Vi era una quiete assoluta ed irreale, in ciò che circondava ed ovattava i suoi sensi.
Quando Kat, dopo un tempo a lei indefinito, iniziò a percepire qualcosa, fu la sensazione di esser sospesa in un nulla bianco candido, una dimensione carica di luce e priva di qualunque suono. Una dimensione che venne colmata da una voce che le giunse sotto forma di una sensazione ed un pensiero estranei, quasi un tutt'uno con l'ambiente in cui era immersa. Perduta.
– La missione è compiuta, l’equilibrio nel flusso è ristabilito.
Kat si sentì pervadere da quelle parole, pur non sentendosi fatta d'alcuna forma corporea.
– La tua vita è appesa a un filo – riprese quella voce composta da più suoni, echeggiante d'eternità – La tua anima è ora sospesa fra due mondi: una scelta ti è stata concessa, in virtù del tuo operato.
Lei non capì, ma l'istante seguente un'immagine venne proiettata alla sua coscienza: Kathrine in un letto d'ospedale, la testa fasciata ed una serie di tubicini attaccati a tutto il suo corpo. Faticò un istante a riconoscersi e quando lo scenario cambiò, mostrandole Katla, la forma che aveva fatto propria nell'universo di Arda, stesa su una branda ed ugualmente incosciente e sporca di sangue, ricordò.
Stava morendo, in entrambi i mondi.
– Una scelta dovrà essere fatta – ribadì la voce ultraterrena.
Kat si chiese come avrebbe potuto farlo, giacché ognuna delle due giovani donne che aveva davanti era parte di lei.
Fu a quel punto che scorse, nello scenario dai toni più cupi in cui era immersa Katla, una presenza che prima non aveva notato: un nano dalla chioma corvina ed un’armatura scura e preziosa, come d’ossidiana.
Era Thorin.
Era lì, con lei, e la guardava in silenzio mentre una fioca e calda luce tremolante si rifletteva sulla sua cotta di maglia e danzava fra i suoi capelli, brillando sugli anelli d'oro che li adornavano. Sostava in piedi accanto a lei e la sua mano andò a sfiorarle la spalla, scendendo in una carezza portata con la punta delle dita lungo il braccio. Un istante dopo il Re sotto la Montagna si voltò ed i suoi occhi azzurro ghiaccio riflessero liquidi la luce mentre si allontanava dal suo giaciglio, provocandole una stretta all'animo che la scosse sin nel profondo.
E allora prese la propria decisione.
– La magia che ti era stata donata non tornerà con te, giacché essa appartiene al flusso e ad esso farà ritorno una volta guarito il tuo corpo.
Le andava bene così, non le serviva alcuna magia.
– Un prezzo dovrà essere pagato: ogni legame verrà reciso e nemmeno il ricordo sarà conservato, della realtà che sarà abbandonata.
Non le importava, avrebbe pagato qualunque prezzo.
Avrebbe sacrificato ogni cosa, pur di fare ritorno.
– Il patto è stato sancito, – annunciarono quelle entità che erano Uno e Tutto – è giunto il tempo che tu riapra gli occhi, Katla.
Quando Kat schiuse per la prima volta le palpebre, non capì subito chi, cosa o dove fosse.
La prima sensazione che le pervenne dal suo corpo fu una debolezza soverchiante unita ad una formicolante scarica di dolore dalle varie giunture che le fece digrignare i denti in una smorfia. Era stesa sulla schiena, comprese dopo una manciata di secondi, quando tentò di muovere i muscoli indolenziti, e appena mise a fuoco l'alto soffitto sopra la sua testa, nella sua mente le vivide immagini di quel sogno privo di colori e forme già andavano sbiadendo, lasciandosi dietro soltanto una sensazione di vuoto.
La stanza era rischiarata e riscaldata da due grossi bracieri la cui luce si rifletteva sulle pareti nere e lucide, ma l'odore di polvere dell'ambiente era appena accennato al suo naso e le pesanti coperte in cui era avvolta profumavano di pulito. Una lievissima brezza fresca le carezzò la pelle del viso, proveniente da un'alta e stretta finestra incassata nella parete alla sua sinistra, unica fonte di luce naturale.
Vi erano dei rumori, suoni indefiniti in sottofondo, ma ella si sentiva ancora troppo intontita per comprendere cosa fossero davvero.
– Kat?
Fu la rassicurante voce di Gandalf il primo suono chiaro che le giunse alle orecchie e penetrò la cortina che le ottenebrava la coscienza, spingendola a reclinare il capo in sua direzione. Trovò lo stregone accanto al proprio capezzale, un letto a due piazze con lenzuola di stoffa candida ed una pesante testata in ferro battuto, e come ne incrociò lo sguardo, ella vide i suoi occhi sotto le cespugliose sopracciglia grigie ridere insieme al resto della sua espressione.
– Gandalf...? – tentò di dire, ma la voce che le uscì era graffiata e roca ed avvertì le labbra screpolate e la gola dolere per quel tentativo.
Aveva sete, comprese.
Il Grigio, come leggendole nel pensiero, si alzò in piedi e sporgendosi verso di lei, le porse un bicchiere d'acqua, tenendole sollevato il capo in aiuto. Katla bevve avidamente, chiudendo gli occhi e lasciando che la piacevole sensazione del liquido fresco spegnesse l'incendio che imperversava nella sua gola e soltanto poi tornò, con rinnovato sollievo, a rilassarsi fra i cuscini.
