Racconto di un narcisista

di Tottaaax
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Capitolo Due
Damian






Mi giro di scatto sorpreso, davanti ai miei occhi una ragazza che mi guarda sorridente.
“Tieni” non ricambio il sorriso, ma le porgo l’accendino.
“Ho il mio, grazie” smette di sorridere.
Trovo ironico che abbia l’accendino, ma non le sigarette, la solita scusa, mi dico. Adesso sorrido io.
La osservo di nascosto, non per timidezza, non per rispetto, per noia.
Stanotte non ho voglia di infilarmi in un letto sconosciuto, di innamorarmi per qualche ora, non ho voglia di conoscere la bellissima e inutile intimità di qualcuno che non rivedrò.
Questa notte ho voglia di tornare a casa, fare l’amore, dormire accanto a lei.
Questa ragazza però è bella, bella davvero, e io sono ubriaco…e triste.
Fuma in silenzio, la mano sinistra nel cappotto, si stringe nelle spalle e trema leggermente ,ha freddo.
Ogni tanto mi rivolge lo sguardo, ha notato che la sto studiando, probabilmente aspetta parli di qualcosa, qualunque cosa che le permetta di tornare a casa con la consapevolezza di essere bella, di essere sexy, al punto di  non poter chiedere una sigaretta a un uomo , che si ritrova costretta a doversi sottrarre all’ennesimo flirt. Ma stanotte no, non ho proprio voglia.
Non si trova a suo agio qui, si vede che non è il suo posto, fa parte del gruppo di ragazze che sedeva alle mie spalle, probabilmente non viene spesso a Brooklyn, sarà qui per nascondersi dagli occhi giudicanti di Manhattan, lo intuisco  dal fatto che festeggiavano  come delle liceali scolando decine di cicchetti.
Mi sorprende che stia in piedi in effetti, uscendo mi sono scontrato con alcune di loro che barcollavano verso il bagno, mentre lei sembra essere completamente sobria, perfettamente rigida  nei suoi jeans a zampa, il tessuto che tocca l’asfalto umido e si annerisce copre le lunghe gambe, niente tacchi vertiginosi, indossa un paio di sneakers basse ai piedi, mi incuriosisce.
Espira l’ultima boccata di fumo , butta la sigaretta a terra e punta i suoi occhi neri nei miei, due pozzi.
“Grazie di nuovo” dice aprendo la porta del bar.
I capelli ricci e scuri  le coprono il viso a causa del vento e  le sfiorano le labbra ricoperte di rossetto rosso, ormai rovinato a causa del fumo e dell’alcol, non le rispondo , ma la osservo rientrare.
Mi accendo un’altra sigaretta.



