Country Boy

di dracosapple
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Premessa dell'autrice: salve a tutti! Premetto che sono anni che non pubblico qualcosa qui, ma qualche giorno fa ho sentito la canzone Thank God I'm A Country Boy di John Denver e ho avuto l'ispirazione per questa storia, non chidetemi come (che prende il titolo dalla canzone citata). E' la mia primissima Destiel ma visto che sono in pieno rewatch di Supernatural non potevo farne a meno, quindi siate clementi con me vi prego ahahaha. Spero di non andare troppo OOC e di non modificare il rating, nel dubbio vi avviserò prima di ogni capitolo! Spero vi piaccia e nulla, se vi va lasciate una recensione. 
Un bacio
Maggie


Capitolo 1: Simple Man1
Lawrence, Kansas, 26 agosto 1988

L’estate stava volgendo al termine, le giornate si erano fatte via via più corte e il sole, basso sulla collina, gettava una morbida luce dorata sulla distesa d’erba verde che si spianava davanti al ragazzo in blue jeans, seduto sul cofano della vecchia Chevrolet Impala. Dean rivolse gli occhi, verdi come quell’immenso prato che aveva di fronte, alla fattoria che si scorgeva in lontananza.
Dall’interno dell’auto venne un’imprecazione e poi la portiera del lato passeggero sbatté violentemente facendo uscire un altro ragazzo che si stava sistemando la cintura dei pantaloni.
-Credo che tu debba deciderti a cambiare auto, questi sedili sono scomodi da morire- disse il ragazzo appena uscito passandosi una mano tra i capelli ondulati e prendendo una bottiglia di birra da terra.
-Non osare parlare così davanti a Baby- replicò Dean puntando contro l’altro la sua birra.
-È un’auto Dean. Ed è vecchia. È vecchia quasi quanto te-
Dean sbuffò e guardò il giovane uomo che si era posizionato di fianco a lui sul cofano dell’auto. Aveva i capelli castani portati alle spalle e perennemente legati in un codino disordinato, grandi occhi chiari e si chiamava Chris Collins. Ah e lo facevano in macchina da un paio di mesi, ma quello era un altro paio di maniche.
Quando Dean Winchester, venticinque anni passati nelle campagne appena fuori Lawrence e capelli biondo sabbia si era reso conto alla tenera età di diciassette anni di provare attrazione per i ragazzi si era sentito morire. Per lui e per la maggior parte di quelli come lui, nati e cresciuti nelle campagne del Kansas, certe cose erano pura fantascienza, poi se i tuoi genitori organizzano la grigliata della domenica assieme al reverendo beh…se nella testa di Dean era passato anche per un solo secondo l’idea di dirlo a John e Mary Winchester quella stessa idea si era volatilizzata in altrettanto breve tempo, soprattutto dopo i delicatissimi commenti di suo padre dopo aver visto alla tv “quei finocchi” scesi nelle strade di New York a manifestare durante il Pride.
E così aveva cercato di reprimere la cosa, c’era riuscito (e anche bene) per un po’ di anni, poi all’inizio dell’estate aveva incontrato Chris e le cose avevano preso un’altra piega. Lui sapeva di stare sbagliando, era tutta la vita che si sentiva dire che quelli così sono sbagliati, malati, pervertiti, ma non riusciva più a trattenersi. Così aveva cercato di mettersi l’anima in pace e dicendo a sé stesso che finché fosse riuscito a tenere il tutto ben nascosto sarebbe andata bene così. A Dean andava bene la sua vita da ragazzo di campagna, gli piaceva più o meno e non aveva intenzione di buttarla all’aria per Chris Collins.
Non che fosse innamorato di lui, diciamo che gli era debitore. Chris aveva molta più esperienza di lui in quel campo, nonostante fosse più piccolo, e gli aveva insegnato un paio di trucchetti niente male. Dean non era molto navigato a parte qualche bacio rubato negli spogliatoi del liceo, seguiti da minacce se qualcuno lo fosse venuto a sapere, e rapporti fugaci in luoghi sempre appartati.
Tra loro due le cose non erano state graduali, si erano semplicemente incontrati in un vicolo dietro un bar di Lawrence (e solo dopo Dean aveva scoperto che quello era un bar gay) ed era successo. Fine.
Non stavano insieme, non si frequentavano né altro, lo facevano e basta nei ritagli di tempo in cui Dean riusciva a sfuggire ai massacranti compiti che gli affibbiava suo padre alla fattoria. Capiva benissimo perché il suo fratellino minore avesse colto la palla al balzo per andarsene non appena finito il liceo e aver vinto una borsa di studio per il college a New York. Ma Dean non era Sam, odiava stare ore sui libri cercando di ficcarsi in testa cose che non gli interessavano e che trovava totalmente inutili, e così era rimasto nella fattoria di famiglia ad aiutare i suoi a raccogliere il granturco e a mungere le mucche.
