interludio
Lo spogliatoio era deserto, ad
eccezione di Yūri Katsuki
e del suo coach Victor Nikiforov.
Mancavano pochi minuti all'inizio della
competizione, prima che l'altoparlante annunciasse la fase di
riscaldamento e invitasse tutti i pattinatori a presentarsi in pista.
Yūri
si era accomodato a terra, tra le gambe di Victor, il quale, seduto
su una panca, si stava apprestando ad acconciargli i capelli per
l'esibizione.
Era un rituale ormai consolidato e
quasi propiziatorio che i due replicavano prima di ogni gara: Yūri
si infilava gli auricolari e avviava il brano del suo programma
libero, chiudeva gli occhi e si lasciava inondare da quelle note
famigliari mentre Victor si occupava dei suoi capelli.
Faceva sì che la musica lo
attraversasse, che quell'armonia angelica circolasse in lui come il
sangue circola nelle vene. Che risuonasse al suo interno e divenisse
parte integrante di sé in modo da poterla restituire degnamente al
mondo durante l'esecuzione del programma. Quelle turbinanti sinfonie
avrebbero acquisito forma visibile nei suoi movimenti sul ghiaccio;
amplificate, sublimate dalla coreografia ideata da Victor. Il suo
corpo unito alla musica avrebbe raccontato una storia. La sua
storia, che adesso era anche la loro.
Yūri
reclinò la testa all'indietro e rabbrividì quando entrò in
contatto con le dita affusolate di Victor, impiastricciate di gel
freddo e profumato.
Inspirò quell'aroma muschiato che
tanto gli era divenuto caro negli ultimi tempi, fissato per sempre al
ricordo di quei momenti unici condivisi con il suo coach. Sospirò
godendo del tocco esperto e gentile con cui Victor gli passava il
pettine tra le ciocche corvine.
Era un prezioso istante di intimità
incastonato nella frenesia delle gare che apparteneva solo a loro;
una piccola, inestimabile coccola per entrambi. Li aiutava a
distendere i nervi e ad affrontare con serenità la lotta per il
podio.
Quando si ritenne abbastanza
soddisfatto del risultato, Victor mise da parte il pettine per
completare l'opera con le proprie mani, sostando molto più del
necessario con le dita candide affondate tra i capelli di Yūri
in un delizioso alternarsi di massaggi e soavi carezze che nulla o
quasi avevano a che vedere con la messa in piega.
A un tratto, Yūri
avvertì quei movimenti arrestarsi e i palmi freschi di Victor
discendere lentamente lungo le tempie fino ad avvolgergli il profilo
del viso. Non ebbe bisogno di aprire gli occhi per intuire il suo
coach inclinarsi in avanti e sentire il morbido tepore delle sue
labbra sulle proprie. Sollevò una mano e cercò il volto di Victor,
accarezzandolo con dolcezza e ricambiando il bacio.
La bocca di seta del russo lasciò la
sua prima di quanto sperasse, e Yūri
abbandonò il capo contro il suo ginocchio, cingendogli la gamba con
un braccio. Victor gli regalò un'ultima tenera carezza prima che la
voce dello speaker richiamasse atleti e allenatori ai loro posti.
Il russo si alzò e gli tese la mano
indirizzandogli un sorriso irresistibile. - È ora di andare. -
Yūri
si levò in piedi e annuì con limpida determinazione. - Andiamo,
allora. -
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