Devo chiamare un taxi e tornare a casa, un forte senso di disagio mi opprime il petto, vorrei fosse il whiskey, ma non è così, lo so.
Osservo la sigaretta a terra, è sporca di trucco.
Un filtro macchiato sull’asfalto come unico testimone dell’intersezione di due vite, non ci sono foto né persone che ricorderanno questo momento, solo un mozzicone accartocciato come fantasma di un incontro.
Una breve conversazione, sempre se si possa definire tale un semplice scambio di battute, per giunta banale.
Probabilmente ce ne sono state a milioni , in milioni di identiche strade, tra milioni di persone, nello stesso preciso momento, in tutto il mondo.
Questo pensiero mi deprime, sto scivolando nella banalità, mi ci sto avvolgendo dentro come in una coperta, l’autenticità che ho ricercato per tutti questi anni ora mi annoia, sarebbe bastata una parola in più, una battuta buttata così a caso, un sorriso da parte mia e sarebbe stato tutto diverso. Chissà forse staremmo ora parlando, o magari sarebbe rientrata ugualmente, o forse ancora la starei baciando dietro l’angolo prima di raggiungere casa sua, d’altronde era quello che cercava.  In tutti i casi avrei aggiunto qualcosa alla mia esistenza, qualche parola, un rifiuto, una notte di sesso…qualsiasi cosa, non importa, mi sarebbe andato bene tutto, eppure questa sera non ho nemmeno avuto la forza di rispondere ad un ‘grazie’, il solo pensiero di scambiare qualche frase, di stabilire un contatto, mi dava la nausea.
Ci vuole sempre un  secondo  a cambiare tutto il resto, esso scandisce il tempo, non il contrario, nello stesso istante una rosa può sbocciare oppure essere calpestata, ciò che avviene dopo è inevitabilmente determinato da quel secondo.
In un secondo un professore mi ha rivelato la verità su mio padre.
In un secondo ho lasciato tutto, sono rimasto solo.
In un solo ,interminabile,  secondo lei mi ha salvato.
Una strana ansia mi stringe la gola mentre continuo ad osservare quel mozzicone bagnato, mi sento imprigionato nella mia mente, per qualche assurdo motivo non riesco a distogliere lo sguardo.
Dovrei proprio tornare a casa ripeto a me stesso, ma diventa sempre più difficile, mi sento a disagio, scoperto.
Allora capisco, non è stata l’effimerità di quella sigaretta, né tantomeno  la banalità del momento, nonostante essa mi sia nemica, è stato il suo sguardo.
Ha incastrato i suoi occhi nei miei e non ho sentito nulla, due occhi infiniti e…vuoti.
Pensavo che quelle poche inutili parole mi avessero turbato, invece è stato quel silenzio a farlo, un silenzio che aveva il suono dell’intimità e il profumo del sesso, un silenzio erotico.
Un ultimo bicchiere, per calmarmi , poi torno da lei.
Prendo il cellulare e scrivo un messaggio, “sto per arrivare”.
Entro nuovamente nel bar, l’ambiente caldo mi mette quasi a mio agio.  Noto subito Arthur, il barista, che versa da bere proprio alla ragazza che mi ha costretto a rientrare qui dentro. Mi avvicino al bancone e mi siedo, lo sguardo di entrambi si posa su di me, quello di lei solo per un secondo, Arthur invece scuote la testa con espressione divertita.
“Ti mancavo già?” mi dice poggiando un bicchiere vuoto davanti a me.
“Terribilmente” gli rispondo sorridendo.
 Fa per versarmi un bicchiere di bourbon, ma lo fermo “Prendo quello che prende lei”, indico la ragazza accanto a me che continua a fissare il suo drink finito.
Gira il viso verso di me e immerge i suoi occhi nei miei, mi svuotano, di nuovo, due interminabili buchi neri, la sensazione di disagio si impossessa del mio corpo ancora una volta.
“Un Martini, grazie.” Si rivolge ad Arthur, che mi osserva incuriosito. Pochi secondi dopo ci passa due coppe , per poi allontanarsi a servire altri clienti, siamo soli in mezzo alle persone, di nuovo.
“Come ti chiami?” le chiedo
Sorseggia il suo cocktail e mi guarda, un mezzo sorriso sul volto “Mi sembravi di così poche  parole lì fuori.”.
Mi infastidisce il suo atteggiamento da ragazza viziata, avverto il modo in cui sente superiore a tutti all’intero di questo bar, sente di poter avere chiunque e qualsiasi cosa voglia qui dentro.
“Mi sembravi così poco interessante lì fuori” ribatto.
 Sembra sorpresa, smette di sorridere,  ma solo per un secondo “E cosa ti ha fatto cambiare idea?”.
“Il fatto che bevi qui da sola mentre le tue amiche starnazzano dietro di noi probabilmente” le dico sistemandomi meglio sullo sgabello in modo da guardarla in viso .
Si lascia scappare una risata “Sono completamente andate, non sono più abituate a serate del genere” confessa.
Mi stupisce e mi secca allo stesso tempo il fatto che mi abbia detto una cosa del genere, sembra una confidenza, non è intima, ma non mi interessa, mi annoia. Inoltre so bene cosa intende, avevo visto giusto, classica élite di Manhattan che per divertirsi davvero scappa da qualsiasi obiettivo digitale.
Ad ogni modo bastano poche parole a far sì che il mio interesse nei suoi confronti inizi a scemare, a volte occorre una sola informazione di troppo, non richiesta, per far crollare tutto.
“Non mi dire” rispondo disinteressato, ora sì che è il momento di tornare a casa.
 Deve aver notato  il mio cambio di atteggiamento e sembra nascondere un sorriso divertito nel bicchiere, mi irrita.
Mi alzo e poso i soldi dei drink sul bancone, le do le spalle e mi incammino verso la porta, ho bisogno solo di lei stanotte.
“Il mio nome è Chaima comunque”  quasi urla con tono beffardo, non mi guarda nemmeno, ne sono sicuro, avrà gli occhi puntati sul fondo del gin, non c’è bisogno che mi giri per scoprire che tiene ancora stampato  quel sorriso irrisorio sul  volto.
Mi fermo, vorrei dirle che è inutile che fa  la stronza se poi mi grida dietro il suo nome, siete tutta apparenza , tutte uguali, che palle.
Mi volto leggermente verso di lei, “Non mi interessa più, adesso.”