Non che gli dispiacesse la sua vita, anzi, trovava confortante avere una routine da seguire, alla fine non si sentiva ancora pronto per buttarsi nel caos della città, gli andava bene così: svegliarsi la mattina presto, aiutare suo padre nei campi, scendere ogni tanto in città con sua madre per vendere un po’ dei loro prodotti. Alla fine non era così male, gli mancava solo Sammy, ma era certo che prima o poi sarebbe riuscito ad andare a trovarlo senza dover aspettare l’estate, solo che un biglietto per New York era dannatamente caro. Gli era balenata l’idea di andarci in auto, lui e Baby “on the road”, ma di certo la benzina e i motel non erano gratis e, per quanto Dean si spaccasse la schiena, non riusciva mai a racimolare abbastanza e i pochi soldi che aveva venivano quasi tutti usati per Sam.
-Sei più pensieroso del solito, che succede?-
La voce di Chris lo distrasse dal fluire incontrollato dei suoi pensieri.
-Sammy è ripartito ieri mattina- rispose semplicemente. –Dai, ti accompagno a casa, sta diventando tardi e mio padre mi ucciderà se non torno per cena- aggiunse poi finendo l’ultimo sorso di birra e rimettendosi al volante.
Chris sbuffò, non poteva credere che quello a venticinque anni compiuti venisse ancora tenuto sotto controllo come se fosse un marmocchio del liceo. Ma Chris non poteva sapere di quanto John potesse essere opprimente con lui e Dean di certo non andava a spiattellargli la sua vita privata.
Spesso si domandava come avrebbe potuto reagire la sua famiglia se avessero scoperto quella cosa, probabilmente Dean si sarebbe ritrovato un occhio nero e qualche costola spaccata, se non peggio. Forse solo Sammy avrebbe continuato a volergli bene, ma non voleva rischiare, quindi si era tenuto tutto dentro e aveva tirato su una bella facciata da “sciupafemmine” come diceva sua madre Mary.
L’aveva fatto per troppi anni, reprimendo i suoi istinti. Aveva scelto ragazze a caso, forzandosi fino allo stremo, e le aveva sedotte e abbandonate, conquistandosi una discreta fama di stronzo. Poi quella stramaledettissima sera di giugno aveva incontrato Chris e qualcosa si era risvegliato in lui.
-Ma i tuoi lo sanno?- domandò all’improvviso, rompendo il silenzio che si era creato all’interno dell’abitacolo.
-Sanno cosa?- chiese Chris scrutando il profilo perfetto dell’altro. La luce morente del sole rendeva gli occhi di Dean ancora più verdi, i suoi capelli corti ancora più dorati e le lentiggini sul suo viso ancora più adorabili.
-Che ti candidi alle prossime presidenziali- rispose il biondo sarcastico mentre roteava gli occhi. –Che ti piacciono gli uomini, idiota- aggiunse.
-No- replicò seccamente Chris. –E i tuoi?-
-Non sono affari tuoi Chris-
-Immaginavo-
Chris sospirò mentre Dean accostava per farlo scendere dall’auto non appena arrivarono all’inizio della città.
-Uhm…allora ciao- bofonchiò il maggiore battendo nervosamente la mano contro il volante e guardandosi intorno.
-Rilassati tigre, non c’è nessuno. E poi sono semplicemente un tuo amico con cui sei andato a bere una birra, non c’è motivo di preoccuparsi. Comunque, domani sera sono a una festa a casa di Anna Milton ma per le undici dovrei riuscire a liberarmi se ti va-
-Uh…sì okay. È quella che abita sulla Westdale no?-
-Sì, sta al civico ventisei. Come fai a conoscerla?-
-Okay allora. Dirò a mio padre che esco con Benny e a Benny che esco con una ragazza- rispose glissando sul fatto che conosceva Anna Milton perché apparteneva a quelle ragazze che avevano fondato il club “Odio Dean Winchester” quando lui l’aveva scaricata dopo una settimana.
-Wow, mi sembra un piano geniale-
-Fottiti-
-Ci pensi tu a quello- concluse Chris, poi si allontanò dall’Impala facendo ciao con la mano.
Dean alzò gli occhi al cielo, poi accese l’autoradio e infilò una cassetta dei Led Zeppelin. La voce di Robert Plant si diffuse nell’abitacolo cantando Immigrant Song mentre Dean accelerava per arrivare a casa il prima possibile. Le case lasciarono presto il posto a campi di girasoli e lunghe distese verdi, il cielo continuava ad imbrunire e la luna stava facendo capolino dietro alle rade nuvole violette.
Finalmente il ragazzo imboccò la stradina sterrata che portava a casa Winchester e spense il motore dell’auto. Ormai il cielo stava diventando sempre più scuro e qualche stella iniziava a spuntare.
Dean aprì la portiera e percorse i pochi metri che lo separavano dalla porta della grande casa bianca dove viveva.
-Sono tornato- annunciò chiudendo l’uscio dietro di sé e sentendo nell’aria odore di roast beef.
-Era ora!- commentò la voce di John Winchester dalla sala da pranzo- Sbrigati, tua madre ha già messo in tavola la cena e non voglio mangiarla fredda-
-Ciao tesoro- lo salutò invece Mary avvolgendolo in un abbraccio e sorridendogli con quei suoi occhi buoni e così simili ai propri.
