Con
passo rapido, nervoso, Vulcano Rosso percorreva il lungomare.
Di
tanto in tanto, si fermava, si stringeva il mantello attorno al
corpo, poi lasciava vagare il suo sguardo sul paesaggio.
Nel
cielo, libero da nubi, simile ad una lastra di turchese, brillava un
sole piuttosto caldo e i suoi raggi sfioravano il mare, sciogliendovi
deboli riflessi dorati.
Sorrise,
compiaciuto. Il tempo era stato assai clemente, malgrado fossero in
pieno febbraio.
Il
lungomare, in quel momento, risplendeva d’una luce quasi
primaverile.
Spero
di non combinare guai., pensò.
Aveva scelto uno sfondo splendido, ma non era tranquillo.
Temeva
di rovinare la sua dichiarazione con qualche dichiarazione insensata.
Ed
ella, Flora Gentile, non amava la spacconeria fine a se stessa.
Il
suo senso di giustizia era sconfinato e non avrebbe mai accettato la
sua militanza in quella setta.
E
non poteva condannare le sue opinioni.
Si
rigirò il pacchetto che aveva tra le mani. Quella giovane
artista, conosciuta nel suo ultimo viaggio a Parigi, era ormai per
lui la sua dea.
Di
lei, ammirava la bellezza mediterranea, che si univa ad una
intelligenza vivace e ad una volontà ferrea.
Non
si era arresa ad una esistenza sventurata, priva dell’amore di
una famiglia.
Accennò
ad un sorriso. Per lei, aveva abbandonato l’Organizzazione.
E
non si pentiva della sua scelta.
A
lei avrebbe offerto il mondo, se ella glielo avesse domandato.
Un
debole rumore di passi interruppe i suoi pensieri e il giovane si
girò.
I
suoi occhi si posarono sulla figura snella di Flora, avvolta in un
ampio cappotto di lana blu scuro, con guanti di cachemire neri.
Le
sue gambe sottili calzavano degli stivali neri, dal tacco alto, e,
sulla spalla, aveva una borsa a tracolla nera, adorna di fregi
metallici argentei.
I
lunghi capelli neri, raccolti in una coda, ondeggiavano ad ogni suo
passo e al suo collo era appeso un ciondolo d’argento,
terminante in un cristallo d’ametista, tagliato a cuore.
Spero
che le piaccia il mio regalo., pensò,
preoccupato. E se avesse disprezzato il suo dono?
Malgrado
il suo amore per i capi di buona qualità, Flora non amava i
regali troppo costosi.
La
sua felicità era in una serata a teatro, immersa nella musica
di Donizetti e Rossini.
Si
scosse e le si avvicinò, un sorriso sulle labbra. No, non
poteva lasciarsi dominare dalla preoccupazione.
Flora
non era stupida e avrebbe compreso la limpidezza delle sue
intenzioni.
– Teodoro,
che cosa c’è? Perché mi hai portata qui? –
chiese ella, curiosa. Era tornata nella sua città natia, dopo
anni trascorsi tra Barcellona, Parigi e Milano, e aveva rivisto
quell’eccentrico compaesano.
Il
loro legame, che sembrava destinato a rompersi con la sua partenza,
si era ricostruito e rafforzato.
Il
combattente sospirò, poi i suoi occhi, scintillanti
d’emozione, si fissarono in quelli di lei. Sì,
finalmente poteva dichiararle il suo amore.
– Da
quando ti ho conosciuta… Sono stato catturato dalla tua arte.
Nei tuoi quadri, vi è il riflesso dell’armonia
rinascimentale. Col tuo pennello, catturi quella suprema bellezza. –
cominciò il combattente, serio. Tante volte aveva preparato il
suo discorso, ma, in quel momento, le parole svanivano e mutavano,
come i riflessi della luce sull’acqua.
La
ragazza sussultò, stupita. Teodoro non le stava dicendo nulla
di nuovo, eppure il suo tono basso, roco, vibrava d’una
emozione a stento frenata.
E
non poteva non negare di avvertire una debole, flebile speranza
sorgere in lei.
– Ma
non è solo la tua arte a piacermi. Tanto più ti
conosco, quanto più desidero che tu faccia parte della mia
vita, o dea. – proseguì lui.
Prese
il pacchetto e, trattenendo a stento il tremito delle mani, lo aprì.
Su
un cuscino di seta bianca, era poggiato un anello d’oro,
sormontato da una rosa dai petali di corallo vermiglio, cosparsi di
piccoli diamanti tagliati a brillante.
La
giovane, sorpresa, ora guardò Teodoro, ora fissò
l’anello. Il suo amico non lasciava nulla di intentato.
Quell’anello,
così inconsueto, era stato scelto per una ragione.
– Teodoro,
tu… – chiese, la voce spezzata e gli occhi lucidi di
gioia. Era stata una sorpresa meravigliosa per lei.
Il
suo sentimento era corrisposto e cessava di essere un sogno
adolescenziale.
– Puoi
darmi la tua mano? – chiese il giovane, gentile.
La
giovane gli porse la mano sinistra ed egli, con un gesto fluido, le
infilò l’anello al dito anulare della mano sinistra.
Per
alcuni istanti, Flora si guardò la mano e fissò il
monile. Era meraviglioso.
Teodoro
aveva saputo capire il suo amore per gli oggetti d’artigianato.
Oltre
la sua maschera eccentrica, palpitava un animo ardente, seppur dolce.
– Grazie…
E’ un regalo magnifico. – disse ella, il volto raggiante
di felicità. La sua fama d’artista si stava espandendo
e, a questa, si aggiungeva l’amore.
Non
poteva sentirsi più felice e appagata.
Egli
le cinse la vita con un braccio e la attirò contro il suo
petto. Finalmente, poteva sentire contro la sua pelle la sua
fragranza di frangipani.
Flora
si appoggiò con la testa sul petto di lui e chiuse gli occhi,
mentre le mani di Teodoro si immergevano nei suoi capelli.
– Per
te, questo e altro. Ti darei il mondo, se tu me lo chiedessi, mia
splendida dea. –
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