– Come ti senti? – le chiese a quel punto lo stregone, ancora sorridente – Ci hai fatto davvero preoccupare, sai? Non ho più l'età per questo genere di spaventi, mia cara, quindi ti pregherei di non farmi più ripetere l'esperienza.
L'ironia burbera di Gandalf la fece sorridere automaticamente, ma per quanto si sentisse ancora scombussolata e debole, la giovane donna non riuscì a frenarsi dall'iniziare a porre le domande che sempre più frequenti ed insistenti si stavano risvegliando nella sua mente.
– ...come...?
– Ritengo che non ci sia tempo per rispondere a tutte le tue domande, – la interruppe l'Istar, bonariamente – ma ognuna avrà la sua risposta. Per ora posso dirti che sei all’interno della Montagna Solitaria, la battaglia è stata infine vinta e tu hai dormito per quasi una settimana, nonostante il tuo corpo sia guarito nel giro di una sola notte.
Perplessa, Katla faticò a star dietro alla parca spiegazione dello stregone e quando inarcò un sopracciglio lui la ricambiò con uno sguardo velato d'aspettativa, prima di rendersi conto che ella aveva bisogno di più tempo e informazioni per elaborare l'accaduto.
– ...non capisco... – ammise infatti lei, arrendendosi all'evidenza con una certa stanchezza, ma dopo un istante abbozzò un quieto sorriso – ...ma credo che non mi importi più. Sono contenta di essere qui, Gandalf.
Il Grigio dopo un istante di perplessità tornò a sorriderle con affetto, le rughe dietro la sua barba che si incresparono alla luce della candela, e sollevò una mano nodosa per posargliela con gentilezza sul capo in una fugace carezza.
L'istante seguente, anticipata da un pesante scalpiccio di stivali, la porta si aprì di botto e tredici nani la varcarono, catapultandosi dentro la stanza come una valanga dai toni del marrone, del nero, del verde e persino del rosso scuro, infrangendo immediatamente la quiete con un vociare concitato.
Volgendo lo sguardo in quella direzione, Kat si ritrovò a spalancare gli occhi grigi nell'osservare Kili, il primo della fila, venire spintonato di lato da Fili e Bofur, i quali franarono sul pavimento, permettendo a Bifur, Gloin, Oin, Dori, Ori, Nori e Bombur di entrare con slancio ed inciampare a loro volta sui compagni caduti.
– Oufh!
– Ma che..!
– Maledizione!
– Bombur, panzone che non sei altro..!
– Toglietevi!
– Per tutte le barbe di Durin!
E così via, in una sequela di imprecazioni e proteste che non solo animarono l'atmosfera, ma che divertirono profondamente Katla, la quale si ritrovò a ridacchiare nel suo morbido giaciglio, non riuscendo proprio a contenersi.
Dal vano della porta comparvero quindi Balin e Dwalin, arrestatisi appena in tempo per non finire addosso agli amici e compagni d'avventura, e li guardarono con identiche espressioni di compatimento e rassegnazione prima di sollevare i loro sguardi su di lei e lasciar trasparire sui loro volti barbuti una contentezza ed un sollievo innegabili.
Di fronte al sorriso gioviale di Balin ed a quello orgoglioso e soddisfatto di Dwalin, Kat avvertì gli occhi pizzicarle, giacché la gioia che provava nel vedere i suoi amici era tale che non avrebbe potuto contenerla ancora a lungo dentro di sé, ma le lacrime salirono soltanto quando ad entrare, per ultimo, dopo un altrettanto sorridente Bilbo, fu lui.
Come Thorin varcò quella soglia e si fece avanti nella sua tunica blu scuro, passando oltre i membri della Compagnia che lo avevano così rumorosamente anticipato, il silenzio tornò a lambire le alte pareti squadrate della stanza e la stessa aria parve arrestarsi intorno a loro, rispettosa spettatrice di un incontro pieno di significato.
E come la prima volta che era accaduto, quando gli occhi azzurri del nano dalla corta barba corvina si posarono su di lei, Katla avvertì il proprio corpo reagire e destarsi sotto l'effetto di un brivido che, intenso, le risalì lungo la schiena, risvegliando nel suo animo i profondi sentimenti che la legavano a lui.
Thorin era vivo.
Ce l'aveva fatta.
D'impulso Kat tentò di alzarsi, ma non riuscì nemmeno a mettersi a sedere che i muscoli la tradirono e lei franò, come era accaduto poco prima ai nani suoi amici, fra i cuscini e le lenzuola. Lottò per ribellarsi a quella debolezza inopportuna e disattesa, ma non fece nemmeno in tempo a riprovarci che una mano le si chiuse intorno ad un polso, bloccandola e tirandola su di peso, e l'istante seguente ella si ritrovò stretta fra due braccia salde e forti che la premevano contro un corpo altrettanto solido eppure accogliente come quello di nessun altro.
E Kat, inspirandone l'odore di ferro caldo misto a resina d'abete e muschio, vi si aggrappò con tutta la forza che aveva ed affondò il volto contro una sua spalla, mentre una volta di più gioia, sollievo e gratitudine si mescolavano nel suo petto, tanto intense da smorzarle il respiro quasi quanto la stretta in cui era racchiusa in quel momento.
Era tornata... era a casa.
Bilbo rimase ad osservare la scena con un ampio ed indomito sorriso in volto, non riuscendo a far a meno d’esternare il proprio sollievo e la propria gioia per il miracolo di cui era spettatore.