Da che Dean aveva memoria Mary profumava di crostata, forse perché la donna non mancava mai di cucinarne una, che veniva lasciata a raffreddare sulla finestra in attesa di essere mangiata per cena.
Si ricordava benissimo di quando lui e Sammy erano bambini e ogni volta cercavano di arrampicarsi sul davanzale per prenderne un pezzo, venendo puntualmente intercettati dalla loro mamma che li distraeva con un succo o un altro dolcetto. La crostata doveva aspettare la cena, perché così voleva John Winchester e in quella casa qualunque fosse la volontà di John Winchester andava rispettata.
John non era proprio un padre modello, non lo era mai stato. O meglio, a giorni alterni non era neppure male, faceva anche della battute che sfioravano il divertente, ma per il resto del tempo Dean cercava di stargli alla larga il più possibile, specialmente se suo padre ci aveva dato dentro con il whiskey, nonostante lavorassero spalla a spalla. Suo padre non approvava il fatto che a venticinque anni non fosse ancora sposato, che continuasse a passare da una ragazza all’altra e soprattutto, secondo John, Dean nascondeva qualcosa.
Non che il vecchio Winchester fosse completamenti in errore. Per questo gli stava sempre col fiato sul collo, cercando di coglierlo con le mani nel sacco. Dean non sapeva esattamente cosa suo padre sospettasse ma sapeva che quell’uomo cercava degli indizi ogni volta che lo scrutava.
Aveva provato anche lui ad andarsene di casa, trovarsi un lavoro a Lawrence, ma la verità è che non riusciva a distaccarsi, per quanto a volte credeva di essere arrivato allo stremo dava sempre una possibilità alla sua famiglia. Era stato sul punto di scappare quando Sam era andato a New York ma poi aveva guardato la fattoria, i campi di granturco, sua madre…e non ce l’aveva fatta.
Cenò in silenzio, assorto nei suoi pensieri, sotto lo sguardo vigile del padre che come sempre cercava qualcosa che non andasse nel suo figlio maggiore.
-Che ti succede tesoro? Stai bene?- chiese Mary dolcemente.
-Sì mamma, lo sai che quando Sam riparte mi sento sempre un po’ giù, non è niente- rispose giocherellando con le foglie d’insalata che aveva nel piatto.
-Domani sera siamo stati invitati dai Braeden per cena, ci saranno anche i Kline e il reverendo Jackson- s’intromise John.
Dean trattenne un gemito. Una delle poche cose che detestava della sua vita in campagna erano quelle dannate “riunioni”, la sua famiglia e altre due o tre di quelle famiglie che vivevano sparpagliate nelle campagne appena fuori Lawrence che si riunivano per cena finché gli uomini non crollavano per il troppo alcol e le mogli si guardavano imbarazzate e chiedevano scusa al reverendo.
E poi di solito gli unici sotto i cinquant’anni erano lui, Lisa Braeden e quel moccioso di Jack Kline che a dir la verità non era nemmeno troppo male, alla fine a Dean piacevano i bambini ed era bravo con loro, e soprattutto occuparsi di Jack Kline mentre suo padre si sbronzava era un ottimo modo per evitare le occhiate languide di Lisa.
Inizialmente non gli dava così fastidio che lei lo guardasse in quel modo, anche quando aveva capito che non avrebbe potuto esserci nulla tra loro due, ma poi John Winchester si era messo in testa che Lisa sarebbe stata perfetta per lui e ogni occasione era buona per cercare di farli interagire. A volte Dean si sentiva come quelle povere bambine indiane a cui combinavano i matrimoni.
-Papà domani sera avrei un altro impegno…-tentò di dire ma John lo fulminò con un’occhiata.
-Un impegno con un’altra ragazza? Una nuova? L’ennesima?-
-Beh io…-
-Cristo santo Dean, mi chiedo dove abbiamo sbagliato con te. Alla tua età io e tua madre eravamo già sposati da due anni e avevamo comprato questa casa perché Mary era già incinta-
-Papà sono passati secoli, le cose cambiano-
-Non parlarmi in questo modo. Tu domani sera verrai senza storie-
-Ho venticinque anni non puoi obbligarmi-
-Finché vivrai sotto questo tetto tu farai quello che dico io. Altrimenti puoi prendere la tua roba e andartene, sai dov’è la porta-
Il ragazzo strinse il bordo del tavolo finché le nocche non gli diventarono bianche e fece un profondo respiro guardando la faccia rassegnata di sua madre.
Quelle discussioni erano all’ordine del giorno e suo padre sapeva bene dove andare a parare per ferirlo. Dean non poteva andarsene, non voleva andarsene. In un qualche strano modo si sentiva perennemente in debito coi suoi genitori e credeva che aiutandoli alla fattoria li avrebbe in qualche modo ripagati. E John lo sapeva. D’altronde era stato lui a inculcargli in testa quanto fosse di vitale importanza la tradizione famigliare, infatti, non aveva mai perdonato del tutto a Sam il fatto di essersene andato. Aveva abbandonato la famiglia. I due non si parlavano quasi più, la telefonata settimanale di Sam era rivolta quasi esclusivamente a Dean e Mary e le sue visite durante le vacanze erano l’unico momento in cui i due avevano una vaga interazione.