                                                                       ***





Apro la porta di casa e getto la giacca sul divano, ho l’impressione di essere stato svuotato, non sento niente, non penso a niente, nemmeno i pensieri che solitamente si rincorrono all’interno della mia testa hanno voglia di far la guerra.
La cerco.
E la trovo.
Herica è lì, rannicchiata sul letto accanto alla finestra aperta, dorme senza nemmeno coprirsi, probabilmente si è lasciata sorprendere dal sonno mentre mi aspettava, questo pensiero mi conforta.
La guardo tutta accartocciata nel suo completino di raso, così corto da non lasciare spazio all’immaginazione, è stupenda, bellissima, sexy…eppure niente riesce a scalfire la sua innocenza, non importa se si veste, quanto si veste o se non lo fa per niente, appare ugualmente perfetta, irraggiungibile, angelica.
Mi avvicino alla finestra per chiuderla, non c’è bisogno che mi avvicini a lei per notare i brividi di freddo sulla sua pelle. Il mio piede colpisce qualcosa e scopro il pacchetto di sigarette a terra, mi fa sorridere e scuotere la testa allo stesso tempo, non riesco a toglierle il vizio di fumare sul pavimento, “è più poetico non trovi? E poi riesco a guardar meglio le stelle. Non ti farebbe male tornare con il culo per terra ogni tanto Dam, perché non provi anche tu?”, mi viene da ridere al ricordo della sua risposta la prima volta che le ho chiesto perché lo facesse, era anche la prima volta che dormivamo in questa casa e quello era il suo modo goffo di dirmi di non montarmi la testa.
Improvvisamente la sua voce mi riporta alla realtà “Non stavi per tornare qualche ora fa?” mi chiede con voce assonnata, ma non è infastidita. Non lo è mai.
“Ho deciso di tornare a piedi piuttosto che in taxi, volevo prendere un po’ d’aria, la solita serata di merda.” le dico mentre mi spoglio.
Herica si siede sul letto e si stiracchia, “il bar non è così lontano da qua” replica tra gli sbadigli.
“Ho bevuto prima un cocktail con una ragazzina viziata di Manhattan in verità” le spiego stendendomi accanto a lei e poggiando la testa nell’incavo del suo collo.
“Solito insomma” dice alzando gli occhi al cielo.
“Sì, solito.”
Lei conosce ogni mia debolezza, ogni punto di forza, ogni vizio.
Io lei ce l’ho dentro, incastrata tra le costole, è parte di me, non c’è niente di lei che non conosco e che non amo.
Non sono necessarie parole tra noi, esse, spesso, feriscono più dei fatti.
“Quindi la ragazzina ti ha rovinato la serata?” mi chiede fingendo un po’ di gelosia.
“No, lei non c’entra niente, stasera era tutto così…banale” le confesso.
“Hai una fissa per la banalità Dam” mi dice ridendo.
“Non è vero” protesto  mordendole il collo.
“Ma se ci hai scritto un libro!” ride ancora e si gira verso di me, punta i suoi occhi nei miei, occhi pieni di luce, occhi che arrivano dove nessuno è mai arrivato. Mi bacia.
“Penso che se smettessi di analizzare ogni momento tramite un’assurda scala che va dalla banalità assoluta all’autenticità irraggiungibile vivresti meglio sai? E magari berresti anche di meno, i baci con te sanno sempre di whiskey” mi canzona con dolcezza.
“Her baciami, di parlare stanotte non ho proprio voglia.”
 Le accarezzo il viso, bacio i suoi occhi verdi, le mordo il labbro per insinuarmi nella sua bocca, lei   per risposta la socchiude leggermente, poggia le mani sulla mia schiena, rabbrividisco.
Mentre la bacio le sfilo il completino e la stringo a me , contro il mio petto, percepisco i suoi seni e la  stringo più forte, se potessi diventare tutt’uno con lei lo farei, ora, qui.
Herica respira forte, mi desidera quanto io desidero lei, avvolge le sue piccole gambe attorno al mio bacino e posa le mani sulle mie spalle. Mi fermo un secondo prima di entrare, fondo i miei occhi con i suoi, sono a casa. Geme dolcemente sotto di me mentre piano la completo, la osservo godere, i lunghi capelli biondi le coprono i capezzoli, le bacio il collo, poi il seno, mi muovo sempre più veloce finché tutto non si conclude con un ultimo gemito, la bacio. Mi lascio andare su di lei, mi accarezza i capelli mentre il suo respiro si regolarizza.
Stanotte non avevo voglia di niente, se non di te.

 









 




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