Il Re della
Scacchiera
Accomodato su una
poltrona di velluto, il conte studiava assorto la scacchiera,
riflettendo sulla mossa successiva.
Infine piegò il busto in avanti e spostò uno dei
cavalli a divorare senza pietà l’alfiere
avversario; il gemello si ritirò fra i propri compagni
lasciandosi dietro una scia di sangue in bianco e nero, quasi lo stesse
sbeffeggiando della scelta che aveva compiuto.
[Grell Sutcliffe. Madame Red.]
Ciel aggrottò
la fronte.
E tuttavia così doveva essere.
Non avrebbe potuto catturare uno dei due senza lasciarsi
inevitabilmente sfuggire l’altro.
Ma la partita era soltanto cominciata e lui, il conte Ciel Phantomhive,
non aveva mai perso.
D’improvviso, s’avvide del cavallo che minacciava
la Regina ed interpose fra essi una torre, che cadde nella polvere nel
nome della sua sovrana.
[Drozell Keinz. Elizabeth.]
Poi, di nuovo, un pedone
si sacrificò nel tentativo di proteggere il suo Re.
Il ragazzino strinse le labbra in una smorfia, assistendo impotente
alla lama dell’avversario che lo trapassava da parte a parte,
un colpo destinato al sovrano dell’esercito dei Phantomhive,
uno Scacco Matto evitato grazie al sacrificio d’una vittima
di minor valore.
[Lau. Aberline.
Perché quello
sguardo?
Eppure, per voi non ha
mai avuto importanza il numero delle vittime, Conte.]
Si lasciò
ricadere contro il soffice schienale e portò la mano al
viso, scrutando fra le dita la scacchiera decimata.
Per la prima volta lui, il conte Phantomhive, stava perdendo.
Perché, ormai, era un Re stanco. Stanco di vedere le pedine
uccise attorno a sé, stanco di dover rinunciare ad esse in
nome del trionfo, stanco di vedere il trono dove sedeva poggiare sui
loro cadaveri.
Ed ora, mentre esaminava insistentemente il terreno di gioco alla
ricerca d’una mossa con la quale poter salvare la situazione
–
perché un Phantomhive come lui non poteva perdere: sarebbe stato
oltraggioso –, sentiva ancor più
insopportabili il peso della corona che aveva sul capo e quello della
morte delle pedine che avevano creduto nella sua vittoria, nonostante
avesse sempre ripetuto d’esser solo e di voler rimanerlo.
[Ma i bambini spesso mentono; e
voi, in fondo, siete soltanto un bambino.]
Tuttavia, prima che
potesse allungare la mano e serrarla su una nuova pedina, la partita
venne d’improvviso sospesa.
-Perdonatemi, Bocchan: è quasi ora di cena. Non vorrei mai
che la figura di perfetto maggiordomo che avete di me venga rovinata da
un disdicevole ritardo. Permettetemi di andare, per favore-.
Ciel sollevò il viso, arricciando gli angoli della bocca in
un’espressione corrucciata.
-Lo sai che non amo interrompere un gioco quando non è
ancora stato terminato.- ribatté, scoccandogli
un’occhiata torva nel vederlo alzarsi.
-Oh, non ho mai detto che l’avremmo interrotto. Ci limiteremo
a rimandarlo. In questo modo avrete il tempo necessario per pensare
alla mossa con la quale mi sconfiggerete-. Un sorriso enigmatico si
dipinse sul volto di Sebastian e i suoi occhi vermigli rifulsero
d’una luce pericolosa, demoniaca.
Il conte permase in silenzio per un breve istante, poi agitò
la mano in un gesto infastidito. -Fa’ come ti pare. Ma non
dimenticare questo tuo impegno.- ammonì severamente.
L’uomo gli rivolse un elegante inchino, sfiorando quasi il
pavimento con il ginocchio piegato.
-Yes, my Lord-.
Lo sguardo del giovane Phantomhive dardeggiò per quel che
parve un’eternità sulla porta, richiusasi con un
tonfo leggero alle spalle del servitore, prima di ritornare alla
scacchiera.
La sua attenzione si rivolse irrimediabilmente alle pedine che, dal
cimitero, ricambiarono la sua occhiata con i loro vitrei occhi di
semplici statuette. E, sebbene non fossero dotate di vita, si
sentì trafitto da quelle iridi incolori, silenziosamente
incolpato delle morti causate dalla sua brama di vittoria.
Un successo che, insieme alla corona, gli sarebbe stato brutalmente
strappato dal Re e dalla Regina avversari, che lo scrutavano minacciosi
dall’altro lato della scacchiera e celavano al di sotto
dell’elmo beffardi sorrisi di derisione nei confronti del Re
ritenuto invincibile, se non avesse avuto modo d’evitare lo
Scacco Matto.
Si chinò ed accostò il viso al terreno di gioco,
appoggiando gli avambracci sulle ginocchia e permettendo agli occhi di
perdersi in quel labirinto bianco e nero nella speranza di trovare una
soluzione che in quel momento gli sfuggiva.
Perché, per quanto stanco potesse essere e per quante pedine
ancora avrebbe dovuto lasciarsi indietro immerse in una pozza di
sangue, il suo stendardo vittorioso sarebbe stato esibito anche su
quell’ultimo campo di battaglia.
Dopotutto, il suo nome era Ciel Phantomhive, l’erede della
famiglia Phantomhive.
Il Re della Scacchiera.
[Schieru Phantomhive is Falling
down,
Falling down, Falling
down.
Schieru Phantomhive is
Falling down,
My dear Lord.
La vostra anima si sta
consumando: è debole, e stanca.
Siete davvero sicuro di
poter fare Scacco Matto anche questa volta, Bocchan?]
Una FanFiction complicata,
quella che vi ho presentato, sull'introspezione di Ciel e sulla sua
vita - ossia l'intera prima serie di KuroShitsuji -, presentata in
forma di partita a scacchi.
Tra parentesi ho inserito i pensieri di Sebastian, che osserva il suo
Bocchan agire contro Ash e Angela Blanc - il Re e la Regina avversari
-, osserva la sua anima cambiare e, forse, sospetta che non possa
vincere, non questa volta.
Complicato perché ho ragionato molto sul pezzo degli scacchi
da assegnare ad ogni personaggio; soddisfacente perché era
molto che volevo scrivere una cosa del genere; incompiuto
perché la partita non è ancora finita.
Sappiate però che la canzone cantata da Sebastian [non lo
trovo OOC poiché ha cantato una cosa del genere anche a
Drozell - Oro e argento
saran rubati, saran rubati, ecc.] è una MIA opera, ispirata
alle varie versioni della stessa canzoncina presenti nell'Anime.
Il resto - Personaggi, Luoghi, Situazioni - appartengono a Yana Toboso.
In ultimo, questa FanFiction non è stata scritta a scopo di
lucro.
...
... Commentino?
Yay.
Saeko no Danna, il Giullare
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