un po’
inquietante, per la verità, fatto d’una fitta fila
di denti aguzzi e luccicanti.
O forse, lo vedeva per davvero.
‘’Ottimo’’, disse allora,
perché Hinata era coraggioso e perché il silenzio
lo spaventava troppo. ‘’C’è
qualcos’altro che dovrei sapere, su questo
posto?’’
‘’Non è Questo Posto. È Qui. Questo Posto
è un altro luogo. Periferico, abbandonato a se stesso,
lì la nebbia è grigia e puzzolente e i cornicioni
cadono a pezzi. Ci sono stato solo una volta nella mia vita, per una
sostituzione, e non ripeterò l’esperienza.
Piuttosto mi dimetto. Non ti portano neanche il caffé quando
arriva il cambio del turno.''
''Da me, Qui, Lì, Là e Questo Posto, non esistono
mica!’’ osservò Hinata, indeciso se
sentirsi piccato perché era palese che l'altro lo stesse
prendendo in giro o se lasciarsi trascinare da quella stravaganza.
‘’E allora tu di dove sei?’’
‘’Io…’’ e qui,
Hinata s’interruppe, boccheggiando come un pesce. Ma lui, di preciso, da
dov’è che veniva?
‘’Non me lo ricordo!’’
esclamò, più sorpreso che irritato. Possibile che
non ricordasse la propria provenienza? La sua casa? La sua famiglia?
‘’Non ricordo nulla! O meglio, ricordo la mia
età, e so che mi piacciono le cosce di pollo
arrostite.’’
‘’Quelle piacciono anche a me. Il tuo nome lo
ricordi?’’
‘’Sì!’’ rispose
Hinata, sollevato.
‘’Bene, tienitelo stretto. Se dimentichi il tuo
nome sei perduto. È un’altra delle
regole.’’
‘’E quante ce ne sono?’’
domandò dunque, iniziando a sentirsi pervadere le ossa dalla
disperazione. Insomma, era una schiappa con la memoria!
‘’Ne sono all’incirca un milione e
seicentoquarantatremilacinquecentosessantotto. Ma possono aumentare o
diminuire, dipende dal meteo e dalla
località.’’
‘’Ma non potrò mai impararmele
tutte!’’
‘’Questo è un problema tuo, mica
mio.’’
‘’Non puoi dirmi solo quelle principali? Per
favore!’’ supplicò, il panico che
cresceva a dismisura nel petto.
‘’Mmh, il nostro concetto di
‘principale’ potrebbe differire, ma
comunque… Oh, questa è importante: non
pronunciare mai quella certa parola che inizia per
F.’’
‘’E che parola sarebbe?’’
‘’Ma sei scemo per davvero? Se potessi
pronunciarla, non sarebbe proibita!’’
‘’E io come faccio a evitare di dirla se non so
quale sia?!’’
‘’Beh, ma questo è un problema tuo, mica
m-’’
‘’D’accordo,
d’accordo!’’ lo interruppe Hinata,
continuando a proseguire dritto - o meglio, in tondo.
‘’Poi?’’
‘’Oh, questa è divertente: non dovrai
mai, mai e poi mai, innamorarti di nessuno.’’
‘’E perché no?’’
Hinata interruppe il passo, le sopracciglia affusolate tutte
accartocciate in un’espressione di totale confusione.
Insomma, non è che per lui fosse un gran problema. Anzi,
forse era l’unica regola sino a quel momento di cui aveva
realmente a compreso il significato. Però insomma, che
c’era di male nell’innamorarsi?
‘’Non puoi e basta’’
tagliò corto la voce. ‘’Poi: non devi
arrivare mai in ritardo.’’
‘’In ritardo? Dove, come,
quando?’’
‘’Il dove, il come e il
quando’’ replicò la voce piccata, come
se d’improvviso si fosse offesa. ‘’Sono
concetti totalmente futili, che privano le cose del loro vero
senso.’’
Quello che dici tu
è privo di senso, avrebbe voluto rispondere
Hinata, ma resistette all’impulso. Non voleva risultare
impudente, dopotutto quella voce era la sua unica compagnia!
‘’Ora, passiamo all’ultima. Ed
è fondamentale che tu stia attento, poiché
è la più importante di tutte. Mi hai
sentito?’’
Hinata, col cuore che prese a palpitare forte, annuì (non
sapeva però se l’altro l’avesse
effettivamente notato) e si concentrò, determinato a
imprimersi nella mente ogni singola sillaba.
‘’Allora...’’
‘’Sì?’’
‘’Questa regola… Niente, l’ho
scordata. Accidenti!’’ esclamò. La voce
pareva davvero indispettita da se stessa. ‘’Mi
detrarranno questa dimenticanza dallo stipendio! Oh, siamo
arrivati.’’
Hinata arrestò bruscamente il suo passo. Arrivati dove?
Lui continuava a non distinguere niente!
‘’Hai girato in tondo così tante volte
da scavare un solco, così siamo caduti al piano di sotto. E
finalmente, ecco La Porta!’
‘’Quale porta?’’
‘’La Porta. Sai, non è che tutte le cose
debbano necessariamente avere una spiegazione.’’
‘’Ma senza sarebbe tutto
confusissimo!’’