Dean ricordava benissimo il giorno in cui Sam aveva ricevuto la lettera dalla Columbia. Ricordava ogni singolo particolare di quel giorno, Sam aveva appena finito il liceo, diplomandosi col massimo dei voti e quella mattina il sole illuminava la cucina di casa Winchester di una luce calda e accogliente.
Ricordava come il suo fratellino minore si era precipitato alla porta appena aveva sentito suonare il campanello, la gioia sul suo viso quando aveva letto la lettera di accettazione. Non solo l’avevano accettato ma aveva anche vinto una borsa di studio per merito.
E poi aveva visto la gioia di Sam diventare orrore quando John aveva ricevuto la notizia. Aveva visto piatti e bicchieri volare ovunque, le urla dei suoi genitori raggiungere decibel che non avrebbe mai creduto possibili, lui che cercava di proteggere Sam prendendosi gli schiaffi di suo padre.
Ma quella era stata anche l’unica volta in cui Mary Winchester si era impuntata. E l’aveva fatto dannatamente bene. Per giorni si era chiusa in un silenzio di tomba, rivolgendo al marito occhiate ostili, quando lui l’aveva colpita perché aveva smesso di cucinare lei non aveva emesso nemmeno un gemito. E così John Winchester aveva fatto le valigie di Sam e gli aveva messo in mano un biglietto di sola andata per New York e Dean ricordava benissimo la schiena di suo fratello che si allontanava.
Da quel momento le interazioni fra i due si erano ridotte all’osso, Sam non aveva telefonato a casa per giorni, non era tornato per il Ringraziamento e quando finalmente Dean aveva rivisto suo fratello per Natale le cose non erano cambiate molto.
Quando il minore dei Winchester era ritornato a dicembre aveva aperto bocca solo per informare il padre che non serviva più mandargli i soldi, aveva trovato un lavoro e poteva mantenersi, il resto del tempo l’aveva passato con Dean al quale aveva confessato che il suo stipendio bastava giusto per non farlo morire di fame. Per questo Dean non aveva mai un soldo, tutto ciò che riusciva a guadagnare veniva spedito a Sammy.
All’inizio Dean l’aveva pensata come suo padre, per la prima settimana almeno, ma poi aveva capito la scelta del fratello, era riuscito a rintracciare il numero di telefono del campus, aveva chiesto di lui e si erano riappacificati e adesso attendeva la sua telefonata settimanale come l’arrivo del Messia. E lo invidiava.
Sam se n’era andato a New York, lui non era mai uscito da Lawrence e per quanto cercasse di ignorare la cosa uno dei motivi per cui non se n’era mai andato era proprio John Winchester. Nonostante lo opprimesse e lo trattasse ancora come un ragazzino Dean non riusciva ad odiarlo e soprattutto non voleva deluderlo, perché checché suo padre ne dicesse la scelta di Sam l’aveva deluso e non era ancora riuscito a perdonarlo, vedeva bene come lo guardava quando Sammy tornava a casa per le vacanze, con quello sguardo colmo di disapprovazione e delusione. E Dean non voleva essere guardato così, fin da quando era bambino e suo padre era il suo eroe aveva cercato di renderlo fiero in ogni modo possibile e anche adesso che sapeva benissimo che le cose erano cambiate, l’idea di deluderlo non lo faceva stare affatto bene.
Si alzò facendo strusciare rumorosamente la sedia sul pavimento e salì al piano di sopra nella sua stanza, ignorando i richiami dei suoi genitori, richiami che sfociarono ben presto in una litigata.
Arrivato nella sua stanza gettò un’occhiata triste al letto vuoto di Sam e poi si diresse verso lo scaffale dove teneva i suoi vinili, pensando che avrebbe dovuto trovare un modo per avvisare Chris che domani sera non si sarebbero visti.
Non si telefonavano, quella era la regola. Non si poteva sapere chi avrebbe risposto al telefono e se uno dei due sarebbe stato in grado di inventarsi una scusa, quindi decidevano volta per volta gli appuntamenti. Fece scorrere il dito sulle copertine dei vinili, evitando accuratamente quella roba country che ogni tanto ascoltava suo fratello (-va bene che veniamo dalla campagna ma non dobbiamo essere dei cliché viventi- aveva detto a Sam più di una volta), finché non decise che i Lynyrd Skynyrd andavano bene.
Posizionò il vinile sul giradischi e lo fece partire. Gli piaceva un sacco ascoltare la musica su quel vecchio giradischi, era uno dei pochi regali belli che gli aveva fatto suo padre, che conosceva la sua passione per il rock classico e insieme a quello gli aveva anche regalato il suo primo disco dei Led Zeppelin.
Si stese sul letto e chiuse gli occhi mentre partiva la canzone.
 