Rammentava ancora fin troppo vividamente quanto era accaduto una settimana prima, di come avesse raggiunto Collecorvo appena in tempo e di come era stato testimone del compiersi del destino della ragazza. Ricordava fin troppo bene la paura, il senso di agitazione ed infine quel coraggio che lui stesso tempo prima aveva affermato di aver trovato fra i Monti Nebbiosi e che si era presentato vivido ed implacabile quando Azog aveva minacciato la vita della ragazza.
Si era messo in mezzo, forte dell'invisibilità conferitagli dall'anello, per tentare di deviare l'attacco dell'orco, ma quell'affondo era stato scagliato con troppa forza per un solo, piccolo hobbit come lui, e Bilbo era riuscito soltanto a modificarne leggermente la traiettoria. Nemmeno lui poteva sapere che il suo intervento era stato provvidenziale, giacché era bastato perché la lama del nemico mancasse i punti vitali della piccola donna, e che, in questo modo, le avesse garantito la possibilità di sopravvivere ad un colpo altrimenti mortale.
Del suo gesto per certi versi sconsiderato Bilbo non aveva fatto parola a nessuno, attendendo con la stessa ansia degli altri il risveglio della loro amica, pregando ogni giorno affinché giungesse quello in cui lei avrebbe riaperto gli occhi.
Dopo che gli Elfi di Thranduil si erano occupati della sua ferita, Bilbo era stato testimone involontario di una discussione fra Gandalf e Thorin e non era riuscito a sottrarsene, giacché se si fosse allontanato sarebbe stato notato sicuramente da entrambi, così aveva finito per venire a conoscenza di una verità ancor più difficile da credere di tutte le stranezze ed i misteri di cui i suoi occhi blu erano stati testimoni nel corso di quel viaggio.
Thorin aveva preteso spiegazioni dallo stregone grigio sull'accaduto e sulla provenienza di Katla, giacché aveva capito che egli aveva taciuto, così come aveva fatto lei, su molte cose, e l'Istar gli aveva rivelato ciò che sapeva: la ragazza non era originaria del loro stesso mondo, era stata inviata a loro per volontà dei Valar e, probabilmente, ora stava lottando con tutta sé stessa per rimanervi.
Gli aveva raccontato ogni cosa, persino dell'accordo che Kat aveva stipulato con il Re degli Elfi per garantire loro una possibilità di sopravvivenza, ed il Re di Erebor aveva accolto quelle notizie con un silenzio cupo e pesante. Quando, dopo una pausa inquantificabile, era tornato a rivolgersi allo stregone, gli aveva posto l'unica domanda che lo hobbit non si sarebbe mai aspettato di sentirgli formulare e, al contempo, l'unica che avesse davvero senso porre in quel momento.
– Avrebbe più possibilità di sopravvivere se facesse ritorno nel suo mondo?
Gandalf lo aveva guardato con una pena ed una compassione che gli avevano addolcito il volto adorno della lunga barba grigia.
– Non vi è alcuna certezza, Thorin – gli aveva risposto, greve, ed il discorso era terminato lì e nessuno dei due lo aveva più sollevato nei giorni seguenti.
Era accaduto la seconda notte d'incoscienza di Katla: poco prima dell'alba una luce intensa aveva permeato la tenda in cui era stata adagiata e Bilbo, che quella sera aveva faticato a prendere sonno, era accorso appena in tempo per trovare gli elfi e Gandalf raccolti intorno al giaciglio della sua amica, intenti a scambiarsi sguardi increduli e confusi. Preoccupato, si era precipitato fra loro, ma aveva dovuto arrestarsi di colpo giacché accanto alla giovane donna era china un'Elfa Silvana, la quale ancora reggeva in mano le bende che avevano usato per fasciarle la ferita. Sotto i suoi occhi blu, Bilbo aveva visto la pelle rosea di lei rimarginata ed aveva meccanicamente fatto un passo indietro, prima di cercare lo sguardo dello stregone. E Gandalf gli aveva sorriso, per la prima volta dopo giorni, e lui ne era stato rinfrancato e sollevato, perché aveva capito che, qualunque cosa fosse accaduta, era stata un vero miracolo.
Nel mentre di tutti quegli accadimenti i tredici nani, e Thorin per primo, si erano tutti dati da fare per rimettere in sesto la Montagna Solitaria e Bilbo era giunto a sospettare che l'impegno nell'opera di ristrutturazione dei grandi saloni e delle porte del Regno di Erebor fosse un modo, per i laboriosi membri della Stirpe di Durin, di tenersi impegnati, mente e corpo, per non pensare alla situazione in cui vigeva la loro amica. Eppure, per quanto fosse stato penoso, nessuno di loro aveva mancato di andare a trovarla un solo giorno, nemmeno quando Thorin aveva disposto di spostarla all'interno della montagna il mattino dopo la sua guarigione miracolosa. Avevano approntato per lei quella magnifica stanza, situata nella parte più alta e meglio conservata della dimora dei Durin, e nessuno si era tirato indietro: persino lo hobbit aveva contribuito, avendo cura di trovare lenzuola e coperte pulite per il letto in cui l'avevano poi adagiata in attesa che si svegliasse.
