Mars

di Baudelaire
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Perseverance.
Come quel che mi hanno sempre insegnato. Insisti, persisti, sii forte, non mollare. Fin quando, esausta e stremata, le forze mi hanno abbandonata.
Ingenuity.
Come quel che sono sempre stata. Illusa che la sincerità potesse essere la salvezza.
Illusa.
Illusa che la giustizia regnasse sull’effimero mondo umano.
 
Meglio ampliare l’orizzonte, volgere lo sguardo verso nuovi mondi, inesplorati, solitari, ma più vivi di noi, più vivi che mai, pregni di suoni sconosciuti ad orecchio umano, ma dolci come nettare divino.
 
Il cielo trapuntato di stelle mi parla. Basta alzare gli occhi e la pena si fa lieve. Se l’occhio persiste nella sua ricerca dell’infinito, il dolore quasi si azzera.
Quasi.
 
Ma oggi è il grande giorno.
Il giorno del trionfo.
Lo sarà.
Ogni dannata volta in cui un pezzo di uomo tocca il suolo di un altro pianeta, il mio cuore si fa miele.
Potenza dell’uomo: distruttrice o creatrice.
Distrugge la Terra, ma si posa lieve e soave su suoli inesplorati, con la delicatezza che non ha per il mondo che lo sostiene.
Beffardo e codardo. Uccidi te stesso, e mostri all’Infinito quel che non sei.
Abile e astuto. La forza della tua mente è laggiù, vicinissima al Rosso Pianeta che vorresti fare tuo.
 
Lo farai.
Ma non vivrò abbastanza per assistere al miracolo.
 
Siederò comoda su poltroncine bianche di velluto, adagiate su nuvole di panna e mi godrò lo spettacolo.
Se andrà male, nuda e piangente, rivoli di sudore sulla pelle arrossata, volgerò lo sguardo al cielo dalle fiamme dell’Inferno, diavoli impazziti che frusteranno le mie membra sfinite.
E tra lacrime brucianti vedrò te, Uomo sublime, giungere su terreni vergini, rossi come l’aria che starò respirando.
 
Redenzione o peccato eterno?
Lo ignoro.
 
Ma intanto, stanotte, su vecchie poltrone adagiate su suolo duro come pietra, mi godrò lo spettacolo, ché, come cantava qualcuno, chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza.




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