“Mama told me when I was young
Come sit beside me my only son
And listen closely to what I say
And if you do this it’ll help you
Some sunny day oh yeah”2
 
Pensò all’estate che stava finendo, ai campi di girasoli, a lui da bambino e a Mary che gli raccontava una favola sotto la veranda della loro grande casa bianca mentre John tornava dai campi sorridendo.
Non ricordava esattamente quando le cose erano cambiate con suo padre, quando John aveva smesso di essere il suo eroe.
Probabilmente quando si era reso conto che tutte quelle bottiglie di whiskey in casa finivano un po’ troppo presto e sua madre a volte si metteva un po’ troppo fondotinta. O forse quando aveva sentito i suoi genitori gridare così forte per un qualcosa che Sam aveva fatto e lui adesso neppure ricordava, probabilmente una stupidaggine fatta da un ragazzino di quattordici anni, e John aveva cercato di fargli capire che quello che aveva fatto era sbagliato e Dean si era messo in mezzo. Era stata la prima volta che lui e suo padre avevano fatto a botte.
 
“Oh take your time, don’t live too fast
Troubles will come and they will pass”
 
Gli venne in mente il liceo, quando era entrato nella squadra di football per rendere fiero suo padre e aveva capito che in lui c’era qualcosa che non andava perché negli spogliatoi si soffermava sempre un po’ troppo sulla schiena di Lee Grayson. Quando aveva capito che cosa gli stava succedendo si era sentito impazzire, con chi avrebbe potuto parlarne?
Così aveva fatto quello che faceva sempre, si era arrangiato alla meno peggio per capire cos’era, cosa voleva. Finché lo stesso Lee Grayson l’aveva baciato nello spogliatoio dopo un allenamento. Dean l’aveva minacciato di spaccargli ogni osso del corpo se l’avesse detto in giro, ma non ce n’era bisogno, lo stesso Lee non voleva di certo che la cosa si sapesse.
E così era cominciato tutto, nascondersi, reprimersi, portarsi a letto più ragazze possibili per non dare nell’occhio e non rovinarsi la vita, quella vita a cui era affezionato e che ancora non era pronto a vedere cambiare.
 
“Go find a woman yeah and you’ll find love
And don’t forget son there is someone up above”
 
Si alzò dal letto e spense la canzone.


1Titolo preso dalla canzone Simple Man dei Lynyrd Skynyrd
2Simple Man, Lynyrd Skynyrd



 




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