Erano trascorsi quattro giorni da allora, giorni in cui la ragazza non era mai stata sola a lungo, giacché lo hobbit e lo stregone si alternavano spesso nel vegliare su di lei. Bilbo aveva persino osato osservarla attraverso il potere dell’anello, ed era stato allora che s’era reso conto d’una cosa che lo aveva sorpreso ed allarmato: quello strano fascio di luce che aveva visto ormai tempo prima dietro la schiena di lei era scomparso, svanito, senza lasciare traccia. Quando ne aveva parlato a Gandalf, lo stregone grigio, dopo un momento di silenziosa riflessione, lo aveva rincuorato un poco ipotizzando che quello dovesse esser stato un segno del legame che univa l’anima della ragazza al suo mondo d’origine, qualunque esso fosse. Il fatto che fosse scomparso, poteva voler dire solo una cosa: Katla ora apparteneva unicamente e totalmente ad Arda ed alla Terra di Mezzo.
Quando finalmente ella aveva dato cenno di star riemergendo dall'incoscienza, Bilbo si era subito precipitato a chiamare gli altri. Come era corso giù dalle scale ed aveva percorso in gran fretta gli ampi corridoi chiamandoli a gran voce, tutti i nani si erano voltati a guardarlo ed avevano abbandonato qualunque quanto stavano facendo per corrergli dietro, chi mollando un grosso blocco di pietra che stava trasportando con l'aiuto d'altri, chi depositando a terra casse di provviste e coperte ed altri beni di prima necessità per superare l'inverno e persino chi, come Thorin, era stato impegnato ad affrontare una discussione dall'aria importante con suo cugino Dain.
Ognuno di loro si era caracollato su per le scale e nessuno dei nani dei Colli Ferrosi, pur scoccando loro qualche esclamazione di protesta, li aveva guardati con disapprovazione, giacché quello di Durin era un popolo dal cuore grande, dopotutto.
Ed ora eccoli lì, raccolti tutti appresso al letto di Katla, in attesa fremente che Thorin, ancora intento a stringerla a sé, concedesse loro il permesso e lo spazio di avvicinarsi ulteriormente per riaccogliere nel mondo dei vivi la loro preziosa compagna.
Incrociando lo sguardo dello stregone, Bilbo si ritrovò a ricambiare un sorriso pari al suo, nascosto sotto la sua lunga barba.
– Thorin... – la voce di lei, esitante e soffocata dalla spalla del nano cui era aggrappata, tornò ad attirare l'attenzione di tutti i presenti e persino lo hobbit trattenne il respiro, osservando come il Re di Erebor allentava l'abbraccio con cui la stava sostenendo per guardarla in volto – ...ho fame.
Neanche il tempo di pronunciare quelle parole che il gorgoglio dello stomaco di lei spezzò ogni tensione residua e, nonostante il sussulto che la colse, più di un nano presente diede una pacca sulla spalla a quello vicino, scambiandosi sorrisi soddisfatti e sollevati. Persino Thorin Scudodiquercia finì per sorridere alla sua amata, annuendo con un cenno del capo.
– Ti porteremo subito qualcosa – la rassicurò, prima di gettare uno sguardo allo stregone in cerca di conferma.
Quello annuì di rimando, prima di specificare: – Un brodo di carne e verdure dovrebbe essere abbastanza per evitare scompensi al suo stomaco vuoto, per ora.
Bastò un'occhiata del loro Re perché i nani, così come erano sopraggiunti, imboccassero caoticamente di nuovo la porta con l'intento di andare a procurare quanto di meglio le scorte rimpolpate della montagna avevano da offrire, in barba a quanto appena affermato dall’Istar. Soltanto Fili e Kili indugiarono un istante più degli altri, il tempo di ricevere un nuovo cenno del capo da parte del loro zio, prima di lasciare la stanza.
Quando anche Gandalf abbandonò il suo posto e si avviò verso l'ingresso, Bilbo intuì come fosse meglio lasciare i due da soli, giacché sospettava che Thorin avesse intenzione di parlare in privato con la giovane donna, prima di dover tornare ai suoi molteplici doveri e lasciarla riposare.
Tuttavia non mancò di gettare un'ultima occhiata al letto sul quale Kat era ancora adagiata e su cui Thorin era seduto, proteso verso di lei, e non gli sfuggì una volta di più come i lineamenti del nano fossero più dolci e distesi ora che i suoi occhi erano immersi in quelli d'ella, cosa che contribuì a rasserenarlo anche nei suoi riguardi.
Poteva star sicuro che la Malattia del Drago non si sarebbe mai più ripresentata ad ottenebrargli il cuore, ora che aveva nuovamente con sé il tesoro per lui più prezioso: la donna che amava.
Una volta rimasti soli, Katla si prese il suo tempo per riemergere dalle profondità degli occhi di Thorin ed anche così, quando infine lo fece, se ne rammaricò subito, nonostante avvertisse pressante la necessità di tornare alla realtà.
– Mi vorrei mettere seduta – gli disse, abbozzando in sua direzione un mezzo sorrisetto contrito.
Il nano non parve esserne sorpreso ed annuì, aiutandola a sollevare la schiena dai cuscini e sistemandoglieli in modo che le fornissero il dovuto appoggio, prima di lasciarla scivolare indietro da sé, pur restando a portata di mano. Quando Kat, forte del proprio orgoglio, si fu sistemata alla meglio delle sue possibilità, tornò a guardare in volto Thorin e la preoccupazione che vi lesse la spinse a donargli un nuovo sorriso incoraggiante.
– Non guardarmi così – esordì, in un bonario rimprovero – sono più forte di quanto sembra.
– Lo so – ribatté lui, e la sua voce profonda e leggermente roca sarebbe stata già abbastanza senza il morbido sorriso e lo sguardo adorante che lui le rivolse, lasciandola quasi senza fiato, mentre continuava – ..l'ho visto, molte volte.
