– Perché
non mi avevi detto che eri stata di Yuda? –
A
quelle parole, l’ira divampò nel cuore di Mamiya e il
suo corpo si irrigidì, come una sbarra di metallo. La voce di
Rei esprimeva un dispiacere autentico, ma lei non riusciva a
dimenticare le umiliazioni da lui subite.
Per
ben due volte, lui, valendosi della sua forza di combattente, aveva
deciso di mortificare la sua dignità, incurante della sua
volontà.
Credeva
che il suo essere uomo e guerriero gli desse il diritto di decidere
per lei.
E,
in quel momento, pretendeva di mostrare scandalo e disgusto per le
azioni di Yuda?
Si
era dimenticato delle sue azioni, quando era appena giunto al suo
villaggio?
Con
un gesto stizzito, la donna allontanò la mano di Rei dalla sua
spalla, poi si alzò in piedi, imponendosi di mantenere la
testa alta, e si volse verso gli abitanti di Medican City, che erano
presenti.
–
Potete
allontanarvi? Devo parlare da sola con loro. – chiese,
apparentemente pacata.
Costoro,
per alcuni istanti, esitarono, poi si allontanarono.
Kenshiro
e Rei, sorpresi dalla reazione della loro compagna, tacquero. Non
riuscivano a comprendere la sua collera…
Di
nuovo, aveva coperto la sua dolcezza femminile con la sua maschera di
guerriera.
Perché
si ostinava a portare un simile peso sulle sue spalle e a non
lasciare che loro, uomini, combattessero per lei?
Stavano
compiendo il loro dovere morale e marziale, eppure lei si ostinava a
volere condividere il loro cammino di battaglie.
Ma
quello non era il suo destino di donna!
Un
sorriso ironico sollevò le labbra di lei. Kenshiro e Rei erano
maestri di arti marziali ed erano dotati d’una sforza
smisurata, lontana dalla comprensione dei comuni mortali, ma si erano
mostrati stupidi, come tutti gli uomini.
Credevano,
in nome di una presunta verità superiore, di potere decidere
il destino delle donne, incuranti della loro volontà.
Ma
era il momento di metterli davanti alle loro responsabilità.
Dovevano
smettere di entrare negli spazi privati degli altri, valendosi del
vigore delle loro tecniche
Si
girò e il suo sguardo gelido, tagliente, si posò ora su
Kenshiro, ora su Rei.
– Rei,
pensi davvero che io abbia dimenticato la tua arroganza? Pensi che io
sia così stupida e ingenua da avere scordato il tuo ignobile
comportamento verso di me per pochi atti di gentilezza? –
domandò lei, severa, dura, implacabile. Forse, non sarebbe
stato giusto lanciargli quelle accuse, per quanto giuste e
inappellabili, ma quelle parole avevano risvegliato il suo orgoglio
ferito, che era stato celato in nome della gratitudine.
Certo,
era loro grata per quello che avevano fatto, ma non dimenticava la
voce della sua anima ferita.
La
sua dignità, in quel momento, bramava soddisfazione e non si
sarebbe fermata davanti a nulla.
Rei
avrebbe conosciuto il doloroso senso di impotenza da lei provato in
quei momenti.
Il
maestro di Nanto, sentendo queste parole, boccheggiò e gocce
di sudore rigarono le sue guance. Doveva ammetterlo, aveva creduto
che il suo atteggiamento miserabile fosse stato dimenticato con le
sue azioni future.
Pensava
di avere dimostrato la sua redenzione eradicando la minaccia del clan
della Zanna e combattendo tante battaglie assieme a lei e a Kenshiro.
Eppure,
ella, con cruda schiettezza, gli ricordava le sue colpe e le sue
parole dilaniavano il suo animo di uomo innamorato.
Come
aveva potuto non avvedersi della collera fremente nel suo animo?
– Ti
sconvolge il marchio di Yuda sulla mia spalla. Ma tu non sei libero
da colpe. Ti sei dimenticato di esserti comportato esattamente come
lui? Mi hai denudata contro la mia volontà per ben due volte,
imponendomi la tua forza di uomo e di combattente. E, non pago di
questo, hai preteso di decidere della mia esistenza, perché
sono una donna. Con quale diritto osi esprimere scandalo e sconcerto
davanti a questa cicatrice? – proseguì lei, la voce
percorsa da una nota di collera.
–
Mamiya,
non ti sembra di esagerare? – intervenne Ken, pacato.
Di
nuovo, una risata beffarda risuonò sulle labbra di Mamiya e la
ragazza, fiera, incrociò le braccia sul petto. Kenshiro
cercava di indurla al silenzio con un tono calmo, quasi
paternalistico, ma lei non si sarebbe lasciata dominare, perché
era sicura di avere la ragione dalla sua.
Inoltre,
anche egli non era esente da colpe e, per scusarsi, non poteva
appellarsi alla sua appartenenza alla Divina Scuola di Hokuto.
Corrugò
la fronte. Come aveva potuto lasciarsi attirare da un uomo simile?
Certo,
Kenshiro non era crudele, ma non era capace di comprendere le
sofferenze dei deboli e si arrogava il diritto di decidere per loro.
–
Kenshiro,
quanto ho detto a Rei vale anche per te. Non sono ingrata e non
dimentico quello che hai fatto per me e per il mio villaggio, ma sono
una donna e, come voi, ho anche io il mio orgoglio. E anche tu, pur
senza volerlo, lo hai calpestato. – cominciò lei.
– Tu
e Rei avete preteso di distruggere il clan della Zanna non con me, ma
al posto mio, dimenticandovi della mia carica di capovillaggio. Io
avevo ben più diritto di voi di distruggere quei bastardi. Tu
non hai esitato a rifiutare con scherno e disprezzo il mio aiuto,
quando io, per te, ho cercato il luogo di prigionia di Toki. Io
desideravo aiutarti, nel tuo cammino di guerriero, senza avere nulla
in cambio, ma tu non mi hai rispettata e mi hai trattata come una
bambina priva di intelligenza, che deve essere rimproverata da suo
padre. Eppure, cosa avevo fatto di male? – domandò, gli
occhi blu, fieri, fissi nelle iridi carbone del maestro Hokuto.
Il
maestro di Hokuto rimase silenzioso. Tante parole salivano alla sua
bocca, eppure si spegnevano e si infrangevano contro lo scoglio della
realtà.
Mamiya
aveva ragione.
Inebriati
dalla loro forza di uomini e combattenti, loro l’avevano
ritenuta una ragazzina priva di qualsiasi consapevolezza e si erano
arrogati il diritto di decidere per lei.
– Ma
non ho finito, Ken. Quando Rei mi ha spogliata davanti a te, tu hai
detto che io dovevo capirlo, perché lui, in me, vedeva sua
sorella. Secondo te, lui voleva proteggermi. Ma non ci si preoccupa
di una persona privandola della sua dignità e del suo diritto
a decidere per se stessa. Perché io devo sottostare a quello
che voi ritenete giusto per me? Rispondete, perché? –
domandò.
Vedendo
le espressioni sgomente sui loro volti, Mamiya scosse la testa.
Avrebbero capito il senso delle sue parole?
O
l’avrebbero considerata una manifestazione di intemperanza di
una ragazzina traumatizzata?
– Se
volete proteggere qualcuno, ascoltatelo e non agite per lui, se è
possibile. Anche voi siete uomini e non siete esenti da errori. –
concluse.
Poi,
si girò e, a passo rapido, si allontanò e li lasciò
soli.
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