Fragilità
C'è
una strana
tenerezza nelle cose che Ivan non avrebbe creduto mai.
Per
Ivan le cose sono
solo cose. Non sa vederle in un altro modo. Consumista,
lo
accusa Max talvolta in tono canzonatorio, perché per lui una
cosa
vale l'altra e la si può sostituire o scambiare o buttare, o
anche
rompere, qualche volta, se si è molto distratti oppure molto
arrabbiati – Ivan ride di quell'accusa della sua grossa
risata da
pirata perché lui non si sente tale (a stento sa cosa vuol
dire), è
solo che non la vede come la vede lui. È diverso.
Non
se n'è accorto
subito. Conosce Max da quand'erano due ragazzi e lui era alto tanto
così (Max invece è rimasto alto tanto
così anche dopo). Max
all'epoca gli sembrava strano, naturalmente, ma strano in un modo
diverso da ora. Indossava degli orrendi pullover fuori moda troppo
larghi per lui, portava occhiali spessi come fondi di bicchieri da
whisky e parlava in tono saccente come un secchione del cazzo. Nerd,
gli urlavano addosso i ragazzi quando lo vedevano passare,
coi
suoi maglioni cascanti e il sedere piatto e asciutto nei pantaloni
della tuta; nerd, gli urlava Ivan ubriaco senza
sapere perché,
solo perché faceva ridere urlare nerd
dalla porta del pub
insieme a tutti gli altri; Max li ignorava ostentatamente come tutti
i secchioni, ma ogni tanto scoccava loro occhiate infocate che
dovevano attraversare tutto lo spessore delle sue enormi lenti per
raggiungerli. Nel tempo che quell'occhiata impiegava ad arrivare e
che Ivan impiegava a capire che l'avevano offeso, Max era
già
lontano.
Col
tempo Ivan ha
scoperto che i pullover erano della sua taglia, semplicemente Max ha
un corpo così sgraziato e rachitico che non gli sta bene
niente e
che tutto su di lui fa l'effetto di un sacco di tela addosso a uno
spaventapasseri; che è miope come una talpa, ma i suoi occhi
sono
troppo delicati per le lenti a contatto; e che non si dice secchione,
si dice intelligente. Tutto questo, ha concluso
Ivan dopo un
sacco di riflessioni, lo rendeva sfigato, ma non strano.
Poi
sono passati gli
anni, si sono persi, ritrovati, rincontrati, scontrati (molto), e
Ivan ha penetrato il velo di quella stranezza a poco a poco. Non l'ha
compreso subito. Max per lui era un genio ostile e petulante,
polemico e rancoroso, geniale quanto odioso, riservato quanto
maniacale. Aveva certe sue strane regole che Ivan ha dissacrato
coll'irriverenza di un miscredente: pretendeva lenzuola bianche, per
esempio, e Ivan per dispetto tappezzava il letto di tutti i colori a
lui noti, saccheggiava l'armadio di Ada, quando ancora abitava con
lei, per procurarsi improbabili lenzuola fantasia che combinava tra
loro mischiando le federe. Max s'infuriava e minacciava di andarsene,
e Ivan ridendo del proprio dispetto infantile gettava sul letto
trapunte su trapunte fino a coprire il pallore abbacinante delle
lenzuola e a placare la sua rabbia. Solo col passare degli anni Ivan
ha capito che quello non era un capriccio – Max aveva paura,
o
forse disgusto, di qualcosa che non sapeva spiegare né
raccontare.
Così lui ha rubato ad Ada le sue lenzuola bianche e se
l'è anche
portate via quando ha cambiato casa. (Ora che ci ripensa, forse
è
stato un po' stronzo.)
Cogli
anni ne sono
venute fuori altre. Max si atteggia a scienziato inflessibile e
intoccabile perché è troppo orgoglioso per
ammettere persino a se
stesso che in realtà ha paura. Di che cosa? Di tutto.
È un coacervo
di paura e angoscia che si nasconde astiosamente dietro lo schermo
del proprio orgoglio, ma che di tanto in tanto si lascia accarezzare
se lo si sa avvicinare, come un animale spaventato.