Thorin allungò nuovamente la mano a sfiorare la sua e Kat sentì le lacrime tornare a pungerle gli occhi, sospinte da un'ondata di commozione che le colmò il petto. Era un momento così bello, così perfetto, che il solo viverlo la riempì di una profonda gratitudine verso i Valar o qualunque fosse l'entità che glielo aveva permesso.
Fu abbassando lo sguardo sulla grande mano del nano che avvolgeva la sua, che si rese conto di aver addosso una veste che non le apparteneva.
– ...e questa? – domandò, esponendo la manica dell'abito da notte colmo di fronzoli allo sguardo altrui.
– Le figlie di Bard si sono prese cura di te e ti hanno lavata e cambiata mentre dormivi.
Il pensiero delle due ragazzine e la conferma che erano scampate alla morte ancora una volta la rasserenò e la fece al contempo render conto di quante domande ancora affollassero la sua mente sull'epilogo della vicenda. Allora, dopo un istante, tornò a sollevare gli occhi grigio-verdi sul volto del Re dei Nani ed in essi vi lesse una nuova ed al contempo conosciuta determinazione.
– Raccontami tutto – lo esortò, pacatamente, ed il nano di fronte a lei annuì ancora una volta, prima di iniziare a parlare.
Le raccontò di come le Grandi Aquile fossero infine giunte da Nord e del modo in cui si erano scagliate sulle orde di pipistrelli di Gundabad. Le narrò del ribaltamento delle sorti della battaglia che stava avendo luogo nella Valle di Conca ad opera di Beorn che, comparso come uno spettro vendicatore in forma d'orso, aveva abbattuto la progenie di Azog, Bolg, ed infranto lo schieramento nemico, permettendo a Thorin ed ai suoi compagni di dirigersi rapidamente verso Collecorvo.
Le rivelò di essere giunto insieme a Kili, Fili e Dwalin sull'altura che era già in pieno fermento a causa delle schiere elfiche che li avevano anticipati e delle creature che li stavano affiancando. Quando accennò ai lupi, le labbra di Kat si tesero in un vago e sofferto sorriso al ricordo del sacrificio di Nén, ma non lo interruppe nemmeno per un istante, giacché desiderava sapere di più.
Allora egli le disse di come Azog avesse trovato la morte e di come lo stregone grigio, condotto dallo hobbit, sbucati entrambi da chissà dove, l'avesse presa con sé e con l'aiuto di un'Aquila l'avesse riportata a valle.
Gli Elfi l'avevano curata al meglio delle loro possibilità e persino il Capitano delle Guardie ed il Principe di Reame Boscoso si erano fatti avanti per accertarsi delle sue condizioni, ma era stato chiaro a tutti sin da subito come per lei vi fossero state ben poche speranze. E poi il miracolo, la ferita rimarginata, ma lei che aveva continuato a dormire ininterrottamente per tutto il tempo, cosa che aveva fatto prendere una decisione al figlio di Thrain.
Era stato lui a disporre che fosse portata all'interno della Montagna Solitaria, giacché l'inverno era ormai giunto ed il freddo non le avrebbe giovato, così come non avrebbe giovato a nessun altro dei feriti. Li avevano accolti tutti, Nani e Uomini, mentre gli Elfi avevano scelto di ripartire e se n'erano andati lo stesso giorno, ansiosi di tornare nel loro regno fatto d'alberi ed ampie grotte luminose.
Avevano raccolto i corpi dei loro morti e Thranduil li aveva ricondotti a Reame Boscoso, ma non prima che Thorin onorasse il patto che lei aveva stipulato e gli avesse consegnato, grazie alle indicazioni dello stesso Bilbo, le gemme per cui era stato disposto a scendere in guerra sin dal principio. Si erano separati in amicizia, per quanto in amicizia potessero essere un Nano ed un Elfo stoico come il Sovrano di Reame Boscoso, ma anche solo il venire a conoscenza di quel fatto riempì il petto di Kat di orgoglio verso il suo amato, giacché aveva infine lasciato andare il rancore e la diffida che dalla caduta di Erebor lo avevano sempre accompagnato per il Popolo degli Elfi.
Le disse di come i nani dei Colli Ferrosi fossero rimasti e dei lavori che stavano approntando, dentro e fuori la montagna, per riportarla all'antico splendore e renderla degna della dimora del loro popolo. Le annunciò anche della decisione di Bard di fare ritorno a Lago Lungo coi suoi uomini dopo che i caduti erano stati seppelliti e Thorin aveva pagato loro, in risarcimento, non senza vergogna per sé stesso, una somma pari ad un quindicesimo delle ricchezze di Erebor in oro e argento. Anche questo era stata un’iniziativa di Bilbo, giacché s’era trattato della sua parte del tesoro, quella che era stata consegnata agli Uomini del Lago.
Pire funebri erano state accese nella valle, dando alle fiamme pile di orchi ammassati gli uni sugli altri, e questo aveva a tratti infastidito i nani, che pure erano gli artefici di quei fuochi, quando il vento si levava da Est e sospingeva il fumo verso la montagna.
Ma comunque, concluse, c'era ancora molto da fare e, pur con l'aiuto di Dain, i nani non sarebbero mai stati in grado di superare l'inverno senza la benevolenza dei loro vicini. Altre provviste sarebbero presto giunte su barche elfiche che già risalivano il fiume, stando ai messaggi che i Corvi Imperiali gli portavano ogni giorno. Inoltre, in un tempo relativamente breve, mercanti dai Regni degli Uomini sarebbero sopraggiunti, portando seco le loro merci per venderle al loro popolo in cambio d'oro, e così le difficoltà che stavano affrontando sarebbero infine giunte al termine ed il rinato Regno di Erebor sarebbe tornato al suo antico splendore.
