La
luce del sole meridiano
si incunea da una finestra
semi – aperta e illumina l’ambiente di caldi riflessi
aranciati.
Si
posa sul pavimento ligneo, si adagia sulle pareti di pietra, mentre
un debole vento increspa le tende e riempie l’aria di esili
fruscii.
Seduto
su una sedia, rifletto e, di tanto in tanto, mi passo le mani tra i
capelli. Quest’attesa è snervante.
Mi
sento un leone chiuso in una gabbia, senza potere fare nulla.
Un
debole gemito, proveniente dal letto a poca distanza da me, attira la
mia attenzione e io mi giro.
Belmond
ivi giace disteso, semi incosciente, il corpo irrigidito in uno
spasmo di dolore e il volto teso nello sforzo di non urlare.
Sospiro,
frustrato. Alcune creature della notte hanno attaccato un villaggio e
ci hanno costretto al combattimento.
E
lui, pur di difendere un padre e sua figlia, è stato colpito
al petto dall’artiglio velenoso di una viverna.
Accenno
ad una risata. Ha cercato di farci intendere che nulla fosse
accaduto, ma non ci è riuscito.
Poco
dopo, si è accasciato a terra, straziato dal dolore.
Quando
l’ho sostenuto, si è morso le labbra.
Per
fortuna, un locandiere intelligente ci ha ospitati.
In
quello stato, Belmond non avrebbe potuto riposare sotto le stelle.
Siamo
riusciti a portarlo in una camera della locanda e a distenderlo sul
letto.
Ha
cercato di controllare la sofferenza, ma non ci è riuscito e
ho dovuto tenerlo fermo per le braccia, mentre Sypha gli ha aperto il
giustacuore.
L’artiglio
di viverna si è piantato nel suo petto, a poca distanza dal
suo cuore, mentre un veleno potente ha cominciato a circolare nel suo
corpo.
Ho
pensato di strapparlo dal suo corpo con un unico atto deciso, ma
Sypha mi ha fermato.
Mi
ha ricordato che un simile atto gli avrebbe causato un’emorragia
mortale e non avrebbe rallentato la diffusione del veleno.
Poi,
è uscita ed è andata a cercare le erbe adatte alla
situazione e io sono rimasto qui, per difenderlo in caso di attacco.
In
queste condizioni, è molto vulnerabile.
Lo
osservo meglio. I suoi occhi si sono aperti e, vitrei, sembrano
fissare qualcosa che vede solo lui.
Quasi
non si accorge della mia presenza.
– Sypha,
sbrigati… – ringhio. Belmond è estremamente
resistente, ma il veleno della viverna lo sta uccidendo.
Ed
è seccante vederlo in uno stato simile.
Preferisco
litigare e azzuffarmi con lui che vederlo combattere con simili
dolori.
Ad
un tratto, le sue labbra, livide di dolore, si muovono, quasi
vogliano dire qualcosa.
Per
alcuni istanti, non riesce a dire nulla.
Alzo
un sopracciglio, perplesso. Che cosa sta vedendo?
Sembra…
spaventato.
Ma
cosa può innescare in lui una simile emozione?
– No…
No… Siamo innocenti… Non abbiamo fatto nulla… –
sussurra e la sua voce vibra di disperazione.
Il
suo volto è pallido e i suoi occhi cerulei sono vitrei e colmi
di lacrime in procinto di tracimare sulle sue guance.
Capisco
ora e il mio sguardo si incupisce. Sta rivivendo l’incubo della
distruzione della sua famiglia a causa della stupidità della
Chiesa cattolica.
La
sua mente, indebolita dal dolore, non riesce a reagire a quei ricordi
terribili.
Quelle
memorie crudeli sono emerse dall’oscurità dell’oblio
e lo hanno condannato a rivivere quella giornata orrorifica.
In
questo momento, riesco a vedere oltre la sua maschera cinica e vedo
un uomo triste, condannato alla solitudine in tenera età, a
causa della stupidità degli ecclesiastici.
I
preti, con le loro menzogne, hanno saputo manipolare la mente dei
semplici e lui è stato discriminato, a causa del suo nome.
Ringhio.
Forse, in questo noi siamo simili.
Anche
io, a causa delle stupidaggini ecclesiastiche, ho perduto la mia
adorata madre.
Lei
bramava lenire le sofferenze dei malati e il suo spirito caritatevole
è stato premiato col rogo.
E
mio padre sta cercando lo sterminio degli umani, in nome di un
distorto senso di giustizia.
Incurante,
vuole infliggere loro la stessa, orribile pena patita da lei.
Entrambi
siamo stati colpiti dagli uomini, che pure cerchiamo di difendere,
seppur in modo diverso.
Stanco,
mi passo una mano tra i capelli. Perché dobbiamo combattere
per creature simili, ingrate ed egocentriche?
Allontano
la domanda dalla mia mente e appoggio le mani sulle spalle di
Belmond.
Per
alcuni istanti, si agita, come colto da un accesso di epilessia, ma
io non abbandono la presa.
Voglio
fargli sentire la mia presenza e calmarlo.
Non
merita di patire di nuovo il dolore di una infanzia distrutta.
Perfino
io, che pure ho assistito alla disgregazione della mia famiglia, sono
stato cullato dall’affetto e dall’amore dei miei
genitori.
Lui
ha conosciuto la solitudine e il gelo, quando un bambino deve
conoscere la gioia e il calore di una casa.
–
Tranquillo.
– dico, pacato. Cerco di controllare le mie emozioni e di
trasmettergli la mia calma.
Ha
bisogno di sentire quiete attorno a sé.
E,
per fortuna, il mio metodo funzione.
Qualche
istante dopo, il suo corpo si rilassa e lui si addormenta.
|