‘’Per te, forse, ché sei dotato di un
cervello insignificante. A me non pare confuso proprio un bel niente.
Non puoi mica pretendere che ogni oggetto riporti una didascalia, non
sei mica finito in un’enciclopedia.’’
Ha fatto la rima!,
pensò Hinata ammaliato, poi si riprese.
‘’Dove sia finito è proprio quello che
mi piacerebbe sapere!’’
‘’Ancora? Sei Qui. E faresti meglio ad affrettarti,
la porta non aspetta mica i tuoi comodi.’’
E d’improvviso, la nebbia color lavanda si
dissipò, creando una specie di bolla intorno a lui. Fu
allora che Hinata poté notare il pavimento su cui aveva
camminato sino a quel momento: era fatto di quella che pareva
porcellana, decorata con ghirigori bronzo e oro che
s’intrecciavano fra di loro come ramoscelli di edera. Ancor
più strabiliante, furono i suoi abiti. Indossava una veste
in velluto blu notte, morbida e calda al tatto, impreziosita da ricami
argentati che s’arricciavano lungo gli orli delle maniche
come fiumiciattoli. In vita, portava allacciata una cintura in pelle
lucida, dentro cui era infilato un piccolo pugnale dall’elsa
nera come l’ossidiana.
‘’Che figata!’’
esclamò, eccitato.
‘’Non perderlo, potrebbe salvarti la
vita.’’
‘’Salvarmi la vita? Ma che vuol
dire?’’ esclamò Hinata sollevando lo
sguardo, prima di sbarrare gli occhi.
Un gatto gigantesco, il pelo ispido e color carbone, le iridi
fluorescenti come il sole, era acciambellato vicino a una porta.
‘’Vuol dire esattamente
quello che ho detto’’ rispose, iniziando a leccarsi
la zampa con la lingua rasposa, come se fosse annoiato. Hinata non
ricordava né chi fosse nè da dove provenisse, ma
era abbastanza certo del fatto che i gatti non solessero parlare, a
casa sua.
Poi, il gatto balzò in piedi.
‘’La Porta’’ lo
avvertì, drizzando la coda allarmato.
‘’Sta per scomparire. Se non ci entri dentro
subito, perderai tutto. Non ti sveglierai più.’
Hinata sgranò gli occhi dall’orrore.
Sì, era solo un sogno, ne era certo, tuttavia era talmente
vivido che non se la sentì di ignorare
l’avvertimento del gatto. Inoltre, Hinata era curioso, e
tremava dalla voglia di scoprire cosa si trovasse dall’altra
parte. Si diresse dunque verso la porta che si stagliava al centro
dello spiazzo, senza essere incastonata all'interno di nessuna parete.
Era semplicemente una porta dipinta di bianco che svettava in perfetta
solitudine. Lungo i bordi, si srotolavano delle lucine che
s’accendevano e si spegnevano a intermittenza, gialle, verdi
e rosse. Il pomello, al contrario, era d’oro e pareva molto
antico. Hinata la trovò una combinazione assai stravagante,
e anche un po’ inquietante. Al centro, proprio sotto
l’occhiello, era attaccato un cartoncino con dello scotch,
che recitava:
Per me si va ne la
città dolente,
per me si va ne
l’etterno dolore,
per me si va tra la
perduta gente.
Lasciate ogne speranza,
o voi ch’ intrate.
Hinata gettò al gatto un’occhiata terrorizzata.
Non era più troppo convinto che aprirla fosse la scelta
giusta.
‘’Beh, questa è una citazione alquanto
impropria e assolutamente non
autorizzata dall’autore originale. Tuttavia, descrive in
maniera così accurata ciò che attende coloro che
varcheranno questa soglia, che non potevamo non utilizzarla come nostro
slogan!’’ rispose quello, prima di iniziare a fare
le fusa, strusciandosi contro il suo polpaccio.
‘’Sarebbe stato un vero
spreco.’’
Noi chi?,
si domandò Hinata, scegliendo poi di tacere
perché al momento le priorità erano altre.
‘’Non credo che sia il caso,
davvero…’’
‘’Non c’è tempo per
tentennare, sta svanendo!’’
E difatti, i bordi della porta divenivano sempre più
sbiaditi e trasparenti, come se stesse perdendo consistenza.
‘’Svelto!’’ soffiò
il gatto, rizzando il pelo lucido e diventando il doppio più
grosso di prima.
Hinata esitò appena un istante. Sii coraggioso!,
disse a se stesso. È
solo un sogno!
Quindi, trattenendo il fiato, serrò le dita attorno al
pomello e ci sgusciò dentro.
E poi, cadde nel Vuoto.
Il gatto, che precipitava accanto a lui, ridacchiò. ''Mi
è appena sovvenuta la regola più importante: non
fidarti mai dei
gatti. Benvenuto all’inferno.’’
Note d'autore:
WEE. Ciao. Allora, questa cosa è inaspettatissima
perché doveva rimanere nel mio PC ancora per un po' (volevo
portarmi un minimo avanti col lavoro), ma oggi ho proprio gridato e ho
detto vabbé senti Y.O.L.O. ed eccomi qua. E, a discapito
delle mie note d'autore solitamente chilometriche, per una volta oggi
non ho niente da dire se non GRAZIEEE per aver letto e alla prossima!
See ya ♥
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