Mentre Thorin parlava, Kat vide la speranza nei suoi occhi e si ritrovò a sorridere a tanto ottimismo e sicurezza sull'avvenire, riconoscendo in lui una volta di più il nano che, a Casa Baggins, aveva rapito il suo cuore con un solo sguardo. Non vi era più nemmeno un'ombra su di lui, sembrava persino ringiovanito, pur mantenendo qualche striatura grigia nella chioma corvina, ma ai suoi occhi egli non le era mai parso più bello di così.
Un timido bussare alla porta li interruppe ed un attimo dopo Bilbo varcò la soglia, una scodella fumante in mano ed uno sguardo incerto sul volto sorridente. Sembrò farsi coraggio quando li trovò seduti sul letto a parlare e annunciò che aveva portato, come richiesto, qualcosa da mangiare per Kat.
La ragazza gli sorrise di rimando, grata e confortata della discrezione e della premura dello hobbit.
– Grazie Bilbo... per tutto quanto.
E per un attimo il mezz'uomo parve tentennare sotto il suo sguardo, perché da esso ella lasciò trasparire parte di un sottinteso che era solo un sospetto nella sua mente, ma che ebbe conferma in quel vago tremito del sopracciglio dell'amico: senza dubbio le azioni di Bilbo non si erano limitate a ciò che gli altri sapevano e si ripromise di parlargli adeguatamente alla prima occasione, giacché non voleva vi fossero più segreti o misteri fra loro.
E nemmeno con Thorin.
Dopo aver salutato lo hobbit, mentre beveva con cautela il brodo caldo, apprezzando l'insolito sapore che la carne di capra vi aveva infuso, non mancò di scoccare un'occhiata al nano mentre questi attendeva in silenzio. Pareva intenzionato ad aspettare che lei finisse di mangiare, prima di continuare, e dal modo in cui le sue sopracciglia tendevano ad incresparsi sui suoi occhi doveva avere qualcosa di molto importante da dirle.
Vi fu da dire però che, nonostante quel lieve accenno di tensione, il Re dei Nani mantenne un comportamento esemplare, pur non togliendole gli occhi di dosso, come se avesse paura che, se l'avesse fatto anche solo un istante, lei non sarebbe stata più lì.
Quando finalmente mise giù la scodella vuota, tutt'altro che sazia ma almeno rinfrancata dall'avere un po' di sostanza nello stomaco a fornirle quel poco di forze in più, Katla restituì il recipiente in legno intagliato al nano di fronte a lei, che l'appoggiò sull’antico comodino lì accanto prima di tornare a donarle attenzione.
– Come ti senti?
– Meglio – gli rispose con un sospiro, poggiando nuovamente il capo contro la testiera in ferro battuto dietro di sé, prima di riservargli uno sguardo penetrante da sotto le ciglia – Ora, ti decidi a dirmi ciò che vuoi dire o devo invecchiare qui, nell'attesa che vuoti il sacco?
Thorin sbatté le palpebre ed inizialmente parve preso alla sprovvista, cosa che finì per far sogghignare un'altra volta la giovane. Eppure, dopo un paio di secondi, l'insolita espressione del nano tornò a sfumare in una più quieta e serena e Kat lasciò svaporare la propria ilarità per donare tutta la sua attenzione al Re di Erebor.
– Ricordi ciò che ti dissi prima di scendere in battaglia? – le chiese allora Thorin, tornando a puntarle addosso uno dei suoi sguardi penetranti e grevi.
Kat cercò di ripensare a quel momento e piegò le labbra in una smorfia contrita, giacché rammentò perfettamente di aver disobbedito apertamente ad un suo ordine diretto. Non che in realtà lo considerasse sbagliato, neanche faceva più parte della Compagnia a quel punto della vicenda, però era sicuramente una cosa che Thorin non aveva gradito.
– ...mi spiace, sei arrabbiato? – osò persino chiedergli, con una certa titubanza.
Ma il nano scosse il capo in segno di diniego, prima di tornare a guardarla.
– Non sono arrabbiato... e non mi riferivo all'ordine che ti ho dato e che tu, come al solito, hai ignorato, – le rispose, e già soltanto per averlo sottolineato Kat intuì quanto in realtà la cosa non gli fosse piaciuta, soprattutto dato il risultato – mi riferisco a quanto ti ho detto dopo.
Gonfiando i polmoni d'aria, Katla sbatté una volta sola le palpebre e finalmente rammentò ciò a cui si riferiva Thorin.
– Intendi... quando hai detto che c'era qualcosa di cui volevi parlarmi? – gli chiese, per conferma, ricevendo in risposta un nuovo cenno d'assenso.
– A Collecorvo – continuò quindi, cercando anche l'altra mano della ragazza e sollevandole entrambe fra le proprie mentre l'atmosfera intorno a loro si faceva più intima e solenne al contempo – ti ho detto che il tuo posto è qui.. al mio fianco.
Kat si irrigidì, spalancando leggermente gli occhi chiari mentre la sua memoria le andava in aiuto, riportandole alla mente in un rapido flash quel momento particolare, seppur per lei l’intera vicenda fosse ancora annebbiata e confusa, e subito arrossì, trattenendo il respiro sotto una nuova tensione.