Non
gli piace buttar
via le cose. Non lo ha mai detto ad alta voce (è troppo
umiliante
per lui), ma di tutte le sue fissazioni questa è forse
l'unica che
non ha modo di nascondere. È dappertutto. Casa sua
è dannatamente
piena di roba – di libri, quaderni, appunti, sbobinature
dell'epoca
dell'università che fuoriescono dai cassetti, dalle scatole,
dagli
sportelli della cucina; ci sono libri sulle sedie, libri sulle
mensole, libri sul pavimento. Bisogna spostare una pila di vestiti
per sedersi sul divano e rovesciare da una parte Pokéball e
bollette
scadute per distendersi sul letto. Ci sono scatoloni nello studio che
probabilmente neppure Max sa che cosa contengano: Ivan li ha sempre
visti lì come le porte e il soffitto e le fondamenta della
casa e
probabilmente sopravvivranno anche a loro. Quando cerca qualcosa
nello studio, Max li sposta da una parte all'altra della stanza a
seconda di quello che deve fare, ma non lo sfiora neppure il pensiero
di svuotarli e riordinare. Quando gli scatoloni non sono di fronte
alla porta bloccandola e impedendogli di aprirla, Ivan di solito
finisce per inciamparci sopra e bestemmiare, e Max lo rimprovera
della sua disattenzione oppure gli chiede scusa, ma non fa niente per
spostarli. Perciò un giorno, dopo aver inciampato per
l'ennesima
volta nel medesimo scatolone pieno di polvere rischiando di
fratturarsi l'alluce, Ivan si è chinato bestemmiando e ha
gridato:
«Che ne dici se questa roba la buttiamo, eh, Maxie?»
«No»
ha risposto
Maxie impallidendo d'improvviso.
Ah,
invece sì,
avrebbe voluto rispondere Ivan rabbiosamente; ma per fortuna ha
sollevato lo sguardo appena in tempo. Max era pallido e sudato e lo
guardava con gli occhi enormi e spauriti carichi di supplica, e
lentamente Ivan ha ritirato le mani che gli pizzicavano per la
polvere e ha spinto via lo scatolone col piede. Pazienza,
ha
pensato quel giorno. Prima o poi si sentirà
pronto. Non
dev'essere per forza stasera. Quel prima o poi
ancora non
è arrivato, ma Ivan non ha ancora smesso di crederci. Ha
fiducia
nella sua forza.
(E
poi, che altro?) Ah
– ha paura dei bottoni. Questo, nella sua personale visione
del
mondo, è tipo l'apoteosi dello sfigato, perché
andiamo, si è mai
sentito di qualcuno che sia stato sbranato da un bottone?
Non
tutti i bottoni.
Quelli attaccati alle camicie non gli fanno troppa impressione, anche
se è per questo che ha sempre portato pullover, ma
è terrorizzato
da quelli che si staccano e cadono. Ivan ha riso tipo un sacco quando
l'ha scoperto. Max è rimasto ad ascoltare le sue risate a
labbra
strette per tipo quattro minuti, sforzandosi di non guardarlo. Ivan
lo ha preso in giro per tutta la sera, poi, quando Max s'è
addormentato tutto indispettito sul bordo del letto, dandogli le
spalle, si è alzato dal letto in silenzio e ha aperto
l'armadio.
Possiede perlopiù magliette e felpe con e senza cerniera
lampo, ma
ci sono anche camicie e giacche per le uscite fighe.
Era
da tipo un secolo
che non metteva a posto l'armadio. Ha buttato tutto per terra, poi ha
fatto due mucchi separati, uno un po' più grande dell'altro,
e ha
buttato nella spazzatura giacche e camicie e qualsiasi cosa
contenesse bottoni. Naturalmente avrebbe potuto tenerle da parte e
indossarle quando Max non c'è, ma il suo più
grande pregio è
sempre stato quello di riconoscere i propri limiti, e Ivan, quella
notte, sapeva di non essere abbastanza attento, o intelligente, o
sensibile da ricordarsene ogni volta che avrebbe dovuto vestirsi. Lo
sapeva già che se ne sarebbe dimenticato ogni volta, e non
per
cattiveria, ma solo perché era fatto così; e
siccome non voleva
sbagliare, questa era l'unica soluzione possibile.
Non
gliene ha mai
parlato. Max in quel momento dormiva, ancora arrabbiato con lui per
la sua mancanza di sensibilità, e Ivan non glielo
dirà mai. Certo,
se solo ci avesse prestato un po' di attenzione, probabilmente Max si
sarebbe accorto da solo che da quella sera lui non ha più
indossato
capi con bottoni – ma Max è troppo fragile e
troppo altero per
permettere a se stesso di prestarvi attenzione, forse perché
significherebbe provare vergogna o dover essergli grato della sua
compassione; e Ivan, che lo conosce bene, ride di lui a gran voce
perché vuole che Max sappia che non
c'è niente che non vada
in lui. Che con tutte le sue fobie e fissazioni, per lui non
sarà
mai strano – tutt'al più un
po' sfigato.
No?
|