Stava iniziando a capire, ma doveva sentirlo con le proprie orecchie e pregò di aver abbastanza forze per non svenire dall'emozione, giacché la testa iniziava già a girarle. Si morse persino il labbro inferiore con gli incisivi, ricambiando la solida e confortante stretta con cui l'altro le teneva ancora le mani. I suoi occhi color ghiaccio brillavano come diamanti, traditori di un'emozione altrettanto intensa ed una speranza che non lasciava più posto ad alcun tentennamento, in quella breve attesa.
– Katla... vorresti farmi l'onore più grande che un Nano possa ricevere e diventare la mia sposa?
– Thorin... – si lasciò sfuggire lei con voce strozzata, senza respiro, mentre la vista andava annebbiandosi a causa di un nuovo strato di lacrime.
Tutta quell’avventura l’aveva fatta seriamente diventare una piagnucolona, questo era certo.
Non poteva crederci, era tutto troppo bello per essere vero.
– Non vi è tesoro all'interno di questa montagna che eguagli il valore che hai tu per me, – proseguì lui, senza lasciarle nemmeno il tempo di riprendere fiato – per questo ti chiedo: vuoi essere la mia Regina sotto la Montagna?
Incredula, Katla sentì il nodo in fondo alla gola farsi più spesso ed il suo petto venne lacerato da una profonda sensazione agrodolce.
– Ma... io non sono una Nana – mormorò.
– Non ha alcuna importanza... non ne ha mai avuta, in realtà. – le assicurò Thorin, con lo stesso tono di voce basso e carezzevole, profondo – Mi spiace averci messo tanto tempo a capirlo.
– Ma.. – fece di nuovo, e stavolta il nodo in gola si strinse tanto da farle perdere la voce, giacché stava per mantenere il proprio proposito di rivelargli la verità sul proprio conto – ..io...vedi, io...
– Lo so già – la interruppe ancora una volta il nano, risparmiandole il doloroso tentativo di continuare, leggendole dentro lo sguardo ciò che ella stava cercando di dirgli ed abbozzando un lievissimo sorriso incoraggiante – Gandalf me lo ha detto.
Ammutolita, Kat impiegò allora una manciata di secondi nel tornare a serrare le labbra, e quando lo fece le premette in una linea piatta e tesa.
Lui sapeva. Lui sapeva tutto.
– E ti sta bene...? Sei sicuro?
Di nuovo Thorin annuì e per confermarle la cosa le strinse maggiormente le mani nelle proprie, rivelandole attraverso quel semplice gesto quanta forza e quanta determinazione vi fossero a sostenerlo in quel momento.
– Non mi importa da dove tu provenga o chi tu fossi prima di unirti alla mia Compagnia – le disse, risoluto – Tu sei la donna che ha affrontato i troll delle montagne a spada tratta... la stessa che mi ha tenuto testa più d'una volta. Sei la donna che ha combattuto gli Orchi ed i Mannari Selvaggi al nostro fianco e persino i Ragni Giganti di Bosco Atro, senza battere ciglio. Sei la donna che ha riso, scherzato, cantato, discusso e pianto con il resto di noi e sei colei che più d'una volta ha messo a rischio la sua vita per la nostra. Ma ancor di più, sei l'unica che mi ha affrontato a viso aperto ed ha sempre creduto in me, nonostante tutto. Tu sei.. Katla, e non v'è altra femmina, che sia essa una Nana, una Donna o un'appartenente a qualunque altra razza di questa terra, che io possa desiderare al mio fianco quanto desidero te – a quel punto Thorin indugiò, abbassando lo sguardo, ma fu un solo istante di tenera difficoltà, giacché subito dopo tornò a trafiggerla con quei suoi occhi intensi e penetranti – Quel che sto cercando di dire è che... non ha senso, se non sei tu.
Al suono di quelle ultime parole, la prima lacrima tracciò un solco incandescente sulla guancia sinistra di lei, traboccando dalle ciglia scure mentre il suo cuore in risposta si scioglieva completamente e le labbra le si schiudevano in un nuovo, luminoso sorriso.
– Ci sai proprio fare con le parole... – gli disse, tentando di ritrovare un certo contegno grazie alla chiave ironica della sua risposta, ma fallendo miseramente, perché nuove lacrime le rigarono le gote arrossate mentre proseguiva: – Ti sposerò, Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re sotto la Montagna.
La gioia che vide fiorire sul volto del nano era la medesima che lei stava provando ed il modo in cui finalmente le sorrise, apertamente come mai prima, le colmò il petto di tutto l'amore che provava per lui. Quando lui si protese in avanti per baciarla, il cuore le guizzò come un piccolo passerotto impazzito entro la gabbia toracica.
Fu un bacio dolce e carico di sentimento quello che le donò Thorin. Un bacio che le fece girare di nuovo la testa e risvegliò lo sfarfallio che da tempo egli era in grado di farle provare all'altezza dello stomaco, e se fosse stata abbastanza in forze certo non se ne sarebbe rimasta ferma a farsi baciare così docilmente.
Quando si staccarono tornarono a guardarsi negli occhi e Kat era perfettamente conscia di avere un sorriso ebete stampato in faccia, eppure non fece nulla per nasconderlo, non stavolta.
– Adoro che tu me l'abbia chiesto con quella tunica addosso – commentò, non riuscendo ad impedirsi di esternare il proprio pensiero – ..ti dona proprio, il blu.
E Thorin la ricambiò, sorridendole a propria volta con tenerezza.
– Continui ad essere tu a riempirmi di complimenti, quando invece spetterebbe a me farli a te – le fece notare con una certa spensieratezza, in un finto rimprovero.
Lei ridacchiò ed il nano continuò a guardarla con quel suo sguardo indescrivibile e privo di ombra alcuna, ma poi un rumore distrasse i due promessi sposi, infrangendo l'atmosfera che s'era venuta a creare e facendoli voltare all'unisono verso la porta. L'anta in legno era socchiusa e stava ancora ruotando sui cardini, pur lentamente, come se fosse stata sospinta da qualcosa che era già sfuggito alla vista.
Thorin, già corrucciato e ritto con la schiena, stava per lasciare le mani di lei ed andare a verificare chi fosse l'artefice di quell'interruzione quando, da oltre il bordo del letto, comparve un musetto grigio incoronato da un bel tartufo nero.
Immediatamente Kat spalancò gli occhi chiari ed il nano lì con lei si rilassò, pur emettendo uno sbuffo che tradiva un certo scontento, mentre entrambi osservarono con espressioni diametralmente opposte il cucciolo che, dopo un paio di istanti di indecisione, balzava sopra allo spartano materasso con una serie di guaiti giocosi.
Spiazzata e meravigliata al contempo, la giovane donna rimase a bocca aperta di fronte al piccolo lupacchiotto che, esitante e curioso al contempo, zampettava sulle lenzuola in sua direzione, continuando ad annusare l'aria, ed impiegò una piccola manciata di secondi per tornare a trafiggere Thorin con uno sguardo pieno di stupore.
– E quello? – gli chiese di getto.
Il Re di Erebor strinse le labbra in una smorfia piatta, prima di tornare a guardarla, e la sua espressione s'era fatta più cupa, così come il tono di voce, mentre le dava la sua risposta.
– Quello è il mio dono di nozze per te, – confessò, prima di aggiungere – ma doveva essere una sorpresa per quando ti fossi ripresa completamente.
Kat boccheggiò, assolutamente senza parole, ed il nano le spiegò brevemente quando e dove lo aveva trovato. Il venire a conoscenza che quel cuccioletto era il figlio di Nén, la lupa bianca che tanto coraggiosamente aveva combattuto con lei a Collecorvo, le colmò il petto di una nuova serie di sentimenti.
Allora, tornando alla bestiola, avvicinatasi un altro po', ella protese una mano verso di essa, tenendola sospesa a mezz'aria il tempo necessario perché il lupetto vincesse la naturale diffidenza e si protendesse ad annusarla. Pochi secondi dopo la palla di pelo stava già giocando con la sua manica e prendendosi tutta una serie di grattini ed attenzioni che suscitarono nel nano, rimasto a fare da spettatore, un'incredulità che non mancò di ammettere.
– Non si è fatto avvicinare da nessuno per tutta la settimana – le rivelò, l'espressione ancora incredula che si tingeva di nuova ammirazione nel guardarla – ed ha ridotto la stanza in cui lo abbiamo tenuto un disastro... e adesso, guardalo.
– Gli piaccio, probabilmente – tentò di giustificarsi Kat, prima di mordersi il labbro inferiore ed aggiungere, sovrappensiero – ..o forse c’entra il mio sangue di lupo…
Thorin la fissò di rimando con un’espressione sorpresa e corrucciata insieme, una di quelle che non le rivolgeva dai primi tempi in cui avevano iniziato a viaggiare insieme, e Katla di rimando gli rivolse un mezzo sorrisetto contrito.
– ...è una lunga storia – cercò di giustificarsi – e nemmeno io ne so molto di più.
Dopo una manciata di secondi passati a fissarla, il nano dalla chioma corvina la sorprese a propria volta lasciandosi sfuggire uno sbuffo divertito e scuotendo brevemente il capo.
– Continui a sorprendermi – se ne uscì invece Thorin, abbozzando uno dei suoi mezzi sorrisi pregni di cose non dette nel tornare a guardarla, e dai suoi occhi azzurro-ghiaccio trapelò un calore che la pervase in tutto il corpo, colmandola di sollievo e permettendole di rilassarsi ancora una volta.
– Anche io sono sorpresa – ribatté, del tutto sincera – ..è un dono magnifico. Io non ho nulla per ricambiarlo.
– Non vi è nulla che io possa desiderare a questo mondo, a parte te al mio fianco – affermò il nano, senza alcun tentennamento, e Kat si sentì arrossire nuovamente sino alla punta dei capelli sotto l'intenso sguardo altrui, mentre il cuore tornava ad impennarlesi nel petto.
Una volta di più la giovane si chiese se davvero tutto quello fosse reale, se sarebbe stata realmente quella la sua vita da ora in avanti, e la risposta affermativa che le pervenne dal profondo della sua coscienza la colmò di una nuova ondata di pura gioia che non sfumò nemmeno quando il suo promesso sposo dovette congedarsi da lei per far ritorno ai suoi doveri di legittimo Sovrano di Erebor.
Poco dopo, quando gli altri membri della Compagnia tornarono a trovarla, la scoprirono addormentata con il cucciolo di lupo accoccolatole accanto ed un sereno sorriso a dipingerle le labbra, e quella visione li rincuorò ancor più di quanto avrebbero potuto fare le rassicurazioni di un guaritore.
Quella sera i tredici nani e lo hobbit banchettarono e cantarono, schiamazzando e ridendo più forte di qualunque altro nano dei Colli Ferrosi, festeggiando il ritorno alla vita della loro compagna d’avventure sino a notte fonda.